La Ricchezza degli Scarti

di Claudia Trevisan

Si è già fatto cenno, nelle volte precedenti all'importanza rivestita dal Banco Alimentare all'interno dell'Associazione Nazionale Volontari Lotta contro i Tumori. Un importanza capitale.

Magari vi chiederete: cosa diavolo c'entra il Banco Alimentare con un'associazione che si occupa di assistenza ai malati oncologici? Oppure cos'è il banco alimentare? Rispondiamo alla seconda domanda.

Anzitutto non è il banco dei salumi o formaggi di un ipermercato, ma, ironia a parte, il Banco Alimentare è una grande iniziativa che nasce dalla volontà di fornire, a chi non dispone dei mezzi di sostentamento adeguato, i prodotti di prima necessità sfruttando ciò che viene "avanzato" dai grandi o medi esercizi. Lo "spreco" (o meglio il surplus) da scarto diventa, così, il necessario per chi non ne dispone. Il primo Banco Alimentare nacque a Phoenix, Arizona, 30 anni fa.

Un tale di nome John Von Hengel, raccogliendo da negozi e ristoranti il surplus di cibo avanzato alla fine di ogni giornata per donarlo poi ai poveri della sua città, fonda, nel 1967, la St. Mary's Food Bank. Da quel momento in poi, la catena di solidarietà del Banco Alimentare crebbe sempre più fino ad oltrepassare l'Atlantico e approdare in tutta Europa. Da qui inizia il nostro racconto. In Italia, infatti, il Banco Alimentare è presente in diverse regioni e proporzionalmente alla sua espansione cresce anche il numero degli Enti che ad esso si rivolgono.

"La Fondazione Banco Alimentare, attraverso i 17 Banchi Alimentari raccoglie nei propri magazzini prodotti alimentari dalle principali aziende di produzione, dalla distribuzione, dalla Unione Europea e li distribuisce gratuitamente ad Enti ed associazioni caritativi presenti in Italia. I prodotti sono qualitativamente integri, ma per regioni di mercato non possono essere commercializzati [Dallo Statuto di costituzione del Banco Alimentare]".

Secondo lo statuto del banco Alimentare, ogni ente, quindi, che ne faccia richiesta, può "usufruire" dei suoi servizi, se risponde ad alcuni requisiti minimi: per prima cosa ogni ente o associazione deve avere un carattere sociale, caritativo ed umanitario volto al reinserimento dei bisognosi; in secondo luogo deve disporre di locali adeguati ad una accoglienza dignitosa, che non deteriorino le merci rendendole inutilizzabili; in ultimo deve impegnarsi formalmente, pena la risoluzione della convenzione, a non utilizzare le derrate ai fini commerciali ed astenersi dall'impiego fraudolento dei viveri ricevuti (come la distribuzione a persone non bisognose). L'approvvigionamento, ovvero il reperimento delle merci (che, come si può ben immaginare, non avviene più girovagando, come faceva Van Hengel, per ristoranti o piccoli esercizi commerciali) è reso possibile da cinque macroraggruppamenti: Enti pubblici, l'Industria Agro-Alimentare, Grande Distribuzione, Ristorazione Collettiva, Mercati Generali.

L'eccedenza di produzione, garanzia di un buon funzionamento del Banco Alimentare, deve però essere specificata più analiticamente, affinché non si pensi che i prodotti siano semplicemente residui di merce invenduta con data di scadenza prossima. Tra le motivazioni, infatti, che generano un'eccedenza alimentare presso un'azienda le più frequenti sono dovute a dei difetti di confezionamento traducibili, per esempio, in imprecisioni presenti nelle etichette di definizioni del prodotto. Spesso troviamo dei prodotti che sono stati concepiti come elementi di una campagna promozionale che nel frattempo si è conclusa o non è stata interamente realizzata. Vi è poi il caso delle cosiddette campionature: il prodotto è stato concepito come un campione gratuito di cui è vietata la vendita. I campioni residui vengono quindi prelevati e utilizzati dal Banco. Altro motivo di eccedenza alimentare è dovuto alle stagionalità del prodotto che viene consumato quasi esclusivamente in un particolare periodo dell'anno; cessato tale periodo, pur essendo ancora commestibile, non viene più commercializzato (l'uovo di Pasqua, il panettone, ecc.).

Talvolta, invece, le merci non si adeguano a quelli che sono comunemente definiti, standard fisici, ovvero quando, sebbene perfettamente commestibili, i prodotti non rispettano alcuni degli standard qualitativi aziendali (per es. salami le cui carni subiscono piccole variazioni nelle percentuali di sali e aromi). Anche se può sembrare paradossale, alcuni prodotti vengono tolti dagli esercizi perché il loro packaging (il "look") viene considerato, dalla azienda produttrice, come "superato" rispetto alla nuova strategia di mercato, oppure vi è una cessazione dell'attività o, ancora, l'abbandono dell'area strategica di affari a cui il prodotto fa riferimento. Vi è poi il classico caso della "prossimità alla data di scadenza consigliata" dall'azienda per consumare il prodotto, così da gustare appieno le sue caratteristiche organolettiche. Se tale data è troppo ravvicinata a quella di acquisto la catena distributiva non accetta tale partita. Test di nuovi prodotti: per valutare la fattibilità tecnica dell'operazione di differenziazione di un prodotto si realizzano dei "campioni", non destinati alla vendita, che presentano varianti anche molto particolari rispetto ad alcune caratteristiche (gusto, qualità) del prodotto tradizionale, ciononostante consumabili e gradevoli al palato.

Nel tentativo dell'azienda di incrementare la presenza sui mercati e aumentare i ricavi vengono lanciati nuovi prodotti: facciamo l'esempio di un'ipotetica impresa che adotta una strategia di attacco nei confronti di un'altra impresa, leader del mercato. Allo scopo di essere presenti su numerosi punti di distribuzione vengono prodotti quantitativi superiori alla domanda corrispondente alla propria quota di mercato insieme ad un'intensa campagna promozionale, con la conseguenza che non tutta la merce viene venduta. Succede anche che prodotti consumati maggiormente durante particolari periodi dell'anno (per esempio, gelati e latticini d'estate), a causa di variazioni climatiche non previste dalla stagione in corso (estati fresche e piovose), rimangano invenduti, perché risulta esserci una eccedenza dell'offerta sulla domanda. In ultimo errori nella programmazione della produzione, quando i preventivi sulla quantità di merce da immettere sul mercato risultano maggiori rispetto alle vendite.

Dopo aver fornito queste informazioni su chi è il Banco Alimentare, è arrivato il momento di capire cosa c'entri un'associazione che si occupa di malati di cancro con l'approvvigionamento alimentare. In primis, nei precedenti numeri di "Più prevenzione, meno cancro" si è già fatto cenno che l'assistenza fornita dall'ANVLT è piuttosto varia: assistenza domiciliare, assistenza psicologica, servizio di trasporto e day hospital, ecc. Tra i vari servizi si era però già accennato al Banco Alimentare, in quanto diversi fra gli assistiti in contatto con l'Associazione necessitano anche di reperire i generi alimentari base. Normalmente sono anziani che vivono di pensioni sociali, i quali, più del contributo economico, hanno bisogno di generi di primo consumo, che peraltro l'Associazione parcellizza tenendo conto delle esigenze di questi. Nella cura della malattia, infatti, è importante anche una corretta alimentazione o, quantomeno, è importante evitare di assumere comportamenti alimentari scorretti. Allora, soprattutto quando ci si trova di fronte a casi di anziani che necessitano di una guida costante che li aiuti a superare la quotidianità, assisterli, anche con il rifornimento di prodotti adatti alla loro dieta, significa comunque prestar loro un consistente aiuto, anche se non lampante e immediato.

Per esempio, è il caso di non inviare ad un diabetico cibo non congrue con il regime alimentare adottato (biscotti troppo elaborati, bevande iperzuccherate, ecc.), ma è preferibile, qualora ce ne fosse la disponibilità, fornire quei cibi a chi può mangiare variatamente senza implicazioni ulteriori per la propria salute, ottimizzando così la parcellizzazione di questi prodotti. Quindi eccoci. Il quadro d'insieme si è definito e delineato nel corso di questa disamina, che oltre a fornire indicazioni, seppur sommarie, sul Banco Alimentare e sulle sue funzioni, ci mostra che la cooperazione fra Banco Alimentare e Associazioni tampona, anche se parzialmente, una delle falle più evidenti della società: la povertà. Questo perché, a dispetto della retorica, la povertà è uno di quei problemi che beffano il galoppante progresso, rimanendo una categoria ineliminabile della vita degli esseri umani. Concludendo bisogna rammentare e sottolineare un punto specifico che, seppur non esplicitamente, è stato preso in considerazione nel discorso sul Banco Alimentare: la sinergia che si stabilisce fra Banco e associazioni o enti che con esso collaborano. Sarà nostra premura informare il lettore su come si realizzi (almeno per quanto riguarda la nostra associazione) questa interazione: quali e quante persone sono coinvolte; come si prelevano i generi di primo consumo; secondo quali criteri avviene la parcellizzazione e soprattutto quanti assistiti beneficiano di questa risorsa.


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