La maschera del demonio

Italia, 1960, b/n, 84 minuti

Regia: Mario Bava

Interpreti:
Barbara Steele,
Andrea Checchi,
John Richardson,
Ivo Garrani,
Arturo Dominici,
Clara Bindi,
Antonio Pierfederici.


In pieno Medioevo la strega Asa è condannata dai cattolici a morire indossando la maschera del demonio, chiodata al suo interno, sorte già toccata al suo diabolico amante Iavutik. Un’improvvisa tempesta però impedisce al rogo di consumare il corpo di Asa che viene sepolto nella cappella di famiglia. Un secolo dopo il dottor Koma e il giovane assistente Gorobek sono in viaggio in quelle lande per andare ad un congresso medico. Accidentalmente, mentre passano per una foresta sinistra, si imbattono nella cripta maledetta e trovano il corpo di Asa che viene per caso bagnato dal sangue del medico feritosi con un vetro. Fuori dalla cripta i due incontrano Katia, discendente e sosia di Asa, che vive in un castello fatiscente insieme al padre ed al fratello Costantino. Asa intanto risorge e richiama in vita pure Iavutik che sotto il suo controllo uccide anche il padre di Katia. Gorobek e Costantino scoprono che Asa è resuscitata, ma Costantino non può rivelare la scoperta perché è ucciso da Iavutik. Anche il dottore è fatto fuori. Iavutik poi salva Katia dall’aggressione del padre zombie perché la ragazza serve viva ad Asa: la strega comincia a succhiarle la vita, divenendo via via più giovane e bella mentre Katia deperisce. Gorobek raggiunge la cappella e nonostante Asa cerchi di spacciarsi per Katia , lui la smaschera capendo tutto dal crocifisso appeso al collo da quella che avrebbe dovuto essere la strega. Asa viene consegnata al popolo e bruciata viva. Katia si risveglia per andare a vivere con Gorobek.


COMMENTO: E Bava creò l’horror italiano.
Anche se cronologicamente parlando l’horror italiano nasce con I vampiri di Freda , secondo me questo film di Bava è il punto di partenza reale della filmografia di genere italiana: prima di tutto perché questa pellicola influenzerà parecchio altre pellicole posteriori di altri autori ma anche dello stesso regista, e poi perché dal punto di vista della tecnica cinematografica si vedono le prime intuizioni tipiche baviane. Il film riproduce in maniera perfetta le atmosfere gotiche del periodo in cui si svolge la narrazione, atmosfere sature anche di una notevole morbosità di fondo dovuta ad una certa componente necrofila (sottolineata da scene di baci fra vivi e morti). Fin dalle prime immagini il film esibisce la sua particolare qualità erotica: il tema centrale è indubbiamente quello della carne, del corpo della strega, che non viene distrutto neanche dalle fiamme ma torna in vita cercando di trasferire la sua maledizione nel corpo della pura Katia. Bava cerca emozioni forti e le trova con alcune scene particolarmente crude (la scena del marchio incandescente, lo shock del corpo della Steele che si rivela uno scheletro putrefatto sotto il mantello).

Il film dunque rappresenta il fantastico e l’orrore con la massima concretezza possibile: si tratta di vicende soprannaturali ma le scene più crude sono appunto tutt’altro che suggerite ( sono ben visibili le devastazioni della maschera di ferro sul viso di Asa e la putrefazione del suo cadavere) anche se devo dire che l’uso del sangue è equilibrato e non cerca mai lo shock fine a se stesso. La carne e il sangue al servizio del fantastico dunque. L’opera è basata anche su una tematica di fondo: l’ambiguità del male che si riscontra nel dualismo bellezza/malignità rappresentato dalle due figure di Asa e Katia ( entrambe interpretate magistralmente dalla Steele).

Proprio la recitazione della Steele ( futura regina di tale genere di film) è un altro punto di forza del film: lei è eccellente nel personificare la purezza e l’ingenuità di Katia ed è ugualmente convincente nel prestare il suo viso scarnificato alla personificazione del male, la strega Asa demoniaca seduttrice. Dal punto di vista tecnico Bava decide di creare un’atmosfera carica di corruzione e morte ( nebbie onnipresenti, alberi spogli e raggrinziti, edifici fatiscenti invasi da erbacce), gli interni freddi e gelidi (la cripta infestata da ragnatele). Tutto questi elementi tipicamente gotici sono esaltati da una fotografia molto efficace e da un uso azzeccato di lunghe carrellate e panoramiche.

In definitiva ritengo La maschera del demonio un capolavoro non solo di Bava ma del cinema horror mondiale. In una parola un precursore.


Recensione scritta da: Davide "Trhiller" Artabax


VOTO:




Clicca qui per inserire il tuo commento su questo film


Clicca sull'immagine per tornare all'indice: