|
Nell'antico Egitto i gatti domestici erano adorati e raffigurati in dipinti, sculture e incisioni. Gli Egizi tenevano in grande considerazione questo animale, tanto che lo scelsero per rappresentare sia Bastet, una delle divinitą pił importanti, sia Sekhmet, sorella della precedente e anch'essa raffigurata con parti di gatto: con la prima condivideva le virtł di fertilitą e chiaroveggenza, con la seconda solo di preveggenza. Poiché Sekhmet era l'emblema della giustizia e della potenza in guerra, un suo sacerdote o una sua sacerdotessa accompagnava sempre i soldati alla battaglia e si rivolgeva ai poteri della dea per conoscere in anticipo dove il nemico avrebbe colpito. I gatti erano considerati animali sacri al punto che, se accidentalmente veniva ucciso un esemplare, il responsabile doveva essere punito con la morte. In caso di incendio, il gatto doveva essere salvato prima di ogni altro membro della famiglia o degli oggetti che si trovavano nella casa. Quando un gatto moriva, per le persone a esso legate cominciava un lungo periodo di lutto, caratterizzato dalla rasatura delle sopracciglia e dalla percussione di gong funebri per esprimere il dolore. Si pensava che esistesse l'aldilą anche per questi animali, che venivano quindi mummificati e godevano del diritto all'estremo saluto, con tanto di funerale e sepoltura. In una tomba datata intorno al 1700 a.C. furono trovati diciassette scheletri di gatto, ognuno dei quali era stato provvisto di una ciotola per il latte; questo assicurava la sopravvivenza dell'animale nell'aldilą, insieme a topi e piccoli animali mummificati. Nell'antica cittą di Beni Assan in un solo cimitero si rinvennero pił di trecentomila piccole mummie.
|
|