1 maggio 1999
Cara Martina,

 Sono contento che nella lettera tu dica che non sei così pressata a conoscermi. Anch’io ho resistito alla voglia di incontrarvi, perché ci potessimo prima conoscere meglio scrivendoci. Ma ormai il guaio è fatto. Forse non è proprio un guaio. E poi possiamo conti-nuare a conoscerci meglio anche per lettera.

Vengo ora alla guerra del Kosovo. Sono un po' imbarazzato a risponderti perché anch’io la penso come te. A vedere tutto quello che stanno facendo ai poveri deportati del Kosovo, viene una rabbia che ti farebbe quasi venire voglia di andare anche tu a menar le mani. Milosevic è cattivo. C’è chi dice che sia un pazzo e come tale ha la sua logica che noi non conosciamo. 
Ma poi, a vedere anche gli orrori dei bombardamenti, a pensare alle povere popola-zioni della Serbia che passano la notte nei rifugi, che possono morire sotto le bombe, che si vedono la casa distrutta, si vorrebbe che la guerra finisse, anche a costo di darla vinta a Milosevic. 
Così, uno non sa veramente cosa pensare. La ragione che ci ha spinto a bombarda-re la Serbia è giusta, ma i risultati non lo sono. Si poteva fare diversamente, si può metter-si a ragionare? Purtroppo non ho risposte. Possiamo solo sperare che la fine sia vicina. Se va avanti ancora un poco, temo che verremo presi dalla disperazione, dal senso di impo-tenza a fare qualcosa. 

Ciao

zio Lucio