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La formazione del calcare: il fenomeno chimico-fisico
Nell'acqua tal quale sono contenute quantità di Acido Carbonico (HCO
3) che consentono la formazione di carbonato acido
Ca(HCO
3)
2 molto solubile. Durante il riscaldamento il gruppo CO
3 cede un Ossigeno agli ioni Idrogeno trasformandosi in Anidride Carbonica, CO
2 che, in parte, può lasciare l'acqua in forma gassosa (la parte rimanente rimane in soluzione poiché, per esempio, a 60 °C un volume d'acqua mantiene in soluzione 0,36 volumi di CO
2).
Il Carbonato neutro CaCO
3 che si viene a formare ha scarsa solubilità nell'acqua pura (13 mg saturano 1 kg d'acqua a temperatura ambiente) e se, come ordinariamente succede, va in sovrasaturazione, precipita allo stato solido ed è solo la presenza di CO
2 a rendere reversibile la trasformazione prima descritta che, notoriamente, si riassume con la formula:
Ca(HCO3)2 <------> CaCO3 + CO2 + H2O.
Per riscaldamento il sistema evolve da sinistra verso destra e, per raffreddamento, da destra verso sinistra.
Per la formazione dei cristalli di Carbonato neutro (trasformazione da sinistra verso destra) si devono verificare almeno due ulteriori condizioni (comuni a tutte le cristallizzazioni):
- in seno alla soluzione si devono formare dei centri di cristallizzazione che fungono da primo nucleo solido (uno ione Ca++ deve unirsi ad uno ione CO3- -)
- intorno ai primi nuclei devono crescere altre molecole di solido nelle posizioni cristallografiche adatte.
E' noto che possono fungere da centro di cristallizzazione anche delle impurità presenti in seno alla soluzione o, addirittura, discontinuità, rugosità sporcizie superficiali del contenitore (tubo, recipiente etc.).
Le azioni delle forze di origine elettrodinamica cui sono soggetti gli ioni in seno alla soluzione fa in modo che ogni ione diventi un potenziale centro di cristallizzazione favorendo in tal modo la cosiddetta cristallizzazione omogenea (e, secondo alcuni autori come il Bruni, il CaCO3 cristallizza, sua sponte, come Aragonite); in contrapposizione alla cristallizzazione eterogenea che si realizza su centri costituiti da corpi estranei.
La cristallizzazione eterogenea riguarda tipicamente le superfici interne dei tubi e degli scambiatori (Figura 1): poiché è la causa delle incrostazioni calcaree, di cui stiamo parlando, l'idea, quindi, è di provocare in modo forzato la nascita di tanti centri di cristallizzazione in seno alla massa d'acqua in modo che precipitino solo cristalli omogenei nella quantità che la sovrasaturazione consente.


Figura 1: Cristallizzazione eterogenea sulla superficie interna di un tubo
Poiché i cristalli che si vanno formando hanno una struttura dipolare (il baricentro delle cariche positive non coincide con quello delle cariche negative), le pulsazioini delle forze del campo elettrico sono efficaci anche sui grappoli di cristalli di Carbonato che si vengono a formare (ed anche ad acqua ferma).
Il conduttore non omogeneo e l'Effetto Pelle
Consideriamo un tubo di lunghezza indefinita, contenente acqua, e lo avvolgiamo con un anello chiuso di ferrite alimentato da un emettitore (HydroFLOW) a bassa frequenza (100./.150 kHz), come illustrato in Figura 2.


Figura 2: L'anticalcare elettrodinamico applicato ad una tubazione d'acqua
Il tubo e l'acqua (con i suoi ioni in soluzione) costituiscono un unico conduttore (non omogeneo) in cui il flusso concatenato d'induzione magnetica è variabile con la frequenza dell'emettitore (a qualche lettore verrà in mente l'analogia con la pinza amperometrica che si basa sullo stesso principio ma con funzioni opposte tra i componenti).
Ne risulterà indotta una f.e.m. che provoca un'oscillazione, parallela all'asse del tubo, degli elettroni di conduzione (nel metallo) e degli ioni (nell'acqua). A causa dell'interazione tra il movimento assiale delle cariche elettriche ed il campo magnetico in cui esse si muovono (Forza di Lorentz) la densità di carica, in una sezione trasversale (Figura 3), è massima all'estremità del raggio. Come si sa questa distribuzione di cariche costituisce l'Effetto Pelle che, nel nostro caso, è importantissimo (e non richiede necessariamente che il tubo contenente l'acqua sia un conduttore perché il discorso andrebbe rivolto, negli stessi termini, ai soli ioni in soluzione senza gli elettroni di conduzione del tubo metallico).


Figura 3: Effetto pelle e campo elettrico all'interno dell'acqua
Infatti in seno all'acqua si viene a creare un campo elettrico (che il lettore può riconoscere essere pulsante, e non alternato, e quindi con valor medio diverso da zero) in grado di svolgere azioni di forza su particelle cariche o dipoli di diversa massa: dallo ione Ca (peso atomico 40) allo ione CO3 (p. m. 60) alla molecola dipolare CaCO3 (ovviamente p. m. 100) fino a grappoli di dipoli organizzati in cristalli.
Per essere efficaci su particelle di massa tanto diversa è necessario disporre di frequenze diverse, adatte alle diverse frequenze proprie degli oggetti con cui interagire.
Per questo l'emettitore produce treni d'onde in cui si riconosce, oltre alla frequenza propria dell'onda, anche la frequenza di emissione di ciascun treno, che è continuamente variabile con lo scopo di ottenere efficacia anche sulle particelle più pesanti (Figura 4).


Figura 4: I treni d'onde hanno una frequenza d'onda caratteristica, ma anche una
frequenza propria di emissione dei treni continuamente variabile
In Figura 5a osserviamo dipoli di CaCO3 orientati casualmente; in Figura 5b l'orientamento sotto l'azione del campo elettrico; in Figura 5c un cristallo completo: per effetto delle reciproche attrazioni elettrostatiche, raggiunta una certa dimensione (intorno ai 50 mm), i dipoli espellono l'acqua che li separa implodendo. Dopo il collasso i cristalli non crescono più e si depositano come fanghiglia o, se l'acqua è corrente, vengono trascinati dal flusso dell'acqua.


Figura 5a, b, c: L'azione del campo elettrico sui dipoli di Carbonato
Nel contempo se la temperatura diminuisce (e/o se la pressione, anche localmente per la vorticosità del flusso, aumenta) in modo che il sistema risulti insaturo, le incrostazioni tendono a sciogliersi come previsto dalla (1) letta da destra verso sinistra: il Bicarbonato acido ritorna in soluzione e le incrostazioni si sciolgono fino al raggiungimento di una nuova condizione di saturazione. La successiva cristallizzazione omogenea farà precipitare il Carbonato neutro in eccesso e così via.
Alcuni accorgimenti pratici
Poiché l'impianto, con tutte le sue diramazioni, diventa una rete analoga ad una rete elettrica, nell'ubicazione dell'HydroFLOW (alimentato a 220 V e la cui potenza è compresa tra 2 e 20 W) è necessario tenere presente che l'anello di ferrite costituisce la zona da cui parte la perturbazione nei due versi possibili, sulla retta rappresentata dal tubo, con identica intensità.
Per questo è bene installarlo in una posizione baricentrica: l'ideale è che i due fronti d'onda incontrino la medesima impedenza.
Una raccomandazione per i rami in cui esiste un by-pass: mai installarlo nel ramo di un anello come in Figura 6a, mentre come in figura 6b va bene.
Negli altri casi tenere presente che si possono applicare le leggi di Kirchhoff sulle reti elettriche (ed idrauliche), ovvero le leggi delle maglie e dei nodi, in conseguenza il segnale potrà essere più o meno intenso in ciascun ramo.


Figura 6a, b: Applicazione dell'HydroFLOW: mai nel ramo di un anello
Scambiatori di calore a piastre
Un cenno speciale desideriamo riservare agli scambiatori di calore a piastre per almeno due (buoni) motivi:
- Si stanno diffondendo con progressione geometrica grazie al prezzo ragionevole, al minimo ingombro, alla facilità d'installazione
- Sono un po' delicati a causa dei passaggi molto stretti e, quindi, facilmente ostruibili.
D'altra parte gli utenti che non vedono l'ora di finirla con le incrostazioni calcaree, ed adottano HydroFLOW, si dichiarano felici di vedere intasato lo scambiatore nel giro di due o tre settimane: Segno che funziona! dicono.
In effetti, specialmente negli impianti di preparazione dell'acqua calda di consumo, la necessità di frequenti pulizie degli scambiatori a piastre con attacco acido è un'autentica penitenza!
A questo proposito ci permettiamo di consigliare un piccolo accorgimento (che è in ogni caso sempre bene prevedere), per consentire la pulizia in equi- e contro-corrente del secondario dello scambiatore.
Con riferimento alla Figura 7: l'installazione di due derivazioni intercettabili A e B consente il lavaggio del secondario nelle seguenti condizioni:
- lavaggio in controcorrente: B e D chiuse, A e C aperte
- lavaggio in equicorrente A e C chiuse, B e D aperte.
La possibilità di utilizzare i due versi di lavaggio, avendo come contropressione la sola pressione atmosferica, spesso permette di risolvere meccanicamente il problema della pulizia. Questo è tanto più facile in quanto le scaglie trattate elettrodinamicamente presentano scarsa resistenza meccanica, come se la loro microstruttura fosse diventata spugnosa.


Figura 7: Installazione di una linea per il lavaggio in equi- e contro-corrente
su di uno scambiatore a piastre
Con l'installazione di questa linea di lavaggio riteniamo si possa evitare il ricorso agli acidi (evitando le possibili nefaste conseguenze per l'ambiente cui abbiamo accennato all'inizio) dopo l'applicazione dell'HydroFLOW.
Nella Figura 7 il pericolo di corto circuito è stato evitato installando l'emettitore prima della derivazione contenente le valvole A e B: il fronte d'onda giunge al secondario dello scambiatore attraverso la via diritta e la via d'angolo; l'effetto sullo scambiatore sarà ottimo ma anche la rimanente parte dell'impianto si troverà protetta dal trattamento.
L'effetto antibatterico
Secondo studi anche recentissimi e di pubblico dominio, l'applicazione di onde elettromagnetiche su diverse specie di organismi viventi provoca delle alterazioni nella struttura della membrana cellulare accompagnate da interazioni negative nella replica dei geni e da distribuzione anomala di alcune proteine (ricerche di Mattson, 1993; Grissom, 1995).
Inoltre secondo diversi lavori di ricercatori indipendenti, tutti convergenti verso le medesime conclusioni, le onde elettromagnetiche manifestano un effetto biocida su varie specie di batteri: al punto da suggerirne l'applicazione negli acquedotti cittadini e, in generale, nella disinfezione d'acqua destinata al consumo umano (questo era noto solo per i quanti ad elevata energia prodotti dalle lampade a spettro ultravioletto).
Le ipotesi avanzate per spiegare i risultati sperimentali (Petracchi, 1967; Chizhov, 1975; Mittenzwey, 1996; Kosted, 1996; Binninger e Ungvichian 1997) postulano che le onde elettromagnetiche perturbino il passaggio del Calcio attraverso le membrane delle cellule alterando il DNA e l'RNA dei microrganismi impedendone la duplicazione e, quindi, la riproduzione.
Nelle torri evaporative la morte dei funghi, delle alghe, delle spore etc., che vi trovano un terreno ideale di coltura (vi abbondano umidità, areazione, temperatura), è osservabile ad occhio nudo non solo per gli effetti sulle efflorescenze di maggiori dimensioni, ma anche sui tenui strati di muschio che vi proliferano: per effetto del trattamento elettromagnetico passano da un colore verdastro ad una colorazione scura bruno/marrone con conseguente spontanea desquamazione.
I progressi nella pulizia del lato acqua del circuito del condensatore sono osservabili con la progressiva diminuzione della pressione di condensazione
Figura 8: Un condensatore frigorifero a mantello e fascio tubiero prima e dopo la "cura"
Conclusione
Come abbiamo visto l'efficacia dell'anticalcare elettrodinamico si manifesta su tre fronti:
- Impedisce la formazione di nuovi depositi calcarei (grazie alla cristallizzazione omogenea)
- Scioglie le incrostazioni esistenti ripulendo l'interno delle tubazioni e degli scambiatori di calore
- Abbatte la flora microbica impedendo la proliferazione batterica (molto utile per l'acqua destinata all'uso umano).
E' possibile che l'effetto germicida possa essere anche più efficace di quello ottenuto con le lampade a raggi ultravioletti poiché queste manifestano la loro azione solo al passaggio della corrente d'acqua nella zona irraggiata mentre HydroFLOW agisce con continuità temporale su tutto l'impianto idraulico e lo interessa in tutta la sua estensione (il raggio d'azione può arrivare a centinaia di metri).
Infatti il tempo di esposizione alle lampade UV è necessariamente limitato (per ragioni geometriche: lunghezza della lampada) ed anche estremamente variabile perché, dato un certo diametro di tubo (altra costante geometrica del trattamento), il tempo di esposizione ai raggi UV dipende dalla portata d'acqua (unica variabile funzionale).
Si avrà, quindi, un tempo di esposizione lunghissimo, ad acqua ferma, su una piccola massa d'acqua, e brevissimo a piena portata; ciò che non accade con il sistema elettrodinamico, che lavora senza sosta: il moto dell'acqua è, ovviamente, ininfluente sulla sua efficacia.
A questo va aggiunto che la durata dell'HydroFLOW non è soggetta a decadimenti nel tempo ed il dispositivo non necessita, quindi, né di periodici ricambi né di manutenzione.
Abbiamo redatto una tabella comparativa tra i sistemi più diffusi: