Il ritorno in TV di Renzo Arbore (News)

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Renzo Arbore

Guarda alcune mmagini dalla trasmissione televisiva "QUELLI DELLA NOTTE" - anno 1985

 

ARTICOLI DAL CORRIERE DELLA SERA (*)

 

Quelli della notte», la trasmissione-cultofortunoso ritrovamento delle cassette di «Quelli della Notte», date per perse negli archivi Rai nel 1995, e allegate al Corriere della Sera (ogni venerdì, a partire dal 5 aprile, per quattro settimane) rimette in circolo il senso dell'umorismo.
Le abitudini del pubblico televisivo italiano,
fino al 1985, avevano come riferimento finale della serata l'ultimo telegiornale. Poi, di norma, calava il sipario. Nella primavera di quell'anno ci fu un programma che cambiò questa consuetudine. Partiva su Rai 2 attorno alle ore 23 con una sigla musicale intitolata «Ma la notte no» che introduceva a un salotto arabeggiante dove Renzo Arbore tirava le fila - per quanto possibile - di una surreale compagnia. Erano quelli di «Quelli della Notte», un programma destinato a lasciare il segno: un'ora originale, diversa da tutte le altre viste fino a quel momento in tv, sottile e caciarona al tempo stesso, che scorreva via in un lampo tra non-sense e momenti di comicità trascinante, spesso frutto di improvvisazione.
A casa non c'era il pubblico delle «grandi occasioni» tv, ma quelli che tenevano la tv accesa si piegavano in due dalle risate: nel salotto di Arbore si era creata una sarabanda di personaggi e maschere televisive che faceva andare a dormire ridendo.

 

 

I PROTAGONISTI - Nella maggior parte si trattava di esordienti: Riccardo Pazzaglia, il filosofo partenopeo esperto di "brodo primordiale", impegnato nel disperato tentativo di "alzare il livello" della trasmissione; Massimo Catalano, trombettista e intellettuale viveur dai ragionamenti lapalissiani; Nino Frassica nelle vesti di Frate Antonino da Scasazza con i suoi "nanetti" (aneddoti, che avrebbero dovuto illuminare la comitiva); Maurizio Ferrini, rappresentante romagnolo di pedalò dalle inclinazioni filosovietiche. E poi ancora la signora Simona Marchini, la "cugina" Marisa Laurito,Roberto D'Agostino e Harmand, ovvero Andy Luotto travestito da arabo che, a seguito di una protesta da parte dell'Associazione musulmani italiani, e minacce per niente scherzose, fu costretto ad abbandonare la trasmissione.

IL SUCCESSO - Il gruppo c'era e funzionava, più nella qualità che nella quantità degli indici di ascolto. Nella prima settimana «Quelli della Notte» era stato seguito da circa 800 mila spettatori, nella seconda e nella terza era gradualmente salito, con una punta vicina a un milione e 700 mila. Nella quarta settimana per la prima volta, il 22 maggio, aveva superato i 2 milioni. Nella sesta e nella settima, infine, una sorta di effetto valanga con un record di share del 51 per cento raggiunto il 7 giugno, a testimoniare che quella sera più della metà dei televisori accesi erano sintonizzati sul programma di Arbore.

UN PROGRAMMA OGGI IMPOSSIBILE - Sono passati 17 anni dai tempi di «Quelli della notte» e in tv questo tempo si è dilatato a dismisura, non perché sembri datato il programma di Arbore, ma perché il varietà del piccolo schermo ha preso direzioni radicalmente diverse.
Renzo Arbore, nel 1995, in occasione dell'omaggio di «Antennacinema» per il decennale di «Quelli della Notte» ha osservato che «Un programma come "Quelli della notte" oggi non sarebbe mai nato. L' effetto dell' Auditel, la caccia agli indici d'ascolto, ha cambiato il modo di fare tv. Non c'è più spazio per programmi laboratorio. La ricerca ossessiva dei grandi numeri non lascerebbe venire alla luce o non farebbe sopravvivere una trasmissione come quella, che finì con l' influenzare il modo di esprimersi della gente. La tv commerciale ha stroncato la sperimentazione e ha fatto dei dati Auditel un tiranno che non solo condiziona la sfera commerciale, ma che invade anche il campo dell'artista, dell' autore, obbligandolo a finalità che gli sono estranee». Sono passati altri sette anni da quella riflessione di Arbore, ma quasi tutto quello che si vede in tv fa ritenere che sia rimasta attualissima.
 

Stefano Rodi

Dal Corriere della Sera

 

«Noi, quelli della notte, esiliati dalla tv»

In fuga dalla tv. Almeno da un certo tipo. Dopo l’esperienza di «Quelli della notte», molti dei personaggi che animavano quel programma di culto non si sono mai più sentiti a proprio agio nella televisione post-arboriana. Non a caso i loro volti sono scomparsi (o quasi) dal video. Ma per un po’ torneranno a fare capolino grazie all’iniziativa del «Corriere della sera»: da domani sarà possibile acquistare in edicola (a 6,90 euro più il prezzo del quotidiano) la prima delle cassette di «Il meglio di Quelli della notte». La trasmissione cambiò il modo di fare tv. Era il 1985 e dopo la fortunata esperienza di «Cari amici vicini e lontani», Renzo Arbore tirò fuori dal cilindro un’altra idea vincente. «Fu la molla dell’insofferenza che mi fece scattare la voglia di tornare sul piccolo schermo», confessa Arbore. «In tv si vedevano sempre le solite facce ed io sentii il bisogno di presentare nuovi visi».
Fu così che in uno studio di via Teulada venne di fatto ricostruito il salotto di casa Arbore e lì si diedero appuntamento personaggi che il pubblico non aveva mai visto prima e che non ha più dimenticato: dall’intellettuale Riccardo Pazzaglia al frate Nino Frassica, dal filosovietico Maurizio Ferrini al maestro dell’ovvietà Massimo Catalano, dalla telefonista Simona Marchini alla cuginetta napoletana Marisa Laurito, dall’arabo Andy Luotto al lookologo Roberto D’Agostino.
Complessivamente le facce nuove erano quaranta. Ma dopo 17 anni, che fine hanno fatto? «Me ne sono andato in giro con un mio amico sordomuto a realizzare documentari soprattutto per il mercato estero - esordisce Luotto -. Mi piacerebbe tornare a lavorare in tv, ma oggi non c’è spazio per uno come me. Purtroppo in Italia danno credito solo a quelli che puntano in basso. Allora è meglio fare altre cose, teatro per esempio: quest’anno vorrei portare in scena Goldoni».
«Quelli della notte» non manca solo a Luotto: anche Massimo Catalano si sente orfano di quel modo di fare tv. «Da allora ho lavorato molto in radio, ma il piccolo schermo mi manca», ammette colui che, con le sue ovvietà, fece nascere il neologismo «catalanata». «La verità - prosegue - è che chi governa le televisioni preferisce andare sul sicuro battendo strade già collaudate. Cosa faccio adesso? Il musicista».
E che manchi totalmente la voglia di rischiare, ne è più che convinto anche Maurizio Ferrini, ormai assente dalla tv da circa cinque anni. «Qui da noi resiste ancora l’idea dell’impiego fisso - sostiene Ferrini -. Fare passi azzardati, andare in controtendenza sono ipotesi che non vengono prese nemmeno lontanamente in considerazione. Nel frattempo che qualcosa cambi, sto alla finestra. Ero tornato in tv con la signora Coriandoli: adesso devo inventarmi qualcosa di nuovo per non stancare il pubblico».
Già, qualcosa di nuovo, come fece Renzo Arbore, che per «Quelli della notte» adottò una formula semplice ma efficace: «Trasferii nel programma la mia passione per il jazz inventando la prima jam-session verbale, ossia improvvisazione con le parole piuttosto che con le note», spiega Arbore. «Ma attenzione - interviene a distanza Nino Frassica - improvvisare non significa rincorrersi per lo studio gettandosi acqua addosso. Per divertire il pubblico con l’improvvisazione bisogna avere alle spalle anni di recitazione e di credibilità artistica. Insomma, bisogna essere un vero attore, come me, che sa interpretare il frate Antonino da Scasazza, ma che sa anche recitare in fiction televise e in teatro».
Di tutte le «facce» della trasmissione di Arbore, quella che ancora caparbiamente prova a misurarsi con la tv è Marisa Laurito. Ospite di vari programmi, ha condotto per Stream anche un «Grande fratello». Però anche lei con il piccolo schermo ha un rapporto conflittuale, tanto che ha deciso di passare ai canali satellitari, «perché lì c’è più spazio per la qualità», argomenta. «Nella televisione generalista - continua - mancano i committenti, per non parlare poi dei personaggi che si bruciano nel giro di pochi mesi perché non hanno mai fatto una vera gavetta. Adesso tutti sono preoccupati dello share, una "malattia" che non ha mai colpito Arbore».
Basta andare a spulciare gli ascolti di «Quelli della notte»: circa due milioni di telespettatori a puntata. «Un dato che dovrebbe far riflettere - conclude Arbore -: pur senza grandi cifre, il clamore fu comunque enorme. Qual è la morale? Meglio essere seguito da una platea ristretta che ti ama, piuttosto che essere tollerato da milioni e milioni di persone».

Pasquale Elia

4 aprile 2002

Dal Corriere della Sera

 

 

(*) Fonte degli articoli e delle foto allegate negli articoli stessi: Il Corriere della Sera

 

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