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CHI SIAMO Il teatro dell'arte nasce nel 1992 con l'obiettivo principale di rivolgersi al pubblico della scuola media superiore. Una scelta questa dettata non solo da un'esigenza di mercato (indispensabile per la sopravvivenza di una compagnia teatrale) ma anche dalla voglia di confrontarsi con un pubblico giovane e di operare, attraverso il teatro e con la stretta collaborazione degli insegnanti, in senso culturale, formativo, civile. |
Non una scelta di ripiego, dunque, (come spesso purtroppo accade quando
alcune produzioni utilizzano il vasto bacino d'utenza della popolazione
studentesca per fini meramente commerciali) ma una scelta dettata dall'esigenza
di ritrovare nel nostro lavoro quella vocazione originaria del teatro
di specchio della società, di megafono, di luogo di confronto, di gesto
civile. Perché il teatro esiste solo quando esiste un pubblico che consapevolmente si raccoglie attorno ad un'idea, ad un testo letterario, ad un affabulatore per sviluppare una consapevolezza collettiva, per compiere un atto creativo, non per la semplice fruizione di un prodotto preconfezionato. Siamo solo saltimbanchi, in fondo. Amiamo l'inganno e lo stupore e, forse un po' ingenuamente, crediamo ancora in una certa forma d'artigianato che è officina, laboratorio, bottega, nel senso rinascimentale del termine. Comici dell'arte. Lo proclamiamo con orgoglio, viviamo degli incassi senza sottrarre un solo quattrino al contribuente che, ignaro, finanzia il teatro "assistito" e infine abbiamo, come vuole la tradizione, un capocomico rompiscatole e bizzoso. Insomma arte come mestiere ma anche come libertà, come utensile per dare forma ed espressione alle idee. E' forse questo ingenuo ed infantile entusiasmo che spinge tante persone ancora oggi a fare questo mestiere anacronistico, a sentirsi investiti del ruolo di custodi della memoria (ricordate gli "uomini libro" del celebre film di Truffaut "Fareneith 451"?) ad esercitare questo ruolo sciamanico che è l'unico concesso all'uomo moderno prima dello sconfinamento nella follia. I nostri spettacoli non vivono solo sul palcoscenico, vivono attraverso migliaia di chilometri percorsi ogni anno per raggiungere il nostro pubblico, talvolta numeroso ed accolto in splendidi teatri, talaltra esiguo ma appassionato, magari costretto, insieme con noi, ad inventare lo spettacolo in spazi inadeguati, lontani dalla confortevole eleganza del teatro cosiddetto ufficiale, quello sovvenzionato, per intenderci. Ma tutto ciò non ha importanza: certe volte uno spettacolo si giustifica anche per un solo spettatore: quello che siamo certi di aver raggiunto, conquistato. Ed il nostro pubblico non è certo un pubblico facile, ma neppure avaro. Certo, talvolta accade di dover interrompere una rappresentazione per richiamare qualcuno particolarmente distratto, ma questo non ci disturba particolarmente perché fa parte di quella dialettica, di quella funzione educativa del teatro di cui parlavamo prima. E in fondo è anche per noi lezione di vita e di mestiere per capire quando e come rivolgerci ad un pubblico di giovani. La controparte di questa esuberanza, qualche volta, ammettiamolo, eccessiva (e forse -in casi rarissimi per fortuna!- dovuta ad un'eccessiva leggerezza da parte di certi insegnanti che autorizzano a considerare l'uscita dall'edificio scolastico come un momento d'evasione), la controparte, dicevamo, è l'entusiasmo con cui gli studenti richiedono un incontro, una sorta di dibattito a fine spettacolo, o vengono a visitarci nei camerini per complimentarsi, per chiedere spiegazioni, per conoscere qualcosa di più del nostro lavoro. Questo spesso giustifica la fatica dei tanti chilometri percorsi, delle "pessime locande" per dirla con Goldoni (cosa al giorno d'oggi assai rara, per fortuna!), dei montaggi e degli scarichi. Siamo tutti oltre che attori anche tecnici, elettricisti, macchinisti. Un modo forse un po' all'antica di intendere il teatro, ma è proprio a questa tradizione del teatro all'italiana, della commedia dell'arte che ci sentiamo legati. Certo, talvolta avvertiamo il rapporto con la scuola come un vincolo limitante nelle scelte. Purtroppo la letteratura straniera non è quasi contemplata dai programmi. Goldoni e Pirandello sono certo grandissimi ma ci piacerebbe anche spaziare oltre i confini di casa nostra e nell'attualità senza sentirci rispondere da qualcuno: "…Si, interessante…ma non fa parte del programma…" e così ad ogni inizio di stagione ci vediamo costretti a tentare di inventarci qualcosa per non cadere nel già visto, nella ripetizione e soprattutto nell'allestimento museale, da presepio vivente, in quell'idea di teatro stantia che purtroppo sempre più spesso è proposta dai circuiti ufficiali e magari proprio da quei teatri che vivono di denaro pubblico: gli Stabili. Ma è altresì vero che, magari un po' rischiando di tasca nostra ci siamo consentiti lo "sfizio" di mettere in scena brani d'opere quasi inedite o poco rappresentate: da Marinetti a Carl Kraus, da Casanova ad Erasmo da Rotterdam, per citarne solo alcuni. Rischiando l'indifferenza ci siamo potuti concedere il lusso di proporre spettacoli di impegno civile come nel caso de " I signori della guerra" nel 92 (l'anno più drammatico della guerra di Bosnia) o " Il Tiranno" nel 98. Spettacoli apparentemente difficili, "troppo impegnativi" a detta di qualche professore che sottovalutava l'intelligenza e la sensibilità dei suoi allievi. Proprio questi spettacoli che abbiamo proposto con più fatica e minori risultati economici, sono quelli che dal punto di vista del pubblico hanno dato le risposte più genuine, talvolta di autentica commozione, sempre comunque di partecipazione. Naturalmente dobbiamo ringraziare tutti quegli insegnanti, e sono tanti, che come noi credono nel loro e nel nostro lavoro, che credono in definitiva che la noia, lo scontato, uccidano l'arte e le intelligenze. Che credono che insegnare, come anche salire su un palcoscenico possano e debbano essere momenti piacevoli, talvolta di riflessione, spesso di autentico divertimento, che la risata sia un autentico valore culturale, che il teatro, come la vita, non sia altro in fondo che un misterioso, complesso, sorprendente, affascinante giocattolo. |
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