INTIMACY

di Francesco Patrizi

Premio Orso d’Oro a Berlino 2000

Il regista teatrale francese Patrice Chéreau lo ha girato a Londra, rielaborando liberamente il romanzo omonimo di Hanif Kureshi con altre pagine dello scrittore, e lo ha sceneggiato insieme a Anne-Louise Tridivic.

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TRAMA. La storia racconta di un uomo, Jay (Mark Rylance), divorziato, con due figli, barman di professione, sulla quarantina, che ogni mercoledì si incontra con una sconosciuta (Kerry Fox, premio migliore attrice); i due fanno sesso senza sapere niente l’uno dell’altra. Un mercoledì Jay segue la donna e scopre tutto di lei: si chiama Claire, fa l’attrice per hobby in un teatrino situato nello scantinato di un pub; nella sala da biliardo del locale, conosce il marito di Claire (interpretato dal bravissimo Timothy Spall) un taxista. Claire ha un figlio e conduce una vita coniugale tranquilla. Jay accusa Claire di condurre un’esistenza ipocrita e il marito di essere un vigliacco.

Il film, attraverso la storia di due sconosciuti che cercando di conoscersi, si perdono, affronta il tema delle relazioni del teatro con la vita. Claire e il marito recitano un ruolo consapevolmente, Jay accetta in un primo momento di recitare la parte dello sconosciuto, de “l’uomo del mercoledì”, poi si ribella al gioco ed esige la verità. Vuole che anche Claire riconosca l’ipocrisia del suo matrimonio.

Il teatro e l’appartamento

Dopo uno dei loro incontri sessuali, Jay pedina Claire e scopre che fa l’attrice. Recita, in un teatrino situato sotto un pub, “Zoo di vetro” di Tennesse Williams. Il marito di lei, alla fine della recita, raccoglie i commenti e chiede a Jay se trova che la moglie sia una brava attrice.

Attraverso il teatro si snodano i rapporti tra i tre personaggi: Claire è spesso lontana da casa perché “se ne va dall’altra parte della città”, dice il marito, ad insegnare teatro; durante il suo corso di recitazione, Claire rimprovera due attori che stanno rappresentando due amanti. Lui dovrebbe, secondo Claire, trasportarla passionalmente, convincerla a prendere i bagagli e ad andare fino a casa sua, che “si trova dall’altra parte della città”, a fare l’amore. Claire vede nei due personaggi il riflesso di sé stessa e Jay e forse vorrebbe che Jay le proponesse questa scelta drastica. Quando Jay, alla fine del film, le chiederà di lasciare il marito, lei, però, rifiuterà. Claire fa provare questa scena ai sui attori proprio dopo aver deciso di rompere con Jay. L’attore chiede a Claire dove sta scritto che lui la debba portare “dall’altra parte della città”, come mai abita così lontano, e Claire dice che è così e basta. Jay abita esattamente dall’altra parte di Londra, rispetto a Claire.

Così come il teatro si trova “in culo al mondo” rispetto alla sua abitazione.

Il teatro e la casa di Jay sono le due situazioni limite, estreme, anche in senso topografico, lontane dalla sua vita coniugale, rappresentano la soglia dove Claire mette in discussione la propria identità. Se a teatro recita Tennesse Williams, a casa di Jay recita la parte della sconosciuta.

Da notare che per accedere al teatro, Jay deve scendere una scala, mentre, per arrivare all’appartamento di lui, Claire deve salire una scala. La situazione di basso/alto simboleggia le tendenze dei due protagonisti: lei sale perché cerca, nel sesso con Jay, una sublimazione. Lui scende perché vuole scendere nel profondo, rovistare nell’anima della sua compagna.

Il biliardo e lo Zoo di vetro

In un momento del film, il marito di Claire sta giocando a biliardo, Jay è seduto al bancone del pub, e stanno parlando mentre sotto, nello scantinato-teatro, Claire sta recitando “Zoo di vetro”. Le situazioni si incastrano: il marito invita Jay a giocare a biliardo, quindi, metaforicamente, i due si mettono in gioco e si sfidano: Jay racconta di un amico che incontra una sconosciuta ogni mercoledì, eppure lei continua a portare avanti il suo matrimonio come se nulla fosse (anche Jay recita e camuffa il suo discorso). Poi Jay stesso reclama di non amare i compromessi e le situazioni irrisolte, come questo suo fantomatico amico, e di avere avuto il coraggio, almeno, di divorziare da sua moglie, di dire no all’ipocrisia. Nel frattempo, dal locale sottostante, arrivano le voci dei Claire e dell’attore che, in quella scena del testo di Williams, hanno appena urtato il tavolino dove la mamma di lei colleziona animaletti di vetro, mandando tutto in frantumi. Nel locale di sopra, colpendo le palle del biliardo e imponendo il suo gioco, Jay cerca di mandare in frantumi il matrimonio di Claire.

Il marito di Claire è un taxista ed in una sequenza notturna riaccompagna in taxi, dopo una cena, un ospite. Claire sale nel sedile posteriore, come una passeggera qualsiasi. I due poi cominciano a litigare e Claire dice di essere, per lui, una sconosciuta. Lui non conosce veramente cosa fa la moglie, il suo rapporto coniugale si fonda non sulle certezze, ma sul meschino compromesso del non voler indagare. Il marito, invece, che ha compreso tutto, poiché gli è stato svelato da Jay stesso, e le dice che non è e non diventerà mai una brava attrice.

Il fatto di recitare un ruolo nella vita è l’accusa reciproca che si muovono i due coniugi.

Claire intende il suo rapporto con Jay, l’amante sconosciuto, come una sperimentazione artistica. Non vuole sapere nulla di lui e non vuole neanche sentirlo parlare, gli dice. Lei vuole sperimentare un rapporto dove a parlare è unicamente il corpo.

Jay, quando scopre che Claire è un’attrice, assiste al primo atto dello spettacolo, poi si alza infastidito e se ne va. Quando torna, il marito lo avverte che lo spettacolo è già iniziato, e Jay dice che preferisce fumarsi una sigaretta e aspettare che finisca.

Jay ha una sorta di repulsione verso il teatro poiché vede in esso lo strumento con cui Claire ha impostato la sua vita.

Jay smaschera Claire e, non a caso, la prima volta che si parlano, è nel camerino di lei.

Claire si sta struccando, si riveste, come dopo i loro soliti incontri sessuali del mercoledì. E Jay è lì che la guarda e che cerca di parlare. Ma lei non vuole, perché solo la scena, quella teatrale dichiarata e quella dell’appartamento di Jay, palcoscenico implicito, è il luogo deputato a comunicare; non con le parole, ma con il corpo, con il sesso.

Jay considera tutto ciò una fuga dai problemi reali, un’ipocrisia, e chiede a Claire qual è “la verità”, di dire ciò che pensa, di decidere cosa fare: in sostanza, le chiede di lasciare il marito per lui, ma lei non è disposta a scambiare il teatro con la realtà. Alla verità nuda e cruda preferisce “la verità” della finzione. Sì, perché riesce ad essere vera, autentica, a dare di più, solo il mercoledì, quando veste i panni della sconosciuta.

È  questo sottile equilibrio che Jay cerca di spezzare, ma non ci riesce. È questo il tema del film, molto complesso e raffinato, il rimando, senza sosta e senza soluzione, tra la scena e la vita.

La verità e la finzione

La macchina da presa di Chéreau mostra, nella prima parte del film, i corpi intrecciati dei due amanti, nudi, avvinghiati, e insiste, in maniera esplicita, sui dettagli dei loro corpi, come a definire la nuda verità dei due protagonisti. Di loro non sappiamo nulla. Di lui vediamo un appartamento spoglio, cicche in terra, bottiglie vuote, residui di una vita finita, che poi scopriamo essere la sua vita coniugale. Di lei non sappiamo assolutamente nulla. La vediamo soltanto mentre lui la spoglia frettolosamente e quando si riveste, che poi corrisponde anche al momento in cui “scompare”. Poiché, appena rivestita, Claire fugge via.

Soltanto quando sono nudi, i due si incontrano, sono “lì”, esistono. Lui la tocca, la palpeggia, cercandone la consistenza, accertandosi quasi della sua vera esistenza. Il sesso è l’affermazione della loro presenza.

Nella seconda parte del film, questa “intimità” con i personaggi svanisce. Le parole prendono il posto dei corpi. Non vediamo più la nuda verità, ma le incrostazioni sociali, le piccole ipocrisie, i dubbi e le incertezze di Jay e di Claire, i loro rivestimenti esteriori. Fino a giungere al mascheramento supremo: Jay scopre chi è Claire vedendola nei panni di un’eroina di Tennesse Williams (una di quelle donnine isteriche di Williams, dice un personaggio) e capisce che il loro rapporto è analogo ad una recita teatrale.

Da quel momento, i personaggi si incontreranno due sole volte, una nel camerino del teatrino (un teatro squallido e spoglio, sporco e cadente come la casa di Jay), mentre lei si strucca e si riveste, l’altra a casa di lui, dove fanno l’amore per l’ultima volta restando però vestiti, poiché quell’intesa, quell’intimità, quella “nuda” verità è ormai perduta.

Quella “presenza” cercata disperatamente attraverso il sesso tra sconosciuti, è messa in crisi: alla fine del film né lo spettatore né i personaggi sanno più chi sono veramente.

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