Presentazione ad un convegno a Venezia
L'85% della popolazione europea vive in zone urbane. Per questo l'Unione Europea non potrebbe non occuparsi di problemi urbani. Tutti i problemi per i quali i Trattati esplicitamente prevedono una competenza comunitaria, dall'ecologia al sociale, non solo si incrociano nelle aree urbane ma proprio in tale ambito manifestano il massimo della loro problematicità. Non c'è quindi da meravigliarsi se numerose sono le iniziative comunitarie con l'appellativo urbano. Anzitutto, un supporto orizzontale a promuovere innumerevoli collaborazioni tra città su problemi comuni per scambiare esperienze sul modo di affrontare problemi urbani tipici. I Fondi Strutturali dal Sociale al Regionale sono spesso coinvolti su progetti che riguardano problemi di ambito urbano, come le zone coinvolte da attività industriali in declino. Mettendo assieme le varie iniziative, si può concludere che emerga tra le aree prioritarie comunitarie una Questione Urbana.
Ma esiste una Questione Urbana con caratteristiche omogenee per le città
europee? La storia dello sviluppo delle città in Europa ha certo visto
traiettorie diverse e storie particolari spesso anche all'interno di uno stesso
Paese tra varie regioni. Eppure basta raffrontare le città europee con quelle
del Nuovo Mondo per accorgersi che le somiglianze tra le città europee sono
più forti delle differenze. Anzitutto un dato comune è evidente: malgrado le
differenze di storia tutte le città europee, sia quelle in pieno sviluppo che
quelle che hanno avuto il loro momento di gloria nel passato, hanno avuto un
ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà occidentale. Anzi, sono state
il luogo per eccellenza di detto sviluppo.
Una prima domanda da inserire nella Questione Urbana europea è se tale ruolo
sia ancora una caratteristica fondamentale dell'ambiente urbano o meno. Poiché
è difficile pensare ad un appellativo diverso da quello urbano per
caratterizzare il nostro vivere in Europa, la crisi delle città finisce per
essere la crisi della nostra civiltà. Se il cittadino perde il senso profondo
di appartenenza anzitutto ad una comunità urbana, è difficile pensare che esso
possa sviluppare quello di cittadino d'Europa. La Questione Urbana non può
pertanto non essere tra i problemi prioritari dell'Unione Europea.
Le difficoltà crescenti di vivere e governare la città sono particolarmente evidenti nei grandi agglomerati urbani. Tuttavia, un "malessere urbano" si diffonde anche tra le città con dimensione più gestibile. Quali le ragioni? E come intervenire? E la tecnologia, lo strumento principe dello sviluppo della civiltà occidentale negli ultimi secoli, può essere d'aiuto?
Dal punto di vista dell'organizzazione e dell'uso dello spazio urbano è evidente una eccessiva specializzazione e funzionalizzazione. Ciò ha reso meno efficiente l'uso dei servizi che caratterizzano lo spazio urbano ed il vivere e lavorare in città. Inoltre vi è una accresciuta interferenza dell'organizzazione dello spazio esterno attraverso la realizzazione di reti globali. Lo spazio è diventato "multidimensionale" con differenti metriche a seconda della variabile a cui si guarda: punti fisicamente lontani possono essere sentiti come vicini e viceversa a secondo dei mezzi di comunicazione esistenti che li collegano. La funzionalizzazione degli spazi richiede continui spostamenti dal luogo per dormire a quello per lavorare a quello per il commercio. Si è in mezzo alla moltitudine, ma non vi è tempo per rapporti umani. La perdita di rapporto tra propinquità (fisica) e vicinanza (comunicazione) fa sì che il cittadino si senta in disarmonia con lo spazio urbano. La sindrome che emerge è quella dell'alienazione.
Ma guardiamo alla città come ad uno spazio privilegiato per le attività
economiche. E' evidente una riduzione dell'efficienza. L'attività economica
che nel passato produceva "esternalità positive" adesso produce
"esternalità negative" non ultime quelle del degrado ambientale. La
"individualità" della città come centro di produzione di ricchezza
sta perdendo terreno rispetto ai fenomeni della globalizzazione delle attività
produttive che aumentano la volatilità dei fattori di produzione. La
sindrome è quella di perdita del senso di appartenenza ad una data città
diversa da tutte le altre con i suoi problemi ma anche con le sue
opportunità, con i suoi difetti ma con il suo fascino particolare. La città è
al servizio dei cittadini o di utenti esterni ed estranei?
Dal punto di vista dei processi a molte facce che nella città si
sviluppano si vede un declino nella capacità di governarli. La accresciuta
densità in tutte le variabili che caratterizzano l'ambiente urbano, a partire
dalla popolazione, è alla base di molti dei sintomi. Ogni sistema fisico ha
capacità limitate e quando esse vengono raggiunte, o il sistema ha possibilità
di crescere ulteriormente oppure si ha saturazione. é quanto avvenuto per molte
zone urbane. Tutto interagisce con tutto e diventa difficile gestire in modo
efficiente il sistema urbano. E' la sindrome di una complessità crescente ed
ingovernabile.
Se queste sono alcuni tratti salienti della sindrome di un malessere urbano
diffuso, passare alla diagnosi è difficile ed ancor più passare all'azione per
riprendere in mano i destini della città.
E' anzitutto necessario ricuperare fiducia che si possono affrontare, per quanto
complessi, i problemi e le situazioni urbane. Occorre tuttavia metodo e idee.
Proprio per la novità che molte delle situazioni presentano, il nostro bagaglio
di esperienze è carente perchè derivate da un passato quando i sistemi urbani
erano lontani dalla saturazione. Occorre riempire il "portafoglio di
soluzioni" possibili, di idee nuove adatte allo scopo. Ed è qui che la
ricerca e l'innovazione devono dare il loro contributo. In generale è
necessario un approccio creativo ai problemi della città. Il processo è in
corso e nuove idee ed approcci stanno emergendo. Vi è qui un ruolo importante
per la Unione Europea: aiutare il processo di sviluppo di nuove soluzioni ai
problemi urbani, di nuovi approcci creativi globali.
Il Programma ACT-VILL recentemente avviato dalla Direzione Generale Ricerca
della Commissione UE vuole dare un contributo generale proprio alla fase di
identificazione di idee nuove grazie sia all'uso di nuove tecnologia sia, e
soprattutto, ad un approccio ai problemi all'altezza della novità e della
complessità delle situazioni urbane.
L'idea di fondo è che la tecnologia possa contribuire solo se si riuscirà a sviluppare delle componenti tecnologiche adatte alla risoluzione di problemi urbani. Si tratta di sviluppare dei sottoinsiemi del sistema città, dei "blocchi costruttivi" con cui intervenire nelle città attuali per modifiche che non solo servano a rispondere ai problemi più urgenti, ma che rappresentino un cambiamento di direzione nello sviluppo del sistema urbano in direzioni che ci sembrino più consone a riprendere quel ruolo di sviluppo civile che sembra ora perso. Per sviluppare detti "blocchi costruttivi" occorre anzitutto partire da visioni più o meno utopiche - da scenari - che caratterizzino la città ideale integrante quei valori che vorremmo vedere realizzati nel vivere urbano. Questa visione globale, in quanto ci libera da vincoli posti da situazioni esistenti troppo immerse nelle complicazioni attuali, dovrebbero permettere di identificare detti sottoinsiemi su cui si basa la concezione globale di una città che risponda allo scenario. A questo punto il processo di disegno urbano globale si ferma avendo identificati i "blocchi costruttivi" e le tecnologie relative. Questi blocchi di tecnologie urbane vanno ad alimentare il portafoglio di idee per interventi su città concrete. Proprio perchè detti blocchi sono stati concepiti in una visione globale di città nuova, il loro inserimento in contesti esistenti per una risposta immediata ai problemi in esame, non dovrebbe essere in contraddizione con, anzi favorire una, dinamica intrinseca di cambiamento urbano nella direzione della città nuova immaginata.
Con riferimento al programma ACT-VILL lo scopo generale può essere
così sintetizzato:
· meglio comprendere il comportamento del sistema
città,
· concepire soluzioni usando le opzioni
tecnologiche, e verificare concettualmente il loro impatto,
· valorizzare la diversità e mettere a frutto le risorse locali,
· aggiungere valore alle iniziative locali
innovative fornendo uno schema comune di valutazione.
I risultati attesi del programma sono di aggiornare ed allargare il
portafoglio di soluzioni che aiutino a tradurre le sfide urbane percepite in
termini precisi di problemi da risolvere per avviare azioni concrete sulla
città.
Il Programma ACT-VILL identifica anzitutto tre scenari desiderati che si
prefiggono di attaccare i tre aspetti della sindrome del malessere urbano
(alienazione, perdita del senso di appartenenza, impotenza di fronte alla
complessità ed alla saturazione urbana):
- città agora: per una relazione armonica tra i cittadini e lo spazio
urbano,
- città glocale: per un bilanciamento tra il globale ed il
locale,
- città sostenibile: per assicurare un futuro stabile affrontando i
problemi invece di trasferirli.
I corrispondenti obiettivi sono così formulati:
Il Programma è ora in fase di attuazione. Al bando di gara per studi che rispondano a detti obiettivi numerose sono state le risposte da tutta Europa, a conferma dell'interesse per affrontare i problemi urbani con approcci nuovi. Gli studi selezionati partiranno tra breve. Il programma avrà il successo sperato se al termine di questa fase alcune città potranno utilizzare le proposte sviluppate per interventi concreti usando i "blocchi costruttivi" ("hard o soft") identificati.
Per meglio illustrare come l'approccio potrà svilupparsi si può fare
riferimento alle Tecnologie dell'Informazione e della Telecomunicazione. Per
queste possiamo già identificare nel portafoglio di idee esistenti dei
"blocchi di tecnologia" su cui innestare uno sviluppo della città
futura:
- infrastrutture di telecomunicazione (trasmissioni banda larga,
TV a 2 vie, autostrade
TLC, ecc),
- servizi di TLC (VAN, reti di calcolatori, insegnamento a
distanza, servizi di telesanità, ecc.),
- edifici e case intelligenti (domotica, centri di facility TLC,
centri multimediali, ecc.),
- sistemi di controllo dei processi urbani (controllo traffico,
monitoraggio, interazione utenti).
Alcuni effetti dell'applicazione di detti blocchi tecnologici al contesto urbano sono già visibili. Il primo tipo di impatto è la "retificazione" che in qualche modo dematerializza lo spazio e cambia le relazioni interpersonali (da uno-a-uno a uno-a-più, da più-a-uno a più-a-più). Il secondo tipo di impatto è di moltiplicare la capacità dell'individuo di comunicare: le TLC producono una sorta di aura di comunicazione attorno alla persona (effetto particolarmente visibile con il telefono cellulare). Il terzo tipo di impatto è quello di migliorare le capacità di governare i complessi sottosistemi urbani.
A titolo di esempio si può considerare come detti blocchi tecnologici - ed altri che si potranno identificare nel Programma ACT-VILL - possano contribuire a sviluppare lo scenario glocale di un bilanciata visione delle attività umane in una città attraversata dalle spinte dei processi di globalizzazione che vuole salvare e sviluppare la propria individualità sfruttando le risorse (hard e soft) locali. Assieme allo scenario agora, lo scenario glocale dovrebbe permettere di pensare alla città come al luogo dell'equilibrio tra uno spazio locale per attività centrate sull'uomo ed uno spazio "virtuale multidimensionale" di reti di interconnessione tra soggetti che favoriscano lo sviluppo delle attività sia economiche che sociali.
In realtà, lo spazio urbano è sempre stato caratterizzato da reti di diversa natura. La disponibilità di reti (di trasporto, di servizi, di comunicazioni) è un prerequisito per la integrazione sociale. Bisogni elementari di accesso gratuito ai servizi di rete sono riconosciuti ed assicurati dalle società moderne (servizi e linee di emergenza). Una domanda di base di giustizia sociale è l'eguaglianza nell'accesso alle reti.
Per vedere l'effetto della retificazione dello spazio urbano
consideriamo in particolare il problema dell'educazione. Dalle reti multimediali
emergerà una "rete delle conoscenze". Ciò porrà con
ancora maggiore evidenza il problema della uguaglianza di accesso e della
disponibilità di linee di emergenza gratuite. Ripartita in vari media,
la conoscenza potrà essere acquisita e trattata immediatamente, immagazzinata
in parti diverse, trasmessa e tele-processata. Oggi i compiti educativi sono taylorizzati, suddivisi in parti basate su verità ricevute in discipline
separate. L'insegnamento è collettivo ed in classi. Il cambiamento che verrà
indotto dai nuovi processi di trattamento delle conoscenze è rivoluzionario. Le
capacità di base che devono essere apprese sono di acquisire, processare ed
applicare la tecnologia di trattamento. Il ruolo dell'insegnante sarà di
guidare l'allievo in questo compito. Fuori dalla scuola il processo di
apprendimento continuerà a casa (TV educazione, servizi videotex, CD
ROM, ecc.), in centri civici di risorse multimediali equipaggiati per la
connessione con reti di conoscenze, e nel posto di lavoro.
Come "centri di risorse" vanno intese sia le vecchie librerie
trasformate (attraverso la computerizzazione, l'immagazzinamento multimediale di
conoscenze, la connessione in rete con altri centri) ed i musei (di arte e
scienza) che avranno anch'essi dovuto completare una transizione verso il
trattamento multimediale delle conoscenze esibite "in mostra" (aiuti
audiovisivi, terminali amici dell'utilizzatore, ecc.). La potenzialità della
rete delle conoscenze avrà anche un impatto sui club e circoli educativi e
culturali che dovranno diventare centri per il processamento multimediale per
meglio portare avanti i propri compiti di volontariato.
Tuttavia la "retificazione" dello spazio urbano ed il suo collegamento con le reti esterne (i teleporti che connettono la città con il mondo intero) non è senza rischio. La città può apparire debole e frammentata rispetto alle potenti reti esterne che la attraversano. Il segnale è evidente nella crescente competizione tra città per attrarre i cosiddetti "attori globali". Per strategie urbane competitive di questo tipo le infrastrutture ed i servizi di TLC sono di primaria importanza. Le città di successo sono viste come dei "mozzi" nella globalizzazione della "economia dell'informazione".
E' contro questo sviluppo distorto della dinamica urbana (una città al servizio di terzi e non dei propri cittadini) realizzato grazie alla tecnologia che lo scenario glocale di bilanciamento tra il globale ed il locale deve rappresentare il punto di riferimento per le azioni di sfruttamento delle potenzialità della tecnologia. Queste infatti devono essere considerate neutrali rispetto agli obiettivi e strumento per la loro realizzazione. Che non vi sia una polarizzazione della tecnologia TLC a priori verso una prevalenza del globale sul locale è una scommessa che un Programma come ACT VILL si è prefisso. In effetti la intensificazione delle connessioni all'interno e tra le città, può produrre risultati diversi da quello che guida le strategie di città cosiddette "internazionali" (centri di attrazione delle attività degli attori globali). In una città cablata, equipaggiata con facilities di trattamento delle conoscenze e con fornitori di servizi speciali di valore, potrà emergere una "logica di rete" che porterà ad una differente strategie imprenditoriale urbana per uno sviluppo economico che reagisca alla tendenza odierna alla frammentazione ed alla "schiavizzazione" dell'economia urbana dominata dall'economia globale. Le reti telematiche creeranno nuovi legami per nuove partnership negli affari e nel privato. Esempi al riguardo di iniziative che si sviluppano con successo verso una economia con "logica di rete" all'interno della città non mancano e sono possibili anche senza particolare ricorso a nuove tecnologie (si veda per tutti l'esempio di Prato). Ma la TLC tuttavia può rappresentare un passo decisivo per predisporre lo sviluppo di detta nuova logica di collaborazione tra i soggetti urbani.