LICEO CLASSICO SPERIMENTALE STATALE "B. RUSSELL" DI ROMA

 Anno Scolastico 1998-99   Classe 1° Biennio C (ind. scient.)


Un esempio di relazione di laboratorio di fisica:

analogie e differenze di linguaggio nella comunicazione scientifica

Introduzione

Le considerazioni che seguono vogliono essere un esempio di riflessione didattica all'interno di un segmento di lavoro della disciplina "Linguaggi Non Verbali e Multimediali" nel modulo che si riferisce alla compresenza con il docente di Italiano. Esse intendono fornire, pertanto, informazioni concrete e operative intorno alla progettazione di un segmento di corso costituito di alcune ore di lezione di compresenza (circa tre o quattro), in ordine alla importante questione dei linguaggi e della comunicazione scientifica.

La "comunicazione scientifica" è quel tipo di comunicazione che viene adoperata dagli scienziati per informare dei risultati delle loro ricerche o per dibattere intorno a tematiche inerenti alle loro scoperte.

Come è noto, accanto all'insegnamento delle lingue e delle discipline cosiddette umanistiche vi è l'insegnamento delle scienze, alcune delle quali sono dette "empiriche" perché si preoccupano di effettuare degli esperimenti in laboratorio con la funzione di controllare gli asserti e i costrutti di carattere scientifico. Queste scienze, come la fisica, hanno la caratteristica di discutere intorno a fenomeni che si verificano in natura, utilizzando opportuni metodi e particolari linguaggi generalmente chiusi, nel senso che adoperano un lessico molto preciso e rigoroso. Quante volte abbiamo letto un referto medico o una diagnosi scritta da un medico, senza capire pressoché nulla! Ebbene, la comunicazione scientifica, dal punto di vista linguistico e delle relative categorie grammaticali e sintattiche, adopera un linguaggio settoriale che possiede una terminologia propria che si allontana non poco dalla lingua comune, a causa del considerevole grado di specializzazione.

Sembra opportuno, pertanto, proporre agli allievi del corso di LNVM una opportuna e adeguata riflessione in merito ai caratteri generali del linguaggio scientifico, con la pretesa di effettuare un'opera di chiarificazione importante sul piano della educazione linguistica degli studenti.

Premesso che la scuola deve operare per permettere una piena e convincente integrazione dei diversi linguaggi adoperati nella società, ci sembra importante operare didatticamente una semplificazione attraverso una opportuna informazione circa alcune classiche dicotomie esistenti tra cultura umanistica e cultura scientifica, con il solo scopo di consentire agli allievi di comprendere, con particolare profondità, le differenze tra i due tipi di linguaggi.

Nel mentre alcune caratteristiche lessicali sono comuni ai due grandi assi culturali (precisione terminologica, semplicità espositiva, specificità, universalità, inequivocità) è importante, tuttavia, porre particolare enfasi su alcune caratteristiche diverse esistenti tra il linguaggio scientifico e no.

In primo luogo va segnalata la essenzialità, a cui seguono la intersoggettività e il livello di formalizzazione. Altrettanto importanti sono la modalità dell'argomentazione, la necessità e la economicità con particolare riferimento alla referenzialità, in particolare alla denotatività che comporta come scopo del discorso scientifico, il sostenere la validità di quanto si afferma avvalendosi di un processo logico o argomentazione probativo-dimostrativa.

Un altro elemento importante riguarda la sintassi nel senso che un testo scientifico si caratterizza per alcune modalità espressive che riguardano la forma impersonale e l'uso dell'indicativo presente, che è una forma verbale legata non tanto al fatto di indicare la contemporaneità di un'azione rispetto ad un'altra, quanto di proporre affermazioni che hanno valore atemporale.

In questa prospettiva, sono esemplificati di seguito due modi diversi di scrivere un testo scientifico (in particolare, un resoconto di un esperimento di fisica chiamato "Relazione di laboratorio"). Un'allieva ha scritto i due testi cercando di esprimere nel modo più coerente possibile le sensazioni e la successione degli eventi che si sono verificati durante una lezione di laboratorio di fisica. Il primo testo è stato scritto come se si trattasse di un tema di Italiano; l'altro, per contro, con lo scopo di comunicare al docente di fisica i risultati del proprio lavoro empirico. A nessuno sfuggirà la diversità dei due testi.

1) TESTO CON TUTTE LE FUNZIONI TRANNE QUELLA REFERENZIALE

"Il nostro primo esperimento"

Il giorno 7 Ottobre siamo andati per la seconda volta nell'aula di fisica. Era una bella giornata anche se faceva un po' freddo. Fuori dalle finestre si sentivano gli uccelli cinguettare nella loro libera spensieratezza: come avrei voluto essere al loro posto! Volare nel cielo, libera.

Io e la mia classe eravamo seduti nei banchi di lavoro, felici di fare una nuova esperienza nel campo della fisica, in quanto per noi era il nostro primo esperimento, preoccupati però nello stesso tempo, poiché credevamo di non essere all'altezza di ciò che ci attendeva. Quel giorno l'Assistente di laboratorio era assente e perciò il professore ha preso da un armadio, con l'aiuto di altri compagni di classe, gli strumenti che dovevamo utilizzare.

Cominciava così per noi il nostro interessante lavoro. Ci siamo divisi in più gruppi da tre o quattro persone ciascuno e il professore ha iniziato a spiegare in che cosa consistesse il nostro primo esperimento: dovevamo misurare la lunghezza del tavolo da lavoro e il diametro di due cilindri, utilizzando vari strumenti. In seguito egli ci ha esortati a prendere appunti sulla relazione che avremmo dovuto redigere per la volta successiva e ci ha spiegato il modo in cui avremmo dovuto procedere nel lavoro.

La prima misurazione ci è sembrata semplice: abbiamo calcolato la misura della lunghezza del tavolo da lavoro trovando in seguito il valore medio e gli errori commessi. In fisica il valore medio si trova sommando tutti i dati e divindendoli successivamente per il numero delle misure effettuate. L'errore cosiddetto assoluto si calcola sottraendo la misura minore da quella maggiore e dividendo il risultato per due.

Eravamo tutti, o quasi, interessati e motivati nel chiedere informazioni al professore.

Dopo la spiegazione della seconda operazione di misura eravamo abbastanza tesi in quanto non eravamo abili nell'utilizzare lo strumento di misura.

Ci guardavamo perplessi e con aria interrogativa finché il professore ha capito le nostre paure e passando tra i banchi ci ha aiutato a procedere al meglio.

La terza misurazione è stata la più difficile da effettuare. Come nella seconda operazione ci osservavamo perplessi e poiché i micrometri a vite erano pochi e noi lenti nel procedere, soltanto pochi gruppi sono riusciti a concludere l'esperimento. Poiché molti di noi non avevano raccolto i dati, il professore di fisica ci ha esortato a copiare i dati raccolti dall'altra classe che aveva avuto più tempo nel lavoro.

Quando è suonata la campanella della fine dell'ora, alcuni hanno rimesso gli strumenti adoperati al loro posto, altri si sono precipitati fuori dall'aula di fisica felici di avere concluso quell'esperimento che tanto li preoccupava, ma anche agitati per la relazione che dovevano produrre e che era diventata fonte di nervosismo e ansia.

2) TESTO CON FUNZIONE REFERENZIALE

"Relazione"

L'obiettivo che ci siamo proposti di conseguire con questo esperimento di fisica è stato di ottenere i risultati delle tre misurazioni dirette della grandezza fisica "lunghezza" di un banco di lavoro del laboratorio - indicata con il simbolo l - e del diametro d di un cilindretto metallico adoperando diversi strumenti di misura: in primo luogo un righello flessibile (S=1mm; P=2 m), in secondo luogo un calibro a corsoio (S=0,1mm; P=134 mm) e, infine, un micrometro a vite (S= 0,01mm; P= 25 mm).

Nel primo caso abbiamo ripetuto la misurazione dieci volte, applicando direttamente la teoria degli errori nel caso di misure ripetute. Dopo aver osservato che molti di questi dati, raccolti in una tabella, erano disuguali tra loro ci siamo resi conto dell'importanza del concetto di valore medio: ne abbiamo calcolato pertanto il valore numerico insieme all'incertezza assoluta, relativa e percentuale. Il risultato della misurazione è stato:

l = (1,501 ± 0,001) m .

Per la misura del diametro di un cilindretto di alluminio, invece, abbiamo utilizzato un calibro a corsoio decimale (S= 0,1 mm; P=134 mm). Anche in questo caso abbiamo ripetuto l'operazione di misura per dieci volte e siamo pervenuti, dopo aver calcolato il valor medio e l'incertezza assoluta, al risultato seguente:

d = (7,9 ± 0,1) mm .

Infine, nel terzo caso abbiamo raccolto diciotto misure del diametro dello stesso cilindretto usando come strumento di misura il più sensibile e preciso micrometro a vite le cui caratteristiche fisiche erano (S= 0,01mm; P= 25 mm). Questa operazione è stata più difficile perché abbiamo dovuto adoperare un sistema di nonio decisamente più complesso di quello lineare del calibro a causa della presenza di una scala ausiliaria L'esistenza di questa scala aggiuntiva, tuttavia, ci ha permesso di ottenere un notevole aumento di precisione, passando da una sensibilità S1=0,02 mm a quella più elevata di S2= 0,01 mm. Abbiamo quindi calcolato, come negli altri casi, il valor medio, l'incertezza assoluta e quella relativa ottenendo come risultato finale il valore:

d= (7,93 ± 0,06) mm .

Giudizio

"Nonostante qualche imprecisione formale l'allieva raggiunge l'obiettivo proposto, che è quello di selezionare gli aspetti tipici delle due tipologie di linguaggio. Il lavoro dimostra, altresì, la difficoltà a eliminare totalmente la funzione referenziale nel primo testo e, d'altronde, nel secondo si nota una limitazione nella completezza e varietà dei linguaggi".

 

 Roma - Novembre 1998


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