FULL
METAL JACKET
La Morte come fuori campo assoluto
NEW: Per esprimere il tuo giudizio e leggere quello degli altri
Di
Francesco Patrizi
Full Metal Jacket presenta dei piani di lettura differenti, stratificati, che varino dall'analisi testuale del plot narrativo al dispiegarsi di un tessuto visivo significante. E' forse più interessante addentrarsi in una critica delle immagini perché è lì che il lavoro di Kubrick trova la sua più profonda raison d'e tre. Ai due blocchi narrativi del film, l'addestramento nella caserma e la guerra, corrispondono due precise scelte stilistiche. La parte della caserma è filmata seguendo un ordine geometrico, la macchina da presa disegna delle linee, i movimenti, quasi esclusivamente delle carrellate, rimandano ad un'idea di Logica. Tutto si svolge all'interno dell'inquadratura, il fuori campo viene "assimilato" come logico proseguimento della scena L'inquadratura risponde ad una vera e propria forza centripeta, tuffo si attrae secondo un disegno prestabilito, tutto si finalizza; in altre parole, ogni inquadratura afferma l'esistenza di un Ordine, non esiste perciò fuori campo che sia rovesciamento, incognita, alterità. Sia per il riscontro narrativo (la caserma, l'ordine, la disciplina) sia per la costruzione geometrica del blocco plastico, la prima parte del film tende verso il concetto di Assoluto. La seconda parte (la guerra) è contrassegnata da riprese girate con la macchina amano, riprese esitanti, traballanti, che danno a volte un senso di incertezza, di precarietà. L'inquadratura, il più delle volte, mostra macerie, palazzi sventrati, scorci, frammenti. In altre parole, il Disordine. L'inquadratura viene sottoposta ad una forza centrifuga, la scena si relativizza in funzione del fuori campo: ciò che non si trova nell'inquadratura è una minaccia invisibile. Assistiamo ad una perdita delle coordinate spaziali, una perdita del centro. Dall'Assoluto passiamo così al Relativo. Potremmo aggiungere: dalla Teoria alla Pratica. Dove la Teoria è la volontà di "assolutizzare", di ricondurre tuffo ad una logica, ad una disciplina; e dove la Pratica segna il passaggio all'agire storico. Non bisogna dimenticare che sul film regna la figura del Conflitto, che ci rimanda ad un tema ricorrente nel cinema di Kubrick, al movimento Spirito/materia/Azione. Come in Shining, il momento dello svolgimento dell'Azione coincide con il corto circuito della Logica. Come in Barry Lyndon, la progettualità è un'ambizione destinata al fallimento. L'idea dell'ordine, in altre parole, deve affrontare la problematica dell'Azione. La figura del conflitto va dunque letta come elemento che mette in rapporto dialettico i blocchi narrativi e figurativi di Full Metal Racket. L'esito del discorso non è però una semplice riflessione sulla guerra; è un'analisi, affidata esclusivamente alle immagini e al loro contrasto con il testo, sulla Morte e sul fuori campo. La Morte, nella prima parte del film, è contemplata come un evento logico, un esito dell'azione di guerra; è una Morte "controllata", provocata, finalizzata. In altre parole, è uno strumento, ha un valore. Ma la prima parte del film è una simulazione della vita, della guerra, dell'azione, è quella ricerca dell'Assoluto di cui si è detto. Un Assoluto che presenta però dei limiti interni, dei paradossi, nella figura di Jocker e il quella di Palla di Lardo. Durante l'addestramento, Jocker entra sì nell'Ordine, ma non rinuncia alla propria ironia; e l'ironia è la capacità di relativizzare. Palla di Lardo mostra invece, con il suicidio, come la volontà di disciplina e di ordine si regga su un inconscio desiderio di distruzione; si veda a questo proposito l'eclatante comportamento del sergente prima che Palla di Lardo gli spari nel cesso, e come il suo insistere nel dare ordini a una recluta ormai impazzita nasconda un cupio dissolvi, un represso desiderio di morte. Abbiamo quindi un occhio che relativizza all'interno della logica dell'Assoluto e un impulso alla distruzione nel disegno dell'Ordine. Questi elementi, ad un livello figurativo, si intersecano a chiasmo, ovvero un desiderio di distruzione (e di autodistruzione) serpeggia nella prima parte, più che nella seconda; l'idea di relatività regge l'impalcatura visiva della parte della guerra. La Morte rimane sempre il referente a cui tutto si richiama. Non dimentichiamo che Jocker non impugna un'arma, ma una macchina fotografica; il suo compito è quello di fare un reportage , mostrare la Morte , classificarla come notizia, catalogarla in un ordine, coglierla come documento. Jockey non è quindi destinato all'Azione, ma alla Visione, tema che si ritroverà poi in Eyes Wide Shut. Durante la seconda parte del film, invece, la Morte si nasconde ovunque, non è visibile, Jocker non riesce a fotografarla. Si veda la sequenza finale con il cecchino invisibile che rende pienamente la perdita del centro e il discorso sul fuori campo assoluto. Il fatto poi che il cecchino sia la prostituta con cui i soldati hanno fatto sesso, ci richiama ad un discorso sul rapporto intrinseco di eros e morte che sarebbe interessante affrontare in un'altra occasione. La Morte, dunque, è tutto ciò che non rientra nell'inquadratura e che la relativizza, trasformandola in frammento di visione. Quando si affrontano i temi dell'opera di Kubrick, non bisogna mai perdere di vista il referente "cinema". In Full Metal Jacket l'Ordine e la Morte sono categorie riferite all'occhio, all'atto di visione e non alla politica o alla sociologia. La Morte come perdita del centro è un discorso che si riallaccia a precise correnti del pensiero contemporaneo; Kubrick ne fa un discorso affrontato attraverso lo stile, attraverso il cinema nella sua essenza originale, attraverso le immagini. In conclusione, si potrebbe inquadrare Full Metal Jacket come una riflessione sulla Morte come evento sfuggevole, come valore impossibile, come fuori campo insopprimibile.
Alcune
analogie tra Full Metal Jacket e Shining
Di Francesco Patrizi
Sempre attenendoci ad un'analisi dell'immagine e di uno stile "significante", è possibile ravvisare importanti richiami tra Full Metal Jacket e Shining. Anche il discorso visivo di Shining è impostato su due piani stilistici antitetici: la fissità e la perdita del centro. Lunghe inquadrature fisse, dove il fuori campo è annullato da una forza centripeta, si alternano e si intersecano a veloci e improvvise riprese a mano con la steadycam. L'Overlook Hotel si presenta quindi come spazio "noto" nelle ampie scene fisse e come spazio "ignoto" reinventato e esplorato dalla steadycam. Il fuori campo acquista significato nelle sequenze del bambino sul triciclo; quel continuo svoltare gli angoli del corridoio costruisce, inventa, un fuori campo che, nella seconda parte del mm, si rivela carico di pericolo, di minaccia, di morte. Con il procedere della storia, l'inquadratura perde il centro, il movimento di macchina perde l'asse di rotazione, le coordinate spaziali si confondono (fino a sfociare nel labirinto finale), mentre sul piano narrativo prende forma la figura del conflitto. Nella mente di Jack Nicholson si configura l'idea di un "piano di guerra", di una strategia per uccidere i suoi familiari. C'è poi il momento del passaggio dalla teoria all'azione e qui scatta il corto circuito del pensiero L'azione non giungerà mai al termine. E il discorso rimanda anche a EyesWide Shut. Si può dire che Kubrick concepisce la struttura dei suoi film essenzialmente come contrapposizione tra una tendenza accentratrice, geometrica, logica dell'inquadratura, e la tendenza opposta. D'altra parte anche Barry Lyndon si struttura sulla scoperta progressiva dello spazio attraverso lenti zoom all'indietro, quindi con la macchina da presa fissa che allarga, restando sull'asse, l'immagine, e passa a delle riprese a mano di battaglie, di litigi, di duelli (quindi sempre in concomitanza con l'emergere di un conflitto!), con una progressiva perdita del centro. Anche se bisogna aggiungere che l'analisi dell'immagine in Barry Lindon si lega ad un discorso diverso sulla luce e sul buio, sulla totalità e sulla parzialità della visione. Il pensiero di Kubrick non va cercato nel trattamento della storia, nelle tematiche e nella morfologia del racconto; l’elemento che lega e tiene unita una filmografia così eclettica è lo stile, solo lo stile. Tutto Kubrick è lì.