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Il sentiero della beatitudine
Ghesce Ciampa Ghiatso

Da Notiziario Siddhi Estate 98

"Vi prego, beneditemi perché possa vedere che proprio come io stesso sono caduto nell’oceano dell’esistenza ciclica, così vi sono caduti anche tutti gli esseri senzienti mie madri . Datemi la capacità di vederlo chiaramente e di mettere in pratica la mente dell’illuminazione che si fa carico di liberare tutti"

Dopo aver capito di vivere nelle acque dell’oceano dell’esistenza condizionata, ci rendiamo conto che siamo immersi in questo oceano insieme a tutti gli altri esseri senzienti, nostre madri. Allora dobbiamo arrivare ad assumerci la responsabilità di salvare da questa condizione di sofferenza non solo noi stessi, ma tutti gli esseri. Per questo motivo sviluppiamo la mente dell’illuminazione, quella mente altruistica che desidera ottenere l’illuminazione per il bene di tutti. Per far nascere e crescere in noi questo tipo di mente, dobbiamo renderci conto che anche tutti gli altri esseri senzienti sperimentano una condizione di sofferenza.

Se prendiamo coscienza di quanto diffusamente soffrono tutti gli esseri viventi, come potremo tollerare una tale situazione? Nascerà in noi il desiderio di fare qualcosa per gli altri esseri, di trovare una soluzione. Per questo genereremo bodhicitta, la mente altruistica dell’illuminazione.

Per generare questo tipo di mente, prima di tutto dobbiamo riconoscere che tutti gli esseri sono proprio come noi, che hanno il nostro stesso diritto alla felicità.

Per arrivare a questo dobbiamo sviluppare un sentimento di equanimità verso tutti gli esseri.

Per sviluppare l’equanimità possiamo cominciare con un tipo di meditazione che riguarda gli umani:

La meditazione

Assumi una posizione di meditazione comoda, ma il più possibile corretta. Immagina che di fronte a te sono sedute tre persone: una persona che senti amica, una persona che senti ostile, nemica, e una terza che senti estranea, che ti è indifferente. Comincia a guardare il volto della persona che ti sta a cuore, l’amico o l’amica. Chiediti: "Cosa provo nei suoi confronti? Che sensazione mi dà il guardare la sua persona? " Sicuramente ti senti a tuo agio, provi piacere e simpatia. Poi guarda in faccia la seconda persona: forse ti verrà la nausea a causa del disagio che provi. Poi osserva il terzo individuo e probabilmente noterai che non provi né piacere, né disgusto o avversione.

Torna alla persona amica e poniti la domanda: "Perché mi sta a cuore questa persona amica? Per quali ragioni la stimo, l’apprezzo? Perché mi piace, perché mi è simpatica?" Inizia una conversazione con te stesso e indaga sistematicamente.

Troverai diverse risposte a questi interrogativi. Una di queste, probabilmente, sarà che questa carissima persona ti piace perché ti sta aiutando in qualche modo nel presente. Oppure ha aiutato te, i tuoi parenti o i tuoi amici nel passato e pensi che lo potrebbe farlo anche in futuro. Dunque apprezzi questa persona per questa sua qualità. Un’altra ragione per cui ti può piacere è perché fisicamente è una bella persona, oppure perché mentalmente è molto gradevole per le sue qualità interiori. Ti fa piacere per le sue qualità fisiche o mentali, quindi ti piace. Adesso chiediti: "E’ sicuro che questa persona mi sarà sempre amica? Che non cambierà mai atteggiamento nei miei confronti e che io proverò sempre lo stesso sentimento verso di lei?" Arriverai alla conclusione che potrebbe esserci un cambiamento. Sappiamo per esperienza che le relazioni cambiano, e quindi i rapporti da ottimi potrebbero diventare pessimi. Per esempio, una coppia può vivere insieme per molti anni, mantenendo la stima e il rispetto reciproci, poi di colpo succede qualcosa, emerge un qualche tipo di energia negativa, cominciano a esservi dei dissapori, dei conflitti, finché avviene la separazione, il divorzio. La tua stessa esperienza può confermarti che in una relazione possono sorgere vari tipi di problemi. I rapporti tra le persone non sono fissi.

Poi osserva la persona che senti nemica. Perché non ti piace? Perché la senti nemica? Probabilmente questa persona non ti piace perché ti ha danneggiato oppure ha danneggiato tuoi parenti o amici oppure lo sta facendo o cerca di farlo adesso e pensi che potrebbe farlo anche in futuro. Dunque non ti piace.

A questo punto, allora, dovresti riflettere che una persona che ti è nemica può trasformarsi in una persona amica. Queste cose succedono e forse tu stesso ne hai avuto esperienza in passato, con altre persone. Quindi questa persona potrebbe cambiare, il tuo rapporto con lei potrebbe cambiare. Pensaci, rifletti su questa possibilità. Immagina che avvenga così. Ora analizza la terza persona, quella verso la quale non provi nessuno dei due sentimenti precedenti, verso la quale provi un sentimento neutro, né piacere né avversione, né amicizia, né inimicizia. Facilmente questa persona non ti ha danneggiato né beneficiato in passato, non lo sta facendo nel presente, non sta danneggiando né beneficiando i tuoi cari, amici o parenti, e pensi che non farà niente del genere nel futuro. Nei suoi confronti non provi né piacere né disagio, ma una specie di indifferenza. Rifletti che anche questo tipo di relazione può trasformarsi e questa persona estranea può diventare tua nemica o tua amica. Prova a immaginarlo.

Sulla base di questo percorso contemplativo, cerca di stabilire e rafforzare un sentimento equanime nei confronti di queste tre persone che hai immaginato di fronte a te. In seguito, la continuità meditativa ti permetterà di trovare questo equilibrio, questo ridimensionamento del tuo atteggiamento nei loro confronti.

Stabilizza nella tua mente la verità che le relazioni cambiano: gli amici possono diventare nemici, i nemici amici, gli estranei possono diventare amici o nemici.

LA GENTILEZZA DEGLI ALTRI

Può capitare che incontriamo una persona per la prima volta, una persona sconosciuta, estranea, e che subito dopo sbocci l’amore, l’abbraccio, il bacio. Questi colpi di fulmine succedono. Poi, dato che non c’è stabilità nella mente umana, in genere non c’è stabilità nelle relazioni. Vediamo il caso di certe coppie. Quando le cose vanno ancora bene, parlano l’uno dell’altra in modo positivo e dicono: "oh, quanto lo/la amo, lo/la amerò sempre." Poi un giorno l’uno o l’altro dice: "Non riesco più a provare amore per lui (o per lei), non lo amo, o non la amo, più". E’ finita la stima, è finito l’apprezzamento e sorge il desiderio di non incontrare mai più quella persona. Il nostro tipo di amore è instabile come il tempo: una volta piove, una volta c’è il sole, a volte c’è troppo sole, a volte non ce n’è per niente.

Una volta che siamo riusciti a provare uno stato d’animo equilibrato, equanime, allora possiamo passare a una trasformazione ulteriore e imparare a vedere tutti gli esseri senzienti come gradevoli. Dovremmo arrivare a provare uno stato d’animo di felicità e di piacere nei confronti di tutti gli esseri senzienti.

Possiamo sviluppare questo stato d’animo cominciando a considerare che tutti gli esseri viventi sono stati nostra madre. Qualcuno potrebbe preferire il pensiero che tutti gli esseri sono stati il padre o la sorella o il fratello... va bene anche pensare a una relazione con una persona che ci è particolarmente cara, per esempio si può pensare che tutti gli esseri senzienti sono stati nostri carissimi amici, proprio come quell’amico o amica carissimi del momento attuale. In questo ultimo caso si pensa che tutti gli esseri nel corso di innumerevoli vite precedenti sono stati molto gentili con noi, come quell’amico o quell’amica di oggi. Nella meditazione classica si contempla così: "Tutti gli esseri sono stati mia madre. Il numero delle volte in cui ogni essere mi è stato madre è incalcolabile, perché sono nato un’infinità di volte, in un’infinità di forme. Non c’è inizio alle rinascite, nemmeno se considero solo le rinascite con un corpo umano. Tutte le volte che sono nato come essere umano ho avuto una madre, e quindi posso affermare che nel corso delle mie innumerevoli vite tutti gli esseri sono stati mia madre o miei amici. Tutti gli esseri che sono stati mia madre in passato, sono stati gentili con me come lo è stata la mia madre attuale".

Cerchiamo di sentire l’amore autentico di nostra madre, come è stata davvero gentile con noi, pensando: "Mi ha tenuto nell’utero per nove mesi, mi ha partorito e dopo la mia nascita ha continuato a prendersi cura di me, senza di lei non sarei sopravvissuto (o sopravvissuta)". Possiamo riflettere sul fatto che la relazione più intima, più vicina a noi, è quella con la madre. Infatti siamo stati nel suo grembo per nove mesi e abbiamo avuto una connessione viscerale con lei attraverso il cordone ombelicale. Con la madre abbiamo una connessione karmica molto potente.

La relazione con il padre è seconda come importanza. Non si può dire che tutti i padri siano gentili come la madre nel prendersi cura dei figli, ma credo che la maggior parte lo sia. Il Buddha enfatizza particolarmente il ruolo materno perché la madre si prende cura del figlio fin dal momento del concepimento e quindi è fondamentale per la sopravvivenza del figlio. Tuttavia è anche vero che entrambi i genitori si prendono cura dei loro figli fin dall’inizio, sono sempre impegnati per garantire la loro sopravvivenza, la loro salute e la loro istruzione. Contempliamo la gentilezza degli esseri senzienti anche in generale. Per esempio consideriamo la gentilezza dei contadini. Se non ci fossero gli agricoltori che si preoccupano di lavorare la terra, non avremmo cibo di cui nutrirci, perché non siamo erbivori e non mangiamo l’erba che cresce spontaneamente. Per la nostra sopravvivenza abbiamo bisogno di qualcuno che semini i cereali, che li coltivi e li raccolga. Perciò impariamo ad apprezzare la grande gentilezza degli agricoltori, di chi mette i cereali nei sacchi, di chi li trasporta...

Pensiamo anche agli scienziati che hanno inventato tante cose di cui ci serviamo tutti i giorni. Riflettiamo sulla gentilezza di tutti gli esseri senzienti che ci permettono questa facilità di informazioni, di comunicazioni, di spostamenti, di trasporti... Meditando in questo senso, considerando tutte queste realtà, dobbiamo arrivare a riconoscere la gentilezza di tutti gli esseri.

Possiamo apprezzare le buone qualità di qualunque altro essere anche per un altro motivo: sono gli altri esseri che ci permettono di sviluppare tutte le nostre buone qualità, fino alla perfezione dell’illuminazione. Una persona che mi dà molti problemi, per esempio, in fondo è molto gentile con me perché è il mio vero insegnante di pazienza: senza di lei non imparerei a esercitare questa qualità positiva. E’ il mio prossimo che mi permette di coltivare la generosità. Per poter sviluppare la qualità del donare c’è bisogno di qualcuno che riceva i nostri doni. Ancora, gli esseri senzienti animali sono molto gentili con noi, sono sempre stati molto gentili. Pensiamo a quanto latte abbiamo bevuto, da sempre in questa vita e nel corso di innumerevoli vite precedenti. Se provassimo ad ammassare tutta questa quantità di latte, si formerebbe un enorme oceano. Se siamo carnivori, possiamo provare a immaginare di ammassare le ossa di tutti gli animali che abbiamo mangiato: formerebbero una grande montagna. Abbiamo utilizzato e utilizziamo gli altri in vario modo, mangiando le loro carni, bevendo il loro latte, indossando le loro pelli... Pensiamo a questa loro gentilezza nei nostri confronti e apriamoci alla gratitudine e al desiderio di ricambiare quanto essi hanno fatto per noi.

Se qualcuno ci ha aiutato, per esempio facendoci un prestito in un momento di difficoltà economica, è facile provare gratitudine e desiderio di ricambiare la sua gentilezza.

Se pensiamo a nostra madre e a nostro padre, entrambi ci hanno donato questo corpo umano, che è molto più prezioso di una gemma che esaudisce i desideri. Una tale gemma, infatti, potrebbe soddisfare i desideri di questa vita, ma non potrebbe fare nulla per le nostre vite future. Invece questo corpo umano ci permette di migliorare, di sviluppare tutte le nostre qualità fino alla illuminazione.

Pensando alla gentilezza del padre e della madre, nasce il desiderio di ricambiare.

Adesso consideriamo che gli esseri senzienti che sono stati nostre madri non solo sono privi della felicità pura, ma non hanno neppure quella contaminata. Gli esseri senzienti nostre madri, che sono stati tanto gentili nei nostri confronti, sono afflitti da molte sofferenze, insoddisfazioni e frustrazioni. Sulla base di questa consapevolezza, a questo punto dobbiamo sviluppare una grande compassione, quel sentimento, quella coscienza che non può sopportare tante sofferenze: "Desidero fare qualcosa per renderli felici, voglio dare loro la felicità" Per ricambiare la gentilezza degli esseri, dobbiamo cercare di dare loro amore, di sviluppare un affetto amorevole, un amore affettuoso verso tutti. Vedendo tutti da un punto di vista positivo, cercheremo di sviluppare benevolenza e gentilezza amorevole nei loro confronti. Non dobbiamo accontentarci di sviluppare questi sentimenti soltanto durante la meditazione, ma dobbiamo cercare di comunicare agli altri la nostra benevolenza, di amare le persone che ci stanno intorno. Cerchiamo di fare sentire a proprio agio chiunque vediamo e incontriamo durante il giorno, di dare felicità a chiunque parliamo.

MEDITARE SULL’AMORE

Per diventare capaci di dare vero amore, per essere amorevolmente gentili, bisogna meditare su di esso.

Per quanto riguarda l’amore, c’è l’amore mescolato all’attaccamento e c’è l’amore puro.

Per esempio, anche se non diciamo a qualcuno "ho attaccamento per te", e invece diciamo "ti amo", questo amore è mescolato all’attaccamento, cioè contaminato e instabile. Per un certo periodo abbiamo attrazione per una persona e le diciamo di amarla, poi l’attaccamento finisce e il più delle volte con l’attaccamento finisce anche l’amore. Così è facile dirle "non ti amo più". Questo è il modo in cui funziona l’amore mescolato all’attaccamento. Dal punto di vista del Dharma non è qualcosa di auspicabile, ma non è troppo bello nemmeno dal punto di vista mondano.

Quando l’amore è puro, non cambia mai. Questa mente dell’amore puro pensa:

"Che tu possa essere felice e avere le cause della felicità". Possiamo cercare di avere un amore puro verso l’altro e durante la meditazione impariamo a rivolgere questo pensiero di amore verso tutte le creature. A tutti, a chiunque, a ogni essere, auguriamo che abbia la felicità e le cause della felicità. La felicità non si sperimenta senza porne le cause. Il punto successivo per generare la mente altruistica dell’illuminazione è la grande compassione. Cerchiamo di svilupparla verso tutte le creature. In noi esiste già una forma di compassione, ma è limitata. Dobbiamo sviluppare quella che chiamiamo "la grande compassione", cioè il desiderio che tutti gli esseri viventi siano liberati dalla sofferenza e dalle sue cause.

LA MENTE ALTRUISTICA DELL’ILLUMINAZIONE

Per generare la mente altruistica dell’illuminazione (bodhicitta), la compassione è qualcosa di indispensabile all’inizio, nel mezzo e alla fine della generazione di tale mente. All’inizio è come un seme: per lo sviluppo di bodhicitta occorrono i semi della compassione. Quando si semina in un campo, per far crescere il seme c’è bisogno del calore e del fertilizzante, così la compassione è importante per il seme di bodhicitta come l’acqua e il fertilizzante. Se non ci fosse la compassione, la bodhicitta verrebbe persa anche a metà del suo sviluppo. La compassione è indispensabile anche alla fine, quando si è raggiunta la illuminazione: se non provasse la compassione, un buddha non girerebbe la ruota del dharma, non darebbe insegnamenti. Quindi c’è bisogno della compassione anche nel continuum di un buddha.

Per sviluppare bodhicitta bisogna arrivare a sviluppare quella mente speciale che prende questa decisione: "Io stesso farò sì che tutte le creature siano libere dalla sofferenza e dalle cause della sofferenza, io stesso farò sì che abbiano la felicità e le cause della felicità". La mente altruistica dell’illuminazione, la bodhicitta, è il desiderio di ottenere l’illuminazione per beneficiare tutti. A volte bodhicitta viene indicata come l’aspirazione, il desiderio dell’illuminazione. Comunque quando si parla di bodhicitta si parla di una mente principale combinata con un’aspirazione che la accompagna, come quando ci mettiamo in viaggio in compagnia di qualcuno. Nella bodhicitta possiamo distinguere due tipi di aspirazioni, una che è causa e una concomitante, che accompagna e sostiene la causa. La prima è la grande compassione, quel desiderio che tutti gliesseri senzienti siano liberi dalla sofferenza e dalle cause della sofferenza e la seconda, che sorge quando si cercano i mezzi, è il desiderio di ottenere l’illuminazione. Nell’ornamento delle chiare realizzazioni vi sono chiare spiegazioni di questo. Dal punto di vista della entità vengono distinte due bodhicitta: dell’aspirazione e attiva. La bodhicitta dell’aspirazione è il semplice desiderio di ottenere la buddhità che non sostenuto dalla pratica di una delle sei perfezioni, come la generosità e così via. La bodhicitta attiva è invece quella aspirazione integrata con le azioni del bodhisattva. Quindi è sufficiente generare bodhicitta nella nostra mente? No. C’è bisogno di qualcosa d’altro. Di che cosa c’è bisogno? Ce lo dice il testo radice:

"Vi prego, beneditemi perché possa vedere chiaramente che con la sola la mente dell’aspirazione e senza coltivare i tre tipi di moralità non posso ottenere l’illuminazione, e perché possa addestrarmi, con intenso sforzo nei vari impegni dei figli dei conquistatori"

Non basta avere semplicemente l’aspirazione alla mente dell’illuminazione, è anche necessario praticare di tre tipi di moralità: abbandonare le azioni non virtuose, compiere azioni virtuose, fare il bene degli esseri senzienti.

Come il terreno è la base necessaria perché possano crescere i vegetali, così il comportamento etico è la base sulla quale possono crescere tutte le qualità positive. Abbandonare le azioni negative del corpo, della parola e della mente è una pratica morale necessaria e importante. Cosa si intende per moralità? La mente che abbandona i comportamenti negativi, le idee negative, le emozioni negative, le afflizioni mentali, questa è una mente morale. Il pensiero di abbandonare tali azioni è moralità, è una disciplina che è autodisciplina, nel senso che non ci è imposta da nessuno. Un’altra forma di disciplina etica è la mente che protegge e incrementa la virtù. Quando cerchiamo di avere cura delle nostre azioni virtuose di corpo, parola e mente, anche questa è un’azione morale. In sanscrito la moralità si chiama scila, che significa frescura. La funzione della moralità che dà un senso di benessere mentale è rinfrescante come la luce della luna. La moralità rende il nostro corpo, leggero, luminoso, magnifico.

LE SEI PERFEZIONI

"...e perché possa addestrarmi, con intenso sforzo, nei vari voti dei figli dei conquistatori"

Tramite la pratica delle sei perfezioni si compiono azioni virtuose e si accumula potenziale positivo, seguendo l’esempio degli eroi spirituali, i bodhisattva. Così come loro hanno praticato, praticano e praticheranno, anche noi cerchiamo di fare lo stesso. Nella pratica di ognuna di queste sei perfezioni può esserci la pratica completa di tutte le sei. Per esempio, qui si parla della moralità come causa principale per cui abbiamo ottenuto questa preziosa rinascita umana. In questo contesto si parla solo della moralità e non della generosità e della pazienza, anche se ovviamente sono qualità indispensabili.

La generosità è un’attitudine a volere donare. Cercando di meditare la generosità si cerca di nutrire costantemente l’attitudine a donare, donando cose materiali, donando il dharma, donando protezione... Nel tantra si parla anche del dono dell’amore. Nel tantra vengono elencati e praticati quattro tipi di generosità, nei sutra invece si parla solo di tre. Dovremmo cercare di sviluppare questa disposizione mentale del dono, del dare protezione agli altri e anche la perfezione della pazienza. Cosa è la pazienza? E’ una mente che rimane indisturbata ogni volta che qualcuno ci critica, ci maltratta, ci percuote. Significa rimanere imperturbabili come le montagne o come un oceano. Cominciamo provando a sentire tutte queste critiche come degli echi senza importanza. Tutte quante le perfezioni sono importanti, ma nella nostra vita quotidiana la pazienza è indispensabile. Se qualcuno ci biasima, ci critica, cerchiamo di sviluppare la pazienza. Il riuscire a trattenersi, a non rispondere, è già una buona cosa ma non è vera pazienza. Magari qualcuno riesce a non reagire, sembra paziente e invece ha qualche peso sullo stomaco, trattiene dentro qualcosa. Va bene anche questo, ma cerchiamo di sviluppare la vera pazienza. Quando abbiamo delle difficoltà, per esempio, proviamo da accoglierle, ad accettarle volontariamente: sarebbe molto più facile e svilupperebbe la mente tollerante. Qualcuno potrebbe accettare tutto pensando: "questo è il mio karma". Certe persone se mentre camminano cadono, o succede qualcosa, pensano subito: ecco, è il mio karma. Ma è davvero tutto karma, anche il fatto che cadono le foglie dai rami? Forse. Pensateci.

A volte abbiamo molta difficoltà a studiare, allora dovremmo cercare di accettare e accogliere le difficoltà impegnandoci ancora più intensamente, con uno sforzo ancora più forte. Quando qualcuno ci critica o ci percuote, cerchiamo di non reagire con la collera, di mantenerci quieti. Questo comportamento è migliore, perché se rispondiamo le cose peggiorano, la collera aumenta e diventa intensa. Anche Chandrakirti ci esorta a non vendicarci. Per esempio qualcuno ci parla con parole estremamente dure, che riescono a ferire la nostra mente. Se rispondiamo con altre parole ingiuriose, se quella esperienza di dolore, quella ferita provocata in noi stessi, venisse annullata da questa risposta, allora non sarebbe male. Tuttavia non è così: le cose si complicano e ci sono altri insulti, altre ingiurie; il dolore nella nostra mente aumenta.

Proviamo a dire, invece: "Scusami, da qualche parte ho sbagliato, perdonami". In questo modo probabilmente riusciremo a risolvere molti problemi. Questo comportamento è la pratica di coltivare la pazienza. Nel testo dei lama kadampa viene detto che quando si viene criticati, percossi, ecc., è perché il karma negativo che abbiamo creato ha fatto sì che diventassimo un bersaglio. Pensiamo: "E’ il mio karma, le mie passate azioni negative hanno fatto sì che diventassi un bersaglio e fossi colpito da queste frecce". Cerchiamo di essere pazienti e tolleranti. Possiamo anche pensare: "Che bello, qualcuno mi sta criticando o maltrattando così posso bruciare quel karma negativo che avevo creato". Se pensiamo così sarà bene. Quindi cerchiamo di sviluppare la pazienza in diversi modi. Sulle nostre labbra spesso c’è la parola ‘pazienza’ però rimane una parola e questo non è sufficiente. Occorre interiorizzarla nel cuore. A questo proposito possiamo studiare il sesto capitolo del Bodhisattvachariavatara. In questo testo di Shantideva potete trovare tutte le istruzioni su come praticare le sei perfezioni, come pratica un bodhisattva.




(Questo testo è tratto dagli insegnamenti su Il sentiero della beatitudine (De.lam), dati da Ghesce Ciampa Ghiatso il 9 maggio 1998. Il discorso originale è stato adattato alla pubblicazione con la sua approvazione. Il sentiero della beatitudine che conduce all’onniscienza, (De.Lam) è un testo composto da Panchen Losang Chökyi Gyeltsen e spiega il sentiero graduale (lam.rim) verso l’illuminazione in modo completo, sia negli aspetti teorici che negli aspetti pratici. Cominciando da pratiche che sviluppano effettivamente un modo di pensare positivo, costruttivo, da porre alla base della propria vita quotidiana, questo testo guida fino alle tecniche più avanzate per sviluppare la felicità e le più profonde potenzialità della mente.)

 

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