Una greguería di Buñuel

Già nei primissimi scritti giovanili di Buñuel si trovano i nuclei tematici e i simboli ricorrenti dei suoi film.

Segue un brano tratto da:

Buñuel: dalla poesia al cinema

di Francesco Patrizi Zingarini

edizioni Firenze Libri Atheneum, Collezione Oxenford, 2000

Il libro si può acquistare su

http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=1&c=CFX9W11KN1RDQ

Strumentazione è uno scritto del 1922.

“Violini.

Signorine leziose dell’orchestra, insopportabili e pedanti. Lame del suono.

Viole.

Violini giunti ormai alla menopausa. Queste zitellone conservano ancora bene la loro voce di mezza tinta.

Violoncelli.

Rumori di mare e di foresta. Serenità. Occhi profondi. Hanno la persuasione e la grandezza dei discorsi di Gesù nel deserto”.

L’immagine della lama (oggetto che si connota in quanto “mezzo per” tagliare) accostata a quella del violino può rimandare al movimento dell’archetto sulle corde; movimento simile a quello del rasoio quando lo si affila sul cuoio. Una gregueria di de la Serna, in tale proposito, può suggerirci un’analisi suggestiva: “quando noi ripassiamo il rasoio sul cuoio, proviamo il terrore inverosimile che il braccio ci scappi e che ci tagliamo in due nettamente, attraverso il petto. Questa paura del rasoio e della sua potenza illimitata è senza eguali”(32).

E’ una gregueria contenuta in una raccolta che Buñuel conosceva senza dubbio.

L’analogia con il rasoio di Un Chien andalou fa riflettere.

Nell’immaginario del giovane scrittore, la lama si carica, dunque, di valenze simboliche.

Dalle analisi precedentemente riportate riguardo la “limetta” e il “polissoir”, appare perseguibile la tesi che vede nell’oggetto tagliente uno stretto legame con la sfera del desiderio, della libido; sia come repressione (l’atto del limarsi le unghie), sia come liberazione, esplosione.

Quello che interessa, nella gregueria di Buñuel, è l’accostamento della lama all’immagine della signorina, descritta negativamente come leziosa e insopportabile.

Da tale accostamento si può dedurre che l’immagine della signorina rappresenta simbolicamente la repressione della libido: il termine stesso “signorina” fa pensare a ragazza non ancora sposata, futura repressa, soprattutto se si considera che i violini “crescendo”, per così dire, diventano i violoncelli “zitelle in menopausa”.

La lama, invece, contiene nella sua utilizzabilità “illimitata” una potenza senza eguali (è di nuovo la polisemia dell’oggetto), è ciò che è possibile, l’incontrollato, il casuale (il terrore che il braccio ci scappi...): è l’inconscio freudiano.

Possiamo allora considerare in termini psicanalitici (ricordiamo che Freud è l’autore più letto da Buñuel in questi anni) il binomio signorine insopportabili-lame come un’ipostasi della libido, come la figurazione del precario equilibrio tra la coscienza ben educata dalla società (cos’altro può essere una signorina leziosa !) e l’inconscio represso che, nel gesto casuale (come un rasoio che scappa di mano...) esce allo scoperto, come insegna la freudiana Psicopatologia della vita quotidiana.

Se nella gregueria, di fatto, tra i due elementi non c’è interazione, nel prologo del primo film, il più maturo cineasta fa incontrare il rasoio e la signorina, permettendo all’inconscio di manifestarsi alla visione analitica della coscienza.

L’intuizione di questa scena si deve far risalire a Strumentazione, nel senso che in questo scritto sono stati scelti gli oggetti (il rasoio quasi certamente suggerito da de la Serna), o sarebbe meglio chiamarli gli strumenti operazionali forniti dall’immaginario all’espressione poetica.

Nell’orchestra, i violini occupano le prime file.

Buñuel ci presenta la gerarchia violini-viole-violoncelli giocando sui nomi e sulla loro disposizione.

Le viole (che si trovano in seconda fila) sono i violini maturati che, designati come signorine facevano presagire il destino di zitellone.

Il tema della repressione della libido esce allo scoperto: le viole sono “in menopausa”.

In questa figurazione astratta del desiderio sessuale non consumato c’è un possibile rimando ad una sequenza de l’Age d’or. Nella scena 180 (33), Lya Lys non riesce a compiere l’atto amoroso con Gaston Modot ed invecchia, le compaiono le rughe e le si imbiancano i capelli. Gaston Modot passa “dalla lussuria improvvisamente tenerezza”(34) ed invecchia.

L’analogia con violini-viole-violoncelli appare perseguibile: i violini sono lame del suono, le viole conservano ancora bene la loro voce di mezza tinta, i violoncelli hanno “serenità, occhi profondi”; nella scena 203 Lya Lys invecchia e “i suoi appaiono inondati di lacrime”(35).

La “voce” del desiderio, non più tagliente né di mezza tinta, nel violoncello è un rumore.

“Rumori di mare e di foresta” fa pensare ad un brusìo sommesso, al vento lontano che ululava in Un tradimento inqualificabile, ultimo refuso di un desiderio che va a spegnersi, che raggiunge la “serenità” nella “persuasione e grandezza dei discorsi di Gesù nel deserto”.

Il ventiduenne Buñuel associa già qui il Cristianesimo con la repressione sessuale (memore dell’infanzia trascorsa presso i gesuiti).

L’esito di questo percorso di repressione del desiderio, è Gesù, esattamente come nel finale de l’Age d’or; il film rappresenta infatti il disperato inseguimento del soddisfacimento erotico del protagonista perennemente castrato. In sostanza, il discorso implicito in questo scritto è analogo al film del ’30, ovvero, la società castra la libido.

Possiamo dunque affermare, in conclusione, che in Strumentazione come negli altri scritti del ‘22-’23, ci sono i nuclei tematici, le idee portanti dei primi film.

pp.58-59