Sonia Langlands*
IL PROBLEMA DELL'INSIGHT NELLA RELAZIONE ANALITICA INDIVIDUALE E GRUPPALE
Questo scritto è tratto dalla relazione presentata alla Bion Coference (Torino Lingotto, luglio,1997). Adattamento e traduzione, Sinopsis, Brescia, 1998
Sommario:
1. L'occhio magico e la visione binoculare: quali sono, per bion, le pre-condizione per il fenomeno dell' "insight"?
1.1. Visione stereoscopica e visione binoculare
1.2. Psicoanalise e visione binoculare
1.3. Caso clinico
1.4. Discussione
1.5. Conclusione
2. Dalla dimensione duale a quella gruppale
3. Bibliografia
1. L'occhio magico e la visione binoculare: quali sono, per Bion, le pre-condizione per il fenomeno dell' "insight"? ***
1.1. Visione stereoscopica e visione binoculare
"Insight", che significa "vedere internamente", è uma parola presa a prestito dalla sfera del sensoriale. Anche qui prenderemo un "modello" in prestito alla stessa sfera per spiegare meglio il significato dell' "insight" dal punto di vista di Bion. Per raggiungere il nostro scopo, stabiliremo un'equivalenza tra la "visione stereoscopica di uno stereogramma", che è un fenomeno del campo del sensoriale, e l'"insight" che è un fenomeno del campo della comprensione.
La "visione stereoscopica" comprende tutte le tecniche che utilizzano il meccanismo visuale binoculare dell'essere umano, con lo scopo di creare una sensazione di profondità di due immagini dello stesso oggetto, visto da angoli diversi.
Un autostereogramma, - l'occhio magico - prescinde da qualunque attrezzatura per essere osservato, essendo necessaria soltanto "una giusta tecnica nel guardare". Possiede, inoltre, una particolarità: quando lo si osserva superficialmente, presenta una composizione di dati disposti disordinatamente, senza alcun senso. L'immagine tridimensionale sarà percepita soltanto attraverso un'osservazione speciale che gli conferirà un significato. Comunque, affinché questa visione stereoscopica possa essere raggiunta, s'impongono certe condizioni.
La prima di esse, consiste nel "rilassarsi". Rilassarsi nel senso di non offrire alcuna resistenza e abbandonarsi alla esperienza - abbandonarsi al sogno nello stereogramma. Anche rilassare il globo dell'occhio e non imporsi nessun obbligo di vedere. Se lo sguardo non è rilassato, l'immagine in terza dimensione non appare. Richiede "lo sguardo in bianco" , guardare il vuoto e l'immagine ci raggiungerà. Si richiede, inoltre, di mantenere una "luminosità uniforme", senza creare zone d'ombra. Questo vuol dire che non si deve stabilire priorità o soffermarsi su dettagli. Non si può "cercare di vedere". Più si vorrà vedere, meno si riuscirà a farlo. In realtà è necessario vedere attraverso.
La seconda, è la "pazienza". Se l'individuo sa attendere, sopportando l'immagine sfocata, eventualmente si renderà conto che un'immagine nuova si sovrappone all'altra, dando l'idea di profondità. Questa fusione d'immagini parziali rende possibile vedere, non appena un'immaggine che non si vedeva prima, ma questa nuova immagine in terza dimensione. A questo punto, possiamo fissare lo sguardo, mettere a fuoco, e rimarremo colpiti dalla sensazione di conforto e nitidezza offertaci dall'immagine.
1.2. Psicoanalise e visione binoculare
In questa prima parte si fará riferimento prevalentemente al lavoro psicanalítico in situazione duale ma resta inteso, grazie al Bion di Esperienza nei gruppi che, sia pure introducendo elementi di maggiore complessità, alcune di queste considerazioni relative all'insight valgono anche in ambito gruppale.
Bion, nello svolgere il suo concetto di visione binoculare, anche lui, parte da un modello sensoriale. Il suo punto di partenza è l'idea della Fisica, per cui ogni occhio vede un oggetto da un vertice distinto e che solo quando c'è una "distanza ottimale" tra i due vertici essi potranno convergere verso la stessa immagine, dandogli una visione di profondità. É necessario guardare con tutti e due gli occhi - visione binoculare - per ottenere la sensazione di profondità e di distanza.
Bion traspone questo modello alla psicoanalisi. È quello che accade nell'insight quando si ha una visione che non è nè solo del conscio e nemmeno solo dell' inconscio, bensì una visione binoculare. In questo modo s'acquista una visione di profondità che avviene, non a livello spaziale, ma a livello dell'analogo. Bion afferma: "L'uso in psicoanalisi, del conscio e dell'inconscio per osservare un oggeto psicoanalitico è analogo all'uso di due occhi nell'osservazione d'un oggetto sensibile alla luce".
Il concetto di visione binoculare pressuppone dunque l'idea dei vertici, la quale, in questo contesto, si riferisce al "punto di vista", "angolo" o "prospettiva" partendo dal quale si può capire una certa esperienza. Bion usa la parola "vertice" con l'intenzione di creare una dimensione oltre il sensoriale. Quando cambiamo i vertici, come succede in un caleidoscopio, cambia la configurazione, anche se gli elementi rimangono gli stessi.
Nella situazione analitica, analista e paziente, avranno, ciascuno, una propria prospettiva della quale cercare di capire l'esperienza in cui si trovano coinvolti. Anche qui, soltanto quando una "distanza ottimale" - nè molto vicina, nè molto lontana - viene raggiunta, sorge la possibilità d'una relazione e di un confronto tra loro, offrendo così una visione binoculare.
Questa relazione tra due vertici può essere interna al singolo individuo ( e, datto che interagisce con la "gruppalitá interna") può provocare, sia uno stato di confusione, sia una visione binoculare, in funzione dalla distanza in cui i vertici si trovano l'uno rispetto all'altro. Se i vertici sono molto distanti non agiscono; se sono troppo vicini si confondono ma non si fondono. Questa fusione avverrà soltanto n'ella "distanza ottimale".
Benché il suo concetto di "visione binoculare" sia più ampio, a Bion interessa, particolarmente, la forma per cui l'inconscio e il conscio comunicano e agiscono tra di loro. Per riuscire a spiegare questa interazione Bion crea il concetto di "barriera di contatto". Questa barriera ipotetica è composta da elementi alfa che stabiliscono i limiti tra i piani del conscio e dell'inconscio. Riguarda tanto il contatto - ciò che deve passare - quanto la separazione - ciò che non deve passare.
Bion aggiunge che non si deve sottovalutare il fatto che, nel paziente nevrotico - colui che possiede in predominanza parti nevrotiche della personalità - gli elementi conscio hanno lo stesso valore di quell'inconscio ed entrambi hanno bisogno di essere messi in relazione e visti nel loro reale significato, nel contesto del procedimento analitico, per fornire una visione binoculare e rendere possibile l'insight. Anche qui sono necessarie certe condizioni.
La prima condizione è il consiglio che Bion dà all'analista di apprendere a lavorare "senza memoria", "senza desiderio" e "senza necessità di comprensione". Quest'attitudine interna dell'analista si riferisce agli elementi che saturano eccessivamente la sua mente e ce impediscono di essere libera e aperta per ricevere nuovi contenuti. Bion raccomanda all'analista di evitare al massimo di si tenere la propria mente occupata dalla memoria passata, dal desiderio personale, o dall'ansia compulsiva di capire immediatamente ciò che accade durante la sessione analitica. Questo concetto ha una stretta somiglianza con il concetto dell'"attenzione fluttuante" di Freud.
È in questo senso che Bion suggerisce i vantaggi dell'"accecarsi artificialmente", come proposto da Freud, dicendo che l'analista non deve lasciarsi influenzare dalla sua conoscenza previa affinché il "qui e ora" della seduta non venga a contagiarsi. Questa "illuminazione attraverso la cecità" è descritta da Bion come "un penetrante raggio di buio" simile a un faro - l'immagine poetica è che: "le stelle sono visibili soltanto al buio". A questo punto memoria, desiderio e comprensione sono "luci" che distruggono la capacità d'osservazione dell'analista allo stesso modo in cui la penetrazione d'un raggio di luce in una camera fotografica distrugge il valore del film. Più che "dimenticare" Bion raccomanda un'attitudine a ridurre l'attività della memoria, del desiderio e della comprensione per ottenere uno stato mentale denominato di "fede".
Tanto l'analista quanto il paziente temono il contatto con l'ignoto, a punto che, secondo Bion, lo sviluppo psichico conduce all'ansietà presente nel "cambiamento catastrofico". Bion prevede tre possibilità per sfuggire a questo timore: a) fuga verso il passato: memoria b) fuga verso il futuro: desiderio c) fuga verso il presente: comprensione intellettiva.
Una distinzione dei due aspetti rinchiusi nel concetto di memoria va fatta: 1) memoria attiva - il voler ricordare - che è una "memoria volitiva" 2) memoria evocata - un ricordare spontaneo - che è una "memoria non volitiva".
Così Bion distingue due modi con cui la memoria dell'analista si manifesta nella situazione analitica: 1) memoria ostruttiva - che tende a controllare l'ansietà dell'analista a contatto con l'ignoto e possiede un effetto contrario nella ricerca analitica. 2) evocazione - memoria evocata - che sorge spontaneamente durante lo svolgimento della sessione essendo essenziale alla ricerca analitica.
La memoria evocata è una memoria onirica, paragonabile al sogno, e corrisponde alla "realtà psichica". Possiede in comune con il sogno "la qualità di essere totalmente presente o inesplicabilmente e improvvisamente assente". Questo stato di sogno, o di "rêverie" per Bion, è ciò che dà all'analista il libero accesso alle sue proprie fantasie, emozioni, divagazioni, e gli permette di captare lo stato emozionale del paziente. Bion chiama questo tipo di memoria d'"intuizione" e/o "evoluzione" ed è la base su cui si appoggia il lavoro analitico. L'intuizione corrisponde al sorgere spontaneo dei fatti nella mente dell'analista e permette l'accesso alla verità sconosciuta. L'evoluzione implica la possibilità di unire, tramite l'intuizione improvvisa, un insieme di fenomeni sconnessi che, in questo modo, acquisteranno un senso di cui erano privi. Bion chiama questo stato di "non memoria", "non desiderio" e "non comprensione" di "capacità negativa" che, d' accordo con Keats, si definisce come "la qualità che l'individuo possiede di convivere con le incertezze, i misteri, i dubbi, senza alcuna ricerca irritabile (ansiosa) di fatti e ragioni".
L'altra condizione necessaria all'insight è, appunto, la capacità d'attesa. Bion dice che la capacità negativa si riferisce alla condizione minima d'attesa da parte dell'analista fino a che l'insight, e conseguentemente l'interpretazione, diventa possibile. Una buona interpretazione implica che l'analista abbia la condizione di basi per funzionare da contenitore dalle associazioni e proiezioni del paziente. Questa capacità di contenere riguarda tanto la necessità che l'analista ha di contenere i suoi dubbi, le sue incertezze e ansietà fino al raggiungimento d'un significato, quanto il "tempo" d"accoglimento e elaborazione affinché l'interpretazione possa scaturire. Dunque, l'analista deve transitare da "uno stato di pazienza" prima d'attingere uno "stato di sicurezza". Bion considera le interpretazioni provenienti dalla capacità di transito atttraverso questi due stati emozionali i veri indicatori di un lavoro analitico soddisfacente.
Per Bion, il progresso nell'analisi è inseparabile dalla necessità di tollerare la propria sofferenza mentale. Quanto detto vale tanto per l'analista, quanto per il paziente. La parola "pazienza" viene dal greco "pathos" che significa "sofferenza". L'analista stesso dovrà essere "paziente" non soltanto nel senso di riuscire a sopportare la sofferenza del suo sviluppo psichico, come nel senso di riuscire a sopportare la sofferenza dell'attesa fino a quando non sorge la luce. Pazienza sta a significare un procedimento attivo da parte dell'analista e viene associato a uno stato di sofferenza e tolleranza alla frustrazione. Bion dice che noi, analisti, in principio, non ci rendiamo conto di cosa sta succedendo ma, "se rimaniamo, se continuamo a osservare il nostro paziente, emergerà un 'pattern'". Soltanto così si potrà passare dall'equivalente di una posizione schizo-paranoide ad una posizione depressiva.
Bion parla d'una oscillazione costante tra le due situazioni (PS <-> D). Se l'analista tollera la dispersione ( PS della funzione) privo di forte ansietà, la parola giusta sarà "pazienza". Lui propone la parola "sicurezza" (D della funzione) per definire lo stato emozionale provato dopo la scoperta del "fatto selezionato" nell'apparente caos della comunicazione del paziente.
"Fatto selezionato" è, a sua volta, "un'emozione o un'idea che dona coerenza a fatti dispersi e rimette l'ordine nel disordine". La scoperta del fatto selezionato rende possibile l'insight
1.3. Caso Clinico:
Paziente di anni 28, in analisi quattro volte alla settimana (Rio de Janeiro).
Sessione del lunedi:
Dal suono del campanello della porta, noto che Lisa è in anticipo di dieci minuti. La faccio entrare all'ora stabilita. Lei si stende sul divano e dice:
L: "Sono stanca! La mia macchina è di nuovo rotta. Questa volta l'ho dovuta lasciare dal meccanico e ho preso l'autobus. Una scocciatura! Per giunta la notte scorsa non ho chiuso occhio! Sono stata sveglia pensando al mio paziente Leo che non è venuto nè mi ha pagato. È in debito da due mesi. Viene sempre con una buona scusa!... Venerdi ho litigato con Paolo (marito). Anzi, è stato lui a litigare con me. Eravamo d'accordo che sarei andata a prenderlo all'uscita del lavoro ma, dato che la mia macchina si era rotta, sono arrivata com quindici minuti in ritardo. Invece d'aspettarmi al bar di fronte, dove era con gli amici, si è messo ad aspettarmi sul marciapiede e si è arrabbiato perché ho ritardato. Inoltre, si è irritato quando ha saputo che avevo pagato cinquanta reali al meccanico. Mi ha detto che era assurdo farsi prendere in giro in questo modo. Mentre tornavamo a casa non ha fatto altro che accusarmi. Appena arrivata, sono scoppiata a piangere dalla rabbia. Senz'altro, lui era irritato per fatti suoi e ha voluto scontarla su di me... Domenica sono stata a pranzo da mia madre. Dopo pranzo, mia madre mi ha proposto di fare un giro. Io, stupida, ho accettato. Non l'avessi mai fatto. È sempre la stessa storia. Lei comincia a lamentarsi e non la smette più. Questa volta si è messa in testa che ha il mal di cuore. È sempre così; lei si lamenta, dice che muore, ma non cerca mai il medico. Devo essere io a sopportarla."
S: "Ti è difficile sopportare i tuoi stessi sentimenti e di più ti accorgi che le persone che ti circondano invece di aiutarti ti sovraccaricano."
L: "È proprio così... Mi sento terribilmente depressa. Mi rendo conto che è inutile stare qui a lamentarmi, ma cosa posso fare? Non posso più sopportare. Pure tu non mi aiuti, non mi dici cosa succede! Non mi dici perché mi trovo in questo stato..."
S: "Tu credi che io lo so ma non lo dico."
L: "Che ne so... Mi hai fatto capire l'altro giorno che è inutile stare a lamentarsi, che si deve imparare a poter sopportare. Ma io non so come fare, e dato che tu non fai niente per aiutarmi non vedo via d'uscita per me... Credo proprio di non farcela... di non farcela mai..."
S: "Tu vuoi sapere se anch'io mi lascierò prendere dalla disperazione oppure se potrò attendere fino a capire cosa sta succedendo."
L: "È fin troppo comodo per te stare lì ad aspettare... mentre sono io a disperarmi. Sono io che soffro e devo uscirne da sola. Tu dici che devo imparare a sopportare. Ti togli di mezzo, togli il tuo corpo, e mi lasci sola."
(Mentre Lisa parla, penso che il punto sia di riuscire o no ad essere capace d'aspettare: aspettare qualcuno, aspettare fino a poter sapere cosa succede, aspettare senza cercare di colmare in fretta il vuoto con una risposta. Comunque, mi chiedo lo stesso se "mi sto scansando" o se "cerco di essere paziente" nel senso di riuscire a sopportare il dolore dell'attesa.)
L: Ieri, io e Paolo siamo usciti insieme a Bob e Sue che non hanno fatto altro che dire male di Nick, e di quello che Nick fa a Lucy ecc... È veramente sgradevole dovere stare li ad ascoltare. Perció, mi sono arrabbiata e ho detto che Lu se lo meritava perché sapendo come era fatto Nick lo aveva sposato lo stesso. La mia irritazione cresceva sempre di più, e io parlavo in un tono di voce sempre più alto. Ad un certo punto, Paolo, che mi teneva "la madre" - accidenti, perché ho detto madre? - che me teneva la mano, ha cominciato a stringerla perché credeva stessi urlando. Lui si irrita sempre quando parlo in questo tono di voce. È come se mi dicesse di stare zitta. Lui agisce come mia madre. Pure lei si irrita quando parlo così. Accidenti! Cosa posso farci se questo è il mio modo di parlare?"
S: "È il tuo modo di dimostrare la tua rabbia come fai oggi qui da me."
(Lisa sembra calmarsi, e ora con un altro tono di voce:)
L: "Non capisco cosa mi succede. L'altra notte ho sognato che avevo una relazione sessuale con Marzia. Non ricordo più. Un sogno assurdo!.... La mia mestruazione è in ritardo. Ho le coliche ma non scende. Credo sia più di un mese in ritardo."
S: "Prendi la scusa della colica per non dover pensare all'ipotesi di una gravidanza."
L: "Credo proprio di non volerci pensare. Non so se lo faccio per evitare una delusione nel caso negativo o se lo faccio perché ho paura di essere madre. Temo di non essere all'altezza di avere cura di un figlio dato che non sono capace di sopportare nulla. Penso proprio che si tratta di tutte e due le cose: paura di essere incinta e paura di non esserlo."
( In questo momento mi viene in mente il fatto che Lisa è riuscita a smettere di fumare, ed è riuscita a affrontare la sua malattia - la porpora - durante un lungo periodo di tempo, d'essersi sottomessa a un intervento chirurgico senza la certezza del beneficio. Ne parliamo ancora.)
L: "Sai, a volte io stessa dimentico di avere avuto la forza di sopportare tutto questo."
S: "... e del fatto che io ti ho aiutato."
L: "È vero ... L'altro giorno ho avuto un pensiero strano. Si trattava del mio funerale; io ero morta e c'era molta gente al mio funerale che piangeva la mia morte."
( Queste parole mi destano una senzazione di paura della morte e anche paura della vita: in chi avere fiducia? - D'improvviso, tutto diventa chiaro e acquista un senso logico.)
S: "Indipendente dal fatto che tu possa essere incinta o no, esiste il timore della gravidanza. Per rimanere incinta è necessario una relazione tra due persone. È di questo che tu hai paura. Qui, tu preferisci pensare che fai tutto da sola per non dovere ammettere che, in realtà, hai bisogno di una mano, di una "madre" che ti sorregga nei momenti di disperazione. E che è necessario avere fiducia in me. Inoltre ti risulta difficile vederti madre. Esiste il desiderio e la paura della gravidanza fisica. Tu non sai se potrai avere un figlio, portare avanti una gravidanza, se la porpora potrà nuocere a questa gravidanza o addirittura impedirla. E, per portare avanti una gravidanza devi avere fiducia nei medici che ti daranno assistenza."
L: "Sai, mi ricordo che sabato scorso ho sentito parlare di una persona che conosco che ha la porpora: è rimasta incinta e per poco muore,"
S: "È una paura che hai anche tu. Poco fa, hai parlato della tua morte. Questa è una paura che sicuramente ti fa sentire sola con il tuo corpo mentre io tolgo di mezzo il mio. Ma forse tu preferisci pensare solo alla morte per non dover pensare alla vita. Tu credi sempre di rovinare tutto con le tue grida e la tua rabbia. Hai paura di rovinare la vita dentro di te e la tua stessa vita per l'idea di non meritarti tutto ciò."
(Durante la sessione del giorno dopo Lisa afferma che la sessione del giorno prima l'aveva scaricata moltissimo).
1.4. Discussione
Ogni volta che un paziente si trova di fronte a una forte esperienza emozionale che lui non riesce a maneggiare, e perció è incapace di pensarla, lui cerca un mezzo per poterlo fare. Lui cerca un contenitore che possa contenere ciò che lui, in quel dato momento, non riesce a contenere.
La funzione di contenitore é un procedimento attivo. In analisi, riguarda il modo in cui l'analista accoglie l'ansietà del paziente per il tempo sufficiente per essere in grado a decodificarla e "processarla" in se stesso affinché lui possa restituirla al paziente "disintossicata", in modo tale che il paziente possa allora reincorporarla alla sua personalità.
Dunque, attraverso identificazioni proiettive riuscite, il paziente è messo a contatto con l'analista quale oggetto dotato di spazio necessario a contenere l'ansietà che lui, paziente, non é in grado di contenere e, al tempo stesso, quale oggetto chi offre l'opportunità d'interiorizzare un analista con questa capacità. Questo sta a significare che la capacità di contenimento dell'analista verrà, eventualmente, sostituita dalla capacità di contenimento della mente del paziente stesso. Un'analisi riuscita è, perció, quella che permette al paziente uno sviluppo progressivo della sua capacità di autocontenimento.
In questo modo l'analista riceve quello che gli viene proiettato dal paziente sotto forma di libere associazioni, lapsus, sogni, transfert, ecc...E, al tempo stesso, con l'aiuto della sua "rêverie" e della sua abilità e pazienza nel trattamento di situazione sconosciute, l'analista riuscirà, eventualmente, a capire queste emozioni che gli sono state suscitate (che sono, in realtà, l'effetto di quello che il paziente ha suscitato nell'analista) in modo tale, che il paziente possa tollerarle.
Bion ritiene che l'operazione "contenitore/ contenuto" è omologa alla "funzione alfa". Ciò che sembra una serie d'associazioni incoerenti e inarticolate da parte del paziente è, in realtà, una comunicazione che ha lo scopo d'evocare nell'analista, uno stato adatto ad avere la funzione di "fatto selezionato", abile a rendere il tutto coerente.
1.5. Conclusione
Concludiamo rilevando l'equivalenza tra la visione stereoscopica di uno stereogramma e l'insight psicoanalitico.
La visione stereoscopica proviene da una visione binoculare che crea una nuova immagine offrendo una visione in profondità a livello sensoriale. Ciò richiede una tecnica adatta nel guardare. Allo stesso modo l'insight proviene da una visione binoculare che risulta dalla fusione dei vertici dei residui del conscio e dell'inconscio la quale crea un nuovo significato capace offrendo una visione in profondità a livello della comprensione. Anche qui è necessaria una giusta tecnica nel guardare, ovvero, un'"attitudine di basi".
Uno stereogramma presenta la particolarità di sembrare un insieme di forme disposte all'accaso e senza coerenza. L'immagine tri-dimensionale è l'esito di un'osservazione speciale, che gli conferisce un significato. Ciò pressuppone due cose. In primo luogo, rilassamento: poter abbandonarsi alla esperienza di guardare senza mettere a fuoco. Non cercare nulla. Soprattutto, non voler vedere. In secondo luogo, pazienza. Soltanto quando si potrà sopportare l'immagine sfocata sarà possibile vedere una nuova immagine tri-dimensionale che non si vedeva prima. A questo punto, potremmo fissare lo sguardo su questa nuova immagine e sorprenderci con la sensazione di conforto e nitidezza che ci raggiunge.
Allo stesso modo, "la tecnica speciale d'osservazione" che permette l'insight pressuppone due cose. In primo luogo, abbandonarsi alla esperienza "senza memoria", "senza desiderio", "senza necessità di comprensione immediata". Questo equivale allo "sguardo sfocato" . L'"attenzione fluttuante" di Freud non ricerca l'oggetto. Non si deve cercare di vedere. Il cercare di vedere ostruisce altre possibilità. Pertanto lo sguardo sfocato copre un'altra area visibile soltanto quando il campo di visione diretta resta inoperante. "Il guardare senza cercare di vedere" permette che qualcosa si organizzi all'interno di un campo nel quale non si cerca nulla. Quando la memoria, il desiderio e la necessità di comprensione vengono sospesi, accade qualcosa di curioso: un significato s'impone. Non lo si cerca, è lui che ci raggiunge. Ci sarà un'illuminazione nel senso di rivelazione di qualcosa che non si stava cercando. In secondo luogo, avere la "capacità negativa", ovvero, la "pazienza" di sapere attendere. Se sopporteremo i fatti che sembrano dispersi e sconnessi, in un dato momento, un campo si organizzerà per mezzo del "fatto selezionato". L'insight è questo momento in cui il campo si organizza e assume un significato. Affinché il tutto accada l'analista deve passare da uno stato mentale scomodo, uno stato di sofferenza, difficile da sopportare perché a contatto con l'ignoto: questo è ciò che Bion chiama lo stato di pazienza. Soltanto dopo che l'analista riuscirà a sopportare questo dolore potrà essere in grado di raggiungere lo stato emozionale in cui la comprensione acquista chiarezza e nitidezza: questo nuovo stato è quello che Bion chiama lo stato di sicurezza.
Nel campo analitico l'insight può essere raggiunto sia dall'analista che dal paziente, o da tutti e due. L'uno o l'altro componente della diade analitica può penetrare il momento analitico munito dalla necessaria "capacità negativa" e fare uso della propria "reverie" in modo tale da permettere che l'insight sia una esperienza che lo raggiunga. Colui che la raggiunge per primo, di solito, fa da emissario dell'idea. Quando la pubblicazione dell'idea risultante dall'insight permette "una distanza utile" tra i vertici dell'analista e del paziente esisterà la possibilità di un confronto e una relazione tra loro, e il risultato sarà una "visione binoculare" della esperienza emozionale in atto. Comunque, talora ciò non accada la pazienza sarà di nuovo necessaria.
Così, se soltanto l'analista è in grado di raggiungere l'insight, dovrà avere la pazienza d'attendere fino a quando essa possa essere una esperienza condivisa con il paziente. Crediamo, abbiamo "fede", che se si tratti veramente di un insight e se l'analista è veramente un contenitore adequato, esisterà allora la probabilità che il paziente condivida l'esperienza e sia in grado d'interiorizzare la funzione di autocontenimento.
2. Dalla dimensione duale a quella gruppale
Come ho detto all'inizio di questa riflessione, tutto quello che ho detto non riguarda solo la diade analista/paziente.
Quando gli "occhi" sono tanti la situazione richiede lo svoluppo di un livello di emotività che si situa non solo sul livello dei "soggetti individuali" in relazione di "coppia", ma in aggiunta anche sul livello delle emozioni che caratterizzano le dinamiche vitalli di un "soggetto collettivo". Sappiamo che un soggetto individuale è portadore di una sua "gruppalità interna", e che anche nella relazione diadica è sempre presente ed interattiva una dimenzione gruppale, un incontro tra due ( o di più) "mondi", tra (al meno) due culture/gruppalità diverse.
L'incontro tra questi due "mondi" è anche un incontro tra sue gruppalitá in interazione dinamica. Se poi il lavoro clinico si svolge operativamente con una pluralità di soggetti aventi le caratteristiche appena descrite appare evidente come la complessità emotiva e cognitiva non possa che aumentare in termini esponenziali. Analista e gruppo (di pazienti) sono allora sollecitati ad apprendere emotivamente attorno alle capacità di base che qui vengono descritte con riferimento alla relazione a due, ed inoltre sono stimolati a dare senso all'"emergente" che, come un "fatto selezionato" può acquistare nitidezza e chiarezza sul livello "individualle" e, contemporaneamente, su quello 'gruppale". Ansi, dal momento che l'apprendimento della capacitá di analisi avviene "attraverso il gruppo", la dimensione gruppale può allora produrre effetti moltiplicatori su una pluralità di livelli rrelazionali simultaneamente attivi.
Per questo l'insight, in situazione clinica gruppale, può avvenire nei singoli grazie al gruppo, e nel gruppo, grazie al lavoro dei singoli. Introducendo anche questo livello di "analisi" della qualità della relazioni in atto, la funzione dell'analista è più articolata: l'analista di gruppo dovrà anche lavorare sulla sua relazione con il gruppo nel suo insieme per cogliere, con la sua "reverie", nella relazione "plurale" (e non diadica), analista/soggetto collettivo, anche quei particolare "emegenti" capaci di coniugare e dare senso alla simultaneità di dinamiche in atto. Da "insight" da visione binoculare a "insight" dell'emergente gruppale, un tipo di visione capace di generare 'insight" multipli, su più livelli, oltre i limiti della terza dimensione. Questo vuol dire che così s'introduce non soltanto una terza dimensione, ma anche una "quarta dimensione", quella che accade nell'hic e nunc della situazione plurale.
3. Bibliografia
- ANDREWS and McMED - Magic Eye - Universal Press, Kansas City
- BION, W (1962) - Learning from Experience - Maresfield Library, Karnac, London
- - (1963) - Elements of Psychoanalysis - Maresfield Library, Karnac, London
- - (1965) - Transformations - Maresfield Library, Karnac,London
- - (1970) - Attention and Interpretation - Maresfield Library, Karnac, London
- - (1992) - Conversando com Bion - Imago Editora, Rio de Janeiro
- GRINBERG L. BIANCHEDI E., SOR D. (1971) , New Instroduction to the work of Bion, (Revised Edition), Aronson, U.S.A
- PENY S., Another Dimension, 21st Century Publishing, Los Angeles
- RUBENY, M., 3D Bible Stories 3D Revelation Publishing
- SHUTTLEWORTH, J. - Psychoananalytic Theory and Infant Development, in "Closely Observed Infants" edited by Milner,Rustin and Shuttleworth.
- TASCHEN B. (1994) Imagens Intereativas em 3D - Edited by Burkhard and Rumschneider, Cologne
- ZIMERMAN, D. (1995) Bion, da Teoria à Prática - Editora Artes Médicas, Porto Alegre.
- ZUSMAN W., O Análogo, Conferencia data nella S.B.P.S.P. - 30.11.84
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* Membro dalla Sociedade Brasileira dePsicanalise do Rio de Janeiro (IPA) e dalla Sociedade de Psicanalisr Iracy Doyle (IFPS)
**Ringrazio il Dott. E. Ronchi per il lavoro di supervisione alla traduzione italiana di questo lavoro.
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