La serpe

by Ubix
Ubix@mail.omnitel.it



1

I fari fendevano il buio che si scioglieva davanti a loro. La macchina sobbalzava sul greto irregolare e ad ogni scossone Claudia sentiva Ted imprecare.
Sorrise.
Le piaceva quando a lui andava qualcosa storto. Sentiva di non essere l'unica, almeno. Era sadica, niente di più.
Il torrente accanto a loro fluiva mesto, gorgogliando per la poca acqua. La roba si accalcava ai lati della stradina in quella discarica abusiva che costeggiava il fiumiciattolo.
"...ed ecco il "Lungo S. Tomas"!!" motteggiò lui.
Claudia sorrise, ma le morì sulle labbra. Non le piacevano le battute idiote.
Ted ritrovò il loro solito posticino. Accostò la macchina e spense il motore che cominciava a surriscaldarsi.
Si voltò verso Claudia e la baciò senza perder tempo, poi allungò la mano sotto la curva del seno di lei. Arrivò all'ampia scollatura, scartò il reggiseno e tuffò la mano seguendo la curva di quel seno prorompente. Lei sussultò e inspirò profondamente.
"Andiamo dietro?" propose lui.
Lei annuì mentre rilasciava cautamente l'aria con cui si era riempita i polmoni. Si alzò sul sedile e fece strada nello stretto passaggio lasciato dai sedili anteriori. Si tuffò in quelli posteriori aggiustandosi la minigonna burlona che le si era alzata fino al bordo delle mutandine. Lui la seguì solo dopo aver abbassato lo schienale lato passeggero. "Eh, che belle le macchine a cinque porte..." lo canzonò lei, osservando la difficoltà di quel rituale.
Lui non rispose ma prese a toccarla.
La macchina cominciò la sua danza, delicata, mentre il buio nascondeva i loro sospiri. Le anfe che si erano fatti in discoteca li teneva ancora su. Lei era già in "iperventilazione".
Dischiuse gli occhi un attimo e li passò dal volto tripudiante di lui, che le stava sotto, a quello arcigno e vampiresco del viso che spuntò improvvisamente da sotto il lunotto.
Lei guardò stupita gli occhi che la guardavano, cercando di capire quanto le anfe potessero ingannarla. Poi lo sguardo del mostro con la faccia da pipistrello, bianca cadaverica e dagli occhi immobili e lucenti come diamanti, passò sulla testa del ragazzo.
Lei cominciò ad urlare e Ted provò un misto di sensazioni: soddisfazione, appagamento, orgoglio. Claudia distolse per un attimo lo sguardo dagli occhi ipnotici della figura, che penetrava il lunotto, e lo fissò sulla mano che aleggiava nel buio dell'abitacolo. Notò quelle dita allungate e nodose e le unghie prominenti e, sembrava, ben affilate che brillavano alla luce spettrale della luna.
Il braccio si piegò sul viso dell'amante che continuava il suo balletto senza accorgersi di ciò che stava accadendo. Il viso del mostro era a un passo dal naso di lei e ne sentiva il fiato rubare il suo. Un odore immondo pervase la macchina, impregnando anche il tessuto dei sedili, mentre un rumore sottile schiaffeggiò l'aria:
ZACK!!
Lei abbassò lentamente e a malincuore lo sguardo sul ragazzo. Vide gocce scure intaccare il suo ventre, come chiodi. Poi un fiotto di sangue la investì, mentre il volto di Ted si piegava in una posa innaturale, con gli occhi sbarrati e inespressivi che continuavano a guardarla. La gola squarciata mostrava due ampie labbra che si muovevano ritmicamente al fuoriuscire del sangue.
Cominciò a sentire le lacrime rigarle il volto, poi seguì per un attimo la mano di strega che fluttuava nel buio, guidata da quel braccio che spuntava dal nulla.
Guardò il volto inespressivo dell'assassino e cominciò a piangere e a supplicarlo. Chiuse gli occhi quel tanto che bastava per escludere il mondo da sé. Acuì l'udito, aspettando l'orrendo suono e contrasse le dita nelle spalle del ragazzo fino a che le unghie non si conficcarono nelle carni. Non se n'accorse nemmeno.
L'aria gelò. Un brivido percosse la schiena della ragazza assieme al sordo rumore del vento che penetrava, chi sa come, nell'abitacolo. Poi quel suono tanto temuto e...
ZACK!!
....e Claudia non c'era più.



2

Mark guardava il cavo che non voleva proprio saperne di rimanere fermo. Lo schiacciò col piede in modo che aderisse bene al pavimento. Non ci avrebbero dovuto inciampare sopra quando sarebbero corsi via.
"L'hai collegato?" fece impaziente Mark.
Un grugnito seguì quella domanda. Nella sagrestia, Max trafficava coll'amplificatore.
"Muoviti, prima che Don Nazario si accorga di tutto!!"
"Si, si..." rispose la voce dalla sagrestia. "Tu intanto sistema quel cavo.
Non lo devono vedere, se no... fanculo tutto!"
Max finì il collegamento e alzò il volume quel tanto che bastava. Poi l'avrebbero regolato da fuori col distorsore. Uscì di corsa dalla sagrestia e raggiunse Mark che sistemava il cavo costeggiando il muro. Salirono sul soppalco della chiesa in cui avrebbe dovuto trovare posto il coro, ma che la scarsità di fedeli aveva ridotto a mo' di ripostiglio. Scansarono i rimasugli di vecchi inginocchiatoi dal legno marcio e intaccato dagli insetti e si adagiarono sul pavimento, collegando il microfono al distorsore. Tutto sembrava andare per il verso giusto.
Poco dopo sentirono Giuliani, il sagrestano, che apriva la porta della chiesa per la messa delle diciotto. L'inverno ormai era alle porte. Le foglie secche invasero il sagrato, sospinte dal vento freddo. Fuori era già buio e Giuliani accese le luci fioche che illuminarono debolmente la chiesa. Si fermò davanti al quadro della Madonna della Consolazione e accese una candela con lo Zippo che si ritrovava sempre in tasca.
Di lì a poco la gente cominciò a fluire silenziosa tra le panche della chiesa. Perlopiù vecchietti che si ascoltavano la messa prima di andare a coricarsi, come fosse un programma televisivo. Il brusio si attenuò quando la campana annunciò l'ora della messa.
Don Nazario uscì dalla sagrestia accompagnato dallo stridere della campanella che ritmicamente segnava i tempi del rosario. Si mostrò ai fedeli e si rintanò sotto l'altare.
Cominciò la messa.
Mark fece un cenno a Max, indicando l'altare.
"Quando?" chiese divertito.
Il giovane viso di Max si contrasse in un sorriso soffocato. Gli occhiali ballonzolarono sul naso all'insù e aggiunse: "Aspettiamo... alla lettura del Vangelo... Ci sarà:"Le tentazioni di Gesu"" Mark, che da piccolo aveva sporadicamente servito messa come chirichetto, più che altro obbligato dai suoi vecchi, adesso se la rideva immaginando le conseguenze che avrebbe avuto lo scherzo.
Don Nazario giunse così alla lettura del Vangelo secondo Matteo. "Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo..."
La voce solenne del prete scandiva le parole e marcava il termine Diavolo per enfatizzare la tentazione. Mark sollevò il microfono mentre Max alzava debolmente il volume e selezionava l'effetto che avrebbe preso la voce di Mark.
Don Nazario continuò.
"...di nuovo il diavolo Lo condusse con sé sopra un monte altissimo e Gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro magnificenza e Gli disse..." Un fischio inondò la chiesa, poi la voce cavernosa e demoniaca di Mark sostituì quella del prete.
"Tutte queste cose io te le darò, se prostrato a terra mi adorerai..." Il silenzio pervase in un attimo il tempio. Poi una vecchia cominciò ad urlare. Un'altra si accasciò sulla panca, probabilmente sotto la stretta di un infarto.
Max vide Don Nazario farsi il segno della croce.
"Verrà il giorno della mia venuta sulla terra! I miei discepoli sono già in mezzo a voi, unitevi a me, o derelitti... E fonderemo il regno del male!!" Una risata cavernosa fendette l'aria, accompagnata dall'eco che man mano superava in volume la voce da cui nasceva.
Don Nazario era prostrato a terra e continuava imperterrito a recitare il Padre Nostro, con le mani giunte sulla testa e il volto chino a nascondere le lacrime. Metà dei fedeli, quelli che non erano stati colti da malore, era corso fuori, urlando e invocando la pietà del Signore.
L'eco della risata continuò imperterrito. Mark strabuzzò gli occhi. Il microfono era spento, ora. Max aveva smesso di ridere da un po'. Forse questa volta l'avevano combinata grossa.
Guardò Mark e accennò qualcosa. Lui ricambiò, col viso spaventato. "Dai, adesso basta, Mark."
Lui abbassò lo sguardo sul microfono.
"...è spento!!"
Max armeggiò col distorsore, spegnendo e riaccendendolo.
"Forse è l'ampli, in sagrestia..." cercò di giustificarsi.
Un sospiro profondo invase nuovamente il tempio. L'aria gelò.
"La pecora fuggì in preda al panico. Sapeva di aver sfiorato la serpe. E corse via e quando credette di essere al sicuro, la serpe l'aveva già morsa... al collo..."
I due ragazzi corsero giù dal soppalco, inciampando, cadendo e rialzandosi. Fuggirono dalla chiesa mentre Don Nazzario li guardava correre via, desiderando dentro di sé di seguirli. La fede avrebbe retto? I due si dispersero per i campi correndo a più non posso lontano l'uno dall'altro.
Mark inciampò su una radice e cadde. Il silenzio della notte era interrotto solamente dal suo stesso respiro. Si guardò attorno poi aguzzò la vista tra l'erba alta della campagna inglese, che si muoveva omogenea sospinta dal vento. Cercò Max ma non lo trovò. Si rialzò camminando piano e guardandosi nervosamente attorno. Incespicò nuovamente ma questa volta non su una radice. Quello che gli stava sotto era Max, con gli occhi aperti a cercare una luna nascosta tra le deboli nubi. E, sotto il volto contratto dalla paura più che dal dolore, lo squarcio, il morso... della serpe.



3

La signora Evans, adagiata sulla vecchia Renault, sobbalzava imperterrita seguendo le asperità di quel terreno che i vecchi ammortizzatori della R4 non miglioravano.
La pelle raggrinzita tra gli occhi e sotto il collo, le mani adunche e nodose, la bassa statura e la corporatura esile, le conferivano l'aspetto di una strega delle favole per bambini. Ma più che altro si trattava di una vaga somiglianza.
La vecchina, coi suoi occhiali spessi sul naso prominente innestò la seconda, facendo grattare i meccanismi ormai consunti della R4 e sterzò sul viale. La marmitta sfiltrata era ormai divenuta il suo segno di riconoscimento. I bambini, a quel rumore sordo, le si avvicinavano salutandola, divertiti. Lei rispondeva suonando il debole clacson e ondeggiando la mano nodosa, mentre un sorriso le si stampava sul viso, evidenziando le rughe profonde come solchi attorno agli occhi.
Prima di voltare per la stradina sterrata che portava ai campi, notò la figura di un ragazzo che le faceva un segno. Accostò e aspettò che il tipo la raggiungesse.
"Mi dà un passaggio fino alla piazzetta, signora?"
La vecchina riconobbe il viso di Mark e gli aprì lo sportello. Lui salì sbattendo la porta, che non ne voleva proprio sapere di richiudersi. Una volta dentro, la vecchia innestò la prima e la R4 s'incamminò debolmente per la salita che portava alla piazzetta della chiesa, deviando dal percorso originale.
Mark si guardò in giro, voltando gli occhi a destra e a manca con fare sospetto, ma senza muovere la testa.
"Sei stato alla polizia?" fece la vecchina, con la voce sottile e rauca. Mark annuì.
"Io non so niente della morte di Max... gliel'ho detto, ma non mi hanno creduto."
"Certo che l'idea di quello scherzo... Ma a chi è venuta?"
"A me, ma... non credo sia questo il problema!"
La signora Evans scalò di marcia, aiutando la R4 a sopportare la dura salita. La macchina arrancava sobbalzando per lo sforzo e per la frizione, mollata di colpo.
Si sistemò gli occhialini che scivolavano continuamente giù dal naso. "Credo dipenda tutto da venerdì!"
"Lei dice?"
La vecchina annuì.
"Non avremmo dovuto..."
Mark la guardò terrorizzato. Provò a contraddirla: "Ma era solo uno scherzo! Ci siamo presi in giro a vicenda, niente più!!"
"A volte loro stanno ad ascoltarci..."
L'affermazione della signora suono come una terribile verità, soprattutto dopo ciò che era successo. La R4 giunse fino alla chiesetta, accostò poi si spense di colpo, quasi a protestare per la fatica della salita. Mark scese e sbatté la portiera. Guardò ancora una volta la vecchina e aggiunse, quasi fosse una domanda: "Allora siamo tutti in pericolo!"
La signora Evans riaccese il motore e cominciò a sterzare, da ferma. "Il diavolo si presentò ad Eva sotto forma di serpe..." rispose, senza neanche guardarlo, poi mollò la frizione e andò via.
La R4 percorse docilmente la discesa. La vecchina si copriva debolmente dal sole pomeridiano, ormai basso e pallido. Guardava la scarpata, sul lato opposto alla sua carreggiata, fendere il nulla.
Immaginò cosa si potesse provare a spiccare un salto da quell'altezza. Costatò come la cosa non le dispiacesse poi tanto. La morte era divenuta qualcosa d'accettabile. Era soddisfatta della vita che aveva vissuto fino allora e sentiva di potersene andare anche subito. Improvvisamente il lampo di luce di una lama rifletté sullo specchietto retrovisore incastonato sul cruscotto della R4. Fece in tempo a vedere il trattore che saliva davanti a se, per capire di aver invaso la corsia opposta. Sterzò d'intuito, proprio dal lato sbagliato. Vide il nulla accogliere la R4, i cui pneumatici lisci cominciarono a girare a vuoto. Il motore non fece più alcuna fatica e sembrava andare come non era mai andato.
"Davvero bene", costatò la vecchina.
La R4, appesantita dalla zavorra del motore, piegò il muso in avanti, mostrando lo spettacolo dei massi che si avvicinavano sinistramente al paraurti. Qualche secondo prima che il muso della R4 rovinasse sulla nuda roccia, il viso cadaverico di un mostro dal naso di pipistrello e gli occhi inespressivi come diademi, comparve sullo specchietto retrovisore. La vecchina cercò di allontanare quella visione.
"Non voglio morire guardandoti" pensò, mentre allungava la mano per spostare lo specchietto.
Non ebbe fortuna, però. Urtò la marcia e innestò la folle. Il motore urlò e coprì il colpo secco della lama che tranciava la carotide di quel collo sottile.
Poi, il fuoco.



4

Mark raggiunse la cabina telefonica posta sul lato esterno della piazzetta, quello che dava sulla strada. Guardava i bambini che giocavano rincorrendosi l'un l'altro e pensò come sarebbe stato bello rimanere innocenti come loro. Si chiese ancora una volta perché lo avessero fatto, ma non riuscì a trovare una sola scusa convincente. La verità pura e semplice era che si erano voluti divertire per un pomeriggio, proprio quel venerdì tredici.
Il telefono squillò a vuoto per tre volte, poi qualcuno sollevò dall'altra parte del filo.
"-Pronto...-"
La voce era quella della madre di Simon. Cercò di simulare una voce serena e tranquilla, meglio non coinvolgere altra gente. Meglio non preoccuparli più di quanto lo fosse lui.
"Buona sera, signora, c'è Simon?"
"-Ah, Mark, sei tu? Aspetta che te lo chiamo...-"
Mark annuì con la testa, quasi potesse vederlo.
Sentì i passi di Simon e il rumore della cornetta che veniva sollevata dal comodino nell'entrata.
"-Mark! Quale sventura ti porta alle mie orecchie?-"
Non lo sopportava quando si sparava quelle battute, soprattutto dopo quello che era successo.
"Devo vederti...."
"-Ehi, non sei mica la mia ragazza che mi chiami per uscire!-"
Mark sospirò poi indurì la voce per fargli capire che non aveva voglia di scherzare.
"Ti voglio nella cantina della vecchia tra un'ora... Porta anche Meg."
Simon capì, finalmente, che si trattava di una cosa seria.
"-Devo chiamare tutti quelli di venerdì?-"
"Non credo sia possibile... siamo rimasti solo io e voi due."
"-Cosa?-" Simon non riusciva a capire cosa Mark stesse blaterando.
"Ma li leggi i giornali, Cristo?"
Riappese incazzato.



5

Si ritrovarono nel buio della stanzetta fredda che costituiva la cantina, svuotata, della vecchia. La luce delle candele ballonzolava al soffio di qualche spiffero proveniente da chi sa dove. Meg tremava e si teneva le braccia tra le mani per sconfiggere i brividi che la tormentavano. Ruotava quei profondi occhi azzurri nervosamente, quasi a cercare qualcuno, qualcosa.
"Li hanno uccisi tutti" sentenziò Mark.
"Anche la vecchia?"
Mark annuì: "L'hanno trovata poco dopo che vi ho chiamati... è volata giù dal dosso vicino alla piazzetta."
Meg passò gli occhi increduli e sgomenti sul viso contratto di Mark. "Non dovevamo fare quella seduta, venerdì! Era venerdì tredici, vi rendete conto?"
La voce era rotta dal pianto.
"Non credo fosse solo per quello!" ammise Mark.
"Avremmo dovuto accontentarci di uno spiritello qualsiasi, che bisogno c'era di scomodare "Sua Santità"?"
Mark assentì e allo stesso tempo cercò di giustificarsi: "La vecchia, la medium, ci aveva assicurato che sarebbe stato un semplice giochino. Non avrebbe mai funzionato!"
"...e invece..." piagnucolò Meg in preda a una crisi isterica.
"Un momento!"
Mark si girò verso Simon. Forse aveva qualche idea per liberarsi da quell'incubo. Lo incitò a continuare.
Simon lo guardò quasi ad assicurarsi di poter esprimere la sua idea, che più che altro andava formandosi nella mente come un'accusa.
"Quando mi hai chiamato... Non potevi sapere che la signora Evans era morta!"
"Infatti non lo sapevo..." insisté Mark.
"Eppure ricordo benissimo! Mi hai detto che noi tre eravamo in pericolo... Come potevi..."
Meg sussultò nel momento esatto in cui la luce delle candele si spegneva lasciandoli nel buio più assoluto.
L'aria gelò, ancora una volta.
Poi quel respiro profondo e malefico che invadeva la stanza, l'aria, le orecchie, la mente. Quello stesso che Mark conosceva già, che aveva sentito in chiesa.
La voce cavernosa di mille persone che parlavano e respiravano, sottovoce. E ancora, il sibilo...
Meg si alzò e corse fuori urlando. Simon e Mark la seguirono a ruota. Si ritrovarono nei campi che circondavano la casa della medium. L'erba alta rallentava la loro fuga. La luna piena era leggermente offuscata da tenue nubi e il vento freddo feriva i loro volti. Mark raggiunse Meg che cominciava ad arrancare, soprattutto a causa del pianto che non la lasciava respirare.
Le toccò la spalla e lei gridò, credendo fosse qualcosa di orrendo. "Aspettami!!" la frenò Mark. "Ho perso Simon... era giusto dietro di me, poi non l'ho sentito più. Torniamo indietro!"
La ragazza era sconvolta. Mai e poi mai sarebbe voluta tornare indietro, ma un posto valeva l'altro. Ormai il sibilo era ovunque. Era nelle loro teste. Erano segnati, avevano il segno del demonio!
Tornarono indietro e aguzzarono la vista in cerca della sagoma di Simon. La luna fuoriuscì nuovamente dalle nubi, quel tanto che bastava perché notassero l'erba schiacciata sotto il peso del corpo.
Meg si acquattò e prese la testa del ragazzo tra le mani. La ferita al collo era profonda. Lui era ancora vivo e gorgogliava a causa del sangue che occludeva le vie respiratorie.
Articolò qualcosa. Meg avvicinò l'orecchio alla bocca e senti solo una parola ripetuta più volte: "La Serpe, la Serpe..."
Spirò tra le sue mani sporche di sangue, quello stesso che inondava l'erba accanto a loro.
La ragazza si alzò e guardò Mark con occhi colmi di odio.
"Lo uccido... Chiunque o qualunque cosa sia, lo uccido, Lo uccidooooh..." Corse verso la casa dell'ex signora Evans con la testa bassa e i pugni stretti.
Mark la raggiunse poco dopo. Era in cantina, seduta davanti alla tavola rotonda che riempiva la stanza. Davanti a sé una candela accesa proprio in mezzo al tavolo. Lei aveva le mani giunte, il viso basso e gli occhi chiusi. Pregava.
"Non dovremmo stare qui, è pericoloso..."
Lei non si scompose. Aprì lentamente gli occhi e lo guardò, col viso inespressivo.
"Adesso capisco cosa voleva dire Simon... Li hai uccisi tu, tutti quanti... ammettilo!"
"Ma cosa stai dicendo?!"
Mark stentava a credere alle parole che fluivano dalle labbra carnose della ragazza.
"Sei tu la Serpe, non è vero?"
Mark sospirò, poi cambiò lentamente la sua espressione. Non era più guardinga, ma sprezzante, con le sopracciglia che quasi si congiungevano l'un l'altra.
"E va bene, stronza... Caliamo la maschera, anzi... mettiamola!!" Palpò la tasca posteriore sinistra dei jeans e tirò fuori qualcosa di informe. La plastica aderì perfettamente al viso, quasi fosse la vera faccia del ragazzo. Meg non ne fu minimamente scossa. La maschera era quello di un mostro, a metà fra un pipistrello e un vampiro, retaggio grottesco dell'ultimo Halloween. Gli occhi erano coperti da diamanti, bigiotteria da mercatino. Era ridicolo in quella veste. Dall'altra tasca tirò fuori un guanto pesante, di quelli da muratore. Le dita erano cucite fra loro e all'estremità spuntava una lama tondeggiante ma perfettamente affilata.
"E così hai scoperto tutto, brava!"
La ragazza rimase impassibile.
"Me lo ha suggerito Simon. E' partito tutto dalla seduta spiritica?" "Già, ma il diavolo, o chi per lui, non c'entra un cazzo... Li ho uccisi semplicemente perché li odiavo! Da dove cominciamo... vediamo... Ma si, i due fidanzatini... Odiavo Ted perché si scopava Claudia, e Claudia perché si scopava Ted e non me! Mi sembra una buona giustificazione... Li ho colti all'improvviso. Erano strafatti di anfe, non si sono neanche accorti che avevano un passeggero in bagagliaio!"
Lei sospirò disgustata, ma lo lasciò continuare.
"Poi chi viene? Ah, Max! Lo odiavo, con quell'aria da saputello e la faccia da finocchio... Ho organizzato tutto in chiesa, pure il nastro che sostituiva la mia voce. Eliminarlo è stato un gioco da ragazzi! Si continua con la vecchia! La vecchia, dai... non dirmi che non l'avresti fatta fuori anche tu! Rugosa e flaccida, pretendeva ancora di vivere, quella schifosa! E che arie si dava, durante la seduta! "Questa non è una seduta spiritica, è una seduta demoniaca"!! Ah-ah! Il diavolo qua, il diavolo là. Adesso lo saluta di persona, il diavolo! Quell'imbranata non si è nemmeno accorta che dopo avermi scaricato in piazzetta, son risalito dallo sportello posteriore, mentre lei faceva manovra. Figurati se con quella scassatissima R4, sentiva qualcosa! Mi son gettato fuori prima che il macinino si schiantasse contro la roccia. Lo ammetto, lì ho rischiato veramente tanto, ma mi son divertito davvero!"
Mark sistemò meglio la maschera affinché la voce prendesse maggiore enfasi. "Infine rimane Simon... quell'idiota! Ma lo vedevi come mi trattava? Come un bambino, Cristo! A me che sono quel che sono! Ci vuole coraggio! Beh, in ogni caso, l'ho ucciso quando tu ci hai mollato e sei corsa fuori. Chi altro rimane?"
"...Me!" aggiunse Meg. La sua voce era ferma, nonostante la situazione. "Tu sei la Serpe!" insistette lei.
Mark s'irrigidì.
"Non sono la serpe, lo vuoi capire o no, troia del cazzo!! Ve la siete inventata voi sta storia, tu e la vecchia!"
Scavalcò il tavolo con un balzo, le prese i boccoli biondi con una mano e fendette l'aria con l'altra, mentre la sedia su cui sedeva Meg cedeva, catapultandola a terra.
ZACK!!
La lama si fermò a mezz'aria accompagnata da gocce di sangue come fiocchi di neve, rossi.
La vide a terra, con la gola squarciata, ma non capiva proprio perché quei capelli gli erano rimasti in mano.
" ...una parrucca... UNA STRAFOTTUTISSIMA PARRUCCA! Ma allora..." Corrugò la fronte e la guardò meglio. Non era Meg, ma la sorella gemella. "Tania..."
Lei sorrise quasi soddisfatta, nonostante la cosa le procurasse un dolore immane
"Ti ho fregato, Serpe..."
"Cosa significa tutto questo? COSA?"
Lei sospirò. Faceva fatica a farlo e sentiva il sangue che le occludeva le vie respiratorie.
"Meg mi ha raccontato tutto... La vostra seduta di venerdì. Quando ha chiamato Simon ho risposto io e ho subito capito tutto... ti ho fregato, Serpe..."
"Ma cosa stai farfugliando, ti ho detto che non sono la Serpe! e poi cosa vorresti dire? Come mi hai fregato?"
"S'era detto sette e non più di sette!"
Quelle parole si dimostrarono familiari alle orecchie di Mark. Richiamò alla mente la sera di venerdì. La medium che cambiava voce, proprio accanto a lui.
Diveniva più roca, dura, quasi come quella di un uomo. E le sue parole... "Verrà l'Angelo-serpe, mio schiavo sulla terra e ucciderà per sette anime, sette e non più di sette. Lui stesso sarà la settima anima, se vorrà tornare al mio cospetto. Se così non sarà, vagherà dannato per il mondo sotto forma di assassino. Le sette anime porteranno il marchio e lui le riconoscerà!"
Fece due più due, semplice! Le sette anime erano quelle dei compagni di quella assurda serata, nata quasi per gioco e finita quasi in un gioco. La settima era la sua.
"Tu non hai il marchio... Non lo sento..." costatò sbigottito lui.
"E' mia sorella ad averlo! Come hai potuto sbagliarti? Ora che hai ucciso me al posto suo, come farai, Serpe? Devi scegliere. O mia sorella o te..." gorgogliò la ragazza. La sua voce si stava trasformando in un sussurro. "Sette e non più di sette..." aggiunse.
Mark tirò via la maschera. Ormai il suo vero volto era quello, inutile nasconderlo. La guardò negli occhi e sorrise. Poi il sorriso si trasformò in risata, forte, cavernosa, insopportabile.
Lasciò cadere la parrucca sopra il corpo della ragazza e si voltò verso la porta.
"Ho una missione da compiere..."
Si fermò un attimo. Alzò la testa al soffitto riprendendo a ridere e aggiunse:
"Una Serpe rimane Serpe, anche per tutta la vita..."
La ragazza chiuse gli occhi. Era debole, sentiva che non gli sarebbe rimasto poi molto.
Cercò di riaprire gli occhi. Le palpebre erano pesanti come macigni. Si sforzò terribilmente per vincere la sonnolenza e alla fine ci riuscì. Lo vide andar via. L'ultima cosa che vide.
E quel braccio, quello in cui stringeva il guanto, sempre più sottile e flessibile. Lo vide muoversi in pose innaturali, flessibile e sinuoso proprio come, sì, come... Una SERPE!


Ubix 10/05/2000


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