La storia incomincia con un trasloco: c'è una nonna che,
sposati i figli e morto suo marito, vive da sola Prima è ancora
piena di energia e di voglia di fare e poi col progredire dell'età
, è sempre più debole e bisognosa di cure.
Il trasloco è quello che la porta
a chiudere la sua casa di città per andare a vivere con sua figlia
, suo genero e le sue nipoti per trascorrere con loro gli ultimi dieci
anni della sua vita.
Il trasloco è sempre un 'avventura
triste ed affascinante allo stesso tempo. La tri-stezza è per i
cambiamenti, i distacchi, la sensazione che qualcosa sia finito per sempre;
il fascino sta nel fatto che quando si trasloca, si è costretti
aprendo cassetti e rovistando ar0madi, a disseppellire ricordi e a rivivere
il passato in modo più lucido e consapevole di quanto si sia potuto
fare prima, nei periodi normali.
Ci si separa dalle finestre, dal cortile
da quel pezzo di cielo rimasto tra due case, dagli uccellini sul pino di
fronte al balcone, dai disegni che fanno le macchie del marmo delle scale,
ma poi si ritrovano i quaderni dei figli piccoli, i cappellini della nonna
le fotografie dei matrimoni di famiglia, i rosari neri con le croci d'argento
ed i fazzolettini di seta ricamata, così belli che nessuno ha mai
avuto il coraggio di usarli.
Se poi la nonna in questione è
stata anche una maestra, ecco che spuntano fotografie e ricordi di bambini,
dediche affettuose di scolari, bianchi vestiti della Prima Comunione, neri
grembiulini coi fiocco blu, e tante parole d'affetto e di ringraziamento
conserva-te gelosamente nelle buste rosse dei documenti scolastici. Si
è insomma, obbligati a fare un inventario delle cose che più
si amano o si sono amate e si ripercorrono così tutte le tappe della
propria vita.
Aggiungiamo qui che quella nonna-maestra
della quale stiamo parlando era sempre stata precisa, ordinata e scrupolosa
e soprattutto puntuale nello svolgere i suoi doveri scolastici, e cerchiamo
di capire che cosa ci fanno, sotto tutte quelle carte, venticinque te-sti,
come li chiamate voi, o temi come li chiamavamo noi, o componimenti, come
li chiamavano loro, accuratamente conservati, ma che nessuno ha mai riletto
o tanto meno corretto.
Guardiamo: c'è scritto 10 maggio
1936 e dopo c'è un numero romano che si legge "quattordicesimo"
e che i bambini di oggi non hanno mai scritto, vicino alla data.
La nonna è molto stanca, un po'
frastornata per il cambiamento: deve adattarsi a nuove abitudini, ad una
nuova vita, a presenze che le sono care, ma che le impongono il turbinare
delle loro giovani vite o la frenesia dei loro ritmo di lavoro .
Gli oggetti ed i ricordi accumulati nella
sua vita prendono la strada della sua casa di campagna o vengono conservate
gelosamente nella scura, vecchia libreria che ha trovato posto nella sua
nuova camera, nella sua nuova casa
Là in fondo, dietro ai libri più
amati che lei non smette di rileggere, dormono ancora per un po' dimenticati,
nella busta rossa dei documenti scolastici, i temi ingialliti e gli errori
sbiaditi dei bambini di una quinta elementare del 1936, quattordicesimo
anno dell'era fa-scista..
Quella nonna, si sarà capito, oltre
ad essere una maestra, è anche una grande, instancabile , lettrice
Ora chi legge molto, dopo un po' è
preso quasi sempre, da una voglia irrefrenabile di scrivere perché
gli sembra di poter comunicare bene con gli altri raccontando i suoi pensieri
sulla carta proprio come i suoi amati autori hanno fatto con lei. Così
è capitato anche a lei: sapeva raccontare delle belle storie e,
quando è rimasta sola, dopo la morte del nonno, la sua nipote più
grande, di otto anni, le ha scritto una bella letterina firmata anche dalla
nipote più piccola, di cinque, nella quale le chiedeva di raccontare,
scrivendole, tutte le storie della sua vita. Lei non se l'è fatto
ripetere due volte ed ha scritto, per quasi un anno, tutte le cose belle
e brutte che aveva vissuto, da quando era piccola fino alla nascita della
mamma delle bambine, ( solo fino lì perché poi la storia
doveva essere sua figlia a continuarla ... )
Nel librone che ne è venuto fuori
ci sono alcune pagine che, a leggerle, incominciano a darci qualche indicazione
sui nostri temi sepolti nell'armadio.
La nonna, infatti, quando non era ancora
una nonna, e neanche una mamma, ma solo una giovanissima maestra piena
di entusiasmo e di energia, per qualche tempo aveva fatto scuola in un
piccolo paese che si chiama Mezzenile, un paese non lontano dal suo, ma
più in alto, sulla montagna .
Era l'anno 1935, la maestra arrivava al
mattino con il treno ed alla stazione c'erano sempre delle bambine che
l'aspettavano per fare la strada con lei. Facevano insieme la salita che
attraversava un torrente chiacchierino ed arrivavano a scuola, una piccola
scuola vecchietta a destra della chiesa. Andare a scuola per quei bambini
spesso era un lusso perché dovevano sbrigare un mucchio di lavoro
nei campi e con le bestie, per aiutare i loro genitori. Alcuni papà
erano chiodaioli, cioè facevano i chiodi ed i bambini erano chiamati
ad aiutarli "tirando il mantice" per ravvivare la fiamma della fucina.
I bambini pranzavano a scuola, non alla
mensa, ma con il pane ed il formaggio fatto in casa che tagliavano con
i coltelli a serramanico che tutti possedevano. Scendevano fino a Mezzenile
dalle frazioni alte, con gli jabot ai piedi, (gli jabot sono zoccoli intagliati
nel legno nei quali infilavano le calze di lana grezza, filata in montagna).
Erano gli anni della guerra d'Africa e
molti uomini erano lontani a combattere una guerra di conquista che sembrava
ci dovesse far diventare ricchi, potenti e stimati dagli altri popoli.
A Mezzenile, in primavera, sbocciano moltissimi
fiori. C'è ancora una spruzzata di neve ed ecco nascere i bucaneve,
poi le primule, le viole, le genzianelle, le maggiorane, i mughetti, i
rododendri: la cattedra della maestra era sempre piena ed anche le sue
braccia al ritorno a casa la sera.
Tre anni restò la nonna a Mezzenile,
tre anni sempre rivissuti nel ricordo con la dolcezza dei rimpianto, tre
anni in cui insegnare, cantare e vivere con dei bambini che non avevano
mai avuto una maestra che giocasse con loro ad arrampicarsi sulla montagna
e facesse le gare a saltare i torrenti o andasse a trovarli nelle loro
baite, in alto verso i piano-ri prima delle vette.
In quei tre anni furono scritte tante
parole e raccontate tante storie: molti giovani erano in Africa in Grecia,
in Albania, sempre inseguendo il sogno di qualcuno che voleva fare degli
italiani dei conquistatori e dei dominatori di popoli ed invece li disperdeva
nelle sabbie dei deserti o nei ghiacci delle montagne
I bambini queste cose non le sapevano,
né avrebbero potuto saperlo visto che anche i grandi erano male
informati ed era difficile sapere la verità.
Facevano i loro compiti, sbrigavano le
faccende di casa e si preparavano agli esami di quinta. Speravano tutti
di essere promossi, molti sapevano che per loro quello sarebbe stato l'ultimo
anno di scuola.
Chiudiamo per un momento il libro delle
storie e lasciamo ancora una volta scorrere gli anni. La nonna ha avuto
una lunga vita che è terminata nel 1997, all'età di ottantotto
anni.
Nella sua casa di campagna, nel paese
dove lei è tornata per sempre a riposare vicino a suo marito, davanti
alle montagne, i ricordi e la testimonianze della sua vita, i racconti
e le immagini della sua numerosa famiglia, vengono ora raccolte con cura
ed affetto.
La sua figlia - maestra - un giorno riapre
la busta rossa e ritrova i foglietti sottili dei "componimenti" dei bambini
di Mezzenile.
Conserva, come documenti preziosi, quelle
parole lontane.
Le voci dei bambini raccontano della scuola
di tanti anni prima, ma parlano anche della storia di allora, della loro
vita sulle montagne del lavoro che li aspetta, dell'affetto per la loro
maestra che stanno per lasciare.
La loro lettura la porta lontano nel tempo,
quando lei non era ancora nata e la sua mamma era una "maestra montanara".
Ripensa a tutte le volte che, in campagna,
d'estate, nei giorni di festa o di mercato, quando lei e suo, fratello
erano piccoli, la loro mamma ritrovava, per caso, all'improvviso, qualche
suo vecchio alunno. Al suo stupore, con un filo di gelosia, per l'improvvisa
tenerezza che nasceva da quegli incontri: robusti montanari ed indaffarate
contadine, signore con bambini piccoli in braccio, e distinti giovanotti
che dicevano con dolcezza: "La mia maestra !" e snocciolavano ricordi ridiventando
bambini quando lei li salutava con una carezza sulla guancia o con il loro
nome al diminutivo, come a scuola, senza usare con loro il dialetto, come
al paese faceva raramente era di nuovo la loro maestra e loro erano ancora
" i suoi bambini".
Il 20 maggio 1936 gli esami erano proprio
vicini: Quell'anno, per ordini superiori, le scuole finivano prima dei
tempo perchè sarebbero state requisite dai soldati venuti ad sercitarsi
in montagna: per fare "le manovre estive", come precisa Antonio..
I trentun bambini della classe quinta
hanno un poco paura degli esami finali: qual-cuno di loro ha già
perso degli anni di scuola non perché sia un fannullone, al contrario,
proprio perché il suo lavoro non è solo quello di fare i
compiti e seguire le lezioni, ma è fatto di aiuto in casa, in montagna,
nella fucina, nei boschi, con i fratellini più piccoli. Nei loro
"componimenti" poi serpeggia, con fiduciosa incoscienza, la parola "guerra,"
gloriosa av-ventura che gl'invincibili soldati italiani stanno vivendo
nei lontani paesi africani, dove si sono spinti a cercare "un posto al
sole" ed a portare "la civiltà".
Cambiamo un momento scenario e ritroviamoci
a Torino , Scuola Elementare "Franca Mazzarello", classe quinta B, tempo
pieno, dieci femmine ed undici maschi che stanno vivendo il loro ultimo
anno di scuola elementare, anno 1998, senza numeri romani al seguito.
Sull'intera parete sinistra della classe,
in rigoroso ordine cronologico, sono attaccate quasi un centinaio di fotografie:
vi è rappresentato tutto l'arco del novecento, attraverso i volti
dei bambini, dei loro genitori, dei loro nomi, dei loro bisnonni e dei
loro trisavoli. Vecchi e neonati scolaresche e gruppi di famiglia, si alternano
ad immagini di soldati in uni-forme ed a sposi nel giorno del loro matrimonio.
Sono la storia di ventun bambini e delle
loro maestre, raccontata per immagini, vici-ne e lontane nel tempo. Dietro
ciascuna di loro si apre lo scenario di una vita e dietro quelle vite scorre
la storia di una nazione che cento anni hanno radicalmente cambiato e che
proprio per questo devono essere studiati con attenta cura e l'ascolto
di molte voci..
E' subito chiaro che nell'arco di quest'
ultimo secolo si aprono due profonde ferite che hanno cambiato il volto
di paesi e città e soprattutto, la sorte di migliaia di famiglie:
so-no quelle inferte dalle due guerre mondiali con il loro carico di paura,
distruzione e morte.
Non sono sufficienti le scarne e sbrigative
pagine dei sussidiari per conoscerle e neppure le "ricerche " su testi
più completi, spesso troppo aridi e complicati: occorrono an-che
testimoni veri, voci dirette, interlocutori che rispondano alle domande
e chiariscano meglio le cose lette.
Questi bambini di Torino hanno degli amici,
dei "corrispondenti" che vivono a Lanzo, il paese dove è nata la
nonna della quale abbiamo già parlato ed anche sua figlia, che è
poi la loro maestra. In più hanno un'amica un po' speciale che ha
quasi ottant'anni, scrive poesie in dialetto piemontese, è un'insegnante
in pensione, era molto antica della nonna, è un'illustre membro
della Società storica delle valli di Lanzo, è stata coinvolta
in prima persona negli avvenimenti più importanti delle due guerre
mondiali, e sa fare dei buonissimi biscotti.
I "corrispondenti sono i ventitrè
bambini della classe quinta B, a tempo pieno, della Scuola Elementare Statale
"Giovanni Cena" di Lanzo e la loro maestra. La loro amica è la Professoressa
Ines P. che loro, dopo averla conosciuta ed averne mangiato i biscotti,
chiamano ormai affettuosamente "lnes". Sono nate amicizie e si sono scambiati
lavori e progetti e le due maestre di storia, quella di Lanzo e quella
di Torino, hanno deciso di cercare, con i loro scolari, i testimoni di
due importanti giornate del '900: Il 10 giugno 1940 ed il 25 aprile 1945;
il momento tragico dell'entrata in guerra e quello, glorioso, ma pieno
degli errori e delle sofferenze passate, che rappresenta la fine della
guerra di Liberazione.
S'intervistano nonni, si snidano anziani
signori, si vanno a trovare signore pronte a raccontare e ricordare per
loro.
E' a questo punto che alla maestra di Torino
(che però è nata a Lanzo) tornano in mente i famosi foglietti
ingialliti nella busta rossa dei documenti della nonna. Li porta a scuola
e presenta così ai suoi allievi trentun nuovi amici, ma questa volta
un po' particolari perché sono dei loro coetanei di sessantadue
anni fa.
I temi vengono letti con estremo interesse,
"decifrati" con cura , ricopiati ed utilizzati per trarne un'enorme ricchezza
di "dati". storici, sociali, ambientali, scolastici, cronologici.... "Che
simpatico doveva essere questo bambino, maestra!" dice qualcuno. "Pensa
che questa bambina dice che d'estate le sarà affidato suo cugino
di pochi mesi, ma non è troppo piccola?" si stupisce un'altra, "Chi
sono i chiodaioli maestra? " vuol sapere un terzo. "Volevano proprio molto
bene a tua mamma!", concordano tutti.
"Ma adesso, quanti anni avrebbero ? "
Contiamo. Novantotto meno trentasei, più dieci..... fa ..... settantadue!
E se qualcuno era più vecchio perché
era stato bocciato? Allora anche settantatrè, settantaquattro .........
Quanti anni ha Ines, maestra?" Ma ..... allora forse ci sono ancora!
Come si fa a cercarli?
Abitavano tutti a Mezzenile.
Torino, 18 Novembre, 1998
Gentile Signor
.........................................................................
Chi le scrive è la figlia di
una sua antica insegnante elementare (Cristina G. di Lanzo), che fu a Mezzenile
nel 1936.
Qualche anno fa, quando mia mamma c'era
ancora (è mancata da meno di due anni), riordinando le vecchie carte
di famiglia, a Lanzo, ho trovato un mucchietto di temi scritti dalla sua
classe quinta, a Mezzenile, nel 1936. E' di lì che abbiamo saputo
che lei era uno dei suoi alunni.
Sono temi che non sono stati corretti
e perciò mia mamma non li ha restituiti, riservandoci la sorpresa
di ritrovare intatte le voci dei suoi scolari a distanza di ben sessanta-due
anni.
Anch'io sono una maestra e quei vostri
temi mi sono serviti più volte per raccontare ai miei alunni, in
quinta, la storia della vita in montagna in quegli anni e come si viveva
in un'Italia, che era sull'orlo della guerra. Quest'anno in particolare
i miei scolari si sono appassionati alla storia dei '900 e quei temi sono
diventati oggetto di lavoro e ricerca come documenti preziosi.
Ogni bambino ha trovato un amico lontano
nel tempo ed ha lavorato sulle cose che aveva scritto.
Naturale che venisse fuori la voglia
di sapere se "quei bambini" c'erano ancora. Fidandoci delle parole di affetto
che gli scolari di Mezzenile esprimevano in quei temi per la loro maestra,
ci siamo chiesti se avessero ancora memoria di quei giorni e se adesso
con la saggezza e la storia di tutta una vita, fossero disponibili a riviverli
per noi e ad aiutarci a studiare "dal vivo".
Ci siamo permessi di farci aiutare
a ricercavi, abbiamo appreso i nomi di chi non c'è più, ma
abbiamo anche scoperto con gioia che molti vivono ancora a Mezzenile. Sono
perciò stata delegata dai nùei bambini a scrivervi. li nostro
desiderio naturalmente, è quello di stabilire, in qualche modo,
un contatto con voi per lettera, per telefono o addirittura facendovi una
visita al vostro paese. Pur abitando a Torino, io ho la casa dei miei vecchi
nella frazione Oviglia di Lanzo dove trascorro molti fine settimana e lunghi
periodi estivi.
La prof Ines P. di Lanzo ci ha aiutato
nelle nostre ricerche.
Vi ringraziamo anticipatamente nell'attesa
di avere una vostra risposta.
Unisco l'abbraccio dei miei bambini,
che hanno avuto il privilegio di conoscerla co-me un loro coetaneo attraverso
il tempo ed attendono di ascoltarla come nonno oggi.
Mariavittoria F.
Scuola Elementare "Franca Mazzareiio" ,Torino
Una domenica freddissima la maestra di Torino
e quella di Lanzo salgono In macchina fino a Mezzenile con la vaga speranza
di ritrovare qualche "bambino" dei 1936.
Pensano a come sarebbe bello sguinzagliare
i loro quarantaquattro scolari su per la montagna alla ricerca dei loro
coetanei dei passato, ma non potendo farlo, ci provano almeno loro.
Alcune lettere sono già partite
quindi avrebbero qualche indirizzo a cui bussare, ma sembrerebbe loro di
compiere un'indiscrezione troppo grande: non tutti hanno voglia di ri-cordare
e comunque ricordare con qualcuno è un atto di amicizia che deve
mescolare la curiosità alla delicatezza e non nascere da una forzatura.
Così fotografano il paese, la chiesa,
la piazza, il cimitero le montagne ed osservano un gruppo di ragazzi che
progetta il pomeriggio domenicale immaginando la stessa scena sessant'anni
prima...
Ma il giorno dopo al telefono una voce
commossa ringrazia dei "dono" del suo antico componimento e si perde nella
dolcezza dei ricordi e poi altri lo seguono stabilendo un filo diretto
che unisce passato e presente, le case arrampicato sulla montagna e lo
squa-drato quartiere della città, i bambini di due tempi lontani
tra loro, la maestra di un tempo e quella di oggi., la storia del tempo
passato e quella del tempo presente.
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