Interpreti:
Claudine Auger,
Luigi Pistilli,
Claudio Volontè,
Anna Maria Rosati,
Isa Miranda.
L’anziana contessa Donati vive su una baia incontaminata di cui è proprietaria. Una sera il marito la uccide , mettendo poi in scena un finto suicidio per impiccagione, ma poco dopo è assassinato anche lui.
La baia fa gola a molte persone, soprattutto all’architetto Ventura, tra cui anche : il pescatore Simone (che poi scopriremo essere il figlio naturale della contessa) , lo scienziato studioso di insetti Paolo con la moglie cartomante Anna, Renata la figlia ufficiale dei Donati con tutta la famiglia (il marito Alberto e i due figlioletti) e Laura l’amante di Ventura.
Un giorno un gruppo di ragazzi hippie vuole fare campeggio nella baia: ad uno ad uno vengono trucidati a colpi di machete e di lancia. Renata, che vuole sfruttare commercialmente la baia, è minacciata con un ascia da Ventura ma la donna riesce a colpirlo con delle cesoie. Nel frattempo l’inquieta Anna, che ha avvertito la presenza del male nella baia, viene inseguita e decapitata nella villa proprio da Renata, che poi convince il riluttante marito Alberto a eliminare il professor Paolo (strangolandolo col filo del telefono).
Quando nella villa arriva Laura, Ventura giace in una pozza di sangue ma in realtà è solo ferito; Laura corre da Simone per cercare aiuto ma questi le dice che è stato lui ad uccidere il marito della contessa, per divenire proprietario della baia e cederne i diritti a Ventura in cambio di molti soldi. Laura (che era l’amante segreta del conte Donati e che fu lei ad istigare il conte ad uccidere la vecchia contessa) viene ammazzata da Simone. Il pescatore esce di casa per occultare il cadavere quando è trafitto a morte da Alberto.
Alberto poi si ricongiunge a Renata ed insieme finiscono anche Ventura, che cercava disperatamente di salvarsi. Il piano della diabolica coppia sembra riuscito e i due si avviano felici a festeggiare la vittoria. Ma ad aspettarli nella loro roulotte ci sono i figlioletti, che avendo assistito agli omicidi della baia e convinti di partecipare ad un gioco, li freddano con due fucilate e se ne vanno a giocare per la baia.
COMMENTO:
Capolavoro assoluto della filmografia baviano ma anche di tutto il genere horror/thriller. Ci troviamo di fronte al classico film che ha fatto davvero scuola. Una girandola perfetta di sangue in cui tutti i personaggi si eliminano a vicenda nei modi più efferati e naturali per la supremazia nella baia, per una sorta di trasformazione improvvisa in belve che devono presidiare il loro territorio.
In un momento profondamente influenzato dal giallo di Argento, Bava reinventa il genere scoprendo il gore e lanciando lo slasher movie che sarà fotocopiato dagli horror americani (la serie Venerdì 13 su tutte).
Reazione a catena è un vero film di avanguardia, che travalica ogni regola precedentemente codificata.
Questo è uno dei film più complessi di Bava, una complessità dove però tutto si incastra a meraviglia, formando quasi una giostra impazzita ma comunque con una logica di fondo: Bava considera i personaggi come degli insetti e come tali li elimina.
Ogni omicidio (in tutto ben 13) è al tempo stesso gratuito quanto naturale, poiché mai come in questo film vige la legge naturale del "solo il più forte sopravvive" ( almeno fino alla sconvolgente sorpresa finale).
Bava si concentra in modo assoluto sulla meccanica del delitto e quindi viene a cadere ogni suspense sull’identità dell’assassino ( anzi degli assassini) che viene scoperta casualmente.
Bava mette in scena ogni morte con un’accuratezza di dettagli che solo Argento in alcuni suoi film (Profondo Rosso, Suspiria) ha raggiunto. Nel rappresentare le morti affiora anche una notevole componente voyeuristica necrofila perché Bava inquadra i corpi dopo che sono stati colpiti mortalmente, spiandone gli ultimi sussulti, soffermandosi sugli ultimi attimi di agonia.
Tecnicamente il regista è eccezionale nell’uso del fuori fuoco che qui diventa elemento portante: infatti se lo zoom serve a mettere in rilievo un particolare, il fuori fuoco serve a confondere ancora di più le cose. In tal senso ci sono alcuni cambi focali davvero belli, tra cui quello in cui ciò che sembra il sole nel cielo è in realtà l’occhio dell’assassino che spia la sua vittima.
Bava in questo film si schiera decisamente dalla parte della natura e quindi propone un uso assolutamente perfetto delle luci naturali, quasi sempre incentrate sulle tonalità crepuscolari di un eterno tramonto.
Anche gli attori contribuiscono a fare del film una vera gemma, fornendo delle caratterizzazioni centrate e in tema con la situazione (su tutti ritengo da citare quella di Pistilli nei panni del succube Alberto).
In definitiva non aver visto Reazione a catena è come dire di non aver visto Profondo rosso.