Lo stilista si è spento a Milano, dove era ricoverato. Aveva 62 anni
Una carriera di quasi quarant'anni, un simbolo del made in Italy nel
mondo
E' morto Gianfranco Ferré
l'artigiano delle geometrie
Gianfranco Ferré
MILANO - Gianfranco Ferré è morto. Dopo tre giorni di ricovero
all'ospedale San Raffaele di Milano, le poche speranze lasciate da una
devastante emorragia cerebrale lo stilista, 62 anni, fra i simboli della
moda italiana nel mondo, non ce l'ha fatta. Sarà trasportato a Legnano,
dov'era nato il 15 agosto del 1944. Per la colonna sonora della sua
prossima, imminente sfilata, collezione uomo, aveva scelto canzoni
italiane che parlano di mare. L'acqua, che non ha forma, per
accompagnare le geometrie che ha rincorso per tutta la vita, le linee
che dovevano tratteggiare i contorni di una personalità. Perché un
abito, sosteneva, è uno straordinario mezzo espressivo, strumento
formidabile per essere individui.
Lo chiamavano "l'architetto della moda". Un appellativo che s'è portato
dietro per tutta la sua carriera. Perché si era laureato al Politecnico
di Milano nel 1969 (dove pochi giorni fa aveva tenuto una brillante
lezione su moda e design) e perché le linee rigorose sono sempre state
la cifra della sua arte. Una visione della moda grandiosa e strutturata,
insieme semplice e rigorosa, l'attenzione maniacale per il taglio, la
costruzione, l'uso dei tessuti, la lavorazione. Per la qualità e
l'eleganza. Quella della camicia bianca, che ha sempre scandito le sue
collezioni, rubata al guardaroba maschile e regalata alla donna come
strumento di seduzione.
Ferré veniva da una famiglia di piccoli industriali di Legnano. Nella
moda c'era arrivato all'inizio degli anni Settanta, creando accessori in
collaborazione con Walter Albini (altro grande stilista, scomparso nel
1983). Dalle cinture e i bijoux era passato agli abiti, disegnava
impermeabili per la Sangiorgio di Genova. Sono gli anni in cui nasce il
sodalizio con la cugina Rita Airaghi, insegnante che lascia la
professione per diventare il suo alter ego, e con Franco Mattioli,
imprenditore bolognese, suo socio dal 1975 al 1999.
Con Mattioli crea la Gianfranco Ferré Spa, nel 1978. Nasce la prima
collezione di pret-à-porter femminile. La sfilata al Principe di Savoia
di Milano è il debutto di una carriera internazionale coronata, nel
1989, dalla direzione artistica della maison Christian Dior. Non piacque
ai francesi che Bernard Arnault avesse scelto un italiano come erede di
Marc Bohan. Ma fin dalla prima collezione conquistò tutti. Tre anni
prima, le passerelle romane dell'haute couture italiana avevano
confermato la sua attitudine a realizzare qualcosa di regale e moderno
per la bellezza femminile.
L'esperienza con Dior dura otto anni. Poi, Ferré si concentra
sulla griffe. Nel 1998 vara il quartier generale di via Pontaccio.
L'azienda si sviluppa, nascono le collezioni maschili, altre etichette.
Alla fine degli anni Novanta, il gruppo vanta otto linee di
abbigliamento e accessori. Ma la moda sta cambiando. Lo stile diventa
approssimativo, lontano da quella sua, così attenta, "progettazione" di
abiti.
I risultati economici della società sono meno incoraggianti. Ma sulla
bravura dell'artista vogliono investire in tanti. La It Holding di
Tonino Perna, nel 2002, acquisisce il 90% dell'azienda Ferré e lascia
allo stilista il 10% delle azioni, la carica di presidente e di
direttore artistico. Parte la ristrutturazione. Periodo difficile, ma
Gianfranco ci mette tutto se stesso.
Tre mesi fa, a marzo, Romano Prodi gli aveva affidato la presidenza
dell'Accademia di Belle Arti di Brera. Uno dei più prestigiosi atenei
italiani, "una delle eccellenze assolute di Milano" aveva detto lui,
definendosi "particolarmente orgoglioso e felice di questa nomina",
anche in virtù di una profonda passione per l'arte e le arti figurative
in particolare, e per la sua esperienza in un settore che "pur con tutte
le differenze - aveva precisato - è accomunato all'arte stessa da una
propensione alla ricerca dell'originalità, della sperimentazione,
dell'unicità dei risultati a cui si mira". Era malato, ma non si tirava
indietro. Nonostante le raccomandazioni dei medici (aveva avuto già due
ictus) non aveva cambiato la sua vita.
Mole poderosa, colto e raffinato, burbero e tagliente, fedele alle
emozioni. "L'ispirazione spesso viene da un'impressione, qualcosa che
resta in mente più a lungo di altre - raccontò in un'intervista al
Luxury Magazine - ed è il punto di partenza per un'idea, per un sogno.
L'emozione di un attimo diventa progetto. Una scintilla crea
associazioni di idee, rimanda al tuo bagaglio di esperienze e
conoscenze. Un libro, un'opera d'arte, un viaggio, una persona di
fascino. Il sogno prende forma, arrivano i volumi, le strutture, il
materiale. E diventa una collezione".
Fra quei sogni nati dall'emozione di un attimo, restano certi bustier
indimenticabili, o il cortissimo abito a collana di corallo, mozzafiato
sul corpo di Naomi Campbell. Lui non era modesto, e voleva una donna
senza false modestie, di grande personalità. Lo scorso gennaio, alla
fine della sfilata della collezione uomo, era uscito in passerella,
sotto la scritta (un aforisma attribuito a Jim Morrison) "Je ne sarais
jamais personne, mais personne ne sera jamais comme moi": "Io non sarò
mai nessuno, ma nessuno sarà mai come me".
(17 giugno 2007)