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Nell' '87 uscirono, a breve distanza l'uno dall'altro, due dischi che la mia puntina ha ormai quasi consumato; due dei tanti piccoli-grandi dischi che quasi sempre passano purtroppo inosservati, senza lasciare segni; così non è stato per me, se anche adesso, specialmente nelle sere piovose d'inverno, quando la malinconia di tutto e di niente ti assale, ritornano a girare sul mio vecchio caro giradischi.

Si tratta di "Follow blind" dei WIPERS e di "Engine" degli AMERICAN MUSIC CLUB, ai più forse non diranno niente i nomi di questi due gruppi americani, entrambi nati dalle ceneri del punk, autori di un suono minimale in cui predominano la chitarra e atmosfere psichedeliche; più duri ed elettrici i primi, spesso tendenti alla ballata ed a pezzi acustici i secondi. Non cercate capolavori in questi solchi, ma solo atmosfere e piccole storie che hanno però il pregio di colpirti diritte al cuore, buone per farvi compagnia in quei giorni in cui vorreste dare un calcio al mondo e fuggire dove nemmeno voi sapete.

Direte voi, ma perchè questo ha ritirato fuori questi due pezzi di quasi antiquariato ? Beh, l'occasione mi è stata data dalla recente uscita solista del leader appunto degli American Music Club: MARK EITZEL, i Wipers c'entrano solo per associazione di idee.

Dicevo di Mark Eitzel; anche il suo "60 watt silverlining" non è certo un capolavoro, ma come i dischi con il suo gruppo (vi consiglierei di ascoltare anche "California" e "United Kingdom") va gustato lentamente, e lentamente lasciarsi conquistare da queste atmosfere crepuscolari, dal suono di una chitarra acustica o dalla sordina della tromba di Mark Isham, che qui è della partita. Provate a chiudere la finestra sul baccano che c'è fuori e restate soli ad ascoltare Mark, chissà che non conquisti anche voi.

Se avete letto il mio articolo sul numero scorso di questo giornalino (ma li leggete gli articoli o scrivo al vento ?) ricorderete che mi lamentavo della mancanza di buoni dischi in uscita; beh, proprio quando portai l'articolo al buon Fabio per la stampa, trovai, appena arrivati, due bei dischetti niente male.

Il primo, "Black love" degli AFGHAN WHIGS, è per il momento, per me, il miglior disco di ques'anno. Il suono non si discosta molto dal precedente grandissimo "Gentlemen", anche qui le chitarre impazzano in furiose cavalcate elettriche, ed anche nei rari momenti in cui il ritmo si placa, sono a stento trattenute dietro la voce del leader Greg Dulli. Un concentrato al fulmicotone di musica bianca e nera, difficilmente etichettabile, vista l'originalità del suono, prima di averla sentita; che però diventa riconoscibile dalle prime note dopo che avete imparato a conoscere questo grande gruppo.

Il secondo disco è il nuovo LOS LOBOS: "Colossal head", che arriva quattro anni dopo "Kiko", ultima loro uscita, se escludiamo musiche da fiabe o da films vari e l'antologia "Just another band from east L.A.", antologia che, alla luce del nuovo disco, ha forse una sua ragion d'essere. Chi infatti conosceva i Los Lobos come band roots oriented con soventi incursioni nella musica messicana (tutti ricorderete almeno la loro versione de "La Bamba") potrebbe rimanere disorientato dall'ascolto del nuovo corso della band; nuovo corso che già si poteva intuire in "Kiko" e nella parentesi Latin Playboys, ma che qui è palese. Si dice che David Hidalgo sia rimasto molto influenzato dalla collaborazione con Tom Waits, e infatti diversi pezzi sembrano quasi uscire dalla penna di Waits; per i miei gusti però sono anche i meno riusciti del disco, perchè certe cose possono riuscire solo al grande Tom, con quella voce incredibile e la pazzesca strumentazione del suo studio-officina (ascoltate a tale proposito l'immenso "Bone machine"). Per il resto il suono si è spostato verso atmosfere urbane, ballate notturne, quasi cinematografiche, spesso sconfinanti nel blues e nel soul; e qui le cose funzionano alla grande: ascoltate "Can't stop the rain" o "The birds gonna fly", per non parlare del rock al fulmicotone di "Mas y mas", con un continuo susseguirsi di tremendi assoli di chitarra e che diverrà sicuramente uno dei cavalli di battaglia nei loro concerti. Unica concessione al passato "Maricela", con il suo irresistibile ritmo latino. In definitiva un grandissimo disco per una buona metà dei pezzi, mentre i rimanenti pagano forse troppo l'impari confronto con le fonti di ispirazione.

Passiamo oltre. Per tutti gli orfani dei Negresses Vertes e dei Mano Negra (recentemente scioltisi), consiglio di dare un'ascoltata al nuovo gruppo rivelazione proveniente d'oltralpe: gli ZEBDA, gruppo franco algerino che ha appena pubblicato il disco d'esordio "Le brut et l'odeur", fortemente caratterizzato dal solito caleidoscopio di ritmi e suoni, con una predominanza di influenze algerine, visto l'organico del gruppo.

Altrettanto vario, stilisticamente parlando, è "Viva mamanera" nuovo disco dei MAU MAU, gruppo-tribù torinese, i quali hanno assorbito e filtrato i suoni e le tendenze più disparate, anche i testi spaziano dall'italiano al piemontese, dall'inglese allo spagnolo; per i fumettari segnalo anche un bell'omaggio a Corto Maltese.

Tra le ristampe è finalmente disponibile uno dei più bei dischi di RY COODER: quello "Show time" registrato dal vivo a San Francisco nel 1976, durante il tour seguente all'uscita di "Chicken skin music". Il disco, fortemente influenzato dal fisarmonicista tex-mex Flaco Jimenez e dal suo gruppo, che accompagnano Ry insieme all'eccezionale trio di vocalists Bobby King, Terry Evans ed Eldridge King, contiene una formidabile sequenza dei migliori pezzi del repertorio di Cooder dell'epoca, molto più sanguigno e ritmico dell'attuale: ascoltate "Jesus on the mainline" o la seguente "The dark end of the street" con quei cori formidabili, oppure le messicaneggianti "Viva Sequin / do re mi" e "Volver volver" o ancora la conclusiva "Smack dab in the middle" che si vorrebbe non finisse mai. Insomma, per me uno dei famosi dischi da isola deserta, con l'unico neo che la ristampa non contiene nessuno dei pezzi già registrati e pronti per il disco restati già all'epoca fuori: peccato.

Buon ascolto e ciao al prossimo mese.

I ZIMBRA