DA UN'IDEA DELLA PROF. GIOVANNA GRECO DELL'UNIVERSITÀ DI NAPOLI
MATERIALE LETTERARIO: da
"Fuochi" di Marguerite Yourcenar,
Apollonio Rodio con
interventi di Bruna Maria dal Lago Veneri
IN SCENA TEATROCONTINUO: Luciana
Roma, Giorgio Dalceggio,
Erica Taffara, Laura Santini, Gianni Bozza.
ULYSSES S.d.T: Elena Colucci, Viviana
Piccolo, Alberto Cappellato.
INSTALLAZIONI SCENICHE: Andrea Colaianni
DRAMMATURGIA e REGIA: Nin
Scolari
LO SPETTACOLO
È un viaggio all'indietro nel tempo e nello spazio, quasi un percorso iniziatico, lungo il quale, se si è attenti e fortunati si possono incontrare le strutture elementari del nostro pensiero, i Miti. Ad accogliere gli spettatori ci saranno dei personaggi venuti da un tempo e uno spazio molto lontani, dal luogo dove si sono rifugiati. Si chiamano Fedone, Fedra, Saffo, Patroclo, Clitemnestra, Achille, Antigone e Maddalena. Essi sono venuti ad incontrare la più importante e primordiale divinità femminile, il mito di Hera, e racconteranno di come esso si sia indebolito nel tempo. Lo spettacolo tratterà di questo ma anche di educatori che allevano bambini e di viaggiatori che cercano per le vie del mare, di incontri, di nozze sacre, e di tradimenti, di bagni lustrali, di processioni, di prostituzione sacra, di offerte di doni, tutto intriso di una ritualità che si perpetua fin dall'origine del tempo. Il fervore scientifico dell'Illuminismo è alle nostre spalle, i fantasmi del Medioevo sono decisamente superati, ed è un passato remoto lo splendore dell'Antica Grecia ma i valori della nostra esistenza sono organicamente collegati a queste. E', forse, il rifiuto di questi valori, (che colloca l'uomo moderno superbamente ritto su un mondo di macerie) la causa di tanta insoddisfazione del vivere quotidiano? Al di là del voler proporre formule o messaggi, ci sembra importante invitare gli spettatori, a compiere insieme a noi questo viaggio a ritroso nel tempo.
SUGGESTIONI
Dopo aver
visitato Paestum (un dono degli dei agli uomini) e l'Heraion
del Sele, fondato probabilmente da Giasone che con gli Argonauti
andava alla ricerca del vello d'oro, non potevo, a dire delle
mie guide, non visitare la chiesetta di Capaccio (II-III Sec.
d.C.) con la sua statua lignea della "Madonna del Granato".
La mia attenzione è
rimasta incollata a quel "granato", lo stesso melograno
che troviamo in mano ad Hera in molte delle sue raffigurazioni.
Sono stato un po' stupito all'inizio, e poi è iniziata
la ricerca che mi ha portato ad un dato storico abbastanza certo:
quando tra il II e il III Secolo dopo Cristo, la piana di Paestum
si è impaludata, la popolazione pestana si è trasferita
nelle colline circostanti, portandosi dietro tutte le cose, sia
quelle certe, come i mobili il vasellame e le suppellettili,
sia quelle incerte o in divenire come il culto di Hera (la dea
col melograno che alleva il bambino) che, per l'avvento nel pensiero
antico di un nuovo concetto legato alla crocifissione di un giudeo
di nome Gesù di Nazareth, si andava trasformando nel culto
della Madonna. Hera
è la madre che nutre il bambino e lo alleva e, in tempi
ormai classici, la sua figura si codifica nella forma di una
maestà seduta su un alto trono a spalliera, avvolta da
un mantello, col bambino in braccio e nell'altra mano una coppa
o un giglio o un melograno...e quando, dopo Capaccio, si arriva
alle soglie del rinascimento (ma anche prima) si scopre un numero
enorme di Madonne del Melograno (da Botticelli a Raffaello, da
Antonello da Messina a Cosmè Tura, Filippo Lippi, ecc...).
Nin