Dalla narrativa al teatro l'opera di Pirandello si sviluppa attraverso continui rimandi e autocitazioni dipanando un percorso, un disegno che, come una filigrana, traspare attraverso i suoi personaggi quasi come un messaggio cifrato. Così i temi della follia e della morte si intrecciano e sovrappongono. Se la morte è la perdita di se stessi e della propria coscienza, che cos'è la follia se non una manifestazione della morte? E, viceversa, quando la vita ci costringe nelle forme vuote che il ruolo sociale spesso ci impone non è forse la follia e quindi la morte più vitale della vita stessa? E' in questi paradossi apparentemente disperanti che l'umorismo di Pirandello si radica come una pianta rampicante che sgretola la materia fradda della razionalità e la scioglie nel riso. L'uomo dal fiore in bocca, crudele e divertito, digrega, con la spudorata esibizione della sua condizione di malato terminale, le fragili, banali verità del suo malcapitato interlocutore che dopo quell'incontro notturno, in un'estate d'afa, non sarà più lo stesso. "Sciocca e vana la vita...", o meglio, la nostra convinzione di essere immortali. Il presente che ci sfugge trascorre in un passato a cui solo la nostra immaginazione da' finalmente forma e significato. Più sottile e tragicomicamente irrimediabile la conclusione esistenziale del Professore, luminare del diritto che, con logica contorta ma ferrea, capovolge e distrugge la realtà, la sua stessa realtà, lasciandone inalterate, attraverso un grottesco espediente, un cavillo formale, le apparenze esteriori. Anch'egli in fuga da quella forma imposta dalla realtà che ci circonda e ci plasma, alla ricerca di quell'essere autentico che è in lui e che pure non è mai nato. Ma il povero rito con cui tenterà di esorcizzare quel "se stesso" che ha ripudiato non basterà. Lo sguardo attonito di una bestia impaurita e sconcertata lo riporterà a quella realtà inafferrabile di cui Natura e Caso sono protagonisti.Natura e Caso di fronte ai quali non ci resta che il senso della nostra inadeguatezza, della grottesca, ridicola presunzione che muove i nostri atti, del vaniloquio delle nostre esistenze.


L' UOMO DAL FIORE IN BOCCA
TRAGEDIA DI UN PERSONAGGIO - L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA, LA CARRIOLA
di Luigi Pirandello con Aldo Querio Stefano Zanoli Regia di Stefano Zanoli
I testi che vengono presentati sono lavori estremamente diversi fra loro ma che pur tuttavia contengono forti elementi di analogia. Innanzi tutto la derivazione dalla narrativa. "L'uomo dal fiore in bocca" fu pubblicato come novella con il titolo "La morte addosso", solo in seguito l'Autore la trasformò in piece teatrale senza praticarmente apportare modifiche al testo ma semplicemente cambiando l'impostazione tipografica. "La carriola" per contro, è rimasta solo ed esclusivamente in forma di novella ma il personaggio monologante ha contorni così definiti, così marcatamente teatrali, grotteschi, surreali eppure realistici da costituire, per un attore, una forte tentazione dal punto di vista interpretativo. Lo stringato adattamento della novella "Tragedia di un personaggio" ha qui funzione di prologo introducendo l'autore come personaggio - quasi un gioco di teatro nel teatro - che evoca i suoi personaggi con distaccato umorismo. L'opera di Pirandello non si può dividere in compartimenti stagni ma rappresenta un continuum stilistico e poetico. Talvolta in un'opera se ne innesta un'altra attraverso autocitazioni. Ne "La carriola" ad esempio, un intero passaggio è stralciato testualmente e senza modifiche da "Uno, nessuno e centomila". la scrittura di Pirandello ha sempre comunque forza e suggestioni teatrali. I suoi personaggi vivono hanno una loro vita propria, al di la del testo, prima e dopo l'aprirsi del sipario. I "Sei personaggi" soffrono veramente di quel loro destino alla ricerca di un autore che li sottragga al limbo di una vita non nata. E' illuminante, del resto, a proposito del rapporto tra l'Autore e le sue creature, la celebre novella "Colloqui con i personaggi". ed ecco che anche le riflessioni sulla morte e sulla follia si intrecciano. l'uomo dal fiore in bocca non è solamente un uomo disperato per la consapevolezza dell'imminenza della morte (disperazione che viene spesso con troppa enfasi sottolineata), ma è un uomo al quale questa consapevolezza ha permesso di rivedere la realtà con occhi diversi, la condizione dell'esistenza, il senso del nostro rapido balenare nell'essere. Il crudele cinismo, con il quale spudoratamente esibisce la sua morte ad uno sconosciuto qualsiasi, è la sua vendetta nei confronti del destino. C'è quasi una forma di sadismo nell'infliggere all'ignaro interlocutore, colpevole solamente di avere perduto il treno in una notte d'estate, la condanna di dover anch'egli rivedere tutta la sua vita, le banali verità, i fragili puntelli che sorreggono i castelli dicarte della sua pacifica esistenza. Vendetta contro il destino è anche quella del Professore, luminare del diritto, protagonista de "La carriola". vendetta attraverso una forma di lucido delirio, follia liberatoria dalla morte. Una morte diversa da quella procurata dalla malattia. Quella morte che ci precede: non essere mai nati. Quella di ritrovarci in una forma che non ci appartiene e in cui non ci riconosciamo impostaci dal Caso e dalle regole, spesso incomprensibili, della vita sociale. La logica stringente della follia del protagonista lo conduce ad esiti paradossali, grotteschi, surreali; ed anche qui il percorso intellettuale si fa teatrale attraverso un gioco, una finzione. Un gioco che a lui - investito come un sacerdote del suo ruolo di autorità sociale - non è concesso. Solo nel più assoluto segreto egli può liberarsi. E' necessaria però una relazione, un interlocutore perchè l'atto purificatorio del rito sia compiuto. Ma questa presenza viva ne annulla la segretezza: anche lo sguardo di una bestia rappresenta una coscienza vigile che ci osserva e ci proietta fuori da noi stessi. E' la natura. Presenza costante che non ci lascia mai soli che impedisce alla coscienza di risolversi in se stessa. ed anche questo è teatro, nel senso originario del termine: theaomai. Io guardo. La natura ci guarda, la nostra coscienza ci guarda e, distruggendo lo specchio che rimanda la nostra immagine, otterremo solo di moltiplicarla come in un delirio. Temi universali ma anche di grande attualità. In un epoca che ci propone il culto dell'immagine e la ricerca dell'identità attraverso forme di esasperazione collettiva ed individuale, Pirandello sta ancora li a ricordarci che la realtà dell'uomo è costantemente sospesa sull'orlo fra la coscienza e la sua negazione, che la follia si annida dietro la più apparente normalità, che la morte è una presenza costante celata dietro l'incomprensibilità delle nostre esistenze.


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