Torino, 22 marzo 1987
Quanti sono gli italiani che si fanno la doccia sfruttando l'energia solare? Non ho statistiche alla mano, ma credo siano assai pochi. Forse 1000 o poco più.
Personalmente posso vantare una certa priorità. All'età di 8-9 anni - mezzo secolo fa circa - io facevo la doccia con acqua scaldata dal sole. Vivevamo allora in un paese della Brianza, in una vecchia casa. Il bagno lo facevamo, noi ragazzi, in cucina nel "mastello" di legno del bucato con acqua scaldata sulla stufa (bei tempi!?). La latrina era fuori nel cortile. Mio padre, che aveva molto spirito inventivo, pensò di fabbricare una vasca in lamiera che mise sul tetto della latrina. La vasca veniva riempita di acqua. Un tubo dal fondo della vasca dopo avere attraversato il tetto della latrina finiva in un rubinetto e nell'imbuto di un annaffiatoio. Così, verso sera, nei giorni di sole, potevamo fare una bella doccia nella latrina.
Da allora il progresso
ha fatto passi da gigante. Sono sparite le latrine esterne. Ciò tuttavia ha
reso più complicato usare l'energia solare per la doccia. Comunque nessuno ci
ha più pensato, almeno in grande stile, fino alla guerra del Kippur ed alla
crisi petrolifera.
La crescita improvvisa del costo del barile, scatenò la fantasia inventiva ed
imprenditoriale in cerca di soluzioni e di opportunità. Ciò divenne
particolarmente evidente per quanto riguarda l'energia solare. Data la
semplicità - almeno così sembrava - della tecnologia per utilizzarla ci si
buttarono scienziati ed ingegneri, grandi aziende e piccoli artigiani.
E' una storia recente partita 10 -15 anni fa. Ma tutto il fiorire di iniziative, le risorse rilevanti investite, sembrano quasi essere sparite nel nulla, non aver lasciato traccia. Al punto che la recente riscoperta del problema energetico sulla spinta dei problemi ecologici, fa gridare ai verdi che non si fa niente per sfruttare una sorgente così a portata di mano come il sole. Sarà il solito imbroglio di chi detiene il potere economico ad impedire che la sorgente solare, o più in generale le cosiddette energie alternative si sviluppino come meritano!
Val forse la pena allora di fare la storia di questi ultimi anni di iniziative solari, per chiederci il perché dell'insuccesso rispetto alla molteplicità ed alla vastità di sforzi. Non ho ambizioni di scrivere io detta storia, ma posso portare il contributo di ricordi dalla prima linea.
Ero allora responsabile di un grande centro di ricerca industriale, in un momento in cui l'azienda seguiva la strategia della diversificazione rispetto al prodotto base considerato maturo. Ci buttammo sulle prospettive aperte dalla ricerca di alternative energetiche con notevoli risorse sia in mezzi che in uomini dotati di fantasia. Nel campo solare, che era solo una delle nostre linee di diversificazione, posso citare tutto un campionario di linee di ricerca alternative che abbiamo portato avanti direttamente: pannelli solari ad acqua del tipo semplice, e del tipo con doppio vetro con intercapedine a vuoto per aumentare l'efficienza termica; pannelli solari ad aria; parabole di concentrazione per raggiungere più alte temperature; lenti di Fresnel con diodi fotoelettrici messi nel fuoco della lente per ottenere direttamente energia elettrica.
Come centro di ricerca aziendale, eravamo abituati da una parte ad affrontare i problemi con forte spirito applicativo (dopotutto la ricerca si misura in termini di successo di prodotto immesso sul mercato), ma dall'altra non ci lasciavamo incantare dal miraggio di trovare soluzioni rapide e poco costose cui la apparente semplicità del problema dello sfruttamento dell'energia solare poteva indurre. (In vena di ricordi, mi sovviene che una domenica passata nell'entroterra cuneese a scopo culinario notai un cartello che vantava la costruzione di "panelli" solari su ordinazione. La scrittura a mano con pennello e vernice e l'errore di grammatica denunciava senza dubbi che l'idea era arrivata al più semplice stadio di "bricolage" artigianale).
Come ricercatori
smaliziati sapevamo bene che la sfida del solare si vinceva su vari fronti, e
tra questi l'aumento dell'efficienza della conversione energetica. Così,
cercavamo: per i pannelli ad acqua, sistemi di trattamento delle superfici che
riducessero la perdita di energia per riflessione; per i pannelli ad aria,
soluzioni efficienti per ridurre le perdite di carico dell'aria nella
canalizzazione; per le lenti di Fresnel facilmente ottenibili, ma ad alti costi,
in resina, soluzioni in materiali meno costosi.
Ma sapevamo anche che trattandosi di idee di prodotti nuovi essi andavano dimostrati
su larga scala per verificarne la qualità ed affidabilità da una parte, ma
dall'altra per cercare le soluzioni più adatte. In altre parole pensavamo che
l'energia solare più che una risposta ad un problema dato, potesse
rappresentare soluzioni diverse a problemi da scoprire. Ad es., cosa se ne può
fare di un pannello che riscalda direttamente dell'aria? Difficile considerarlo
come un sostituto ai termosifoni per riscaldare le nostre case, così almeno
come attualmente concepite. Poteva invece trovare utilizzazioni più dirette.
Così pensammo ad applicazioni nella edilizia scolastica (e realizzammo un
prototipo di palestra con riscaldamento ad aria), ad applicazioni
nell'agricoltura (realizzammo prototipi di macchine per essiccare fieno).
Dovevamo anche mostrare che noi per primi credevamo nell'energia solare. Fu
così che la nuova mensa che doveva sorgere nel nostro Centro, venne concepita
con un sistema energetico nuovo che includeva un grande tetto tutto a pannelli
solari.
La soluzione di focalizzazione con parabole, se permetteva da una parte di raggiungere temperature del fluido riscaldato abbastanza alte (ca. 200° C), era tuttavia ancora troppo bassa per pensare di utilizzare una turbina a vapore d'acqua per produrre energia elettrica. Così estendemmo le ricerche al problema di sviluppare turbine utilizzanti liquidi organici che bollono a più bassa temperatura dell'acqua.
L'idea della soluzione con lenti di Fresnel per produrre sia calore che energia elettrica, aveva acceso la nostra fantasia progettuale. Pensavamo a realizzare dei veri e propri alberi puntati verso la stella polare come l'asse dei telescopi e dotati di un meccanismo di rotazione ad orologio. All'albero erano attaccati, come dei rami, i pannelli di Fresnel puntati sempre, grazie alla rotazione dell'albero, verso il sole per assicurare che il fuoco della lente si concentrasse sempre sul diodo. Per contrassegnare l'idea con una immagine che potesse meravigliare i visitatori del nostro Centro decidemmo di realizzare uno di tali alberi come una specie di statua al dio sole da mettere nella vasca davanti all'edificio. Con l'energia prodotta avremmo fatto zampillare una colonna d'acqua trasformando la vasca in una fontana.
Sapevamo anche che l'energia solare per quanto affascinante ne fosse la conquista, aveva un grosso difetto: viene prodotta quando c'è il sole e non quando uno ne ha bisogno. Occorre quindi immagazzinarla durante il giorno per la notte, durante l'estate per l'inverno. Così avevamo predisposto per la palestra riscaldata ad aria un accumulatore di calore fatto di pietre. Pensammo anche a sviluppare sistemi più sofisticati di accumulo nel terreno del calore estivo.
Poco è rimasto di tutta questa nostra attività. La ricerca solare chiedeva più energie, per venire portata avanti in grande scala, di quanto potessimo permetterci, pressati come eravamo nel frattempo da altre urgenze di ricerca per il nostro prodotto di base (che si rilevò meno maturo di quanto ipotizzato). Passammo le idee più vicine all'industrializzazione ad altre aziende nella speranza che esse potessero arrivare presto ad uno sfruttamento di mercato. Non completammo la statua al dio sole (nel magazzino del Centro dovrebbero esserci rimasti i pezzi).
Si obietterà che la
mia è una storia particolare, legata ad interessi particolari. Ma non è così.
Ci si può chiedere cosa ne è stato: delle numerose azioni avviate da aziende
nel settore degli elettrodomestici per realizzare scaldabagni solari;
della realizzazione, da parte di una grande azienda di articoli di gomma, di una
idea molto promettente per svolgere nel contempo funzioni di copertura di tetti
e di raccoglitore di energia solare (l'idea venne sviluppata al punto da avviare
la produzione industriale del prodotto); delle ricerche portate avanti da un
brillante fisico di una università del Sud con l'aiuto di una grande azienda
chimica per sviluppare una serra solare (basata su una proprietà molto
particolare della atmosfera terrestre di essere trasparente alle radiazioni in
un particolare campo di frequenze) per realizzare la quale si doveva sviluppare
un materiale di caratteristiche molto particolari; delle ricerche per utilizzare
dei sali che fondono a temperature attorno ai 18° C come accumulatori di calore
(il calore di fusione assorbito esponendo il sale di giorno al sole, viene
rilasciato di notte quando il sale solidifica con la temperatura che scende).
Ho un altro ricordo personale sull'insuccesso solare. Ho conosciuto uno strano
tipo di professore universitario francese, allo stesso tempo scienziato,
inventore, imprenditore. L'energia solare sembrava fatta apposta per sollecitare
tutte e tre queste caratteristiche. Così, mi descrisse l'iniziativa che lo
vedeva, come imprenditore edile, realizzare una villaggio di villette a schiera
in cui il calore solare estivo catturato da pannelli ad acqua veniva
immagazzinato nella roccia per essere estratto durante l'inverno. L'impresa
sembra sia fallita e le villette saranno state poi completate senza il costoso
impianto di accumulo solare.
Così come l'ho raccontata quella dell'energia solare è la storia di un insuccesso. Ciò non vuol dire che l'impresa per sfruttare in grande stile l'energia solare sia finita. La ricerca in effetti continua su vari fronti, anche se con meno enfasi ed appariscenza che nel decennio passato. Eppure si può affermare che insuccesso vi è stato. Certamente vi è stato insuccesso nel percepire l'energia solare come a portata di mano. Che si trattasse di una falsa semplicità molti se ne accorsero subito, come dimostra anche la nostra storia particolare. Tuttavia anche noi ci eravamo illusi che, destinandovi risorse notevoli, i tempi potessero venire accorciati per passare dalla ricerca al mercato. Ed invece no.
Come ogni tecnologia complessa l'energia solare richiederà decenni prima di poter venire contata in termini di percentuale significativa tra le sorgenti energetiche. Per l'energia da fissione, le contestate centrali nucleari del giorno d'oggi, ci vollero 20 anni prima di arrivare a realizzare centrali in piena scala, e ne sono passati oggi 35 (dalla prima piccola centrale prototipo che dimostrava che si poteva produrre energia elettrica) e siamo ancora al disotto del 10%, nel mondo industrializzato, della produzione totale di energia elettrica. Per la fusione si parla di altri 50 anni prima di vedere qualche centrale di dimensione significativa, ammesso che ci si arrivi. Malgrado la sua apparenza di semplicità l'energia solare richiede anch'essa dei tempi lunghi. Ed anche se avrà un posto tra le sorgenti energetiche, non sappiamo ancora quanto esso sarà significativo.
Ci si può chiedere perché l'energia solare richieda tempi per lo sviluppo simili a quelli per tecnologie apparentemente assai più complesse come quella nucleare. Non vi è spazio qui per approfondire l'argomento. Ne ho trattato più a lungo in un libro (Il Gioco del Progresso, Marietti Editore) e rimando alla sua lettura chi fosse interessato. Basterà tuttavia dire che la complessità deriva non solo dalla tecnologia intrinseca per la conversione dell'energia solare in energia a noi utile, ma dall'inserimento di questa tecnologia nel nostro modo di vivere.
Per entrare nelle nostre case l'energia solare deve passare per una riconcezione delle soluzioni edili e quindi deve aspettare che cambi il nostro modo di concepire le case in funzione dello sfruttamento dell'energia solare. Fino a che punto il cambiamento debba essere radicale lo si può cogliere visitando alcune realizzazioni utopiche come la comunità di Arcosin nel deserto dell'Arizona (disegnata, fato del nome, dall'architetto Solari, di origine italiana). Ma oltre alle nostre case, l'energia solare deve modificare il nostro modo di concepire l'utilizzazione dello spazio per raccogliere questa sorgente di energia a bassa densità. Forse deve cambiare il nostro senso estetico sul modo di vedere la bellezza del territorio trasformato dall'uomo.
Naturalmente possiamo sempre pensare che dietro l'angolo vi sia una nuova scoperta che renderà l'energia solare veramente di facile sfruttamento. In fondo, la natura ha mostrato di sapere sfruttare l'energia solare con due rivoluzioni biologiche: ai primordi della storia terrestre con la fotosintesi operata da batteri per ricavare idrogeno da rocce sulfuree, e più recentemente, con un processo del tutto diverso (fotosintesi clorofilliana), per ricavare idrogeno dall'acqua. Perché non pensare ad una terza rivoluzione, a cura questa volta dell'uomo? Ma non sarà comunque una cosa semplice.