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Giurisprudenza - Appalti |
TAR Campania – Napoli, Sezione I, sentenza del 17 aprile 2000 n. 1076, le determinazioni della Pubblica Amministrazione sull’informativa antimafia relativa a ditte partecipanti a gare per l’aggiudicazione di pubblici appalti. “L'informativa antimafia, resa dalla Prefettura al sensi degli artt. 4 d.lgvo n. 490/1994 e 10 e 11 del DPR n. 252/1998 non può essere considerata come meramente volta ad attivare il potere discrezionale di valutazione della stazione appaltante destinataria circa il permanere dell'aggiudicazione bensì determina ineludibilmente la sorte della medesima. Ciò in quanto la valutazione e la conseguente decisione circa la sussistenza di condizionamenti mafiosi dell’impresa, tali da imporre la cessazione di rapporti giuridico-economici con la P.A. non può che spettare ex lege in via esclusiva al Prefetto, ed è inconfigurabile - secondo canoni di buona amministrazione - un potere discrezionale dell’ente locale in funzione di contrasto alla criminalità organizzata” Omissis. DIRITTO Nel merito va premessa una sintetica ricostruzione dei fatti e dei motivi del ricorso. Con la delibera n. 58 del 19.2.1998 il Consiglio d'Amministrazione del CISI, sulla base delle risultanze della gara per l’appalto de quo, ha sancito l’aggiudicazione in favore della ricorrente impresa R. S.p.A. La certificazione antimafia è stata richiesta con nota n. 2826 del 23.4.1998 e fornita dalla Prefettura con la prima informativa datata 7.5.1998 (prot. 1/24 A). In essa si dava atto dell'insussistenza di cause interdittive ex art. 10 Legge 3l.5.l965 n. 575 e nel contempo - ai sensi dell’art. 1 septies del DL n. 629/1982 - si fornivano, agli esiti degli accertamenti operati dalla Commissione composta dai rappresentanti delle forze dell'ordine - le ulteriori informazioni "utili ad orientare le scelte discrezionali" della stazione appaltante, concludendo che "non e' possibile escludere condizionamenti della criminalità organizzata nella conduzione aziendale" dell'impresa interessata. Il C.I.S.I., dopo aver acquisito i pareri dei legali di fiducia - entrambi escludenti l’efficacia interdittiva della nota prefettizia – essendo sopravvenuto il DPR n. 252/l998 ha chiesto in data 22.9.1998 nuova informativa. Quest'ultima è intervenuta in data 6.11.1998 - successiva alla delibera di aggiudicazione definitiva che nelle more l'Amministrazione ha approvato per non perdere i finanziamenti connessi all'opera pubblica "de qua" - e ha precisato, ai sensi dell'art. 4 D.Lgvo n. 490/1994 ed artt. 10 e 11 DPR n. 252/1998, che "all’esito degli ulteriori accertamenti istruttori esperiti… sebbene non siano emerse cause di divieto e di decadenza di cui all'art. 10 della L.575/1976... tuttavia allo stato sussiste il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata". Gli ulteriori accertamenti di cui sopra sono stati acquisiti agli atti di causa con sentenza interlocutoria di questa Sezione e sono risultati consistere nel rapporto del gruppo ispettivo antimafia (verbale relativo alle sedute del 21 e del 28 ottobre 1998), appositamente nominato dal Prefetto in ordine alla pratica in esame. 2.2 A sostegno del gravame la società interessata muove due ordini di contestazioni, l'uno relativo al comportamento del CISI l'altro afferente I'informativa prefettizia, che viene ritenuta viziata nei tempi - in quanto intervenuta in relazione ad un rapporto in corso, già ritualmente delibato ai fini antimafia - e nelle conclusioni, non essendovi addebiti penali per il reato di cui all'art. 416 bis c.p. né sottoposizione a misure preventive a carico delle persone fisiche che costituiscono, rappresentano o dirigono l'impresa R, e tantomeno potendosi configurare infiltrazioni o tentativi di infiltrazione mafiosa nella medesima società. Con il primo motivo di gravame la ricorrente lamenta l'errata applicazione dell’art. 1 septies del DL n. 629/1982 in quanto il procedimento di acquisizione delle informazioni si sarebbe esaurito con la nota prefettizia del 7.5.1998, per cui, nel prendere atto che detta nota non era interdittiva ma semplicemente partecipativa ovvero supplementare, il CISI avrebbe dovuto procedere alla stipula del contratto di appalto non potendo o dovendo esercitare alcun potere discrezionale di valutazione in merito alle informazioni fornite. In altri termini sostiene la ricorrente che una volta ottenuta l’informativa che ha consentito l’aggiudicazione non è più possibile invertire tendenze ed incidere su posizioni già valutate laddove la delibera di revoca impugnata è direttamente connessa e conseguenziale al rinnovo della richiesta di informativa illegittimamente avanzata dal CISI sul falso ed errato presupposto che la semplice pubblicazione del DPR n. 252/1998 legittimasse un rinnovo dell'intero procedimento. Con il secondo motivo l’interessata denunzia l'illegittimità dell'operato della Prefettura, deducendo la non emersione di elementi di natura giudiziaria o indiziaria di coinvolgimento, diretto o indiretto mediante società collegate e/o controllate, in attività criminose di stampo mafioso. In particolare evidenzia l'insussistenza di precedenti penali a carico dei componenti della famiglia R., di coloro che amministrano la società e di quelli che ne detengono significative quote societarie. La natura non interdittiva delle richiamate note prefettizie del 7.5.1998 e del 16.11.l998 viene poi desunta anche dal comportamento del CISI che, anche sulla scorta del rinnovato parere dei legali di fiducia, ha comunque ritenuto di dover procedere nel rapporto di appalto con l'impresa, aggiudicandole definitivamente l'appalto con la delibera n. 276/1998. Con l'ultimo motivo la società interessata si duole dell'omessa comunicazione di avvio del procedimento nonchè dell'omessa motivazione del procedimento di revoca da parte del CISI. 3. Oggetto del giudizio e il ripetuto provvedimento del CISI di revoca de1l’aggiudicazione, determinato a sua volta dall'informativa antimafia, resa dalla Prefettura al sensi degli artt. 4 d.lgvo n. 490/1994 e 10 e 11 del DPR n. 252/1998. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Sezione, sulla natura ed il valore rivestito dall'informativa prefettizia si fonda l'intero procedimento conclusosi con la delibera di revoca dell'aggiudicazione. Invero tale informativa non può essere considerata come meramente volta ad attivare il potere discrezionale di valutazione della stazione appaltante destinataria circa il permanere dell'aggiudicazione bensì determina ineludibilmente la sorte della medesima Ciò in quanto la valutazione e la conseguente decisione circa la sussistenza di condizionamenti mafiosi dell’impresa, tali da imporre la cessazione di rapporti giuridico-economici con la P.A. non può che spettare ex lege in via esclusiva al Prefetto, ed è inconfigurabile - secondo canoni di buona amministrazione - un potere discrezionale dell’ente locale in funzione di contrasto alla criminalità organizzata. In definitiva il sistema normativo vigente non consente alcun rimando alla scelta della stazione appaltante circa la decisione sull'idoneità antimafia dell'imprenditore di rendersi appaltatore di lavori pubblici. Quanto sopra rende l'operato del C.I.S.I. immune dai vizi denunciati, in quanto una volta ricevuta l’informativa cd. positiva non poteva che trarne le dovute conseguenze, procedendo alla revoca dell'aggiudicazione. In ordine alla dedotta illegittimità della seconda richiesta, va osservato da un lato che lo jus superveniens (dPR n. 252/1998) consente il ricorso all'informativa anche nel corso del rapporto dall'altro che il rinnovo della verifica nella specie si imponeva in relazione alla formula perplessa ("non è possibile escludere condizionamenti di ordine camorristico nella conduzione aziendale") adoperata nella prima nota prefettizia datata 7 maggio 1998 (sul punto v. sentenza di questa Sezione n. 3122 del 1997). 3.1 La legittimità dell'operato della Prefettura va ovviamente valutato alla stregua del contenuto de1l'informativa di cui alla nota 16 novembre 1998 dalla quale deve ritenersi superata ed assorbita la precedente comunicazione del 7 maggio 1998. Detta informativa è stata resa "all’esito degli ulteriori accertamenti", risultati consistere nelle valutazioni del gruppo ispettivo antimafia (GIA), all’uopo istituito, che ha ritenuto - sulla base delle relazioni degli organi di polizia e soprattutto delle risultanze della relazione della Commissione d'accesso, redatta in data 7.4.1998 - la sussistenza di tentativi di infiltrazione della organizzata, desumendone in buona sostanza la presenza quale imprenditore occulto nella società ricorrente. Sull’adeguatezza di tali elementi si appuntano le censure di parte, le quali evidentemente possono essere prese in considerazione nei limiti in cui non originano il sindacato di merito di questa Sezione ma solo la verifica di logicità e coerenza con le finalità della legge. AI riguardo va primariamente osservato che il G.I.A. non ha operato sulla base di ulteriori accertamenti dai quali siano emersi nuovi e diversi elementi di conoscenza rispetto a quelli avuti presenti dalla Commissione d'accesso bensì si è determinato a seguito della rinnovata valutazione degli stessi fatti ed indizi. Per converso il giudizio finale si discosta da quello della competente Commissione - la quale aveva dato atto di non aver riscontrato l’esistenza dì condizionamenti da parte della criminalità organizzata ("di non essere in grado di raggiungere lo scopo richiesto")- senza che siano state fornite le motivazioni del contrario avviso. 3.2 Il dettato normativo impone che le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa vanno desunte dal provvedimenti di carattere penale o dalle misure di prevenzione specificamente indicate ovvero dagli accertamenti disposti dal Prefetto (art. 10, comma 7, lettere a, b e c del dPR n. 252/1998). 3.2-1 Nella specie, per quanto riguarda i primi (precedenti penali e misure di sicurezza) l'addebito più rilevante è a carico di R., già amministratore ed attuale socio, per il quale viene evidenziato che "si è aggiudicato molti appalti pubblici a seguito di corruzione di pubblici amministratori". Si tratta evidentemente di pregiudizi, per reati comuni e non pertinenti con la normativa antimafia, che se indubbiamente connotano in senso fortemente negativo l'azione della società non appaiono idonei, in mancanza di più puntuali argomentazioni, ad attestare un qualche collegamento con organizzazioni camorristiche. Del pari dalla relazione dalla Commissione d'accesso (pagg. 6-8) non emergono a carico degli altri componenti della famiglia R., degli amministratori e dei dipendenti della società precedenti penali per reati connessi alla delinquenza organizzata. Maggiore attinenza assumerebbe il rilievo avente ad oggetto la partecipazione dei coniugi R. in società venduta a persone sospette di associazione mafiosa (pag. 15 della relazione) se la vicenda non fosse avvenuta in data remota (aprile 1981) ed il collegamento con ambienti camorristici non fosse del tutto indiretto (essendo gli acquirenti prestanomi di persona che dopo alcuni mesi ha rivenduto ad un parente del noto pregiudicato di cui trattasi). 3.2-2 Gli elementi indiziari (lettera c art. 10 dPR n. 252/1998) si sostanziano invece in due filoni, l'uno concernente la vicenda dell'acquisto (mediante fusione per incorporazione) della società I. (già S.), l'altro afferente i rapporti commerciali intrattenuti con una serie di imprese da considerare espressione diretta e/o collegate a vario titolo con esponenti della criminalità organizzata. Per quanto riguarda l'incorporazione dell'I.- società facente capo a S., imprenditori ritenuti collegati al clan camorristico di C., figli di M., già sottoposto insieme ad altro figlio a misure di prevenzione disposte ai sensi della normativa antimafia dal Tribunale di Napoli - va rilevato che, per le modalità in cui è avvenuta e per i successivi sviluppi dei rapporti tra le parti, la vicenda non assume particolari connotati di significatività ai fini che interessano. Invero si tratta di un'operazione anch'essa risalente nei tempo (febbraio 1987), la cui efficacia è stata subordinata alla conferma in sede giudiziaria dell'estraneità dei soci dell'I. alla delinquenza organizzata. Ancora, non vi sono stati rapporti ufficiali e diretti con il succitato fratello Bruno - che non figura tra i contraenti e che comunque si è visto revocare le misure di prevenzione inflittegli così come per la società in parola risulta rilasciato il certificato antimafia (nota 16/1/1987) Soprattutto v’è da osservare che i rapporti tra le parti sono stati contrassegnati sin dall'inizio da una marcata conflittualità, sfociata in una vertenza civile conclusasi con un lodo arbitrale ed in una denunzia di R. contro i S. per truffa e falso in bilancio. Per converso le circostanze dell’assunzione della carica di amministratore dell'I. da parte della moglie di R. nonchè dell'elemento di continuità individuato nell'Ing. V., che ha ricoperto la carica di amministratore anche dopo l'acquisto e sino al 1992, appaiono indizi non univoci in quanto vicende rientranti nella normalità dei casi di incorporazione, atteso inoltre per il V. il rilascio della certificazione antimafia con nota del 16.1.1987. Per quel che concerne i collegamenti con esponenti della criminalità organizzata, essi vengono desunti dall’esame del tabulato contenente l'elenco dei clienti e di quello dei fornitori. La dubbia portata di tali dati può inferirsi dalla considerazione della trentennale operatività nel settore dell'impresa, con la conseguente molteplicità dei rapporti instaurati, tra i quali quelli indicati non risultano idonei a supportare le conclusioni negative, atteso le repliche di parte circa la ridotta entità degli importi di alcuni, il tempo remoto di altri, il contenzioso cui hanno dato luogo altri ancora. Da ultimo non appare assumere valore determinante neppure il riferimento alla partecipazione della R. nel Consorzio "C.", in cui il vicepresidente e due imprese consorziate sono risultate imputati per collegamenti con la criminalità organizzata, addebito contenuto nel rapporto della D.I.A. del l2.6.1997. Invero siffatta partecipazione non può ritenersi di per sé elemento sintomatico del collegamento allorché non assuma i caratteri della abitudinarietà. Ciò senza considerare l'elevato numero delle imprese consorziate. In definitiva, pur avendo presente la difficoltà e la complessità dell'accertamento onde trattasi e pur apprezzando le esigenze di prevenzione criminale cui risponde l'azione amministrativa in materia, il Collegio, alla luce degli elementi di conoscenza come sopra acquisiti -incentrati sui precedenti penali e di polizia a carico di amministratori, soci e dipendenti e sui collegamenti con esponenti della criminalità organizzata quali soggetti condizionanti le scelte e gli indirizzi della società - ritiene che allo stato non può dirsi sufficientemente provato il giudizio di pericolosità espresso dalla Prefettura ai sensi della normativa antimafia. Per le suesposte considerazioni il ricorso è fondato e deve essere accolto, con assorbimento dei motivi non espressamente esaminati. |
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