L’unica cosa che ho percepito è il cambiamento avvenuto nei primi anni del secolo: da una poetica alla Carducci piena di sicurezza, di senso della vita piena e compiuta, di eroi, si è passati ad una poetica alla Pascoli e D’Annunzio, basata sull’individualismo, sulla incertezza, sulla perdita di speranza e di chiaro senso dell’esistenza.
Sono seguiti poi i vari movimenti d’avanguardia, il futurismo. Ma ancor prima, i vari movimenti di giovani letterati attorno a riviste come il Leonardo di Papini e poi la Voce (Prezzolini?) e tante altre riviste.
C’è stato poi un ritorno al valore della letteratura come modo di raccontare il mondo. Forse uno dei primi grandi romanzi è Gli Indifferenti di Moravia. Si parla anche del Tozzi, di Gadda.
Non mi è risultato molto chiaro cosa abbia caratterizzato, dopo la seconda guerra, la nostra letteratura (ermetismo, fine dell’ermetismo, cambiamento del rapporto scrittore-lettore come in Calvino).
(A proposito di riviste, in realtà ai miei bei tempi sapevo che esisteva la Fiera Letteraria e ne avevo comperato anche qualche numero. Forse mi ero abbonato. In ogni caso, di ricordi di quelle letture e delle notizie che davano sui movimenti in atto, non mi è rimasto nulla).