di Gianandrea Parisi
Lo specchio di fronte rimanda l’immagine del vero te stesso: forte invincibile, immortale: seduto nel tuo ufficio, con la sigaretta in bocca e lo sguardo infido, sprezzante, di chi sa che su questa terra non esiste forza in grado di sfidarlo. I tuoi occhi brillano di gioia, mentre le labbra si piegano su un sorriso freddo, privo d’anima, mentre pensi alla tua posizione sociale, distante dal resto degli uomini, insetti, presi nella tua tela. Godi nel distruggere quelli che cercano di sbarrarti la strada, facendogli assaggiare la morsa spietata del tuo genio e della tua malvagità. Di certo non sei un Dio di compassione.
Ripensi tranquillamente al tuo socio, stupido idiota, che voleva sciogliere la società, e prendersi buona parte delle azioni e degli utili, dicendo che il tuo modo di fare non gli piaceva. Rivedi l’espressione di terrore nel suo sguardo, quando la polizia ti chiamò a testimoniare sulle irregolarità amministrative di cui lui era stato colpevole: ma non bastava gettarlo sul lastrico. Se si vuole eliminare definitivamente il proprio nemico, bisogna macchiare il suo nome in modo indelebile, rendere la sua vita un inferno in terra. E così, hai fatto in modo che venissero ritrovati, in casa sua, foto di minori, videocassette, indirizzi di locali equivoci, tutto ciò che potesse assicurargli un soggiorno estremamente scomodo in un carcere di massima sicurezza. In Italia, la giustizia è lenta, ma quando si tratta di delitti contro i minori tutti si scagliano con tale veemenza che i magistrati sono costretti ad accelerare i tempi. Dieci giorni dopo la sua condanna hai saputo che si era suicidato in cella, per la vergogna. Fine di un problema, nessun rimorso, nessuna coscienza, solo una vittima sacrificabile, perché la tua vita continuasse a prosperare come aveva sempre fatto. Arricchirsi e farsi rispettare per la propria volontà: questo è ciò che conta.
Di colpo senti bussare alla porta: la ragazza bionda e dallo sguardo triste, che per legge è tua moglie, entra, timida e spaventata. Un grosso livido oscura il suo volto e l’occhio destro, completamente nero, contribuisce a renderla più vulnerabile. Non è un segreto il motivo per il quale l’hai sposata: è la copia esatta della moglie di un tuo antenato, vissuto nel 1600, della quale hai trovato un ritratto nella vecchia casa di famiglia. Si dice che il tuo parente fosse violento, sadico e privo di ogni forma di rispetto nei confronti delle persone che aveva attorno: si racconta che sottopose sua moglie alle più terribili torture, violentandola fisicamente e moralmente, costringendola a comportarsi come un animale domestico del tutto succube ai suoi voleri e umiliandola di fronte ai suoi amici: fino a quando, una sera, lei non scomparve senza lasciare traccia. Alcuni sostenevano che fosse fuggita lontano, facendo perdere le sue tracce, in modo che il suo perfido amante non potesse più torturarla, altri dicevano che in uno dei suoi consueti giochi, il marito si fosse lasciato andare e l’avesse uccisa e poi ne avesse fatto scomparire il corpo.
Sei eccitato al pensiero che un giorno anche tu potresti emulare le gesta del tuo antenato. Non hai mai ucciso nessuno, direttamente, ma hai sempre pensato che sarebbe bello cominciare con quella tenera creatura, che non ha nemmeno il coraggio di parlare se tu non le dai il permesso. Ecco cosa sono le mogli: animali su cui sfogare le proprie frustrazioni, giocattoli senz’anima con le quali impressionare gli amici, per le quali farsi ammirare. E poi, nell’oscurità della propria camera da letto, dimostrare chi comanda, con ogni mezzo. Ieri notte ti sei comportato da vero uomo: eri nervoso per una giornata pesante, e così ti sei liberato di tutta la rabbia accumulata, violentandola con odio e sadico piacere. Ha provato a resistere, ma sei stato abbastanza convincente da farle cambiare idea, e l’occhio nero ne è la dimostrazione. Adesso ti sembra di cogliere la stessa espressione della sera prima, una condannata a morte, che sa quello che l’aspetta.
L’hai fatta venire nel tuo ufficio, sapendo che la tua segretaria (alla quale avevi lasciato la mattinata libera in previsione di un evento simile) non sarebbe arrivata prima di qualche ora. Siete soli, tu e lei. Sei eccitato dalla sua espressione rassegnata, e il tuo bisogno urla a pieni polmoni. Hai sete di violenza e la vuoi soddisfare: ordini a tua moglie di inginocchiarsi, e senti uscire dalle sue labbra un flebile: "No, per favore". Ciò che viene dopo riuscirebbe a disgustare il peggiore maniaco sessuale assurto alle cronache giudiziarie.
Alla fine sai solo che ogni osso del tuo corpo è indolenzito per lo sforzo; e lei resta distesa sul pavimento, incapace di rialzarsi, con i lunghi capelli biondi sparsi sulla sua schiena, nuda e segnata da graffi e lividi. E’ sanguinante e non riesce ad emettere una sola sillaba. Il tuo cuore batte in fretta, ti senti appagato da quell’orgia di violenza e inebriato dall’odore della sofferenza che ormai riempie la stanza. Un profumo forte, passionale, perverso.
Ti rendi conto di avere bisogno di calmarti: la segretaria tornerà fra poco e non puoi farti trovare in quelle condizioni. Ricordi di avere visto una bottiglia di liquore, da qualche parte. Ti guardi intorno: ce n’è una sulla scrivania: ti precipiti, avido del calore che può darti e ne versi tre dita in un bicchiere, bevendolo in un sorso. Il gusto è strano, ma l’effetto non tarda a farsi sentire. Pian piano, un piacevole intorpidimento abbraccia il tuo corpo e una sensazione di tranquillità si impadronisce della tua mente. Cominci a provare un leggerissimo dolore alla testa ed una certa difficoltà nella respirazione, ma attribuisci il tutto alla velocità con cui hai mandato giù l’alcool. Ed è allora che noti il foglio sistemato sotto la bottiglia: è un semplice appunto, vergato con una grafia chiara e leggibile, quella della tua segretaria. Lo leggi, e la tua calma diventa inquietudine e, in seguito, puro terrore.
Lo scritto dice: "Il suo staff scientifico ha completato il veleno per topi che voleva immettere fra qualche settimana sul mercato. E’ allo stato liquido e sono stata costretta a metterlo in una bottiglia e a chiuderla, per paura che le esalazioni potessero esserle nocive." Il foglietto ti cade dalle mani: cerchi di rialzarti, ma le gambe non rispondono. Sei immobilizzato. Provi a chiamare tua moglie, sdraiata sul pavimento e semi – svenuta, ma la voce non esce dalla gola. E’ questo l’effetto del veleno che i tuoi scienziati hanno progettato: una morte lenta, soffocante e silenziosa. Il sudore gocciola copioso dalla tua fronte e le tue mani artigliano l’aria, con lo scopo di catturare un aiuto che non arriverà mai. Vorresti gridare, anche soltanto per dire che non può puoi finire così: sei grande, potente, sei un dio in terra e non puoi morire come un semplice mortale. Invochi il Paradiso e l’Inferno perché almeno loro ti vengano incontro, ma soltanto il silenzio risponde ai tuoi gemiti.
Mentre stai per esalare l’ultimo respiro, e i tuoi occhi si chiudono sprofondandoti fra le nebbie dell’incoscienza, ti sembra di vedere tua moglie che si rialza: cerchi di metterla a fuoco, ma i tuoi sensi devono essere ormai fuori uso, perché hai l’impressione di vederla fasciata in uno splendido abito rosa, lungo fino alle caviglie, e con al collo una splendida collana di perle, la stessa che aveva la moglie del tuo antenato, un regalo dei genitori il giorno delle nozze. Fai in tempo a sentire solo una frase: "Vendetta è fatta", e poi nient’altro.