Interpreti:
Joseph Cotten,
Elke Sommer,
Massimo Girotti,
Antonio Cantafora.
Peter , discendente del sadico barone Otto Von Kleist detto il sanguinario , torna in Austria presso lo zio Karl per scoprire qualcosa di più sul suo famigerato avo. Grazie ad una vecchia pergamena apprende di una vecchia maledizione scagliata contro il barone da una strega, sua vittima, che permetterebbe di riportarlo in vita. Ma per funzionare la formula deve essere recitata dentro una particolare camera del castello.
Insieme ad Eva, giovane è bella architetto che sta restaurando il castello, Peter legge la formula ma spaventato dai sinistri eventi che si scatenano subito dopo, legge la controformula.
Tuttavia la notte seguente i due ripetono l’esperimento e una sinistra folata di vento getta la controformula nelle fiamme, impedendo di sospendere l’evocazione. Von Kleist risorge davvero, col volto orribilmente sfigurato e ritorna subito ad uccidere. Le vittime sono: un medico che voleva soccorrerlo, il responsabile del castello, il guardiano ( questo ucciso con la vergine di ferro). Qualche tempo dopo il castello è acquistato ad un asta dall’anziano miliardario paralitico Beck, che intende rimetterlo a nuovo e invita Eva, Peter e Karl all’inaugurazione. Quella notte Von Kleist insegue Eva per le strade buie della città ma la donna si salva a casa di Karl il quale consiglia di rivolgersi ad una medium. La medium evoca lo spirito della strega che aveva maledetto il barone, la quale profetizza l’eliminazione del mostro per mano delle sue stesse vittime.
La piccola figlia di Karl intanto si salva a stento dalla furia del mostro, che la insegue di giorno in un bosco, e si convince che il barone altri non è che Beck.
I tre indagano e non tardano a scoprire che in effetti è proprio così: Beck è Von Kleist, che riesce a catturare i tre e rinchiuderli nelle segrete del castello. Prima che Von Kleist li uccida, Eva riesce ad usare un amuleto regalatole dalla medium per evocare le vittime del barone. E le vittime si ridestano torturando ed uccidendo il mostro. Il fantasma della strega assiste alla realizzazione della sua vendetta ma fra le torri del castello ancora si aggira una figura nero vestita.
COMMENTO:
Innanzi tutto devo dire che pensavo che il film si svolgesse a Norimberga mentre invece poi mi sono accorto che di Norimberga c’è solo la vergine, la macchina di torture.
Comunque il film mi sembra possa essere accostato ai tipici prodotti della Hammer degli anni addietro soprattutto per il carattere soprannaturale della vicenda.
Trovo che il film sia ricco d’autocitazioni e che Bava in tal senso si sia divertito nei confronti dei suoi fan in una sorta di caccia alla citazione; io ne ho ravvisate almeno 3:
l’omicidio del servo nella vergine di ferro è del tutto simile (soggettiva inclusa) a La maschera della morte
l’omicidio del dottore che ha curato il mostro (il primo piano della mano che regge il bisturi è identico alla sequenza del delitto con il guanto chiodato in Sei donne per l’assassino )
l'omicidio del dottore che ha curato il mostro (sequenza della cornetta del telefono che dondola vicino al cadavere
identica a Sei donne per l’assassino).
Bava credo che utilizzi il meccanismo dell’autocitazione per sdrammatizzare un po’ la vicenda e questo fa si che il film faccia davvero poca paura, inoltre anche nelle scene di suspense si sa subito chi è che morirà e chi no.
Quindi ciò che trovo interessante in questo film sono sostanzialmente tre aspetti:
l’infrazione abbastanza innovativa (per l’epoca) d’alcune regole del gotico (vedi il fatto che il mostro agisce anche alla luce del sole)
l’attenzione del regista all’uso delle luci e delle inquadrature nelle interminabili sequenze d’inseguimento
l’accostamento, decisamente dissacrante, d’elementi moderni, banali e di uso comune in ambientazioni gotiche ed in situazioni di tensione ( vedi il distributore di coca cola posto nei corridoi bui del castello nella sequenza in cui è ucciso l’architetto).
In definitiva ciò che ritengo più degno di nota in tale film è l’aspetto squisitamente tecnico, la capacità registica di Bava, esaltata da inquadrature vagamente espressionistiche e decisamente barocche.
Censurabile purtroppo, a mio avviso , la recitazione degli attori, troppo poco espressivi per trasmettere una certa angoscia dovuta alla situazione in cui si trovano i protagonisti della vicenda.