L'autore
GIANFRANCO NEROZZI
Vive e lavora vicino a Bologna, da qualche parte in cima a una bellissima collina di ciliegi. Prima di approdare alla letteratura, e alla scrittura horror in particolare, è passato attraverso numerose esperienze artistiche, fra cui la pittura e la scultura. Autore e compositore, la sua batteria è stata per più di dieci anni la spina dorsale di un gruppo rock dell'area bolognese. Esperto di culture orientali, pratica lui stesso diverse discipline di combattimento ed è cintura nera di karate. Nel 1990 entra tra i finalisti del Premio Tolkien con il racconto "In fondo al nero". Pubblica il suo primo romanzo l'anno successivo, lo splatterpunk "Ultima pelle", con lo pseudonimo di Frank J. Crowford. Nel 1992 si classifica secondo al Premio Tolkien con il romanzo "Cry Fly" ed entra a far parte della World SF, associazione internazionale che riunisce i professionisti che lavorano nel mondo del Fantastico. Nel '93 esce "Le bocche del buio", nella collana I piccoli libri dell'horror della Polistampa di Firenze. Numerosi altri suoi racconti sono apparsi su diverse riviste e pubblicazioni. Ha inoltre partecipato alla raccolta "Giallo, nero e mistero" edita da Stampa Alternativa, alle antologie "Sospeso" (Entronauta) e "Un trapano nel cervello" (Musa). Fonda, insieme a Carlo Lucarelli, Giampiero Rigosi e altri la rivista letteraria su Internet "Incubatoio 16", giunta al terzo numero e visibile presso l'indirizzo
http://www.arcobaleno.com/incubatoio16. Il suo horror è di quelli che si possono senz'altro definire "autentici": schietto, violento, sincero fino all'eccesso, ma senza che venga mai persa di vista quella che, in fondo, è la - piccola, sì, ma fin troppo sottovalutata - "missione" di questa branca della letteratura: un metodo efficace per entrare nella psiche delle persone, stanando le paure più segrete e nascoste, per studiarle, analizzarle, esorcizzarle. Nerozzi è in grado di alternare scene di estrema truculenza ad altre dove il terrore è puramente psicologico… Altrove, invece, il suo stile sa però essere insieme tenero e riflessivo, quasi intendesse osservare i vari personaggi da un'altra angolazione per studiarne i pensieri o ascoltare i battiti del loro cuore: il quotidiano e il "vero" negli intermezzi della sanguinosa tempesta di irrealtà e brutalità. Pugno di ferro in guanto di velluto, insomma: come solo un "rocker" dal cuore buono sa fare. Riccardo Coltri