UNBREAKABLE - Il predestinato

Scritto e diretto da Night Shyamalan

 

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di Francesco Patrizi

Trama. David Dunn (Bruce Willis) esce illeso da un incidente ferroviario. Un uomo di colore, Elijah (Samuel L. Jackson), malato, dalle ossa fragilissime, lo contatta perché è convinto che David(il quale non è mai stato malato in vita sua) sia una sorta di supereroe invincibile destinato a fare il bene dell’umanità. Elijah è un patito di fumetti e tramite questi illustra la sua concezione di vita: David è il bene, l’invincibile; il nemico, si scoprirà alla fine, è lo stesso Elijah, anche lui predestinato a fare del male.

Il film, esattamente come i fumetti, gioca sulla contrapposizione netta tra bene e male, tra bianco e nero, tra purezza e degradazione.

Vediamo, all’inizio del film, riflesso in uno specchio, il piccolo Elijah che è nato con gli arti fratturati a causa della malattia della fragilità alle ossa. Più tardi vediamo, riflesso in un televisore spento, l’immagine di Elijah bambino che si rifiuta di uscire a giocare con gli altri bambini che lo chiamano “l’uomo di vetro” perché si rompe sempre.

Elijah nel film ricopre il doppio ruolo dell’aiutante che induce il buono a prendere coscienza della propria missione, e del nemico.

Le due scene citate, osservate tramite una superficie riflettente, indicano che il soggetto (appena nato e bambino) è un “doppio”. Nella mitologia l’immagine riflessa indica il doppio; e la mitologia fa da sfondo all’intero film sotto la forma moderna del fumetto (i riferimenti all’eroe senza macchia e al nemico impossibile da sconfiggere sono continui e ripetuti).

Il doppio non è la copia esatta dell’originale, ma l’immagine speculare, l’opposto. Il buono, per riconoscersi come tale, ha bisogno del cattivo.

La contrapposizione binaria tra bene e male nasconde sia una derivazione religiosa sia un’ispirazione filosofico/politica.

Il cattivo Elijah dice al buono David che l’uno ha bisogno dell’altro, che i nemici, nei fumetti, sono amici, si conoscono e si stimano e paradossalmente si stimolano, si provocano, si aiutano.

Il discorso potrebbe essere ampliato e ricondotto ad un’analisi più ampia sulla trasformazione dell’eroe nell’immaginario americano. L’eroe che suo malgrado agisce, che viene trascinato negli eventi, sospinto, tirato per le maniche… insomma, l’elemento di cui necessita il soggetto, “l’oggetto perduto”, è la volontà.

L’eroe americano ha perso la volontà di agire, ma sa che deve ricoprire un ruolo, che da lui dipende la sicurezza (non a caso David è un addetto al security, e il regista non fa che sottolinearlo per tutto il film).

Non è poi difficile vedere rispecchiato in questo soggetto tormentato, dubbioso, ma alla fine agente, l’immagine di una nazione “polizia del mondo” che malgrado la propria volontà si ritrova a compiere una missione salvifica.

Il cattivo si richiama alla figura del maligno nelle sacre scritture, è colui che a sua volta si immola per permettere al “predestinato” (il titolo in verità significa “l’indistruttibile”) di scoprire la propria missione, è il male inestirpabile, che non chiede come in Simon del Deserto di Buñuel “perché io non posso redimermi, non posso salvarmi?”; è il maligno che sa di dover svolgere “quella” missione e obbedisce!

La filosofia spicciola del film vuole il buono puro e il cattivo “degradato” (si deduce che è cattivo perché ha sofferto tanto a causa della malattia alle ossa… è “l’angelo caduto” della Bibbia!): il cattivo è “l’uomo di vetro”, fragile, che può andare in frantumi e che si immola, precipitando dalle scale, per cercare il segno della “divina preveggenza” di David (Elijah mette a repentaglio la vita inseguendo per le scale, claudicante, un tale che secondo David portava una pistola nei pantaloni: in effetti il tizio è armato e questo è il segno, nel film, che David effettivamente possiede una sorta di “luccicanza”).

L’idea di fragilità che ci restituisce Elijah, con le sue ossa rotte, il bastone, la carrozzella, è una rielaborazione in chiave romantica del mito del cattivo “minorato”, dell’imperfetto. Il film filosofeggia dichiarando che il male è una deviazione dell’intelligenza, è il bene al contrario: “io e te siamo uguali in fondo” dice il cattivo al buono, riferendosi alla compresenza dei poli opposti come condizione fisica e metafisica dell’esistenza.

 

I titoli di coda spiegano che Elijah è un personaggio realmente esistente, ricoverato tutt’ora in un manicomio criminale, ma l’aspetto forse più spiazzante della storia è la dote soprannaturale di David che riesce a vedere nel futuro e nel passato (quasi un plagio de LA Zona Morta di Cronenberg/ Stephen Hawkins!), ed è forse il lato più segretamente politico del film: il prevenire come atto di sacrificio difficile, ma necessario (nel film di Cronenberg l’eroe sacrificava la vita per impedire l’elezione del presedente USA che avrebbe innescato la Terza Guerra Mondiale!).

In fondo la metafora de “l’uomo di vetro” oltre all’idea di fragilità, richiama l’immagine della trasparenza, del vedere attraverso, del vedere dentro e oltre (ed è quello che fa per tutto il film David, che vede le persone in trasparenza).

Anche in questo senso va inteso il gioco del doppio. Il bene, David, vede il mondo (l’Altro), la realtà, come un oggetto trasparente, di vetro; e ciò gli permette di prevenire, di anticipare, di impedire delitti, efferatezze e ingiustizie. Insomma, il film parte dal presupposto che sia possibile, per l’eroe, detenere la “verità”, e quindi la giustizia.

L’idea che serpeggia nel film è che tutto sta nel saper riconoscere un “disegno” (si può vedere il futuro se tutto è stato già “scritto”); a questa concezione si aggiunge la convinzione che il libero arbitrio possa intervenire per cambiare le cose.

Insomma, un film contro la vera predestinazione giansenista (checché ne dica il titolo italiano!), in linea con il pensiero moderno americano, un trionfo della volontà “suo malgrado”.

Un film che il giovane regista Night Shyamalan conduce con sapienza e con gusto figurativo; la sceneggiatura risulta però molto forzata e il discorso sulla reale deviazione mentale di Elijah, quel rischiamo forse un po’ pretestuoso nei titoli di coda al fatto “realmente accaduto” non fa che confondere le idee: il film poteva vertere su Elijah lasciando David in secondo piano (Bruce Willis però deve fare il protagonista per contratto!!).

In sostanza il film racconta un storia dal sapore vagamente filosofico che però ci lascia in bocca l’amaro di un’ideologia mal digerita. Un film che comunque, in filigrana, ci racconta un’ennesima sfaccettatura di un paese, di una cultura.

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