Rapporti di sangue...

di Pestekkorna



Ha cominciato a sbraitare poco prima dell'ora di cena. Ho pensato che volesse uscire, così gli ho aperto la porta, ma non si è mosso di un solo centimetro, per dio!
Ho richiuso la porta e sono tornato in cucina dove mi stavo preparando da mangiare: niente di particolare, s'intende, roba surgelata che metti in forno e dopo pochi minuti è bella e pronta.
Sapete, è da poco che vive con me, l'ho preso in cura perché un po’ mi faceva pena...
Tutto sommato sono un ragazzo dal cuore d'oro, per dio, e prima di quel giorno non avevo mai pensato di fargli del male. Nessuno farebbe del male ad un essere così gracile, debole, indifeso e muto per giunta; ma si sa, gli eventi a volte precipitano vorticosamente, le circostanze ti inducono a commettere azioni della qui gravità al momento nemmeno ti rendi conto. Sia chiara una cosa: non intendo con queste parole giustificarmi, in nessun caso ciò che ho fatto potrebbe essere perdonato. Ma andiamo per ordine e lasciate che ricostruisca gli eventi che tanto hanno fatto parlare di me gli abitanti della vecchia contea di Soroyan.
Innanzi tutto, le presentazioni. Mi chiamo Robert Miller, Robbie per gli amici, quelli che avevo intendo dire; ho diciannove anni e ormai vivo da solo. Dico "ormai" perché dei miei parenti più stretti non sono rimasti che il fantasma... I miei genitori morirono in uno spaventoso incidente d'auto quando io avevo solo dieci anni e da allora sono vissuto con i miei nonni, a cui volevo un gran bene, per dio! Poi, mia nonna prima e mio nonno dopo, anche loro mi hanno abbandonato... in un certo senso.
Ha cominciato a sbraitare, dicevo, e non riuscivo a capire perché lo facesse. Non l'ho mai sopportato, non ho mai accettato quegli atteggiamenti da povero mentecatto che negli ultimi tempi era solito assumere. Da quando i miei sono morti non ho fatto altro che lottare per dimenticarli e ricostruirmi una vita che fosse mia e solo mia; ma quell'essere non faceva altro che riportarmi alla memoria ricordi di tempi andati e che mai più ritorneranno. Giorno dopo giorno mi rendevo conto con sempre maggiore insistenza che non sarebbe durata molto, prima o poi l'avrei fatto fuori quell'animale puzzolente e malato.
E nella vita capita che, quando meno te lo aspetti, ti si presenti un'occasione d'oro. Ritengo sia abilità di ogni singolo individuo approfittarne o agire in altro modo; non pecco di superbia se vi confesso di ritenermi un ragazzo in gamba per alcuni aspetti. So cogliere ciò che il buon Dio semina insomma... E quando la fortuna ha bussato alla mia porta non mi sono fatto trovare impreparato, per dio!
Pioveva fuori, una pioggia fitta sotto un cielo di piombo. Non un'anima viva fuori della casa e non è difficile immaginarselo... Vivo in un posto immerso in una fitta radura, impenetrabile per chi non conosce più che bene la zona; si preannunciava una giornata noiosa ed ero di pessimo umore sin dalle prime luci dell'alba. Non volevo affatto che la monotonia fosse rotta in quel modo, ma la situazione mi è scivolata dalle mani come farebbe una saponetta nelle mani di un ubriaco che prova a lavarsi...
Ho preparato da mangiare, dicevo, e mi sono seduto a tavola. Mi fissava con uno sguardo strano, sembrava quasi che volesse parlarmi, oh ma io sapevo benissimo che non poteva farlo. Ho ricambiato lo sguardo e lui mi è sembrato intimorito, così ho abbassato gli occhi sul piatto; se qualcuno mi avesse visto avrebbe pensato che volevo farmi arrivare il cibo in bocca per telecinesi, ma non era così, per dio!
Insomma, ho finito la cena talmente in fretta che ho rischiato di strozzarmi più di una volta e già questo è bastato a farmi salire il sangue alla testa.
In serate come quella non puoi far altro per distrarti che chiamare qualche amico giù in città o finire a guardare qualche film di serie C in televisione. Ho alzato la cornetta mentre l'altra mano già si fiondava sulla tastiera quando mi sono reso conto che il temporale aveva, probabilmente, buttato giù qualche palo delle telecomunicazioni e così niente linea telefonica... Un classico da film horror, non pensate?
Ci mancava solo questa per concludere degnamente la serata...
Non mi sono rassegnato né ho lasciato che il panico prendesse il sopravvento... Panico per cosa, poi? Non era la prima volta che mi trovavo in quella situazione e sapevo che sarebbe bastata un po’ di pazienza e tutto sarebbe tornato al suo posto...
Gli eventi hanno seguito il loro corso senza nessuna interferenza esterna. E per la prima volta, col senno del poi, mi è sembrato che le feconde acque del fato avessero inondato le aride sponde della mia vita.
Non sapevo cosa avrebbero dato in televisione ma di qualunque cosa si fosse trattato mi sarei accontentato... Solo che fossi riuscito a distrarmi e non pensare al mio fido "compagno"...
Nel momento in cui mi sono seduto davanti allo schermo, il bagliore di un fulmine ha illuminato l'interno della stanza dando vita a strani quanto terrificanti giochi d'ombre e non vi nego che i nervi mi hanno tradito. Mi sono lasciato sfuggire un urlo di terrore che si è perso nel silenzio del rifugio rimandandomi soltanto una impercettibile eco... Sapevo di essere solo, beh, quasi solo... I motivi della mia tensione semplicemente non avevano motivo di esistere.
Ma forse parlare di tensione nervosa non è proprio adatto; sentivo una scarica di adrenalina salirmi su per la schiena, la pelle mi si accapponava come se fossi stato fuori al freddo immerso nudo nella neve fino al collo... Un'eccitazione simile a quella che si prova quando, da adolescenti, si guarda per la prima volta un film porno, magari con gli amici, non so se mi capite... Ho pensato che la cena mi avesse fatto male perché non avevo fatto uso di alcolici e non c'era altra spiegazione plausibile per spiegare come mi sentivo.
E, come previsto, nemmeno la programmazione serale prevedeva niente di entusiasmante: un telequiz a montepremi (o sarebbe forse meglio dire a "megapremi") sul canale uno; un serial televisivo di quelli che soltanto per capire l'albero genealogico delle famiglie protagoniste ti ci vorrebbe una laurea in botanica...; un film strappalacrime sulla rete nazionale; le solite televendite degli articoli più assurdi prodotti in tutti gli angoli del pianeta. Alla fine ho unito l'utile al dilettevole decidendo di guardare il servizio meteorologico in onda sull'altra rete nazionale. Il barbuto colonnello, improbabile protuberanza della cartina dello stato meridionale della Louisiana che faceva da sfondo allo studio televisivo, ha previsto l'arrivo di una perturbazione proveniente dal versante occidentale che avrebbe dovuto "stazionare" sulla regione in cui vivo, per circa una settimana o giù di lì.
Ha raccomandato, inoltre, di non lasciare le proprie abitazioni per nessun motivo che non rappresentasse un reale caso d'emergenza... E forse è stata proprio quella notizia a gettarmi nel panico. Non pensavo di avere cibo e legna sufficienti per sopravvivere ad una tempesta né avrei potuto provvedere a procurarmeli in tempo...
Il vento ululava e faceva battere in maniera quasi ossessiva le imposte. Ho pensato che avrebbero ceduto prima o poi riversando all'interno tonnellate di neve gelida, così ho provveduto a rinforzarle appoggiandoci sopra delle sedie. Un rimedio forse inutile dal punto di vista pratico ma che mi ha fatto sentire più sicuro.
Indaffarato com'ero, l'ho perso di vista per qualche minuto e quando mi sono voltato per assicurarmi che fosse al solito posto, vale a dire nel punto in cui la credenza e il lavabo si incontrano a formare un angolo buio, mi sono reso conto che era scomparso.
Naturalmente non mi sono fatto prendere dal panico, so riflettere sulle cose, per dio! Sapete, non era possibile che si fosse allontanato più di tanto perché già da un po’ faceva fatica a compiere anche il minimo sforzo; se poi a questo aggiungete il fatto che avesse una certa età, potrete trarre anche voi le vostre conclusioni di investigatori da quattro soldi...
Per non essere troppo dispersivo vi dirò subito che non mi ci è voluto più di tanto per ritrovarlo. Diciamo che mi è bastato pensare come lui stesso avrebbe fatto e poi il resto è stato un gioco da bambini. Se ne stava appollaiato nell'angolo più buio della camera, tutto rannicchiato su se stesso, proprio come una fa una tartaruga che voglia difendersi da un qualche improvviso attacco esterno. Tremava come una foglia su un albero durante la più violenta delle bufere e, per dio, continuava a fissarmi con quei suoi occhi spiritati. Come avrei voluto farla finita in quell'istante...E' molto debole, sapete? Ma ucciderlo così, senza che avesse nemmeno la possibilità di rendersi conto di ciò che gli stava accadendo, mi avrebbe privato di una delle gioie più grandi della mia vita. Amo carpire negli occhi degli animali lo sguardo della paura; ho sempre desiderato guardare diritto negli occhi la Morte, vedere attraverso gli occhi di uno che è vicino alla sua ultima ora... Il solo pensiero mi eccita, mi fa accapponare la pelle a tal punto che quella di un'oca al confronto è liscia quanto la buccia della miglior pesca del Sud, per dio!
Bisognava che gli dessi da mangiare altrimenti mi sarebbe morto prima del dovuto, ma non avevo la più pallida idea di cosa avrebbe preferito e così ho fatto di testa mia. Nel frigo ho trovato del formaggio e una confezione di latte... probabilmente scaduta; in un cassetto sono persino riuscito a trovare un pezzo di pane duro. Direi che gli ingredienti per un ottimo pranzo c'erano tutti, non pensate? Ho messo il pane in acqua in modo tale da renderlo più morbido, ho pensato ai suoi denti malandati; fatto questo, ho messo sul fuoco del latte e ho aperto la confezione di formaggio, poi ho messo tutto in una scodella e gliel'ho servito, proprio come nei grandi ristoranti.
E sapete come ha reagito quel vecchio figlio di una cagna in calore? Ci ha sputato sopra, quel suo sputo melmoso... mi dà il vomito il solo pensarci.
Non mi sono affatto perso di coraggio: ho lasciato la scodella nel punto stesso in cui l'avevo messa e me ne sono andato gridandogli che quello sarebbe stato il suo unico pasto fino a quando non avesse imparato a comportarsi meglio con me.
Mi ha fatto arrabbiare. Nessuno si era mai permesso di rifiutare un gesto così generoso da parte mia. Ho deciso che l'avrebbe pagata a caro prezzo...
L'indomani sono andato a controllare come stesse, se avesse bisogno di qualcosa, se fosse ancora vivo, considerata la gelida notte appena trascorsa... E' stato poco fortunato, devo dire... Era ancora vivo ma non aveva toccato cibo... non una briciola di pane, non una scaglia di formaggio, non una goccia di latte bevuta.
Appena mi ha visto, ha cominciato a ringhiare proprio come se si fosse reso conto di essere in trappola. E' una vera bestia... Soltanto le bestie riescono a fiutare nell'aria gli istinti e le intenzioni di noi uomini. Beh, è come se avesse saputo fin dal principio qualcosa che nemmeno io ancora conoscevo...
Dopo pochi giorni il cibo che gli avevo preparato, ha cominciato ad avariarsi: il formaggio è divenuto di un colore verdognolo mentre il latte sembrava sempre meno latte e sempre più yogurt... E il pane, il pane è divenuto un contenitore per vermi, di quelli belli grassi e pienotti... Evidentemente il pane doveva essere proprio buono! Brulicavano agitandosi come forsennati e presto hanno finito con il coprire tutto ciò che c'era intorno. Uno spettacolo impressionante, che mi ha ricordato di quando, da ragazzo, mio padre mi portava a pescare sul lago di Resington.
Aspettavo soltanto il momento in cui si sarebbe del tutto sottomesso alla mia volontà o magari fosse morto, colto da un infarto improvviso. Ma tutto continuava ad andare nello stesso verso dei giorni, dei mesi, degli anni precedenti..
Sembrava non volesse cedere, che la sua mente fosse preparata a tutto; poi un giorno, gli argini che tenevano insieme la sua mente hanno cominciato a mostrare la parte marcia, la parte più debole del suo carattere stava venendo fuori in maniera dirompente... No, non crediate che abbia mangiato ciò che gli avevo preparato ormai già da una settimana, per nulla al mondo avrebbe fatto qualcosa che potesse arrecarmi anche la minima soddisfazione. L'ho trovato laddove l'avevo lasciato l'ultima volta, vale a dire nell'angolo più buio della sua stanza. Se ne stava con le brache abbassate sino alle caviglie, seduto su un tappeto di escrementi; ne era ricoperto, ne aveva fin dentro i capelli... Ma quello che più mi ha sconvolto è l'aver notato che ne aveva persino sulle labbra: pur di non mangiare il mio cibo, aveva preferito inghiottire le sue feci... E cosa ancora più strana, non vi era traccia alcuna di urina, il che faceva pensare che l'avesse bevuta al posto dell'acqua che era ancora tutta nella sua scodella.
Non mi ha fatto pena, soltanto un gran schifo. Non sopportavo di doverlo accudire, non l'avrei fatto nemmeno per un altro minuto in più... L'ho afferrato per l'unico lembo ancora pulito e l'ho costretto a seguirmi fin nell'atrio della casa. Dovete sapere che il tappeto persiano che ricopre il pavimento dell'atrio, nasconde una botola strettissima comunicante con un angolo strettissimo e umido della cantina. Nei periodi estivi, proprio per l'alto tasso di umidità del luogo, ci tengo stipati dei vini pregiati che cerco di rivendere prima dell'inverno, in modo tale da utilizzare i soldi ottenuti dalle vendite per la manutenzione del mio cottage in riva al fiume, l'unica, vera grande mia passione.
Mi è sembrato il posto adatto per sbollire il suo carattere e indurlo a riflettere sul suo comportamento, così l'ho gettato dentro e ho serrato l'ingresso con dei grossi ganci; e, per non sentire i suoi eventuali rantoli, ho ricoperto il tutto non con uno, ma con ben due tappeti...
Poi mi sono allontanato e data l'ora non ho trovato di meglio da fare che salirmene in camera a dormire. L'indomani, quando mi sono risvegliato, ero in preda al panico... Una notte da incubo, è il caso di dirlo! Le lenzuola erano inzuppate del mio sudore, sudore versato per aver lottato, durante la notte, con qualche mostro che mi ha tormentato tutto il tempo; ancora non riesco a spiegarmi come tutto ciò che mi era intorno sia finito distrutto, riversato con indescrivibile violenza in ogni angolo della stanza. Un vero campo di battaglia, credetemi.
Ho pensato subito che, in qualche modo, fosse riuscito a liberarsi, a venire fuori per reclamare la sua vendetta, ma perché poi lasciarmi vivo, illeso, unico superstite in una notte di follia quando avrebbe potuto farmi fuori in ogni momento?
Forse l'ho sognato, è stato solo un incubo... forse un po’ troppo realistico per essere una semplice allucinazione, ma può darsi che si sia trattato soltanto della mia fantasia.
Ma sapevo benissimo che non era così; mi è bastato battere le ciglia e constatare che sotto i miei occhi si ripresentava sempre la stessa scena: una stanza il cui arredamento è finito distrutto sotto l'influsso di dio solo sa quale forza... Tutto ancora al suo posto, vale a dire in ogni angolo, cocci su cocci, frammenti su frammenti.
Come vi sareste comportati al mio posto?
Ho cercato di mantenere la calma e soprattutto la ragione, cosa ben più difficile in una situazione del genere; poi ho teso l'orecchio per udire anche il minimo suono proveniente dal piano inferiore... Niente, almeno all'apparenza.
Affidarsi ai sensi non mi sarebbe stato comunque di grande aiuto; c'era una sola cosa da fare, non avevo dubbi a riguardo, ma continuavo a chiedermi chi mi avrebbe dato la forza per andare avanti, per sistemare una volta per tutte quella strana faccenda.
Ho invocato l'aiuto di tutti i santi che conoscevo nonostante non sia proprio un uomo di chiesa, ho riempito i polmoni con un'energica boccata d'aria nella speranza di ossigenare il cervello e ho aperto la porta che dà sulle scale del primo piano. Ho raggiunto la ringhiera e mi sono sporto più che potevo per poter meglio osservare il piano terra; speravo di scorgerlo al centro della sala, l'avrei potuto colpire dall'alto senza che nemmeno se ne accorgesse...
Ma non era lì. Per quanto mi riguarda, sarebbe potuto trovarsi anche alle mie spalle, ma in quel caso avrei sentito le zaffate di alito caldo sul collo; l'unica cosa che sentivo su di me, capace di farmi accapponare la pelle lungo tutta la schiena, era uno spiffero proveniente da una crepa in una vetrata vecchia di mezzo secolo, ma è comunque bastato quello a farmi invecchiare prematuramente di buoni dieci anni. Ho saltato i gradini in maniera tale da non fare eccessivo rumore e in pochi attimi che, capirete mi sono sembrati eterni, sono arrivato nella sala che poco prima aveva osservato dall'alto. Era immersa nel buio e mi ci è voluto un bel po’ di tempo prima che i miei occhi si abituassero e potessi distinguere gli oggetti che per anni avevo visto alla luce del giorno o, comunque alla luce delle lampade a gas.
Nel silenzio innaturale che si era venuto a creare in quell'ambiente che per la prima volta mi era ostile, tutti i rumori mi sembravano alterati a tal punto da suonare orrendi, sinistri.
Per un istante interminabile, alle tenebre si è opposta una vivida scena: in una stanza arredata con pochissimi mobili, un bambino di sei anni circa, corre ansimando, cerca di sottrarsi alla presa di qualcuno... o qualcosa (questo nella visione non era molto chiaro). Poi il piccolo viene bendato e lasciato in giro per tutta la casa. Ho ancora nelle orecchie il suono rauco che gli usciva dalla gola... Le urla si intensificano sino a divenire insopportabili per poi cessare improvvisamente ed il bambino scompare dal campo visivo per lasciare il posto ad una nuova scena che vede sempre il piccolo come protagonista. Solo che ora non corre più, non cerca di nascondersi né di difendersi, non più: se ne sta seduto in un angolo (proprio come fa' lui a volte), gli occhi sbarrati a fissare un improbabile cielo di piombo e cemento.
Con le mani si cinge i fianchi dondolando in maniera ossessiva su se stesso, il capo chino a tal punto da toccare il petto con il mento, il volto completamente celato da complici giochi d'ombra. In rapida successione, proprio come fotogrammi in una pellicola cinematografica, un'altra scena mi si è presentata dinanzi agli occhi, non semplici occhi, quelli della mente intendo dire.
Insomma, quello a cui stavo assistendo non apparteneva certo alla realtà, per dio! Sono ancora giovane e abbastanza intelligente (suppongo) da rendermi conto che tutte le immagini viste non erano fuori di me, ma dentro di me, frutto di un cervello bacato quale solo il mio può essere. Dicevo della visione... Il piccolo ora è steso sul pavimento, un insieme di assi di legno vecchio tenuti insieme da chiodi ormai arrugginiti; giace supino, volge la schiena al soffitto ed i bleu jeans abbassati sino ai polpacci non lasciano nulla di buono all'immaginazione... Il piccolo è stato violentato, il suo piccolo corpo e la sua mente violati, sconvolti irreparabilmente. Non riuscivo bene a distinguere i lineamenti del suo viso, ma non mi era per niente difficile immaginarli... In misura diversa forse, ma tutti conosciamo il volto della paura, del terrore, della sconfitta, dello smarrimento... Tanto meno riuscivo a spiegarmi il perché di una tale "apparizione", l'identità del bambino stesso mi era ignota.
A poco a poco le tenebre hanno ripreso il sopravvento ed insieme alle mie esili certezze, anche le scene di poco prima sono svanite, come risucchiate dal buio.
A voler essere sinceri, il silenzio non era tombale, a prestare bene orecchio si poteva udire il frusciare delle foglie, il loro vorticoso assemblarsi nel tagliente freddo invernale. Un suono che in altre circostanze avrei accolto con piacere, ma che in quel momento non faceva altro che mettere a dura prova la resistenza del mio sistema nervoso, già ampiamente provato...
Nessun rumore però in casa, non uno fruscio; nulla, nulla di nulla. Ed era quello che più mi preoccupava. Era come se si fosse dissolto, svanito, anch'egli assorbito dall'oscurità, ma sapevo benissimo che non era così; era da qualche parte, nascosto, in attesa del momento migliore per colpirmi, magari alle spalle. Ma sono in gamba, per dio! Non mi sono fatto cogliere alla sprovvista e ho montato di guardia tutti i sensi a mia disposizione...
E' soltanto merito mio se ora mi trovo ancora qui a raccontarvi la mia storia; sapete, quando un animale è in trappola, comincia a fiutare con sempre maggiore insistenza la paura, la morte che incombe su di lui... E gli altri animali fiutano non solo la sua presenza, ma anche il suo stato d'animo. In un certo senso così è stato anche per me; tuttora non saprei darvene conto, ma è come se ad un certo punto ne avessi avvertito il calore, mi sono sentito avvolto nel suo terrore. Brandivo una spessa sbarra di acciaio con cui ero intenzionato a colpirlo non appena se ne fosse presentata l'occasione, e quale momento migliore se non quello?
Non avevo però molte possibilità, e lo capivo bene; se l'avessi mancato, avrebbe forse avuto il sopravvento su di me con le tragiche conseguenze che anche un moccioso potrebbe immaginare; se l'avessi preso, ma non con sufficiente forza, non avrei avuto un'altra possibilità. Ho caricato il colpo con tutte le mie forze e ho calato la sbarra.
Il colpo ha mandato in frantumi il vecchio tavolino a cui la nonna teneva tanto, stupido. E insieme al tavolo hai mandato in frantumi un altro caro ricordo!, ha gridato la mia mente prima ancora che avessi del tutto abbassato la sbarra e cominciavo a credere che davvero sarebbe andata così quando il freddo acciaio ha incontrato il suo corpo caldo e molle. Dio santo, gli ho dovuto fare davvero del male, fiotti di sangue mi sono arrivati sul viso e sulla lingua; la mia lingua... Deve avere avuto l'aspetto di uno zerbino macchiato di succo di pomodoro.
Lo stomaco mi si è contratto in un doloroso spasmo, ho pensato che di lì a poco avrei vomitato tutti gli intestini, ma in breve tempo ho ritrovato il giusto equilibrio interno e poi, la soddisfazione ed il senso di vittoria erano più forti di qualsiasi volgarissimo mal di stomaco, non credete anche voi?
Ho continuato ad infierire sul corpo ormai privo di vita, almeno così pensavo (speravo) che fosse. Martoriare un corpo non è per niente facile, sapete? La TV è ipocrita sotto questo punto di vista... Ma io personalmente non ho mai creduto che le scene violente nei film fossero verosimili o avessero anche la minima attinenza con quanto può accadere nella realtà.

Non avrei mai immaginato che pesasse così tanto; mi è toccato trascinarlo attraverso tutta la sala prima di giungere alla porta che dà sulla cantina. Alti gradini consentono di arrivare, non proprio agevolmente, nella parte più bassa della costruzione; là sotto l'illuminazione è scarsa e l'umidità ha raggiunto punte talmente alte nel corso degli anni che, oggigiorno, le pareti sono tutte ricoperte da un fitto strato di licheni e muschio. Da piccolo, ricordo di aver creduto che tutti i più temibili mostri che la mente di un bambino possa immaginare, abitassero lì sotto e che si cibassero di stranissimi animali cresciuti anch'essi nei meandri della casa...
Tuttavia ricordo anche di essermi rifugiato più di una volta in quel posto, durante la mia infanzia che, capirete, non è stata molto facile... per quanto mi è dato di ricordare. Fuggivo, ma da cosa?
Un turbinio di pensieri mi annebbiava la mente, ho pensato che non ce l'avrei fatta a finire il mio lavoro ma sentivo dentro di me una forza che mi costringeva ad andare avanti, qualunque fosse stato il prezzo da pagare.
Ho ripreso il corpo che avevo lasciato per prendere fiato, ho raccolto le forze e con i muscoli in tensione l'ho trasportato fin davanti alla porta; poi l'ho lasciato cadere giù per le scale... Non dimenticherò mai più il suono della sua carne e delle sue ossa al contatto con il legno dei gradini: PLOP...PLOP...CLAC...PLOP. Non so se vi sia mai capitato di veder cadere un sacco di farina dalle mani di un garzone, beh a me è capitato e vi posso giurare che il rumore era lo steso, per dio!
Se qualcuno mi avesse visto avrebbe potuto pensare che sono pazzo; lasciate che vi confidi una cosa... Non penso affatto di esserlo e rifarei ancora oggi quello che ho fatto quel giorno in cantina.
Dicevo, mi avrebbero considerato pazzo visto il modo in cui ho percorso i pochi metri che mi dividevano da lui brandendo ancora tra le mani la sbarra di acciaio, una versione moderna di uomo delle caverne con una clava soltanto un po’ diversa; ma non ho mai tenuto in gran conto l'opinione degli altri né ho desiderato mai vivere di apparenze. Queste però sono cose a cui si giunge col senno del poi, in quei momenti l'unica cosa che riuscivo a pensare era che avrei dovuto farla finita al più presto possibile, senza pietà.
Non è molto grande la cantina ma c'è spazio sufficiente per arredarla alla bene e meglio. In tempi passati era stata punto di ritrovo per mio nonno; ogni giorno vi si recava per starsene in po’ da solo, ma non sempre. A volte ha portato anche me con lui, quando in casa non c'era nessuno e la nonna dormiva, due piani più su. Nessuno avrebbe potuto sentire ciò che accadeva durante quegli strani incontri... Nemmeno io ne ho un ricordo vivido, anzi. Ricordo bene però quei grandissimi mal di testa che soffrivo alla fine delle giornate trascorse in compagnia di mio nonno, giù in cantina...
La vista del grande tavolo al centro dell'ambiente, mi metteva un terribile senso di angoscia addosso, non riuscivo a spiegarmene i motivi. C'era qualcosa di strano nell'aria, tangibile come la nebbia nelle strade di North-Lake durante l'inverno.
Ho cercato di sollevarlo, ma l'ho dovuto mettere subito giù: non ho mai sopportato il contatto con il sangue, il solo odore mi dà la nausea...
Se non avessi saputo fin dal principio cosa fosse, avrei pensato che uno di quei mostri ricoperti di alghe e melma, tanto in voga nei fumetti horror, fosse dio-solo-sa-come giunto fin dentro la mia cantina e vi regnasse ormai da anni... Con il corpo in quelle condizioni tutto si complicava, la presa diveniva meno salda perché parte del sangue non si era ancora coagulato rendendo viscosa e viscida la superficie.
Ho dovuto compiere un notevole sforzo per poterlo adagiare sul tavolo, con il sudore che, copioso, mi colava negli occhi facendoli bruciare. Ho sentito la vita che mi abbandonava, l'ho sentita strisciare via da me come farebbe un verme che esca da una mela, una volta sazio; ora non riuscivo più a distinguere con precisione ciò che mi stava intorno, mi sono accasciato...
Penso di essere svenuto, non ricordo bene questo particolare, ma deve essere stato così perché quando mi sono ridestato era passata una buona ora. Un'ora soltanto, un'altra terribile visione, o forse si è trattato di un sogno anche se, considerata la qualità delle immagini, non ci giurerei... Ancora una volta ho pensato che tutto stesse avendo luogo davanti ai miei occhi e che, se solo avessi voluto, sarei potuto intervenire e cambiare qualcosa. Ma nonostante gli sforzi che ho fatto durante tutta la visione, niente è cambiato... o meglio un cambiamento c'è stato, ma non grazie a me; qualcosa era diverso, la scena si era evoluta all'interno della visione stessa, una progressione. Ho avuto l'impressione di assistere ad uno di quei giochi televisivi in cui gli spettatori si cimentano con un oggetto misterioso ed il loro compito è quello di capire cosa sia... Più si va avanti nel gioco, più la "cosa" viene scoperta fino a quando qualcuno non indovina. Nella nuova visione, il bambino è ancora sdraiato sul tavolo, con la pancia schiacciata sul legno bisunto. Rispetto alla visione precedente, ora è possibile vederne la schiena ed il resto; macchie scure in rilievo ricoprono la giovane carne infittendosi all'altezza del fondoschiena...
Muove il capo come se stesse cercando qualcuno con lo sguardo e posso sentirlo piangere, un pianto disperato anche se sommesso, interrotto da strani rantoli.
Poi cerca di tirarsi su, posso vederlo bene in viso e...

Con le gambe divaricate ed il corpo immobile, tutto diventava molto più facile.
Vecchi ricordi e nuove immagini danzavano davanti ai miei occhi come marionette impazzite; sentivo che la ragione mi stava abbandonando e il tempo a mia disposizione stava per finire. Solo poche ore, un nuovo giorno e allora qualcuno della forestale di sicuro sarebbe venuto a controllare se fossi riuscito a superare la notte, una delle più fredde che ricordi da quindici anni a questa parte ed io non sono mai stato bravo a mentire, ma questo lo capite da voi!
Quel bastardo ha cercato di liberarsi divincolandosi, muoveva la bocca come un dannato e, penso, se ne avesse avuto le possibilità avrebbe urlato così forte da mandare in frantumi i vetri della casa... Non ne avrebbe avuto comunque il tempo: in un batter d'occhio ho impugnato la sbarra e gliel'ho spinta su per le natiche, l'ho spinta dentro con tutte le mie forze, l'ho sentita penetrare in profondità, lacerare la vecchia e rugosa carne. La presenza delle ossa non ha rappresentato un gran problema; il sangue colava denso e scuro lungo la lunghezza della sbarra, un macabro contagocce nelle mie mani. Mi è bastata soltanto un'altra breve spinta per far cedere la carne all'altezza dello sterno con un suono sordo; ho sollevato la sbarra lasciando che la sua pelle continuasse a lacerarsi lungo la spina dorsale. Pezzi di grasso si ripiegavano su se stessi come lembi di una giacca a vento indossata aperta, l'avorio delle ossa faceva capolino tra i pezzi di carne come una sposa che percorra i pochi metri che la dividono dall'altare sul tappeto rosso.
Una scena davvero orrenda, devo confessarlo, ma niente che la mia vista non potesse sopportare e che il mio stomaco non potesse reggere.
E giuro che il mio stomaco ha retto bene a cose peggiori... Ma si sa come vanno certe cose: quando uno ha fame non pensa più di tanto a cosa stia mangiando, soprattutto se ciò che viene messo in bocca ha un sapore non dico gustoso, ma almeno piacevole!
E così, vuoi per curiosità, vuoi per "gola" ho assaggiato la sua carne (vado matto per la carne al sangue!) e mi è piaciuta; ma forse, più che la sua carne, ho assaporato il gusto di poter restituire anni ed anni vissuti nel terrore, di potermi vendicare come avrei sempre voluto fare, nella maniera più cruda, ed è proprio il caso di dirlo per dio, che potessi immaginare.
Ho continuato a strappare brandelli da quello che restava del suo corpo con avidità, come se fosse la mia ultima possibilità di poter mangiare qualcosa; ho bevuto il suo sangue, caldo in principio e via sempre più denso, fino a che non si è coagulato del tutto.
La visione di quel corpo smembrato mi dava la nausea ma allo stesso tempo mi eccitava...
I suoi occhi, ho sempre pensato che fossero la parte migliore di lui e sarebbe stato un peccato sporcarli con del lurido sangue di bastardo, non pensate? Sì? Suppongo allora che avreste agito anche voi come me. C'è voluto un po’ per cavarglieli, ma ne è valsa la pena; almeno pensavo che ne fosse valsa la pena, poi però sono venuti gli uomini in divisa e mi hanno portato via tutto, sapete, un gran peccato dico io...
A quel punto ero esausto e cosa c'è di meglio, dopo un buon pranzo, se non un pisolino?
In realtà non si è trattato del tipico riposo post-pranzo né di una dormita con i fiocchi; sarò rimasto sdraiato nella stessa posizione per parecchio tempo, senza riuscire a prendere sonno. Non appena chiudevo gli occhi, nella sala cinematografica che ormai penso di avere al posto del cervello cominciava la proiezione al rallenty della ormai "solita" visione: il bambino sul tavolo, nella cantina, con i jeans abbassati. Urla, piange, si dimena. Rumore di passi, è lui che si avvicina ed il piccolo sembra già sapere cosa è venuto a prendere. Lui è sempre più vicino, la sua ombra copre il corpo del piccolo. Ora non è più la sua ombra, ora è lui stesso ad essergli sopra. Poi, il piccolo è di nuovo solo, piange, si volta verso di me e...
"Quello sono io, sono io, per dio!" ho continuato ad urlare anche quando gli uomini in divisa sono arrivati. Ero sconvolto, non potevo e tuttora non posso credere che davvero sia andata così. Tenevo a lui, ma non avrei resistito ancora per molto, avrei finito con l'ammazzarlo con le mie stesse mani, per dio!
Ma per mia, e sua fortuna ora sono con voi, ragazzi, voi non mi farete del male, vero?
Certo che no, siete stati tanto gentili con me... Oh, ma che bel regalo! E' davvero tutta mia questa camicia? Strana quant'è vero che è bianca... Volete che la indossi... Certo che mi sta proprio bene addosso.

"Certo che mi sta’ proprio bene addosso...", continuava a ripetere alla carcassa ai suoi piedi, prima che l'ambulanza lo portasse fuori di lì, prima che fosse rinchiuso nel regno degli strizzacervelli, il manicomio di St. Jules.
Dieci mesi dopo, il suo caso finì in tribunale.
Robert Miller, venti anni, accusato di aver ucciso premeditatamente suo nonno Paul di anni sessantacinque, e di aver fatto scempio del suo cadavere con atti di cannibalismo, fu riconosciuto colpevole e condannato alla massima pena, la pena capitale. La difesa non fu in grado di far valere la testimonianza dell'accusato stesso che dichiarava di essere stato costretto ad avere rapporti carnali con il nonno sin dall'età di cinque anni; la corte respinse anche la proposta di ridurre la pena per presunta incapacità di intendere e di volere al momento dell'omicidio.

Due anni dopo, Robert Miller si presentò con dignità all'appuntamento con la morte; una scarica elettrica e giustizia sarebbe stata fatta.
L'opinione pubblica, ancora indignata per gli eventi di North-Lake, volle testimoniare tutta la sua disponibilità al perdono organizzando manifestazioni in tutte le città dello Stato ed un sit-in, con tanto di slogan "... e giustizia per tutti", proprio fuori le mura carcerarie.

Alle 23.14 del 20 gennaio dell'anno 1995 Robert Miller veniva giustiziato mediante scarica elettrica ad alto voltaggio nel penitenziario di Shawkind.
Uno dei pochi presenti all'esecuzione, ancora oggi, sostiene di avergli sentito pronunziare tra i singhiozzi la frase: "Certo che mi sta’ proprio bene addosso, non credi, nonno?"



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