Un titolo Arbor-Wertmulleriano che serve innanzitutto achiedere scusa a chi è venuto a trovarci nella speranza di vedere un po' di video: purtroppo, e vi assicuro non per colpa mia, a causa di uno stupidissimo cavetto che gli organizzatori hanno promesso diciotto volte di portare ma non hanno mai fatto, non è stato possibile utilizzare lo schermo gigante come previsto.
Nelle intenzioni di tutti (degli organizzatori, di Giancarlo Passarella - coordinatore di Ululati dall'Underground - e mie), doveva essere un'intera settimana dedicata a Peter Gabriel, all'interno della manifestazione "A real Italian tribute to...": parole altisonanti che in realtà - a parte l'idea di base di utilizzare i fan club - di "vero tributo italiano" a Peter (come agli altri artisti, presumo) ha avuto proprio poco, purtroppo. Se la scaletta prevedeva cinque giorni di "mostra", due concerti e video per tutta la notte il mercoledì, in pratica l'unica cosa che si è svolta regolarmente (e solo fino a un certo punto) è stata l'esibizione di Hammer Decode e Secret World, le due band, milanese la prima e romana la seconda, specializzate in cover del repertorio di Peter.
In queste pagine troverete dunque un resoconto di tutto ciò che in realtà è - o non è - successo in quel di Bologna.
Era il primo giorno ma anche il giorno clou. Previsti, come dicevo, una mostra, due concerti e video ad oltranza per tutta la notte...
Primo handicap: alcuni giornali avevano riportato come ora di inizio della manifestazione le 16.00, mentre a noi l'organizzazione aveva comunicato come ora di partenza le 21.00. Qualcuno è arrivato "troppo presto", compresa una ragazza romana (che non conoscevo, ne mi ha lasciato il suo nome, ma che era venuta apposta) che ha dovuto ripartire praticamente subito e non ha potuto vedere o sentire davvero nulla! A lei, prima che a ogni altro, le mie scuse.
Il pomeriggio è infatti trascorso fra le prove dei due gruppi e l'allestimento dei quattro tavoli che dovevano servire per mettere in mostra (e in ven-dita) tutte le fanzine che partecipavano alla serata: oltre a Intruder, Dusk di Mario Giammetti, Paperlate, Real To Read e That Voice Again di Monica Tessarin.
Anche volendo, una vera e propria mostra di dischi, cd, foto, poster e via dicendo sarebbe stata impossibile: la manifestazione si svolgeva infatti sotto un tendone, e tentare di appendere qualsiasi cosa a una parte di plastica molle sarebbe stata impresa davvero ardua (senza contare il fatto che se avessi voluto "esibire" anche solo metà del materiale che ho avrei dovuto fare un vero e proprio trasloco da casa mia a Bologna, e anziché una macchina sarebbe stato necessario un camion...). Per questa ragione - per quel primo giorno - la mia scelta è stata solo quella di portare materiale che avevo disponibile in più copie e che sarebbe stato possibile mettere in vendita (e non solo da vedere e da non toccare). Disponibili da parte mia sono stati perciò tutti gli arretrati di Intruder, copie del mio libro, le foto e i cd che erano in vendita attraverso la fanzine. In più una cassetta che avevo realizzato ad hoc (in vendita abbinata con gli arretrati) che conteneva una versione demo inedita di Big Time e Intruder dal vivo nel 1987 (per la precisione a Philadelphia). Allo stesso modo hanno interpretato la cosa le altre riviste, che hanno proposto i propri arretrati, e, per quanto riguarda Giammetti, i suoi due libri dedicati ai Genesis ("Genesis Story" e la più recente discografia). Fin qui, dunque, quasi tutto è filato liscio.
Il primo vero e proprio problema è sorto al momento in cui gli Hammer Decode avrebbero dovuto salire sul palco: alle 21.00, infatti, alla faccia di tutte le prove del pomeriggio (durante le quali non era stato possibile utilizzare lo schermo gigante che il gruppo stesso avrebbe voluto utilizzare per alcune proiezioni, per il problema di cavetto che dicevo all'inizio, ma con la promessa che questo sarebbe arrivato in tempo per lo show), il sequencer ha deciso di non leggere più il dischetto predisposto, a causa dell'altissima umidità che si era creata all'interno del tendone per la pioggia dei giorni precedenti.
Saliti sul palco in ritardo, e per di più con dei suoni "sballati" rispetto al previsto, gli Hammer Decode hanno comunque dato un'ottima prova di orgoglio: sarà per l'incazzatura, ma la grinta con cui hanno suonato ha reso alle mie orecchie la loro esibizione sicuramente superiore ad altre cui avevo assistito.
Solitamente, la loro scaletta si rifà in maniera pressoché totale a quella del Secret World Tour di Peter: in questa occasione, visto che i concerti dovevano essere due in due ore, è stata invece drasticamente tagliata a 45 minuti.
Anche se forse è superfluo osservare che i mezzi tecnici a disposizione non sono paragonabili, gli Hammer Decode cercano di ricostruire abbastanza fedelmente lo show di Peter anche visivamente: dagli impermeabili neri di Paolo e Nicola (rispettivamente chitarra e basso, che anche musicalmente mi sembrano "gli elementi di maggior spicco tecnico e strumentale" - come scriverebbe qualche critico doc che è meglio non nominare...!), al gilet "etnico" di Stefano, il cantante, fino al tentativo di dare maggior impatto a un pezzo come Digging In The Dirt; un tentativo a mio giudizio perfettamente riuscito - pur in modo giustamente diverso da quanto ovviamente fa Peter - grazie alle due potenti torce che Stefano ha impugnato una per mano, roteandole e creando così avvolgenti giochi di luce nell'atmosfera fumosa (la cosa ha suscitato non pochi applausi). Unico difetto è che forse qualcuno dovrebbe spiegare a Stefano che rischia il plagio addirittura quando, in Solsbury Hill, dimentica quasi del tutto il testo...!!!
Ottime le performance di Chiara Stella e Massimo, mentre preferirei che Claudio alla batteria fosse un po' meno teso e si sciogliesse di più. Ancora un ultimo, amichevole, appunto: in futuro credo dovrebbero essere tutti un po' meno freddini, magari presentando le canzoni e i musicisti, cosa che a Bologna non hanno fatto (anche questo, d'altra parte, giustificabile col nervosismo dovuto agli inconvenienti tecnici e all'aver dovuto tagliare il set). Ripeto che la performance è stata comunque eccellente, e ancor di più lo sarebbe stata con i suoni giusti al posto giusto: fra i brani, forse, spicca su tutti Don't Give Up - chissà, magari perché pungolati dalla telecamera di Rai Tre che li riprendeva da sotto il palco proprio in quel momento, per un servizio del TG Regionale andato in onda due giorni dopo...
Nel corso del concerto, il tendone del Made In Bo si è via via andato riempiendo, tanto che alla fine gli organizzatori stimavano le presenze (l'ingresso era gratuito e quindi non c'erano biglietti da contare) in circa 8/900 persone. Niente male.
Solo pochissimi minuti di attesa, ed è la volta dei Secret World.
Mentre stanno per finire gli Hammer, faccio un salto dietro le quinte per complimentarmi col gruppo che esce e vedere lo stato emotivo degli altri, in verità tutti piuttosto tranquilli. Unica eccezione Pierfrancesco Drago, il cantante, che saltella qua e là come un grillo in una specie di training autogeno particolarmente vivace, e che quando scendono dal palco gli altri si avventa su Nicola e con gran manate sulle spalle - sempre saltando, visto che Nicola ci distanzia tutti in altezza di un buon 25 centimetri - gli esprime tutto il suo apprezzamento con gran manate sulle spalle ("sei mejo der Tony vero...!")... Scherzo ed esagero un po', ovviamente, ma l'atmosfera era comunque piacevole da respirare.
Fin dall'apertura con Red Rain e Games Without Frontiers, i Secret World fanno subito capire che hanno grinto da vendere: peccato solo che stavolta sia il pubblico a rimanere freddino, e a nulla valgono i pungolamenti di Pierfrancesco che lo invita a fare i cori in Games... Il problema si rivela però di breve durata, e la band riesce via via a conquistarsi molta simpatia.
Per loro nessun tipo di costume e coreografia - basta e avanza la mimica di Pierfrancesco, scatenato - mentre va detto che la formazione con doppia tastiera riesce a ricostruire molto bene il mood delle canzoni; altrettanto bene funziona basso e batteria, che pompano davvero forte: difficile credere che si tratti della loro seconda esibizione live in assoluto...
Anche per loro segnalo un paio di brani: I Don't Remember, piacevole da risentire (visto che lo stesso Peter non la suona più dal 1983), e In Your Eyes, che finalmente strappa dalle sedie anche parecchi fra il pubblico.
Per loro, dal punto di vista tecnico, tutto è filato liscio: l'unico inconveniente è derivato dall'aver sforato leggermente il "coprifuoco" delle 23.00 imposto da quelli del Made in Bo, che abbastanza incivilmente hanno invitato il gruppo a scendere dal palco lanciandogli addosso una sigaretta (spenta, per fortuna) nel bel mezzo di In Your Eyes). Lasciando perdere la buona educazione, ciò che ha fatto incazzare me - ancora più del gruppo - è stata la minaccia di non pagarci una lira del cachet previsto per la serata, quando invece di cachet - prima di quella sera - non si era parlato proprio mai!! L'unica cosa che abbiamo avuto sono stati i "buoni pasto" per i componenti dei due gruppi e per il sottoscritto, equivalenti a una consumazione e null'altro...
Non si è potuta quindi eseguire la prevista Biko, e non c'è neanche stato modo di far tornare sul palco gli Hammer Decode.
Veniamo dunque al "crack" più grave: l'assenza dei video. Come dicevo prima, per colpa di quel maledetto cavetto mai arrivato l'intero programma è saltato! Anche se non c'erano moltissime novità rispetto a quanto avevo adoperato lo scorso anno al party tenutosi al Livin' Colors (vedi Intruder n°9), avevo comunque pronte sei e passa ore di filmati da mandare in ordine cronologico, a partire dall'ormai ultraconosciuto Belgian tv del 1972, fino a Woodstock e alla Shaking The Tree rifatta lo scorso gennaio per un documentario della tv fran-cese su Youssou N'Dour.
Senza nulla togliere ai due gruppi, è ovvio che fossero in molti ad aspettare come piatto forte della serata proprio i video: a loro, nuovamente, le mie scuse, e soprattutto a chi quella sera era venuto apposta (magari anche da lontano e non dai dintorni di Bologna) e non ha avuto la possibilità di tornare nei giorni seguenti.
Il Giovedì e il Venerdì sono stati disastri quasi completi. Non che fosse previsto molto, in verità, ma la situazione ambientale era tale da scoraggiare anche i più incalliti appassionati.
Innanzitutto quel che ci era stato promesso era uno stand di 4x4 metri in cui esporre tutto il materiale che volevamo, e soprattutto dove fare qualsiasi tipo di "animazione" ci passasse per la mente. Ora, lo stand era sì di 4x4 metri, ma posizionato praticamente in un limbo, al di fuori di qualsiasi passaggio, illuminato da agghiaccianti (e stordenti) neon verdi, il cui unico equipaggiamento era un tavolino rotondo e una libreria con 5 scaffali. Pur con le migliori intenzioni, che cavolo di mostra o di animazione si poteva fare là dentro?
Personalmente ho cercato di adattare lo spazio a "salottino" (rubando sedie qua e là ad altri stand) attrezzato con videoregistratore e schermo tv sul quale proiettare ciò che non era stato possibile vedere la prima sera (e stavolta portandomi io da casa i cavi necessari). Il problema è cominciato quando alle 23.00 attaccava la discoteca...
Il Made in Bo, infatti, si svolge in una spece di anfiteatro all'aperto dove al posto delle gradinate ci sono impalcature che contengono i diversi stand (panini, birre, bar, piadine e via dicendo...), al centro del quale è una pista da ballo che funziona appunto dalle undici di sera fino alle tre o alle quattro del mattino. In una posizione lievemente sopraelevata c'era poi una seconda pista (dedicata all'acid jazz), che grazie ad accurati studi fonometrici - così mi hanno dichiarato gli organizzatori - si riesce a sentire anche quando la prima spara cagosissima dance a manetta. Ora, in quale posizione si poteva trovare il nostro stand se non al vertice di un triangolo isoscele con le due discoteche open air? Detto ciò è facile capire come, a partire dall'ora del loro attacco, anche un amplificatore per chitarra da 50 watt collegato al video e sparato al massimo riusciva a fare davvero poco: il risultato è che di un pezzo come Musical Box l'unica cosa che si riusciva a malapena a sentire era il finale di "Now! Now! Now! Now!..." e null'altro, figuriamoci di una Here Comes The Flood di solo piano e voce...
Devo comunque dire che, proprio grazie alla posizione dello stand, in totale sono venute a trovarci non più di una decina di persone in due sere: anche a loro, in ogni caso, le mie scuse.
I due giorni finali della settimana "Made in Gabriel" hanno coinciso con la fiera del disco di Bologna. E' stato in questi due giorni (e in particolare il Sabato) che la maggior parte di voi che ha partecipato si è fatta viva, e per questo un doveroso grazie a tutti.
Teoricamente la nostra postazione avrebbe dovuto essere in ogni caso quella dello stand "a luce verde", ma visto che la fiera iniziava alle 16.00 e che a quell'ora nessuno si sarebbe preso la briga di venire a fare un giro per il Made in Bo al di fuori del solito tendone, abbiamo chiesto (e incredibilmente ottenuto) di poterci piazzare anche noi dentro alla fiera. (Penso ancora con raccapriccio ai week-end successivi del Made in Bo, quando gli altri fan club ospitati anziché una convention del disco si saranno trovati come manifestazione concomitante la fiera dei tatuatori piuttosto che la rassegna dell'occulto...!).
Dal punto di vista economico, infatti, proprio la fiera del disco è stata quella che mi ha salvato: vendendo alcuni dei miei vecchi dischi dei Genesis piuttosto che alcune copie doppie di singoli e cd di Peter sono infatti riuscito quasi (e sottolineo il quasi) a recuperare il costo dei viaggi e del passare a Bologna due notti (visto che altre due volte ho fatto la spola Milano-Bologna-Milano in meno di dieci ore, dovendo presentarmi in ufficio alle nove del mattino di giovedì e venerdì...). La perdita finale è infatti ammontata a solo 37.000 lire (sempre che i miei conti siano stati corretti)...
Anche in questi due giorni ho tentato di ovviare al video disastro della prima sera: questa volta con maggior successo, visto che abbiamo potuto utiliz-zare i "camerini" del retropalco come saletta video. (La soddisfazione principale, a questo proposito, è stata quella di sentirmi rivolgere da parecchi altri degli espositori alla fiera la preghiera di alzare al massimo il volume dell'impianto: pur non potendosi muovere dal proprio stand sono stati più che contenti di ascoltare Gabriel per tutto il pomeriggio...).
Quale dunque il bilancio del "Tributo"?
Ambiguo, direi. Come ho già avuto modo di spiegare anche troppo, l'organizzazione (se pur con la parziale scusante del nervosismo dovuto alla pioggia continua che aveva reso la manifestazione un disastro economico fino a quel momento - e per loro si tratta di badilate di milioni) si è rivelata a dir poco lacunosa. Il fatto che il tutto si svolgesse a Bologna anziché a Milano o a Roma ha anch'esso avuto il suo peso. E' ovviamente più facile giocare in casa, ma soprattutto il numero di persone potenzialmente richiamabili sarebbe stato certamente superiore: è vero d'altra parte che spazi come quello del Made in Bo - oltre che disponibilità da parte delle varie autorità comunali competenti - a Milano proprio non esistono.
Un altro aspetto negativo da non sottovalutare - per quanto riguarda il primo giorno - è che il clou si sia svolto di Mercoledì, un giorno infrasettimanale e lavorativo, impedendo a molti di spostarsi (in molti avete scritto per questa ragione - ma il problema è ancora una volta da imputare all'organizzazione e non a una scelta mia o dei gruppi...).
Con tutto il rammarico per i diversi inconvenienti, ad ogni modo, resta la piacevole sensazione di aver comunque messo in piedi un nuovo "evento", e che questo abbia in ogni caso costituito un'occasione per conoscersi, incontrarsi e discutere: buttandola sul filosofico, si potrebbe dire che dagli errori si impara, e che anche questa esperienza si rivelerà utile per qualsiasi altra iniziativa futura avremo occasione di intraprendere.
Ora come ora non so dire dove, come o quando: certo è che non sarà l'ultima.
P.S. Un enorme e caloroso grazie soprattutto a chi ha collaborato direttamente a cercare di organizzare la serata, primi fra tutti Paolo Leone e gli Hammer Decode, insieme a Marco Leodori e i Secret World; a Mario Giammetti e Dusk; a Marina Lenti e Real To Read; a Ezio Candrini e Paperlate; a Wonderous Stories; a Fernanda, Lidia e Marcella...
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