I capolavori
Il fato vuole che Profondo rosso sia,tra i titoli che ho scelto,il primo in termine di
tempo ad essere discusso, essendo stato girato nel 1974.
Ma lo sarebbe stato comunque,visto che ci troviamo di fronte al capolavoro assoluto, alla fiaba nera moderna e insuperabile, alla genesi nera della famiglia che tutti
noi abbiamo dentro.
Il film fu partorito dal miglior soggetto che Dario Argento non avesse mai scritto, supportato magnificamente dalla suprema sceneggiatura di Bernardino Zapponi, che
abbandonerà purtroppo ben presto il genere per approdare (ahinoi) alla corte di
Tinto Brass; Il film è ferocemente perfetto, gli attori divengono ben presto feticci
immortali, che qualsiasi appassionato conserva nella propria memoria.
Ma per ben supportare questo discorso, sarà meglio tracciare un sunto della trama:
Nel prologo,vediamo un bimbo assistere all'omicidio di un uomo,sotto Natale.
Poi,inframmezzati,i titoli di testa: e qui già abbiamo cognizione di assistere
ad un capolavoro, visto le stupende musiche dei Goblin, e la paurosa preparazione-
cerimonia dell'assassino.
Qui Argento ci mostra quello che è il suo pallino; inquadrature claustrofobiche al
dettaglio, perfezione del ritmo, mistificazione dell'oggetto.
La paura incomincia a serpeggiare tra noi già dalle prime inquadrature...
La macchina da presa ci trascina, ci costringe ad entrare in un teatro, ad assistere ad un dibattito sulla parapsicologia, con un'invitata d’eccezione: la sensitiva Helga Hullmann, che "avverte" una tragica figura tra quelle sedute in platea...
la figura di un feroce assassino!
Questa scoperta le costerà cara, visto che una volta tornata a casa sua viene aggredita e massacrata dal mostro che aveva avvistato proprio nel teatro. Tutto
questo nel palazzo in cui abita anche Mark, un colto musicista che insegna al
conservatorio. Egli si trova nella piazzetta del bar sotto casa con un amico ubriacone (Carlo - Gabriele Lavia) ed assiste alla fase finale dell'omicidio mentre stà
filosofeggiando con il giovane.
Durante il violento zoom che annuncia il grido atroce della donna, la città
diviene vuota e barocca, finta e spettrale, completamente concepita dalla mente
dell'ispiratissimo Argento. Il tempo sembra fermarsi, il cielo è livido e minaccioso,
le figure del bar sono volutamente scambiate dal regista romano con fantocci
che rendono la scena ancora più irreale. Mark corre per le scale del suo palazzo ed
arriva nell'appartamento di Helga quando ella ormai giace con la gola squarciata
dai vetri della finestra sfondata. Notare il seno della bionda attrice quando Mark
la libera dalla mortale trappola.
Il pianista, negli istanti che precedono il macabro ritrovamento, lo vediamo avanzare lentamente per i raffinati corridoi dell'abitazione, sfilando sotto i pochi rassicuranti sguardi d’alcuni curiosi ed inquietanti quadri....arrivato a soccorrere la donna, egli può solo notare una figura ammantata di nero scivolare per strada, sotto lo sguardo annebbiato di Carlo, che era rimasto in strada.
Dopo aver avvisato la polizia, Mark viene a conoscere gustosi personaggi, alcuni dei quali non vedremo più, durante lo svolgimento della pellicola: il commissario Calcabrini, interpretato da un divertente e divertito Eros Pagni, un commissario poco arguto, e con degli strani concetti sulla parola "lavoro", e conosciamo (soprattutto) la figura di Gianna Brezzi, interpretata da una stralunata e bravissima Daria Nicolodi, allora compagna del regista. Gianna è una reporter fotografa sui generis, che si unirà al musicista nelle indagini che questi vuole tentare per proprio conto.
E' già, perchè il buon Mark è convinto di aver veduto, il giorno del delitto, qualcosa d’importante in casa di Helga, ma che non riesce a ricordare!
Alla fine del film scopriremo che anche noi siamo stati testimoni di quel particolare. Tuttavia, vedete bene come Argento usi un clichè che gli è ben congeniale: quello del protagonista che è testimone di un importante particolare che non riesce proprio a rammentare. Come Sam Dalmas nel film L'uccello dalle piume di cristallo (1970).
Qui l'espediente è usato, se possibile, ancor meglio, visto che è un trucco già
oliato.
Mark è minacciato dall'assassino, ed oltre a Gianna (tra i due s’instaura uno strano rapporto uomo - donna che poi sparirà totalmente nelle opere successive del talento visionario Argentiano) egli può contare sulla consulenza un pò nebbiosa dell'amico Carlo, che si scopre essere omosessuale e con una madre ossessiva e logorroica, interpretata da una Clara Calamai da oscar; le vicende si susseguono, nella furia omicida del pazzo finiscono Amanda Righetti, una scrittrice di favole infantili e di leggende popolari, che aveva messo sulla buona strada Mark e il professor Giordani, indirizzandoli presso la "villa del bambino urlante" un luogo dell'entroterra Laziale, protagonista di una storia che Amanda ha inserito in una sua raccolta, e che pare abbia un collegamento con gli omicidi del mostro.
Il rituale che l'odioso assassino utilizza per uccidere la scrittrice è indice di come la psicosi del pazzo sia improntata sulla messinscena e sullo spettacolo più sadico.
Egli gioca con la vittima, la fa' stare al buio, gli uccide il merlo, la costringe ad ascoltare una nenia infantile, strangola una bambolina orripilante per fargli capire le sue intenzioni, infine la colpisce alle spalle, stordendola: la morte per Amanda è forse la peggiore del film, visto che la annega nell'acqua bollente della vasca da bagno.
Sul luogo arriva Giordani, che grazie ad un curioso espediente, scorge il nome dell'assassino scritto da Amanda sul vapore dell'acqua. Curiosa la vecchina che si lamenta del dover pulire tutto quel sangue! Giordani finalmente sa'! E vuole esternarlo a Mark, senonchè l'assassino (preciso e rapido come sempre) non si fa’ annunciare dalla celebre marcetta del pupazzo meccanico!
Giordani è afferrato, trascinato per la stanza, sbattuto sugli stipiti dei mobili, accoltellato alla gola, e noi sempre lì, spettatori, complici, voyer. Mark scopre uno strano particolare: nella foto che ha trovato sul libro che narrava della villa, compare una finestra che invece è murata sulla costruzione attuale, nella quale il giovane si è recato.... Argento ci regala altri personaggi doc, come il custode della villa e sua figlia (un'attrice in erba, futura Benedetta della "3c"), bambina crudele e sadica con gli animali, che Dario giostra sapientemente per intorpidire un pò le acque, e che tiene appeso in camera sua uno squallido disegno che rappresenta l'omicidio di un omone da parte di una donna. Disegno che Mark troverà identico proprio nella villa, coperto dalla vernice.
Oltre a ciò egli viene a conoscenza di quello che contiene la fantomatica porta murata: un cadavere maschile! Mark rimane vittima di qualcuno alle sue spalle, che lo colpisce alla testa, e che lo fa’ svenire, mentre un incendio scoppiato nella vecchia casa stà per spacciarlo!
Salvato dalla rediviva Gianna, i due scoprono che Olga, la figlia del custode, ha copiato quel disegno dalla cartella di una vecchia scuola: non resta che vedere a chi appartiene tale documento. La matassa si incomincia a sciogliere. Giunti nottetempo nella costruzione, i due sono spiati e poi aggrediti da quello che presumibilmente li ha pedinati: l'assassino.
Gianna è accoltellata ad un fianco, proprio mentre Mark scopre a chi appartiene il disegno originale: a Carlo Renzi, il suo amico! Ed è proprio lui, alticcio ed eccitato, che ha ferito Gianna e che ora minaccia Mark accusandosi di tutti gli omicidi.
Mark si salva grazie all'intervento della polizia, che costringono Carlo a precipitarsi in strada, dove è orrendamente investito prima da un camion e poi da un’automobile, che gli fracassa la testa; Mark ancora non riesce a capire.
Tornato a casa cerca una risposta ai mille interrogativi che lo angosciano in attesa di risposte: come poteva essere Carlo l'assassino, se la notte del primo delitto si trovavano assieme a suonare?
Il musicista torna nella casa di Helga Hullmann, ripercorre il corridoio
dei quadri e...rammenta!
Il particolare che Mark aveva perduto nella memoria quella sera rappresentava il viso dipinto in uno dei quadri con i volti....solo che non era un dipinto! La notte del delitto, Mark aveva scorto nel riflesso del vetro il volto del l'assassino: La madre di Carlo!
Ho sottolineato, righe più avanti, la spettacolarità teatrale che il "bruto" mostrava nei suoi omicidi in quanto la donna era un’ex attrice delusa.... quindi Argento ci aveva dato una chiave di lettura. La donna narra al pianista i motivi che l'avevano indotta, molti anni prima, ad uccidere il padre di Carlo, suo marito: egli aveva scoperto la follia della moglie e voleva rinchiuderla in un manicomio, per questo lo
aveva ucciso, sotto gli occhi di Carlo, rimasto traumatizzato. La vicenda della medium, e il libro della Righetti, avevano risvegliato in lei la furia omicida sepolta anni prima.
Carlo voleva proteggerla fino all'ultimo, accollandosi i delitti. La donna è armata di mannaia, e ferisce Mark ad una spalla, costringendolo a trascinarsi verso l'ascensore. Qui il film ha un epilogo assolutamente nuovo per il genere: nell'ultimo assalto, la maniaca rimane incastrata col suo medaglione nella grata dell'ascensore stesso, e quando Mark lo mette in moto, ella finisce crudelmente decapitata.
Il film si chiude con il volto di Mark che si specchia nel sangue...
Come abbiamo letto, Argento utilizza le sue donne - non solo quelle di Profondo Rosso - assai spesso per darle ruoli estremi: o eroine pure e coraggiose, come nel caso di Suspiria (1977), oppure le dipinge come sadiche sterminatrici d’uomini (Quattro mosche di velluto grigio,1976).
Salvo poi, nel secondo caso, punirle barbaramente con la sorte e liberarci tutti dall'incubo.
Per musiche, per le interpretazioni altamente artistiche e perfette di tutti gli attori, per il ritmo serrato e coinvolgente, Profondo Rosso non solo è il miglior film di Argento, ma anche uno dei thriller più belli mai girati al mondo.
Nonostante tematiche ed atmosfere tipicamente italiane, Profondo Rosso fu un trionfo anche all'estero, America compresa, dove solo la colonna sonora di Simonetti e company rimase in classifica per più di tre settimane!
Per finire, rivelerò una piccola curiosità: il titolo originale del film, durante la lavorazione, era "La Tigre dai denti a sciabola", per continuare nel filone inaugurato proprio da Argento con uccelli, mosche e gatti, ma poi la produzione scelse definitivamente il titolo tanto famoso.
E fece bene.
Zombi 2