E' una rappresentazione teatrale (che preferiamo
chiamare evento culturale) appositamente ideata per spazi monumentali,
per muoversi e creare un percorso di collegamento tra le linee
immaginarie che attraversano gli spazi archeologici, con tutte
le loro articolazioni e adiacenze, così da diventare il
guanto che veste la mano della monumentalità.
Lo spettacolo è stato ispirato dall'area archeologica
di Elea-Velia in provincia di Salerno, dalla quale ha ereditato
il nome, e cerca di ripercorrere i solchi lasciati dai tre grandi
libri dell'umanità dell'Occidente: La Bibbia, Odissea e La Divina Commedia. Lungo questo percorso vengono messe in campo successivamente
teatralità diverse: relazioni di coralità (dal
Coro al Ditirambo) per descrivere le vicende dei primi uomini;
relazioni nel piccolo gruppo al rapporto a due per raccontare
gli incontri di Odisseo; fino al monologo, o alla solitudine,
per descrivere il rapporto dell'uomo con il soprannaturale.Il
materiale letterario di riferimento, oltre ad alcune brevi citazioni
d'obbligo ai tre grandi libri, si basa sull'antologia "Del
Magico Mondo" curata da Luigi Lamannis per le Edizioni Ninfee, che raccoglie
testi, quasi una "Al-chimie", che vanno dall'antichità
ai giorni nostri.
L'INCONTRO CON VELIA
Quando nel 1995 ho visitato
Velia per la prima volta mi sono trovato ad esclamare: "...ma
questa è la biblioteca del tempo!", o meglio la biblioteca
dei tre grandi libri dell'umanità ("La Bibbia",
"Odissea" e "La Divina Commedia") che hanno
fornito le "visioni del mondo" delle tre grandi ere
dell'uomo. Con le sue stratificazioni archeologiche che comprimono
in una fessura 1700 anni di storia, Velia, per me, significava
questi tre grandi libri: abbiamo cercato di riempire questo spazio
vuoto, ma denso di storia, col sibilo del serpente tentatore
insieme all'urlo di Caino, con lo scroscio del diluvio, il Caos
di Babele e l'ira di Mosè che infrange le tavole della
legge. Potrebbero echeggiare le profezie di Tiresia e le formule
magiche di Circe, il canto delle Sirene, gli sbuffi ventosi di
Eolo o la maledizione di Polifemo.
Dante potrebbe gridare di "santi" e di "dannati"
dall'alto di qualche torre o salmodiare nell'oscuro di piccole
stanze nascoste.....
Ma queste sono solo suggestioni cui lo spettacolo ha provato
a dare forma.
Dal 1300 ad oggi sono stati
scritti molti libri, tutti contributi o specificazioni dei tre
citati. Quelli che non sono riconducibili a loro stanno probabilmente
definendo, malgrado sé, i contorni del Quarto Grande Libro
del quale, dopo 700 anni, è naturale aspettarsi l'avvento,
con una visione del mondo valida per i tempi a venire.
Lo spettacolo diventa così un invito metaforico, per chi
questo libro l'abbia nel cassetto, a tirarlo fuori, perché
se ne ha proprio bisogno, a meno di non essere così ciechi
da averlo già visto o addirittura letto senza essersene
accorti.
Nin