Morfogenesi artificiale e complessità

Convegno Accademia delle Scienze di Torino  
(27-29 maggio 1993)

Sommario

  Quali processi sottendono l'attività umana morfogenetica (realizzazione di artefatti fisici o sociali)? Nella discussione filosofica si distingue tra il costruire (il realizzare un artefatto che risponde ad un disegno o comunque ad un piano prestabilito) e l'agire (l'avvio non pianificato, rispondendo ad un impulso iniziale, di un processo di realizzazione di un qualcosa che si chiarisce strada facendo). In ambedue i casi incertezza, casualità, errore e "rumore" giocano un ruolo importante. Nella teoria dei sistemi complessi si tiene conto di ciò con una distinzione parallela tra la costruzione di ordine e di complessità.

La necessità di creare un ponte tra le due fattispecie emerge in particolare quando si tratta di rispondere a grandi sfide sociali. Ne sono un esempio i dibattiti sulla fame nel mondo, sulla droga, sulla aggressione all'ambiente. La disponibilità ad agire è un prerequisito di per sé non facile da realizzare (tanto più quanto più le problematiche siano globali, abbiano scala mondiale). Detta disponibilità deve, tuttavia, potersi trasformare in un processo teleologico di risposta ad un progetto. Malgrado la capacità mostrata di rispondere a sfide sempre più complesse, non esisterà un limite, un grado di complessità troppo elevato per riuscire a passare dalla percezione di sfide (l'impulso ad agire) alla definizione di problemi specifici da risolvere, cui applicare la capacità di usare i mezzi per costruire una risposta?

 Quello del costruire è un processo complesso, caratterizzato da attori diversi tra loro complementari (cliente, progettista, costruttore) e che passa attraverso varie fasi: dalla specifica del problema, alla concezione di una soluzione, alla sua attuazione. La lingua inglese designa il processo con la parola design. Lo stesso schema si applica a casi di complessità molto diversa, grazie ad un trucco utilizzato dagli attori interessati (prima di tutti dal cliente) per semplificare e delimitare la complessità: il sistema oggetto di cambiamento - considerato come un sistema di sistemi - è delimitato (dal basso della gerarchia) da componenti "atomiche" non-modificabili e, dall'alto, da una netta separazione tra il sistema e l'ambiente.

Una prima ipotesi per la morfogenesi artificiale è che esista un' auto-similitudine nell'attività del costruire basata sull'uso dello stesso processo (il design) applicato a complessità di scala diversa, ma sempre ricondotte ad una complessità interna (oggetto di cambiamento) delimitata, internamente, da componenti date ed, esternamente, da un ambiente ben separato. La costruzione di questa sistema semplificato cui rivolgere l'azione è un processo di chiusura del sistema oggetto di attività di costruzione.

 Questa chiusura tuttavia non è univoca: anche se il problema cui l'azione si riferisce è lo stesso, essa dipende dagli attori che se ne prendono carico. Con la nozione di agire si tende a caratterizzare questa attività, a monte del costruire, e cioè: definire il fine da raggiungere (passaggio dalla percezione della sfida alla definizione del problema). La seconda ipotesi è che anche questo sia un processo morfogenetico - a livello non fisico - e che anche per esso si utilizzi lo stesso processo di costruzione di una soluzione usando il meta-design.

 In sintesi, l'attività morfogenetica dell' homo faber , rappresenta una classe piú ampia rispetto alla morfogenesi biologica: l'uomo progetta il progetto (meta-design) e sa manipolare non solo "materiali", ma anche "forme" ed "idee". La standardizzazione (di materiali, forme ed idee "componenti" è una possibilità, ma non un vincolo.

  Schema dell' intervento 

 1 Definizione morfogenesi artificiale
 
2 Agire e costruire
 
3 Il processo del costruire
 
4 Dall'agire al costruire
 
5 Interazione tra attori e sistema
 
6 Conclusione

  1 Definizione morfogenesi artificiale

  2 Agire e costruire

  3 Il processo del costruire

  4 Dall'agire al costruire

  5 Interazione tra attori e sistema

 6 Conclusione