IL TIRANNO
Di Stefano Zanoli Testi d'Eschilo - Sofocle - Shakespeare - Goethe - Brecht - Harris
Il volto del tiranno è un volto complesso e sfaccettato, spesso inafferrabile. E la tirannide, seppur radicata nella nostra coscienza come cosa esecranda, sfugge ad una classificazione precisa. Forse perché siamo spesso anche noi, nell'epoca moderna, nelle democrazie, quasi inconsapevolmente e talvolta con la colpa dell'ipocrisia, partecipi di forme d'oppressione e di tirannia. L'economia mondiale basata sul privilegio dei paesi ricchi non è forse una forma di tirannide? E le leggi stesse talvolta rivelano nelle loro contraddizioni la volontà egemonica di qualcuno. La pena di morte, inaccettabile nel nostro paese, si trasforma in un'autentica offesa nei confronti dell'intelligenza e della civiltà quando è promossa in un paese come gli Stati Uniti considerato la culla della moderna civiltà occidentale. Contraddizioni, inesplicabili suggestioni come quella del mito della superiorità razziale sul quale l'umanità si divide da millenni. Le motivazioni razionali, legittime, in fondo condivisibili di Creonte si scontrano con quelle "leggi non scritte" di cui Antigone si fa portavoce e baluardo. Ma quando nasce il tiranno? Forse nasce con l'accendersi della ribellione, nasce quando la coscienza si fa libertà. E' la divinità stessa, Zeus, il tiranno quando Prometeo decide di spezzare l'ordine ferreo della sua immutabile autorità. Il tiranno non deve mostrare la sua maschera peggiore quando il consenso è certo, quando argomenti seducenti possono sortire effetti più efficaci della violenza e del terrore. E' proprio la seduzione il linguaggio del colpo di stato, della presa di potere nella celebre scena di Shakespeare con la quale Riccardo insidia l'onore, la virtù e la volontà di Lady Anna dopo l'assassinio del marito. Seduzione e terrore ai quali ella, soggetto debole, donna, dovrà soggiacere per fini politici. Ma il ribelle continuerà ad affascinare gli autori. Goethe, uomo politico oltre che letterato ma soprattutto uomo pieno di dubbi, profondamente coinvolto dal dibattito interiore, dal dubbio della giustizia, trasforma Egmont, nobile ribelle del 500, in una sorta di Prometeo moderno. Opera complessa combattuta fra mille ripensamenti ma che contiene il nucleo della dialettica fra ragione di stato e giustizia universale, il sottilissimo crinale sul quale sta in bilico ogni democrazia. Quale può quindi essere il punto debole del tiranno? Forse soltanto l'idiozia. Il delirio hitleriano di supremazia razziale, politica, militare non sarebbe grottesco e quasi comico se non fosse stato purtroppo tragicamente attuato? Bertolt Brecht in "Terrore e Miseria del III Reich" ci da uno spaccato della tragicomica imbecillità dominante nella Germania hitleriana. L'episodio "I fisici" rivela come la scienza, la ragione possano essere messe in ginocchio dal pregiudizio razziale dall'ignoranza devastante, dalle semplificazioni di un potere arrogante. Ignoranza, semplificazione, superficialità. Sono forse questi i termini delle tirannidi moderne. Forme subdole, striscianti. Abbiamo così voluto in conclusione evocare una forma di violenza del potere che, seppure non certo la più grave, la più estesa fra quelle che sono perpetrate nel mondo è particolarmente odiosa perché viene da taluni proclamata alla luce del sole cercando di darle un senso e una dignità che non potrà mai avere: la pena di morte. Qui tutte le precedenti riflessioni convergono. Le "leggi non scritte" di Antigone, i motivi della ragione di stato, la seduzione della vendetta, dell'appartenenza al branco, la semplificazione rozza e consolatoria della forza bruta. Robert Harris non era un autore teatrale. Fu giustiziato nel carcere di San Quentin nell'aprile del 1992. C'è costata una certa fatica intellettuale e morale portare sulla scena non un personaggio di fantasia, non le parole studiate e soppesate di un letterato ma il testo dell'ultima intervista rilasciata dal condannato due giorni prima dell'esecuzione. Documento aspro, imbarazzante, lacerante più forte però di qualsiasi poesia, di qualsiasi dramma. Forte, aspro, lacerante come la realtà di tutti i giorni.

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