Le mummie italiane



Quando si parla di mummie si pensa subito all’antico Egitto, dove la pratica della mummificazione era diffusa con un significato altamente religioso, anche se, per motivi economici, tale trattamento poteva essere riservato soltanto agli appartenenti a caste privilegiate. E’ nota infatti la complessità della metodica utilizzata la quale prevedeva: innanzitutto l’asportazione sistematica di tutti gli organi interni, compreso il cervello che veniva estratto attraverso il naso per mezzo di appositi ferretti uncinati; il trattamento protratto per mesi di ciò che rimaneva del corpo, praticamente la carcassa esterna, con speciali oli e balsami; infine l’avvolgimento del corpo con le famose bende, imbevute di sostanze chimiche conservanti. In pratica, soltanto i Faraoni e i grandi dignitari di corte potevano permettersi il privilegio della mummificazione.
Però, se è vero che l’inizio della civiltà umana si fa risalire alle prime tracce relative al culto dei morti, è altresì vero che la preservazione dei defunti dal degrado post-mortem non è una prerogativa degli antichi egiziani. Mummie, rese tali mediante essiccazione, sono state rinvenute in Sud America, risalenti al periodo precolombiano. E, più in generale, si può affermare che non esista civiltà o epoca che non abbia considerato la conservazione del corpo come un surrogato dell’immortalità.
Anche in epoca moderna, in cui si è utilizzata la metodica della imbalsamazione, pur questa riservata ovviamente a pochi privilegiati. Tra i più noti ricordiamo i casi di Alessandro Manzoni, Evita Peron e Lenin.
Per trovare mummie non occorre però andare molto lontano né dedicarsi a complicati e costosi scavi archeologici. Anche l’Italia ha i suoi buoni esempi.

Le mummie di Venzone.

In un edificio adiacente la Chiesa Madre di Venzone (prov, di Udine), distrutta dal terremoto e fedelmente ricostruita, sono esposte 14 mummie, divenute tali per caso. Si tratta di cadaveri riesumati da un antico cimitero nel quale il terreno possedeva delle caratteristiche biochimiche tali da preservare i corpi dalla decomposizione: una specie di terreno k dalle potenzialità ridotte.

La Catacombe dei Cappuccini

Il maggior concentrato di mummie italiane si trova a Palermo, nelle Catacombe ubicate tra il Convento e il Cimitero dei Cappuccini. Stipate all’interno di scaffali, sistemati lungo le pareti di tenebrosi sotterranei, si offrono agli occhi dei curiosi visitatori ben oltre 7000 mummie. Per quasi tre secoli, dal 1599 al 1881, i notabili di Palermo hanno affidato ai monaci del Convento dei Cappuccini il compito di mummificare e custodire i loro defunti. I corpi venivano collocati sul terrazzo del convento, immersi in vasche contenenti acqua e calce. Sotto l’azione congiunta della soluzione chimica e dei raggi solari, in pochi mesi le carni si rinsecchivano acquistando una durezza e una compattezza simile al cuoio e resistente nei secoli. A questo punto, i corpi venivano rivestiti con i loro normali abiti e collocati nei sotterranei del Convento, dove i parenti potevano andare a visitare il congiunto e colloquiare con lui, ritrovandolo, in alcuni casi, quasi intatto.
L’usanza ormai s’è persa da oltre un secolo. Sono rimaste le mummie, a solo uso e consumo dei turisti che, con morbosa curiosità, affollano quotidianamente le Catacombe, guidati da un moderno monaco dei Cappuccini costretto ad esortarli continuamente per evitare le risate e i commenti scurrili.

Andrea Didato


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