I quattro capolavori del cinema horror




INTRODUZIONE

Può sembrare fuori luogo, o quantomeno in ritardo sui tempi, parlare oggi del cinema horror che tanto bene ci ha accompagnati nel corso degli anni passati.
Il cinema dell'orrore, quello con la "A" maiuscola (quello del primo Dario Argento, di Mario Bava o di George Romero, tanto per fare alcuni esempi) è morto, come avremo modo di ribadire più avanti nel corso di questa mini guida. Morto ammazzato dall'avvento di un cinema usa e getta, che ci ha propinato infiniti capitoli di cinema spazzatura come i nove capitoli di Venerdì 13, o le avventure horror - comiche di Nightmare, ovvero Freddy Krueger, giunto anch'egli al settimo capitolo.
Cinema horror dunque, usato come un polpettone sanguinolento più somigliante ad una soap - opera splatter che non ad un preciso disegno di registi che in passato si erano segnalati per la loro inventiva ed originalità. Come lo stesso Wes Craven.
Cinema ucciso da una feroce ed ottusa censura che ha impedito, nel corso degli anni, ad autori che spesso si erano auto - prodotti, di continuare ad avere quella libertà artistica che portò (ad esempio) la S. e. d. a. Spettacoli di Dario Argento a produrre autentici capolavori del thriller e dell'horror come L'uccello dalle piume di cristallo e, soprattutto, Profondo Rosso; Così tutti questi artisti sono stati costretti via via, a cercare nidi più sicuri, a sottostare ai mille compromessi di cui il cinema è zeppo. Un Dario Argento è finito nella scuderia di Cecchi Gori, "regalandoci" pessimi lavori come Opera (1987) o La sindrome di Stendhal (1996).
E' inevitabile.
Ce li vedete, voi, Berlusconi o il già citato Cecchi Gori, produrre film come Re-Animator, Zombi o Maniac? Per carità.
Accettano di produrre film dozzinali di questi grandi autori caduti un pò in rovina, ma pretendono di avere un ruolo da supervisori che nella maggior parte dei casi si trasforma in una vera e propria inquisizione cinematografica.
I capolavori del cinema horror si sono fermati ad una decina di anni fà, i tempi sono cambiati, il pubblico pure. E gli incassi si sono sgonfiati: meno incassi, meno fondi per i registi liberi che intendevano auto prodursi, quindi le trattative con i colossi della produzione mondiale e la fine della libertà gore e narrativa. Il cerchio si chiude.
La S. e. d. a. Spettacoli si è sciolta poco prima di Phenomena (1985), la casa di produzione di Fabrizio De Angelis, che ci avevano gustato gli occhi con i film di Fulci, è letteralmente scomparsa; credo che abbia prodotto qualche film poliziesco di scarso successo e qualche porno - soft, ma non ci giurerei.
La Avo Film, casa di distribuzione di moltissimi film di successo dell'horror nostrano è andata in fallimento qualche anno fà. E' proprio la fine, dunque?
Beh, in America le speranze di qualche ottimo film sono nelle mani di alcuni produttori e registi assai preparati, come Charles Band, Stuart Gordon, e Brian Yuzna, che hanno realizzato film molto carini come Re - Animator (1984), Re-Animator 2 (1986), Doll's (1990), From Beyond (1988), Society (1993) e altro ancora. Tutti questi titoli sono caldamente consigliati dal sottoscritto, anche se non aspettatevi atmosfere troppo cupe; queste pellicole hanno una grande dose di umorismo e macabra ironia, che li ha fatti apprezzare anche da chi non aveva molto interesse per l'horror più puro. Gore e splatter, però, sono assicurati per tutti!
Non è mio interesse, in ogni caso, fare un analisi troppo approfondita (e sarebbe anche un tantino presuntuoso) sui motivi che hanno fatto tramontare un genere così glorioso anche in Italia, al contrario il mio vuole essere un affettuoso omaggio ai veri e grandi capolavori, a quei film che ci hanno terrorizzato, strapazzato, insonnambuliti, scolpiti. Non terrò conto, dunque, di premi e oscar, di pubblico o cassetta, ma solo di quello che la mia coscienza di appassionato spettatore mi ha suggerito nel corso di questi anni, e vedrete che la maggior parte di voi non potrà che essere d'accordo.
Francesco Lp 2000
P. S.
In tutto il quadro pessimistico che ho tracciato sul cinema horror, un ruolo di primo piano l’ha svolto la Tv. I film più splatter non hanno un ritorno televisivo, visto che i pochi coraggiosi che hanno trasmesso Dèmoni, ad esempio, lo hanno potuto (o dovuto) fare a notte fonda, in quel palinsesto che non prevede più neppure la pubblicità. Chi glielo fa fare?

 

I capolavori

 

 

Profondo rosso


 
Il fato vuole che Profondo rosso sia,tra i titoli che ho scelto,il primo in termine di tempo ad essere discusso, essendo stato girato nel 1974.
Ma lo sarebbe stato comunque,visto che ci troviamo di fronte al capolavoro assoluto, alla fiaba nera moderna e insuperabile, alla genesi nera della famiglia che tutti noi abbiamo dentro.
Il film fu partorito dal miglior soggetto che Dario Argento non avesse mai scritto, supportato magnificamente dalla suprema sceneggiatura di Bernardino Zapponi, che abbandonerà purtroppo ben presto il genere per approdare (ahinoi) alla corte di Tinto Brass; Il film è ferocemente perfetto, gli attori divengono ben presto feticci immortali, che qualsiasi appassionato conserva nella propria memoria.
Ma per ben supportare questo discorso, sarà meglio tracciare un sunto della trama:

 
Nel prologo,vediamo un bimbo assistere all'omicidio di un uomo,sotto Natale.
Poi,inframmezzati,i titoli di testa: e qui già abbiamo cognizione di assistere ad un capolavoro, visto le stupende musiche dei Goblin, e la paurosa preparazione- cerimonia dell'assassino.
Qui Argento ci mostra quello che è il suo pallino; inquadrature claustrofobiche al dettaglio, perfezione del ritmo, mistificazione dell'oggetto.
La paura incomincia a serpeggiare tra noi già dalle prime inquadrature... La macchina da presa ci trascina, ci costringe ad entrare in un teatro, ad assistere ad un dibattito sulla parapsicologia, con un'invitata d’eccezione: la sensitiva Helga Hullmann, che "avverte" una tragica figura tra quelle sedute in platea... la figura di un feroce assassino!
Questa scoperta le costerà cara, visto che una volta tornata a casa sua viene aggredita e massacrata dal mostro che aveva avvistato proprio nel teatro. Tutto questo nel palazzo in cui abita anche Mark, un colto musicista che insegna al conservatorio. Egli si trova nella piazzetta del bar sotto casa con un amico ubriacone (Carlo - Gabriele Lavia) ed assiste alla fase finale dell'omicidio mentre stà filosofeggiando con il giovane.
Durante il violento zoom che annuncia il grido atroce della donna, la città diviene vuota e barocca, finta e spettrale, completamente concepita dalla mente dell'ispiratissimo Argento. Il tempo sembra fermarsi, il cielo è livido e minaccioso, le figure del bar sono volutamente scambiate dal regista romano con fantocci che rendono la scena ancora più irreale. Mark corre per le scale del suo palazzo ed arriva nell'appartamento di Helga quando ella ormai giace con la gola squarciata dai vetri della finestra sfondata. Notare il seno della bionda attrice quando Mark la libera dalla mortale trappola.
Il pianista, negli istanti che precedono il macabro ritrovamento, lo vediamo avanzare lentamente per i raffinati corridoi dell'abitazione, sfilando sotto i pochi rassicuranti sguardi d’alcuni curiosi ed inquietanti quadri....arrivato a soccorrere la donna, egli può solo notare una figura ammantata di nero scivolare per strada, sotto lo sguardo annebbiato di Carlo, che era rimasto in strada.
Dopo aver avvisato la polizia, Mark viene a conoscere gustosi personaggi, alcuni dei quali non vedremo più, durante lo svolgimento della pellicola: il commissario Calcabrini, interpretato da un divertente e divertito Eros Pagni, un commissario poco arguto, e con degli strani concetti sulla parola "lavoro", e conosciamo (soprattutto) la figura di Gianna Brezzi, interpretata da una stralunata e bravissima Daria Nicolodi, allora compagna del regista. Gianna è una reporter fotografa sui generis, che si unirà al musicista nelle indagini che questi vuole tentare per proprio conto.
E' già, perchè il buon Mark è convinto di aver veduto, il giorno del delitto, qualcosa d’importante in casa di Helga, ma che non riesce a ricordare!
Alla fine del film scopriremo che anche noi siamo stati testimoni di quel particolare. Tuttavia, vedete bene come Argento usi un clichè che gli è ben congeniale: quello del protagonista che è testimone di un importante particolare che non riesce proprio a rammentare. Come Sam Dalmas nel film L'uccello dalle piume di cristallo (1970).
Qui l'espediente è usato, se possibile, ancor meglio, visto che è un trucco già oliato.
Mark è minacciato dall'assassino, ed oltre a Gianna (tra i due s’instaura uno strano rapporto uomo - donna che poi sparirà totalmente nelle opere successive del talento visionario Argentiano) egli può contare sulla consulenza un pò nebbiosa dell'amico Carlo, che si scopre essere omosessuale e con una madre ossessiva e logorroica, interpretata da una Clara Calamai da oscar; le vicende si susseguono, nella furia omicida del pazzo finiscono Amanda Righetti, una scrittrice di favole infantili e di leggende popolari, che aveva messo sulla buona strada Mark e il professor Giordani, indirizzandoli presso la "villa del bambino urlante" un luogo dell'entroterra Laziale, protagonista di una storia che Amanda ha inserito in una sua raccolta, e che pare abbia un collegamento con gli omicidi del mostro.
Il rituale che l'odioso assassino utilizza per uccidere la scrittrice è indice di come la psicosi del pazzo sia improntata sulla messinscena e sullo spettacolo più sadico.
Egli gioca con la vittima, la fa' stare al buio, gli uccide il merlo, la costringe ad ascoltare una nenia infantile, strangola una bambolina orripilante per fargli capire le sue intenzioni, infine la colpisce alle spalle, stordendola: la morte per Amanda è forse la peggiore del film, visto che la annega nell'acqua bollente della vasca da bagno.
Sul luogo arriva Giordani, che grazie ad un curioso espediente, scorge il nome dell'assassino scritto da Amanda sul vapore dell'acqua. Curiosa la vecchina che si lamenta del dover pulire tutto quel sangue! Giordani finalmente sa'! E vuole esternarlo a Mark, senonchè l'assassino (preciso e rapido come sempre) non si fa’ annunciare dalla celebre marcetta del pupazzo meccanico! Giordani è afferrato, trascinato per la stanza, sbattuto sugli stipiti dei mobili, accoltellato alla gola, e noi sempre lì, spettatori, complici, voyer. Mark scopre uno strano particolare: nella foto che ha trovato sul libro che narrava della villa, compare una finestra che invece è murata sulla costruzione attuale, nella quale il giovane si è recato.... Argento ci regala altri personaggi doc, come il custode della villa e sua figlia (un'attrice in erba, futura Benedetta della "3c"), bambina crudele e sadica con gli animali, che Dario giostra sapientemente per intorpidire un pò le acque, e che tiene appeso in camera sua uno squallido disegno che rappresenta l'omicidio di un omone da parte di una donna. Disegno che Mark troverà identico proprio nella villa, coperto dalla vernice.
Oltre a ciò egli viene a conoscenza di quello che contiene la fantomatica porta murata: un cadavere maschile! Mark rimane vittima di qualcuno alle sue spalle, che lo colpisce alla testa, e che lo fa’ svenire, mentre un incendio scoppiato nella vecchia casa stà per spacciarlo!
Salvato dalla rediviva Gianna, i due scoprono che Olga, la figlia del custode, ha copiato quel disegno dalla cartella di una vecchia scuola: non resta che vedere a chi appartiene tale documento. La matassa si incomincia a sciogliere. Giunti nottetempo nella costruzione, i due sono spiati e poi aggrediti da quello che presumibilmente li ha pedinati: l'assassino.
Gianna è accoltellata ad un fianco, proprio mentre Mark scopre a chi appartiene il disegno originale: a Carlo Renzi, il suo amico! Ed è proprio lui, alticcio ed eccitato, che ha ferito Gianna e che ora minaccia Mark accusandosi di tutti gli omicidi.
Mark si salva grazie all'intervento della polizia, che costringono Carlo a precipitarsi in strada, dove è orrendamente investito prima da un camion e poi da un’automobile, che gli fracassa la testa; Mark ancora non riesce a capire.
Tornato a casa cerca una risposta ai mille interrogativi che lo angosciano in attesa di risposte: come poteva essere Carlo l'assassino, se la notte del primo delitto si trovavano assieme a suonare?
Il musicista torna nella casa di Helga Hullmann, ripercorre il corridoio dei quadri e...rammenta!
Il particolare che Mark aveva perduto nella memoria quella sera rappresentava il viso dipinto in uno dei quadri con i volti....solo che non era un dipinto! La notte del delitto, Mark aveva scorto nel riflesso del vetro il volto del l'assassino: La madre di Carlo!
Ho sottolineato, righe più avanti, la spettacolarità teatrale che il "bruto" mostrava nei suoi omicidi in quanto la donna era un’ex attrice delusa.... quindi Argento ci aveva dato una chiave di lettura. La donna narra al pianista i motivi che l'avevano indotta, molti anni prima, ad uccidere il padre di Carlo, suo marito: egli aveva scoperto la follia della moglie e voleva rinchiuderla in un manicomio, per questo lo aveva ucciso, sotto gli occhi di Carlo, rimasto traumatizzato. La vicenda della medium, e il libro della Righetti, avevano risvegliato in lei la furia omicida sepolta anni prima.
Carlo voleva proteggerla fino all'ultimo, accollandosi i delitti. La donna è armata di mannaia, e ferisce Mark ad una spalla, costringendolo a trascinarsi verso l'ascensore. Qui il film ha un epilogo assolutamente nuovo per il genere: nell'ultimo assalto, la maniaca rimane incastrata col suo medaglione nella grata dell'ascensore stesso, e quando Mark lo mette in moto, ella finisce crudelmente decapitata.
Il film si chiude con il volto di Mark che si specchia nel sangue...
 
Come abbiamo letto, Argento utilizza le sue donne - non solo quelle di Profondo Rosso - assai spesso per darle ruoli estremi: o eroine pure e coraggiose, come nel caso di Suspiria (1977), oppure le dipinge come sadiche sterminatrici d’uomini (Quattro mosche di velluto grigio,1976).
Salvo poi, nel secondo caso, punirle barbaramente con la sorte e liberarci tutti dall'incubo.
Per musiche, per le interpretazioni altamente artistiche e perfette di tutti gli attori, per il ritmo serrato e coinvolgente, Profondo Rosso non solo è il miglior film di Argento, ma anche uno dei thriller più belli mai girati al mondo.
Nonostante tematiche ed atmosfere tipicamente italiane, Profondo Rosso fu un trionfo anche all'estero, America compresa, dove solo la colonna sonora di Simonetti e company rimase in classifica per più di tre settimane!
Per finire, rivelerò una piccola curiosità: il titolo originale del film, durante la lavorazione, era "La Tigre dai denti a sciabola", per continuare nel filone inaugurato proprio da Argento con uccelli, mosche e gatti, ma poi la produzione scelse definitivamente il titolo tanto famoso.
E fece bene.


La scheda tecnica:

Profondo rosso

Regia: Dario Argento (8)

Soggetto e sceneggiatura: Dario Argento (7) e Bernardino Zapponi (9)

Effetti speciali: Germano Natali e Carlo Rambaldi (8)

Fotografia: Luigi Kuveiller (7)

Musiche: Giorgio Gaslini (9) e i Goblin (10)

Il cast:
David Hammings (7)
Daria Nicolodi (6.5)
Gabriele Lavia (7.5)
Glauco Mauri (7)
Eros Pagni (7.5)
Giuliana Calandri (7.5)
Clara Calamai (9)
Nicoletta Elmi (6.5)

 
Tre anni dopo, troviamo ancora Dario Argento, qui in veste di produttore e di aiuto sceneggiatore, al fianco del regista statunitense George A. Romero: stiamo parlando di Zombi, naturalmente, e l'anno è il 1978.
 
Un canale televisivo Americano è in pieno caos; i cameraman sono avviliti e sfiancati, il regista in panne (il vero regista, Romero, compare nelle vesti di un tecnico video, in apertura.) E gli ospiti invitati al drammatico talk - show che si stà tenendo, sono beffeggiati ed insultati un pò da tutti.
Ma qual è il tema della discussione, che chiama in causa esperti scienziati, padroni della guerra e saccenti professori universitari?
I morti resuscitano.
Ed è inevitabile, visto che il film è scritto e diretto da George Romero, autentico "papà" dei moderni morti viventi. Come è sua abitudine il buon George non ci dà alcuna spiegazione.
I morti ritornano e basta. A noi le conseguenze.
Il programma televisivo ci mostra come il genere umano non sia per nulla preparato a sciagure planetarie, ed infatti tutti gli occupanti del network non fanno che litigare tra di loro e pensare a bocciare la tesi dell'avversario, senza fornirne una propria, se possibile valida.....c'è chi parla di evento biblico, chi di una prematuro pensionamento del Padreterno, che ormai stanco di noi discolacci quaggiù, pensa a mandarci lo sfratto attraverso i suoi, ehm...messaggeri; chi riversa le colpe all'inquinamento, chi al sovraffollamento cimiteriale, e chi più ne ha più nè metta.
In realtà, il fatto che Romero non ci dia una spiegazione ai fatti da lui narrati, non ci permette di dare agli avvenimenti una spiegazione razionale, gettandoci nella paura. Il ragionamento suona un pò contorto, ma piò essere semplificato così: noi spettatori non possiamo commentare la scelta del regista di far resuscitare gli zombi a causa di (mettiamo conto) il passaggio di una misteriosa cometa; siamo quindi costretti a starcene zitti e seguire semplicemente lo svolgimento del film, nel buio della sala. Soli con la nostra paura, perchè zombi fa’ irrazionalmente paura.
Il genere umano in zombi è governato dall'incapacità totale di autocontrollo, nessuno riesce a prendere in pugno la situazione, il caos si espande a macchia d'olio, l'uomo perde tempo, cincischia, è l'irreparabile.
Ci specchiamo in loro. Non possiamo negarlo.
Nello studio televisivo arriva un tale con occhiali scuri e giaccone Schott di pelle. Viso tipicamente Americano. Vuole parlare con l'assistente di studio, una biondina dai capelli a caschetto di nome Francine, interpretata dalla fedele Gaylen Ross, già vista in Wampyr (1974) sempre di Romero, ella ha già preso accordi con Stephen, che è il suo uomo, per tentare una fuga la notte stessa. Non c'è più tempo.
La diretta degenera.
Intanto, un palazzone grigio è preso di mira da un corpo speciale di poliziotti- soldato, che devono sgombrare una colonia di Portoricani assiepati lì dentro; quando i reietti rispondono con le armi alle intimidazioni di arresa da parte degli uomini della legge, capiamo che Romero ha impostato
il film sullo splatter più libero, che non si era mai visto sino a quel momento; infatti assistiamo alla sparatoria tra le due fazioni con teste fatte esplodere dai potenti fucili a pompa, vediamo ampolle di sangue imbrattare le mura, ci sembra di avvertire l'odore di morte che grava sulla città.
Gli uomini in blu, però, non sanno della decisione presa dagli abitanti illegali dello stabile, forse in base alle loro usanze più o meno antiche: tutti i Portoricani del palazzo hanno tenuto in casa i propri morti!
Piuttosto pericoloso, quando si ha a che fare con uno come George, no? E così, assistiamo all'irruzione spettacolare degli uomini muniti di maschere del gas, vediamo la povera gente evacuata con la forza, trascinata per le scale con la violenza; percossa. Tra i militari si aggira anche un esaltato carnefice, che non arresta la sua furia xenofoba neppure davanti ai compagni.
Romero ci bombarda di messaggi. Ne parleremo al termine della trama. Una donna di colore è trascinata via. Implora, grida. Il fumo dei gas lacrimogeni è dappertutto; lo respiriamo.
La donna vede un uomo scendere le scale. E' suo marito, lo riconosce, si commuove. Lo credeva morto.
Si libera dalla stretta degli uomini in blu e corre ad abbracciarlo: l'uomo con i baffi è oramai uno zombi, e la morde sul collo come se fosse una tenera sfoglia di pasta. La morde sul braccio, filamenti di sangue e carne; signori, ci troviamo di fronte alla scena horror più famosa al mondo.
L'orrore c’è finalmente mostrato, e noi lo temevamo già. I morti sono mostri cannibali che divorano i proprio parenti.
La battaglia insorge, i morti stringono i vivi in un tragico abbraccio; rompono le porte, salgono le scale, afferrano i soldati come possono...vogliono morderli, nutrirsi della loro carne.
I soldati cominciano a sparare, ma solo la testa distrutta può fermare l'orrore. Facciamo già da un pezzo conoscenza con Roger, un militante dallo sguardo un poco allucinato, ma che spara bene. Dopo l'iniziale, ovvio disagio logistico, gli uomini in blu cominciano ad avere la meglio, e Roger può persino fumarsi una sigaretta in santa pace.
Qui conosce Peter, un soldato di colore che, lo confesso, diviene ben presto il mio personaggio preferito. I due si scambiano opinioni pessimiste sulla situazione che stanno vivendo, poi scorgono un prete mutilato che vuole passare ai piani superiori, che sono off - limit.
Dopo averlo sconsigliato a dovere, l'uomo di Dio dice ai due che nessun uomo può mettere fine a questo flagello, visto che "quando all'inferno non c'è più posto...i morti camminano sulla terra."
Il prete dice che sinora i soldati sono stati più forti degli zombi, ma che presto sarebbero stati "loro" i più forti.
Questa frase è l'intera chiave di lettura per tutto il film.
Peter e Roger "lo sanno". Ed infatti lasciano passare il vecchio. Roger mette Peter al corrente del fatto che due suoi amici, Stephen e Francine, posseggono un elicottero fermo sul palazzo del network televisivo, e che lo hanno invitato a fuggire con loro, per cercare un posto migliore dove vivere, lontani dall'orrore. Peter decide di unirsi ai tre.
La fuga dei quattro è agevole, ben presto si ritrovano a volare sopra le aperte campagne statunitensi, dove pattuglie di soldati, di cacciatori fracassoni e di semplici curiosi, fanno un tiro al bersaglio con gli incerti zombi che appaiono in lontananza; si divertono.
Questi zombi non sembrano poi così pericolosi, dopo tutto... L'elicottero ha bisogno di carburante, e i fuggiaschi dovranno faticare non poco per procurarselo.
Peter, Francine, Roger e Stephen giungono infine sul tetto di un grandissimo centro commerciale tipicamente americano, di quelli in cui puoi acquistare, in tutta comodità, uno spazzolino da denti o una rivista pornografica. Simbolo supremo del consumismo sfrenato che affligge la nostra società.
Romero non lo ha scelto casualmente.
Per i quattro è il Paradiso!
Cibo, denaro, vestiario, oggetti. Vita tranquilla per un pò. Senza contare, udite udite,che i morti viventi infestano solo il pianterreno dello stabile.
Gli altri piani sono completamente a disposizione dei vivi. Detto fatto, i fuggitivi s’insediano nel supermercato, rimanendocene un bel pò; oltremodo le notizie che arrivano dai televisori e dalle radio sono sempre più tragiche.
In ogni caso, le persone assiepate iniziano a condurre una vita pseudonormale. Francine è incinta. Lo sapeva già prima di partire. Momenti di tensione. Gli umani sigillano le entrate con i camion, chiudendo fuori gli zombi più curiosi, e lasciando quelli che sono entrati chiusi al piano terra: sembra tutto perfetto. (Non per Roger, che è ferito ad un polpaccio)
Troppo. Infatti la noia comincia a far capolino tra noi spettatori, ma è una altra trovata del George di New York, che ci ha semplicemente fatti abituare al "normale"... per farci dimenticare gli orrori dei morti viventi, liberandoci la mente per quello che deve ancora accadere.
Prima di tutto il povero Roger si tramuta in uno zombi a causa del morso subìto, e viene abbattuto da Peter, infine giungono all'esterno del supermercato i terribili "Hell's Angel", banda di teppisti motorizzati dediti a violenze e sciacallaggio: l'uomo si adatta a tutto.
Tra di loro vi è Tom Savini, il mago degli effetti speciali, nelle vesti del teppista armato di machete, con i baffi lunghi e la bandana sulla coscia.
Vogliono divertirsi un pò con i goffi zombi, noi spettatori cominciamo timidamente a parteggiare per quest'ultimi; il castello di carte costruito dai fuggiaschi comincia a crollare. Il capo degli "Angel" vede i camion parcheggiati agli ingressi e capisce
al volo che all'interno dell'iper - mercato c'è qualche vivo molto furbo.
Decidono di entrare.
Peter e gli altri si dividono per tentare una difesa al "mondo" che si sono creati. Sono armati di fucile. I teppisti scherniscono gli zombi, razziano tutto, spaccano i televisori (imperdibile la scenetta tra il ciccione e il suo compare, che porta alla distruzione di un televisore reo di non trasmettere più!)
Si divertono come matti. Gli zombi vengono derisi e massacrati; altra scena
cult: il teppista Savini viene fatto cadere da un "giovane" zombi, allora il baffuto Tom gli spacca il cranio con il machete e poi glielo sfila, poggiandogli uno stivale sulla spalla. La scena è perfetta.
Stephen non tollera lo scempio alla loro dimora, e disubbidendo alle disposizioni di Peter fa' fuoco sui teppisti, accoppandone uno. E' scontro a fuoco.
Gli zombi si proiettano in massa nel supermercato, visto che i camion non ci sono più, Francine è rimasta da sola con un fucile. Qualcuno sale le scale. Peter e Stephen combattono con tutte le loro forze, ma sono divisi e distanti: Stephen non utilizza la propria radio trasmittente. Francine, intanto, deve vedersela con uno zombi - monaco arancione, si salva grazie ad un bengala.
Gli zombi cominciano a diventare molti. E cattivi. Non si scherza più. Gli "Hell' Angel" vengono ben presto mutilati, smembrati, morsicati, divorati vivi.
Assistiamo alla loro furia antropofaga inarrestabile; uccidono il teppista col sombrero trascinandolo per terra e strappandogli le interiora con le mani, un altro con il side - car (colpito da Peter) precipita tra i morti e a nulla vale il suo mitragliatore, è un'orgia di carne e sangue giostrata magistralmente da Savini, forse al top dei suoi effetti visivi (dopo Maniac sarei tentato di dire), la noia centrale della pellicola viene spazzata via, ci viene la tentazione di dire: okai, basta così! Vi prego, riportateci indietro di qualche minuto!
Ma il ballo non è che all'inizio, e i morti viventi pretendono la loro vendetta sui vivi. Nessuno che voglia tirare ancora qualche torta sui loro volti putrefatti?
Nessuno.
Gli zombi si trascinano a centinaia nel centro commerciale, sanno che c'è ancora qualche umano da sbranare. Gli stessi che li hanno chiusi fuori, da principio.
Stephen viene trascinato da alcuni zombi in un ascensore: lotta, si dibatte, colpisce alla cieca. Gli strappano il fucile. E' la fine per lui.
Quando la porta automatica dell'ascensore si apre di nuovo, Stephen si unisce alla caccia contro l'uomo vivo. E' uno di loro. Francine ha il suo da fare per contrastare l'orda di zombi che vogliono penetrare all'interno. Francine è stata, nel frattempo, raggiunta da Peter, che non aveva più nulla da fare, laggiù.
Nessuno sa niente di Stephen.
Sarà lui, ben presto, a farsi vivo (si fa’ per dire), raggiungendo l'ultimo piano in cui sono assediati l'uomo di colore e la donna (un classico di Romero), e a venire definitivamente arrestato da un colpo in testa di Peter. Quest'ultimo costringe Francine a raggiungere il tetto dove c'è l'elicottero (Francine sà pilotare), mentre lui rimane seduto in attesa dell'arrivo dei mostri.
L'attesa è breve, e quando l'incerto incedere dei morti lo raggiunge, egli si punta una piccola pistola, simile ad una vecchia Derringer, sulle tempie.
Meglio farla finita così.
Noi spettatori protestiamo. E così il soldato ci ripensa, riservando il colpo ad un aggressore e fuggendosene a fatica sul tetto pure lui.
La partenza con il mezzo è lunga e faticosa, (nella versione del film giunta in Italia mancano più di venti minuti girati proprio alla fine), ma riescono a partire.
Quando l'alba illumina l'America, il titolo originale del film è infatti Dawn of the dead, l'alba dei morti viventi, l'elicottero di Peter e Francine è in volo.
Ma quanto carburante c'è nei serbatoi?
Poco.
 
Zombi di George A. Romero è un gigantesco bluff, che il regista di origini Portoricane, guarda un pò, riesce a mettere in piedi soltanto con l'aiuto di un neo-produttore Italiano e furbone: Dario Argento.
Perchè bluff? scopro l'acqua calda.
Zombi è un film girato da un uomo di sinistra, una feroce denuncia alla società americana, al suo consumismo, al suo razzismo, alla sua voglia di spettacolarità sempre e ovunque.
Zombi è un grandioso film di denuncia sociale, uno dei più grandi.
Che utilizza l'orrore e lo spatter per arrivare più in profondità, per arrivare ai giovani, ai distratti.
Girato con un'ironia velata che lo allontanano dal vittimismo più aperto, e dal moralismo facile e gratuito, Romero non risparmia nessuno, neppure se stesso, visto che si ritrae nello studio televisivo popolato da idioti e santoni.
Salva soltanto Peter, un negro senza passato, e Francine, una donna anonima e sgraziata, che porta in grembo il futuro dell'umanità: un bimbo.
Peccato che forse non ci sarà carburante per arrivare in fondo.
Il pessimismo di Romero, il suo anticonformismo narrativo, lo portano a farsi moltissimi nemici in patria, dove comunque Zombi è atteso da un trionfo.
E i critici scrivono ovunque che Zombi è soltanto un film di bassa macelleria, e George un pessimo regista senza futuro.
Voglio dire la mia.
Sicuramente Romero non è un grandissimo regista, e non sà girare film horror…
Non quelli privi di messaggi e agganci sociali, intendo dire. Non potrebbe mai scrivere un film alla Lucio Fulci, per intenderci; e ne ho le prove.
A parte la sua trilogia sui morti viventi (La notte dei morti viventi 1969,Zombi 1978,e Il giorno degli zombi 1985) Romero ha diretto un solo film horror degno, a mio avviso, di nota: ed è Monkey shines 1989, che tuttavia presentava come già detto, delle tematiche politiche e sociali. Animaliste convinte.
Il resto della sua produzione passa da film semi - amatoriali e un pochino squallidi, come Wampyr, a noiosi thriller (la stagione della strega) e recentemente, a pessimo cinema spazzatura Americano come La metà oscura 1993, che si è ostinato a trarre dal racconto del caca incubi Stephen King.
Creepshow (1982) è carino e dignitoso, nulla di più.
Attendiamo con simpatia i suoi lavori futuri, ma credo di poter affermare che il suo tempo è avvenuto: con Zombi, naturalmente.
 
 
La scheda tecnica:

Regia: George A. Romero (7)

Soggetto e sceneggiatura: George A. Romero (7.5) e Dario Argento (6)

Effetti speciali: Tom Savini (7.5)

Fotografia: Michael Gornick (6.5)

Musiche: Goblin e Dario Argento: (6)

Interpreti:
David Emge (7.5)
Ken foree (7)
Gaylen Ross (6.5)
Scott h. Reininger (6)

 

Zombi 2


Quanto ho cercato!
Quanto ho dovuto girare, per riuscire a mettere di nuovo le mani su Zombi 2, di Lucio Fulci!
E quanto ho dovuto sborsare!
Ma tant'è, mai tempo, mai denaro fu speso più felicemente.
Zombi 2, oltre ad essere un capolavoro del cinema horror, è un film divertentissimo, che non troverebbe fatica a farsi piacere anche dallo spettatore più difficile.
Zombi 2 uscì nelle sale nel lontano (ma non troppo) 1979,e fu immediatamente un trionfo in tutto il mondo, America compresa, battendo ben presto il prototipo originale di George Romero; che gli fece l’accusa di plagio.
In tutto il mondo, dicevo, esclusa....l'Italia: come al solito. Zombi 2 possiede una trama ed un ritmo da film d'avventura, gli attori sono catapultati nella storia loro malgrado, li vediamo terrorizzati, sudati, irretiti dal terrore degli zombi Fulciani: che sono sporchi, fradici, malati, probabilmente maleodoranti... di gran lunga più terrorizzanti dei morti architettati da Savini.
Queste creature maledette sono opera dei bravissimi talenti Italiani: Giannetto De Rossi e Rosario Prestospino, all'apice della loro bravura.
Non è l'unico punto in cui Zombi 2 è superiore al "colossal" Romeriano, visto che anche in fatto di splatter e di violenza, il film di Fulci da dei punti a tutti (superati in seguito, solo da Paura nella città dei morti viventi-1981,sempre del maestro romano).
Il regista Italiano si libera del pessimismo americano di Romero, delle tematiche sociali, delle restrizioni politiche per sfornare un film senza nessuna pretesa di sorta: un film che vuole solamente passare per quel che è.
Un grande, meraviglioso film dell'orrore.
Zombi 2 viene scritto interamente da quella che fu una rivelazione (troppo presto dimenticata) per l'epoca: la talentuosa Elisa Briganti.


La trama.
Un uomo vestito di bianco. Ha una vecchia pistola puntata. Ai suoi piedi si contorce una grande sacco insanguinato, e tenuto in piedi da logore corde.
L'uomo spara contro il sacco, che non si contorce più.
"Ora il battello può partire".
Porto di New York, la capitaneria avvisa uno strano e lugubre battello che si sta avvicinando alla banchina pericolosamente, sembra che non abbia più una guida a bordo. Immediatamente partono i soccorsi, due agenti (dalle facce italianissime) salgono a bordo, ed uno di loro scende sotto coperta per controllare meglio: il battello sembra abbandonato.
All’interno troviamo resti di una specie di festa in famiglia, torte smangiucchiate lattine di coca - cola, sporcizia varia.
Il poliziotto si avvicina ad un tavolino coperto da un telo, sotto il quale si profila la sagoma di qualcosa. Noi spettatori avvertiamo subito non tutto va come dovrebbe, per la pula.
Il poliziotto scopre teatralmente il telo e noi vediamo una scena disgustosa: una mano umana divorata e mozza, ricoperta da rifiuti e insetti immondi.
The Lucio Fulci show.
L’agente grida spaventato, ed un ributtante zombi grasso e pelato l’assale da dietro un lenzuolo bianco, sgozzandolo e sbranandolo ferocemente.
Il furbone al piano di sopra sente le grida e vede l’essere comparire dalle scale.
Fucilata e buonanotte ai suonatori.
Sembra tutto molto facile, vero?
E invece no. Mentre scopriamo mastro Fulci nelle inedite vesti di giornalista alla centrale, incaricato di far luce sul mistero del battello, facciamo la conoscenza di una minuta ragazza dagli occhi blu (Tisa Farrow, sorella minore di Mia) che ha degli interessi anch’ ella sullo zatterone.
Non è l’unica. Anche Peter, un giornalista avventuriero, vuole ricavare uno scoop su questa imbarcazione misteriosa, e non trattandosi di Enrico Papi, vi riuscirà.
Peter è interpretato da Ian Mc Cullogh, un attore straniero che alla prima occhiata sembra possedere un incredibile riporto sulla testa. Mah. Non divaghiamo. Peter conosce la ragazza, trovano un biglietto ad ella inviato, e decidono di recarsi nell’isola di Matool, dove il padre della ragazza si recò tempo prima per un tentativo di curare una nuova malattia.
Il buon uomo è scienziato di fama internazionale ( lo vediamo sparare all’inizio del film). La ragazza vuole naturalmente sapere qual’è stata la sorte del genitore, e Peter si offre di accompagnarla.
Come è buona abitudine dei film horror, i nostri eroi faticano un poco per trovare una barca che intenda ospitarli, ma alla fine vengono aiutati da una giovane coppia di sportivi, marinai, scavezzacolli, che intendono fare una "crociera" proprio da quelle parti.
Il mare è stupendo, il cielo sublime e tutto l’ambiente splendido.
Passano alcuni giorni in cui i quattro si dileggiano fra tuffi (ammiriamo un bel topless della riccetta) e serate romantiche sul mare. In vista dell’isola la riccia intende farsi l’ultimo bagno (mai parole furono più appropriate) e si immerge nel paradiso blu.
Viene aggredita da uno squalo mannaro, direte voi.
No.
Da una murena?
Nisba.
Un polpo gigante? Barracuda? Alghe assassine?
Nada de nada.
Da uno zombi marino!
Questi gira allegramente per i fondali, capta la preda e la ghermisce, ma la ragazza riesce a divincolarsi e fuggire, cosicchè al nostro morto vivente acquatico non rimane che papparsi un pescecane.
Sembra una scena stupida e assurda, ma vi assicuro che funziona, e che diverte molto.
Ho conosciuto qualche anno fa la persona incaricata di risolvere tale scena, mediante l’utilizzo di una story board, e mi rivelò che tutta la troupe era un pochino perplessa sulla riuscita della scena, salvo poi ricredersi.
Fino a questo punto il film non è entrato nel vivo della trama, eppure lo si segue con partecipazione ed emotività.
I quattro giovanotti giungono sull’isola, e da questo momento il film comincia ad assumere un tono completamente diverso, i colori si fanno lividi, la musica cupa e rimbombante, il ritmo serrato.
Vediamo finalmente il professore parlare con una bella donna dai capelli lunghi (l’attrice Olga Karlatoss), l’argomento allude ad una "visione" fatta da qualcuno giù al villaggio, sembra che uno di "loro" sia stato avvistato maledettamente vicino alle case. Lei è spaventata, lui biascica qualche parola di conforto, il technicolor è bellissimo, le sfumature color seppia.
La discussione assume toni violenti, lei vuole andar via, lui forse; ma e’ mezzo ubriaco.
Nell’isola c’è qualche cosa di terribile.
Il dottore deve tornare al "lavoro", lascia un negro di guardia e si allontana. In realtà ritroveremo il buon prof (che non è il padre della Farrow ma il suo assistente ) addormentato sugli scogli sbronzo e misteriosamente privo della barba! (!!!)
Svegliato da un’infermierina, arriva al villaggio che sembra un girone Dantesco dell’inferno. Il campo è ridotto a un lazzaretto, corpi e malati giacciono ovunque coperti da un telo bianco, una malattia tremenda e letale gira per il campo, possiamo respirarla insieme ai tre: dottore, infermiera e assistente di colore.
Quest’ultimo sta seppellendo l’ultima vittima, l’ultimo tentativo fallito dal prof di tentare qualcosa.
Scende la notte.
La donna del dottore, intanto, decide di farsi una doccia, ed anche se come decoltè
non è un granchè (fa pure rima) decide di mostrarci il seno facendo la doccia, mentre fuori il "guardiano scappa". Incominciamo ad avere paura.
Qualcosa dalle mani nere e adunche come cuoio vecchio, avanza sino ad entrare in casa, la buona Olga sente qualcosa, esce dalla doccia ed indossa una vestaglia:
che sarà mai?
La creatura avanza per casa.
Lei avverte la sua presenza si agita, chiude la porta del bagno, è devastata dal terrore. La scena deve aver colpito non poco anche Tiziano Sclavi, se è vero come è vero che le prime pagine del numero uno del suo "Dylan Dog" narrano una situazione piuttosto simile con questa scena del film.
Tantè.
Lo zombi sfonda la porta con un pugno, Olga grida disperata, lo zombi insiste, il suo respiro malato ci incolla alla sedia. Olga viene afferrata per i capelli, trascinata attraverso il buco slabbrato e irregolare della porta sfondata, regia e sceneggiatura si fondono alla perfezione; chi dice che questa scena non è da grande cinema mente sapendo di mentire (ed infatti al fantafestival Francese ci furono applausi a scena aperta) ma, dimenticando comunque che qui si scaldano solo per Fellini e Tinto Brass [con tutto il rispetto], torniamo alla nostra scena madre: dal foro sopra descritto, spunta una trave di legno appuntita e minacciosa, verso la quale Olga sta scivolando.
Le sue mani cercano qualcosa, un appiglio, ma è condannata.
Non sapremo mai se casualmente o dietro preciso, immondo piano del morto vivente, l’occhio della bella attrice greca finisce per infilzarsi sulla trave, innalzando il gore ad altissimi livelli. Sono andato a scovarvi un po’ di fotogrammi proprio di questa scena.
I quattro avventurieri giungono infine alla villa del professore; fuori da essa c’è parcheggiato un bel gippone blu, ma il silenzio innaturale non porta alcun segno buono.
La porta è aperta, e gli allegroni hanno la buona idea di entrare. Scoprono così il tema principale degli studi dei professori: il fenomeno dei morti viventi cannibali, che infatti si stanno pappando l’inserviente e la giovane donna.
Inorriditi e sorpresi, i ragazzi affrontano uno zombi per poi darsi alla fuga nella giungla con la jeep.
Ma guidare tra alberi secolari, liane e montarozzi non è semplice, specialmente se i defunti deambulanti spuntano dal terreno come funghi: morale della favola il mezzo va a sbattere contro un albero e Peter si rompe una caviglia.
La jeep non vuol saperne di ripartire, ed i tre più l’azzoppato cominciano a vagare per la foresta intrisa di morti viventi.
Gli amici si battono bene, specialmente il biondo che mi assomiglia, ma per colmo di sfortuna arrivano sfiniti in un piccolo...cimitero sconsacrato!!
Qui i morti risorgono come se piovesse, e sono i morti più brutti e spaventosi che il cinema horror avesse mai visto! (Opera del talentuoso Giannetto De Rossi, aiutato dal trucco di Rosario Prestospino).
Li vediamo ansimanti e gutturali, sporchi, laceri, malsani; i loro orefizi e le loro cavità orali sono nidi per vermi e repellenti insetti, le zanne acuminate e mostruose.
Con "zombi" di Romero non avevamo visto niente. Niente.
Il biondo barbuto spara col fucile trovato nel viaggio per difendere la ragazza, Farrow viene afferrata, smanacciata, tirata per i capelli, infine salvata.
Ma la riccetta cade vittima dei morti, ed anche il suo ragazzo perirà sgozzato da lei.
Chi sparerebbe alla propria ragazza divenuta zombi?
Io ne ho conosciute un paio ancora vive che avrebbero meritato tale sorte, ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.
Sfuggiti al mortale abbraccio, Peter e girl arrivano nell’accampamento del professore, che è tutto impegnato nel far saltar la testa ai "ritornati" più recenti.
Ascolta la storia dei due ragazzi e capisce che la sua donna (Carlatoss) è ora buona giusto come concime.
Narra dei suoi esperimenti sui malati indigeni e di come lui e il padre della giovane (interpretato dal caratterista Italiano specializzatosi in ruoli da cumenda in pellicole di serie b - ad esempio era il padre della giovane amante di Alberto Sordi in "In viaggio con papà" 1982) non siano riusciti a trovare una cura adatta.
Intanto l’isola pullula ormai di zombi, e ben presto il capannone - ospedale viene assediato dai non - morti che si fanno sempre più incalzanti.
Balza subito agli occhi il fatto che Lucio si sia ispirato ai grandi film di John Ford o Sergio Leone per la realizzazione di "Zombi 2", i suoi carrelli, gli intensi primi piani veloci, le zoomate violente. Ma tutta la sceneggiatura di Briganti è un film western, e l’assalto al capannone - fattoria da parte degli zombi - indiani è il più classico degli omaggi ai grandi film western.
Persino gli assediati ricordano gli eroi alla John Wayne o alla Gary Cooper.
Le fucilate si sprecano, la lampada ad olio cade incendiando tutto, i morti cominciano a prendere il sopravvento sui vivi: l’aiutante del dottore, l’infermiera, il dottore stesso (morte orribile) cadono tra gli artigli dei mostri che si rovesciano nella costruzione da ogni pertugio. Le fiamme impediscono ormai qualsiasi azione, ed i due superstiti si gettano fuori; in fondo anche gli zombi di Fulci sono lenti...o no?
No, a giudicare dal successivo film di Fulci ( e poi terminato da Mattei) "Zombi 3" in cui si muovono a super velocità!
Comunque sia, dopo un’allucinante fuga, giungono nei pressi della barca e da li fuggono in mare.
Tornando negli Stati Uniti si scopre che l’epidemia (come visto all’inizio del film) è scoppiata anche qui, e i morti camminano felici sul ponte di Brooklyn!!
Ah già, dimenticavo... dalla sottocoperta della imbarcazione arrivano colpi e strani rumori... già, perché i due superstiti hanno avuto la bella pensata di rinchiudere lì il loro biondo amico morto..... e che morto non vuol rimanere affatto!


Zombi 2 è un film bellissimo, diretto magistralmente e sceneggiato ancor meglio. Spaventa al punto giusto, è pieno di azione e i suoi dialoghi non sono pesanti e ridicoli come in molti film "zombeschi" dell’epoca: basta pensare alle battute grottesche di "Incubo sulla città contaminata" di Umberto Lenzi con il mono - espressione Hugo
Stiglitz
qui al suo peggio. Fulci recupera le tematiche degli zombi relative al vudù, e dal momento dello sbarco sull’isola è tutto un rullare di tamburi lontani, di leggende dette e non dette, di colori sfumati da incubo.
Ebbero torto Argento e Romero, quando denunciarono Fulci per Plagio; le leggende Haitiane non appartengono a nessuno, se non all’immaginario collettivo, e Fulci non attribuisce nessun significato sociale o politico al suo film. Infatti gli Americani capirono, e nelle prime settimane di proiezione la pellicola incassò quanto e più di "Zombi". Fu un trionfo.
Malgrado, al solito, la critica.
Zombi 2 resta una pietra miliare del cinema horror e del cinema Italiano, con un livello di Gore tuttora imbattuto a molti livelli, se si escludono i filmettini da pornografia dell’orrore squallidi tipo "Violent shit" o, peggio, "Nekromantic".
Fulci non si atteggia ad "artista" o poeta, o quanto di peggio. E’ un grande, unico, artigiano dell’horror e del cinema in generale.
 


La scheda tecnica:

Zombi 2

Regia: Lucio Fulci (7)

Sceneggiatura: Elisa Briganti (7)

Effetti speciali: Giannetto De Rossi (7.5)

Fotografia: Sergio Salvati (7)

Musica: Fabio Frizzi, Giorgio Tucci (6.5)

Interpreti:
Tisa Farrow (6.5)
Ian McCulloch (6)
Richard Johnson (7)
Pier Luigi Conti (6)
Olga Karlatos (7)

 
 
Tre anni dopo, il Lucio nazionale sarebbe tornato sugli schermi con quello che secondo me è il suo capolavoro indiscusso: "Quella villa accanto al cimitero", sottolineo la parola "per me", in quanto a tutt’oggi la critica riconosce a Fulci come sua miglior opera "Paura nella città dei morti viventi" che è sicuramente un film eccezionale, ma manca a mio avviso di quel ritmo che erano la colonna vertebrale dei film Fulciani.
In "Quella villa accanto al cimitero" troviamo tutte le tematiche del cineasta romano, e tutte le sue (e anche nostre) fobie.
Chi non ha mai pensato, nella sua infanzia, ma molti anche oggi, che un terribile mostro possa annidarsi in cantina?
Chi non sente un brivido salirgli sulla schiena quando sente leggende su costruzioni maledette? Chi comprerebbe una casa dopo aver saputo che è stata testimone di un fatto di sangue celato nel tempo?
Questo è "Quella villa accanto al cimitero". Solo questo.
 
Due giovani si appartano in una tetra villa per fare l’amore, lui ben presto sparisce dalla vista della bionda (e bella) ragazza in topless.
La casa e’ cupa e tetra da far paura.
Lei non voleva andarci.
Lui non torna, sembra inghiottito dalla villa stessa. Ella si riveste e prova a cercarlo, finirà per trovarlo massacrato ed appeso alla porta!
L’essere che lo ha ucciso possiede una forza spaventosa e delle mostruose mani artigliate. Ben presto anche la ragazza cade vittima del maniaco - mostro, che fa scempio del suo corpo.
Boston.
Facciamo conoscenza del professor Norman (il fedele Paolo Malco), che è stato incaricato da un più esimio collega (il solito cameo di Fulci) di trasferirsi a "Hawk Mason" una villa ove un loro collega si era trasferito per cercar di risolvere un intricato mistero. Il poveruomo s’era impiccato ad una trave della biblioteca del posto, e ora il suo istituto vorrebbe mettere le cose in chiaro; chi meglio di un giovane e valido professore?
Il barbuto Norman accetta il caso, e noi facciamo conoscenza con la sua famiglia: la moglie (interpretata dalla sempre brava Katherine McColl, che in tutti i suoi film Fulciani viene doppiata magnificamente) e il figlioletto Bob.
Giunti sul luogo proprio il biondo Bob conosce una strana bambina che appare e scompare, portando immagini terribili (la bambola decapitata nella vetrina del negozio) sembra una specie di fantasma, e nel finale del film probabilmente lo è.
Tutto il film, comunque, assume un tono onirico e fiabesco, con Norman che incontra una moltitudine di personaggi misteriosi, tocco di sceneggiatura che Fulci aveva nel sangue, ma che pochi - anche tra i suoi fans - gli riconoscono.
Bibliotecari che parlano per enigmi (Norman, secondo esso, sarebbe già stato in quel posto, sebbene il professore neghi), la donna che lavora per l’agenzia della villa, interpretata da un’attrice che mi ricorda tanto la Paola Senatore dei film porno italiani, e che fra sorrisi strani subirà la peggior morte del film, la già citata bambina, il professore suicida, la tragica figura del professor Freudstein (!!!) su cui il defunto stava lavorando, la baby sitter di Bob, ambigua e dallo sguardo magnetico, interpretata da un’Ania Pieroni reduce da Inferno e non ancora concubina di Craxi, e mi fermo qui.
Il film è un susseguirsi di macabri ritrovamenti e di colpi di scena, troppo serrati per narrarveli tutti, ma che posso facilmente semplificare: Norman scopre un nastro inciso dal suicida, che parla di un terribile incubo segreto che lo "terrorizza e lo attrae", e del quale sembra siano cadute vittime la moglie e il figlio di quest’ultimo (per inciso il nome del professore suicida era Petersen ), contemporaneamente sia Norman che la moglie sentono per tutta casa rumori paurosi e strani pianti di bimbo (che non è Bob!), Katherine McColl dando una ripulita scova persino una tomba celata sotto polveri e tappeti, tomba proprio appartenuta al famigerato Freudstein.
Ed ancora: Norman aggredito da un grosso pipistrello vampiro (splatter a volontà la sua eliminazione), Bob incontra ancora la bambina lentigginosa che lo invita ad andarsene; nella vecchia casa dei tre c’è una foto che ritrae Hawk Maison! Una misteriosa porta della villa è inchiodata, l’agente dell’agenzia viene massacrata da un mostro in casa, il suo omicidio è lento e maniacale, la vittima è inchiodata, squartata viva, strappata della sua vita con crudeltà. E crudele è tutta la scena, "Quella villa accanto al cimitero" forse non è il più violento film di Fulci, ma sicuramente è quello con meno freni inibitori.
Scopriamo che la baby sitter si prodiga a lavar via tutto il sangue dell’omicidio. Finalmente Norman si decide ad aprire la porta della cantina, ma non può avventurarcisi in quanto richiamato dalla moglie (che è sempre più spaventata) allora indovinate un po’ chi ci va?
Ma Bob, no? E pensare che io alla sua età avevo paura persino di ritirare i panni con mia nonna dalla solare terrazza.
Bob è spinto dal fatto che un suo gioco finisce laggiù, e qui il piccolo vi scopre una vasta cantina con strani attrezzi e alcuni tavolacci; un laboratorio.
Bob è cercato dalla baby sitter, contemporaneamente un occhio terribile si apre nel buio fissando il ragazzino. Egli fugge di corsa per le maledette scale, gridando di terrore, e noi con lui. Qualcosa di mostruoso e dal respiro marcio lo sta inseguendo.
Fortunatamente, seppur a fatica, il piccolo viene salvato dalla sua famiglia.
Le ricerche su Petersen non portano a nulla, mentre la figura di Freudstein finisce per aver forma: egli era un chirurgo vissuto un secolo prima, dedito a studi sul corpo umano, e ad altro ancora... nella mente di Norman si forma l’immagine di qualcuno che massacra i familiari di Petersen giù in cantina... vediamo pezzi di corpi umani, un piede, un torace sventrato sul tavolaccio, persino il cadaverino del figlio!
Giunto sull’orlo della pazzia, Norman decide di farla finita e giunge in cantina dove la moglie e Bob stanno già lottando col mostro.
Il professor Freustein, naturalmente, il peggior mostro che si possa immaginare, fasciato nel suo grembiule stile ‘800 ed un tantino zoppo. Egli rigenera il suo orrendo corpo con il sangue e le membra degli sventurati avventori della villa!
Come un novello "Bathory" egli seziona e stacca, mangia e scarnifica, assumendo via via i suoni e le sembianze delle ultime vittime (ecco il significato del pianto di bimbo udito da Norman). Dopo un allucinante lotta impari col mostro, Norman viene sgozzato al rallenty, la sua coltellata di difesa provoca solo la caduta di vermi e viscere putrefatte, Katherine cerca di mettere Bob in salvo attraverso la solita scala, ma il mostro l’afferra per un piede trascinandola inesorabilmente giù... la sequenza in cui la donna viene trascinata sul fondo facendola sbattere ad ogni scalino, è un caposaldo del cinema horror, ed una delle più belle scene Fulciane.
Il film si chiude con Bob tirato in salvo dalla misteriosa bambina (qui in compagnia di una donna) che si allontana con loro, sotto un fioccare di strani dialoghi.
 
E chi era in realtà la bambina? Forse la figlia di Freudstein sacrificata per la scienza? Forse la figlia di Petersen? O uno dei tanti fantasmi prodotti dalle vittime del massacratore?
E perché la baby sitter si prodiga nel ripulire il sangue del delitto, nel rimuovere le prove di un (solo) delitto?
E perché Norman ha l’impressione, ad ascoltar tutti, di essere già stato lì?
Ed il quadro con la villa?
Come vedete, il film è pieno di allusioni e cose mai spiegate. In parte volute da Lucio che ha così colpito lo spettatore lasciandolo in sospeso e facendo parlare del film anche in futuro... ed un po’ perché, ahimè, il co - sceneggiatore del film è il tristemente noto Dardano Sacchetti, che in vita sua non ha mai dato uno straccio di trama o di rigore logico alle sue sceneggiature.
Per avvalorare la mia tesi basterebbe citare alcuni film in cui il buon Dardano c’ha messo le mani, pardòn, la macchina per scrivere:
Dèmoni e Dèmoni 2 (1984 e 1986) film bellissimi ma che non hanno nessun appiglio logico o coerente, L’aldilà (1981) sempre di Fulci, in cui gli avvenimenti giungono a caso, senza nessun filo conduttore, e ce ne sarebbero mooolti altri (Sacchetti avrà scritto più di cento copioni), ma mi fermo qui.
Noi non abbiamo bisogno di spiegare il perché dei quesiti sopra elencati.
"Quella villa accanto al cimitero" funziona benissimo così, è come quelle storie nere raccontate al fuoco di un falò, d’estate, o vecchie leggende narrate dai nonni per non mandarci a giocare in cantina.
E’ una storia che proviene direttamente dalle tradizioni popolari nostrane, il film più Italiano di Fulci, che proprio da questi ultimi verrà deriso e beffeggiato durante la proiezione di questo capolavoro al Fantafestival di Roma. Presente il sottoscritto.


La scheda tecnica:
Quella villa accanto al cimitero

Regia: Lucio Fulci (6.5)

Sceneggiatura: Dardano Sacchetti (5)
Giorgio Mariuzzo (7)
Lucio Fulci (6.5)

Effetti speciali: Giannetto De Rossi (7.5)

Fotografia: Sergio Salvati (6)

Musica: Walter Rizzati (6.5)

Interpreti:
Katherine McColl (7)
Paolo Malco (7)
Ania Pieroni (7)
Dagmar Lassander (6.5)




In generale, a parte i registi più volte nominati nelle pagine precedenti, le stagioni del cinema horror tra il 1960 e il 1990, sono state le più ricche ed originale in assoluto.
A cominciare dai godibilissimi piccoli classici della "Hammer", come "Dracula il vampiro" e tanti altri, o le produzioni di Roger Corman incentrate sui miti di Edgar Allan Poe (a chi piace).
Poi l’avvento del cinema thrilling, con Argento, Bava, Freda, Crispino, e tanti altri (molti dei quali, con la fine del genere -Tenebre 1982- buttatisi su filmetti vacanzieri alla Lino Banfi, come Sergio Martino, o in improbabili cloni di film d’avventura Statunitensi, leggi Antonio Margheriti).
Grossi capolavori, in quel periodo, vennero da registi che nulla avevano a che fare con il genere, mi riferisco in particolar modo (ovviamente) al Pupi Avati di "La casa dalle finestre che ridono", 1976, che risente innegabilmente dei film Argentiani, (la telefonata in farsetto del maniaco al pittore Stefano, l’impiccione gettato dalla finestra etc.) ma che contiene un fascino mai raggiunto da "esperti" registi del terrore.
Si vocifera che Dario stesse lavorando al copione di Avati, il fratello Antonio, Gianni Cavina (sua la voce del pittore Legnani) e il futuro salottiere Maurizio Costanzo, e che contemporaneamente Pupi avesse messo mano al copione di "Profondo Rosso"; la diceria è plausibile, ed echi dei due artisti si trovano in entrambe le opere.
Il fatto strano, infatti, è che sette anni dopo, ritentando l’horror, Pupi Avati sbagli completamente bersaglio con il goffo "Zeder" che pure era degli stessi autori, a parte Cavina.
In quegli anni troviamo anche il decente film di Umberto Lenzi (strano!) "Spasmo", senza contare l’interessante "Etrusco uccide ancora", ambientato a Spoleto.
Per uscire un poco dai confini Italiani, dei quali torneremo a parlare nel prossimo capitolo, segnaliamo in ordine sparso l’ultimo capitolo (finora) della saga dei morti viventi di Romero con "Day of the dead - il Giorno degli zombi" (1985) seguito perfetto di "Night of living dead" 1968, e l’apice "Zombi - dawn of the dead" 1978.
Girato quasi per intero in un bunker sotterraneo, con le solite situazioni claustrofobiche di George e le straordinarie caratterizzazioni di alcuni personaggi ivi presenti.
Cinque anni dopo il grande Tom Savini proprio d’accordo col suo amico regista, tenta il rifacimento del primo film sugli zombi di Romero, che ricordiamo girato in bianco e nero (per economia!) e che aveva tra gli interpreti un sacco di amici dell’autore (a parte uno) , veniva girato il sabato e la domenica perché non si lavorava!
Esce così "La notte dei morti viventi remake" con Tony Todd e lo script riveduto e corretto dall’infaticabile Romero, che muta di molto il finale della vicenda, che vede comunque buoni momenti di regia (tutta farina del sacco di Tom?) e un sacco di divertimento. Si trova facilmente in videoteca, fateci un pensierino!
Nello stesso anno esce nelle sale Europee anche "L’esorcista 3", di Williams Pere Blatty, l’autore del romanzo originale dal quale fu tratto "L’esorcista" di Friedkin.
"Esce" nelle sale si fa per dire, visto che in Italia comparve qualche giorno al Rouge et Noir, un cinema fuori mano sulla Salaria!
Comunque il film è ottimo, contro il diabolico tentatore, troviamo stavolta un attempato poliziotto interpretato da George C. Scott, la cui interpretazione vale da sola il prezzo del biglietto. Il film è il seguito "buono" del primo capitolo della saga, visto che il secondo "L’esorcista 2 - l’eretico", del 1978, era una bufala solenne.
Si va via via verso i giorni nostri, con i pessimi capitoli della "Casa" post Raimi snocciolati uno dopo l’altro nei periodi estivi (ma uno se lo son dimenticato!) e dei quali avremmo fatto volentieri a meno! Compresi gli immancabili "Nightmare 5-6 e 7!" e persino il terzo capitolo della famiglia di massacratori iniziata dall’allora promettente Tobe Hooper con "Non aprite quella porta" 1973.
Finalmente vediamo del buon materiale con Stuart Gordon e Brian Yuzna, come accennato nell’introduzione, e anche l’ennesimo film sul povero Dracula con, appunto, il pretestuoso "Bram Stoker’s Dracula" di Coppola, che vuole fare un film culturalmente ed intellettualmente impegnato salvo poi mettere in testa al principe dei vampiri di turno (Gary Oldman) una ridicola acconciatura con cipolla bianca: vedere per credere!
Col passar del tempo il cinema horror "vero e serio" è andato scemando, vuoi per il mutar dei gusti, vuoi per lo scarso impegno profuso qua e là da produttori e sceneggiatori; si è così assistito al decadimento di registi che in passato tanto avevano dato al genere (vero Romero, Argento, Hooper, Carpenter?) e a filmetti acquistati in pacchetti regalo per l’estate: ti do Stallone a tale cifra, più il solito Carrey, ed in aggiunta anche un film horror magari tratto dalla novella di Stephen King, và!
Il genere è peggio che morto, è agonizzante in pellicole che non dovrebbero essere trasmesse neppure da Rete Mia nel giorno dei morti.
Fortunatamente ogni tanto il buon Pupi ci riprova con onesti film come "L’arcano Incantatore" 1995, ed anche il discepolo di Tarantino, Robert Rodriguez ci delizia a sorpresa con "Dal tramonto all’alba": strepitoso cast (Keitel, Binoche doppiata da una superlativa Giuppy Izzo - Clooney,) musiche ottime, la danza della stupenda Salmah (per rimanere in tema) Hayek, e vampiri a volontà!
Ma che ci prospetta il futuro?
 
In Italia, per riprendere il discorso lasciato in precedenza, a parte i thriller nati all’epoca per la moda lanciata da Bava poi e Argento dopo, i veri splatter horror sono stati in assoluto i due "Dèmoni" diretti da Lamberto Bava, che divertivano, spaventavano (specialmente il primo) e ti gonfiavano gli occhi di gore.
Purtroppo anche Bava ha lasciato il campo dopo il pessimo "Body puzzle" del 1992, andandosene col biscione a dirigere stomachevoli fiabette tipo "Fantaghirò" o via discorrendo.
Attenzione, persino il Fulci nazionale era sceso di tono con pellicole come "Voci dal profondo", "un gatto nel cervello" e il terribile "Demonia", ma lo splatter e il gore, almeno, erano sempre sui livelli di guardia!
Ah, che capolavoro sarebbe stato "Maschera di cera", del 1997, con il maestro al timone!
Nella grande annata horror del 1980 \81 non possiamo non citare l’artigiano tuttofare Joe D’Amato (Aristide Massaccesi) che col fido compare di sempre George Eastman (Luigi Montefiori) abbandona temporaneamente il porno per regalarci un mostro cannibale indimenticabile: sto parlando di "Antropophagus", che è folle, geniale, violento, assurdo e audace. Vedere il finale per credere! (con una giovane Serena Grandi - che si firma Vanessa Steiger - squartata e divorata del proprio feto!
Gli ultimo vagiti dei nostri autori sono stati lontani e sbiaditi, e sono finiti (sino ad ora) con il peggior film che Dario Argento potesse mettere in scena: "La sindrome di Stendhal", 1995, nel quale Dario orchestra una trama strampalata che fa acqua da tutte le parti, degli effetti speciali derivanti da robusti P. C., un serial killer con la faccia di un modello di Ferrè, attori fuori luogo sempre e comunque (la figlia Asia che interpreta l’ispettrice [non bisogna essere maggiorenni per entrare in polizia come ufficiali!?!] uno sbarbatello anonimo nel ruolo del suo aiutante [ah! Ah!] e la solita vecchia gloria con il volto pacioccone di Paolo Bonacelli) mischiate al tutto un finale - senza finale, e il tentativo di Argento di sfruttare la bravura di Asia, che qui si impegna solamente nel gridare come un’isterica dall’inizio alla fine.
Almeno in "Trauma" 1993, le si vedeva il seno!
Il film fa schifo, la pubblicità del "Messaggero" fa capolino ad ogni inquadratura, e l’insopportabile copertina di questa "sindrome" rompe ad ogni fotogramma...
E c’è chi critica il ritorno del grande "Jena" Pleesken!!
Insomma, non avendo ben capito dal film cosa cavolo fosse questa "sindrome di Stendhal", mi abbandonai in sala alla mia, di sindrome; personalissima.
La sindrome di pigliare a calci nel sedere quello che mi aveva venduto il biglietto di questa gigantesca panzana.
E’ l’addio del cinema del terrore in Italia.
 
In conclusione, possiamo soltanto aggrapparci ai vecchi classici reperibili in videocassetta (più avanti ne farò un elenco), o mettersi alla ricerca per scovare magari quei titoli introvabili dei quali sentiamo tanto parlare. Può essere divertente.
E’ tutto improntato a questo pessimismo, direte voi, questo volume del cinema horror?
Ma no, certo che no... in fondo, in un paese nel quale Fabio Fazio e (addirittura) Claudio Baglioni fanno tornare la voglia a milioni di insospettabili cittadini, di indossare le zeppe e di intonare con la vocetta dei simpatici "Cugini di campagna" la canzone "Anima mia", vuol dire che c’è la speranza che qualcuno (magari Galliano Juso) ritorni a produrre film horror di statura internazionale.
Perché no?
 
Qui di seguito troverete l’elenco completo dei film che più hanno colpito (in negativo o in positivo) la mia immaginazione nel corso degli anni.
Saranno titoli seguiti da una mia personale e non condivisibile critica raffigurata da asterischi (*****=capolavoro ****=Eccezionale ***=buono **=sufficiente *=mediocre 0=una scemenza.) In ogni caso sono altamente raccomandati dal sottoscritto!
P. S. Dimenticavo! Accanto ad ogni titolo troverete la disponibilità, o meno, in videocassetta.
 
 
Un abito da sposa macchiato di sangue **.................................no video.
L’Aldilà ***.....................................Avo Film.
Ammazzavampiri ***........................C. I. C. Video.
Angel Heart ***................................Si video.
Antropophagus ****.........................No video.
Baby killer **...................................C. I. C. Video.
Cannibal Holocaust 0.......................Si video.
La casa ****....................................Si video.
La casa dalle finestre che ridono***...............ediz. L’Unità.
La cavalcata dei resuscitati ciechi ***............Si video.
Le cinque chiavi del terrore **.......................No video.
La cosa *****.................................C. I. C. Video.
Creepshow ***...............................Si video.
Dèmoni ****.................................Warner Home Video.
Dèmoni 2 ***...............................C. H. V.
Dolls ****...................................Si video.
Dracula il vampiro ***................no video.
L’Esorcista *****......................De Agostini video.
L’Esorcista 3 ****......................C. I. C. Video.
L’Etrusco uccide ancora ***......No video.
From Beyond **.........................Si video.
Il gatto a nove code ***.............Mondadori video.
Il giorno degli zombi *****.......Play Time.
Incubo sulla città contaminata **.........No video.
Nekromantic 0..........................No video.
Nightmare 2 ***.......................Warner Home video.
La notte dei morti viventi **.......Mondadori video.
La notte dei morti viventi remake ***........Si video.
Paura nella città dei morti viventi ****......Avo Film.
Phenomena ****........................Warner Home video.
Profondo rosso *****...............Mondadori video - Ediz. L’Unità.
Quella villa accanto al cimitero *****......................Avo film.
Re - Animator ****............................Si video.
Re - Animator 2 ****.........................Si video.
Il ritorno dei morti viventi ***...........Warner Home video.
Il signore del male **.......................Si video.
S. O. S. I mostri uccidono ancora ***.......No video.
Lo squartatore di New York **........Si video.
Spasmo **......................................No video.
L’Uccello dalle piume di cristallo ****...........Mondadori video.
Virus 0..........................................No video.
Waxworks ***.............................No video.
Zombi *****...............................Eden video.
Zombi 2 *****............................No video.
Zombi 3 **.................................Avo film.
 
 
 
 
L’autore:
Francesco L. P. 97, bibliografia essenziale.

1979- Giò Randall saga (109 numeri) fumetto.
1987- Wolf Man saga (49 numeri) fumetto.
1988- La bambola di cristallo (35 minuti) cortometraggio.
1989- La replica (79 pagine) racconto.
1989- Ironsword saga (70 numeri ancora in corso) fumetto.
1990- Walter Gano e l’enigma popolare (117 pagine) racconto.
1993- Attacco al paese fantasma (1h 35 min.) film.
1995- Il diario nero (325 pagine) romanzo.
1997- Luce nera [solo soggetto] (8 numeri) fumetto.

 
 
 
 
 
 
Roma, 28 Luglio 1997; A cura della
Universal Comics, Via S. A. Maria Gianelli n.3



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