Il Buddhismo non è pessimista



Domanda:

Il Buddhismo è un insegnamento pessimista?


Risposta:

L’enfasi posta in alcuni insegnamenti buddhisti su Dukkha ( sofferenza, insoddisfazione) ha portato alcune persone a ritenere che il Buddhismo sia un insegnamento prevalentemente pessimista. La prima delle quattro Nobili Verità spiega così dukkha:

“ La nascita è dukkha, il decadimento è dukkha, la malattia è dukkha, la morte è dukkha. Essere vicini a chi è spiacevole è dukkha, essere separati da chi si ama è dukkha; non riuscire ad ottenere ciò che si desidera è dukkha; perdere ciò a cui si è affezionati è dukkha,; dolore, amarezza, lamento, disperazione sono dukkha. In breve l’attaccamento ai 5 aggregati è dukkha”

In alcuni Sutra del canone Pali, dukkha viene ulteriormente analizzato e classificato in tre generi:

Dukkha ordinario
Dukkha dovuto al cambiamento
Dukkha dovuto al condizionamento.

Il primo riguarda certe esperienze comuni che facciamo nelle nostre vite ordinarie: malattie, delusioni, litigi , stress, droga, ecc..
Il secondo è dovuto al cambiamento delle situazioni piacevoli in spiacevoli.
Il terzo, più profondo e meno evidente, riguarda il dukkha che deriva dalle concezioni e credenze errate, come quella in un sé permanente, in un fato, in un entità superiore ecc. che generano attaccamento e senso di possesso.

Coloro che definiscono il Buddhismo una religione pessimistica, basandosi solo sulla Prima Nobile Verità, non hanno compreso il vero senso del Dharma poiché cercano di comprendere le Quattro Nobili Verità separatamente. E’ un errore considerare la prima Nobile Verità separatamente dalle altre tre. Queste Quattro Verità sono interdipendenti e vanno prese come un insegnamento unico. Se nella prima si parla della natura di dukkha, nella seconda se ne spiegano le cause che la generano; nella terza si parla dello stato di incondizionata beatitudine che sorge dal suo superamento e nella quarta il sentiero che porta a tale stato di gioia e beatitudine incondizionata.

Così si vede che, sebbene il Buddhismo parli di Dukkha, non significa che neghi la felicità, Sukha. Infatti il suo scopo ultimo è quello di portare l’individuo a realizzare la felicità suprema ( parama sukha) o Nirvana. E non solo di questo tipo di felicità si parla nel Buddhismo, ma di vari tipi di felicità mondane. Nei Sutra si parla ampiamente della felicità di colui che diventa monaco (pabbajita sukha) e di quella di colui che persegue la vita laica (gihi sukha). Nel Sigalovada Sutta, l’insegnamento dato al milionario Anathapindika, sono menzionati quattro tipi di felicità per il laico:

1) avere un reddito sufficiente
2) gioire dei propri beni
3) libertà dai debiti
4) condurre una vita inoffensiva

Ma il Buddha, avendo analizzato e compreso in profondità la natura mutevole di tutte le cose e della felicità stessa, mette in guardia dal fare l’errore in cui tutti solitamente cadono: l’attaccamento alle esperienze piacevoli e spiacevoli. Egli ha parlato della felicità, del gioire di essa, ma anche del non attaccarvisi.

Un altro aspetto dell’insegnamento che contraddice la visione pessimista è quello del Karma. La profonda consapevolezza che le azioni, i pensieri e le parole degli esseri umani siano governate dalla legge di causa ed effetto fa sì che non ci si rassegni mai all’idea di un destino prestabilito, di un fato inesorabile o di un disegno insondabile, ma che si cerchi di agire e migliorare le cose con il proprio sforzo e impegno nel momento presente, guidati dalla luce della saggezza interiore e dalla compassione.

Questo mostra chiaramente che il Buddhismo non solo non è pessimista, ma dà una giusta importanza alla felicità, spiegando quale ne sia la natura e quale il modo di ottenerla, pur avendone una visione profondamente realistica e non solo un’idea legata all’effimera contentezza di un benessere superficiale.


Taeri Sunim

 



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