Gerard Damiano
«Trovo che la pornografia sia di per sé noiosa da portare sullo schermo,
nel senso che il rapporto sessuale non si presta al linguaggio
cinematografico. Non mi interessa cosa dice il "Kama Sutra", ma non credo ci
siano 101 differenti approcci al tema. Ce ne sono solo tre o quattro». Così
parlò Gerard Rocco Damiano, l'Ejzenštejn del cinema porno, scomparso ieri
negli Stati Uniti all'età di ottant'anni. Era stato l'autore, nel 1972, del
pirotecnico "Gola Profonda", ossia il primo film pornografico mainstream
della storia del cinema. Cioè l'opera che spalancò le porte all'iconofilia
hardcore di massa. Tutti, da Jackie O a Richard Nixon, lo avrebbero visto.
Clinton lo avrebbe addirittura parodiato. Con la pubblica opinione nostrana
che avrebbe finito per trasfigurare la mitica «Sala Ovale» della White House
in una più godereccia «Sala Orale» di damianiana memoria. Perché il maestro
aveva umorismo e mostrò quella che fino ad allora era stata la questione
cardine dei movimenti di protesta e di liberazione dell'era lisergica, come
mai nessuno prima di allora. Rivelò, al ceto della borghesia urbana – da
quella insignificante ai guru radical del jet-set – una sessualità che
contestava i diktat imperanti del dottor Freud e finiva per travisarli,
convertendo il gelido lettino in un rovente boudoir.
Come dire che la psicanalisi gettò il seme e questo finì nell'esofago di
Linda Lovelace, alias Linda Susan Boreman, l'attrice simbolo di "Gola
profonda". Colei che contribuì al mito del film e che in seguito si sarebbe
pentita, ma non troppo, alternando lezioni universitarie magistrali sul
femminismo in chiave pornofobica a libercoli di memorie pruriginose su carta
riciclata. Poi morì. In un incidente d'auto, nel 2002. «Quella gola va
tagliata!» sentenziò il pubblico ministero del processo che vedeva coinvolti
Damiano e soci, all'indomani del boom della pellicola. Che costò circa
25.000 dollari e ne incassò – stando a quanto riportato nel
documentario-dietro le quinte, uscito qualche anno fa – oltre 600 milioni.
Gran parte dei quali, però, se li è presi la mafia, che, pare, "si occupò"
della distribuzione dell'opera, come riportano varie fonti dell'epoca, tra
cui il settimanale "Time". "Gola profonda", dunque, merita di diritto un
posto nell'olimpo della settima arte e dell'arte in genere. Se non altro
perché amalgamò, con inconsapevole sapienza, l'elevato rapporto tra costi e
ricavi, autentica ossessione del cinema come industria, all'elevato rapporto
e basta.
Ossessione del pubblico di quegli anni. Perché, in fondo, Damiano seppe
interpretare i bisogni autentici della sua epoca e lo fece con sincero
spirito goliardico e pragmatico senso critico: «senza la furia censoria
dell'amministrazione Nixon e dell'FBI, il film non avrebbe avuto lo stesso
successo. La censura ha incoraggiato la curiosità della gente. Senza la
disapprovazione istituzionale saremmo rimasti in sala solo la settimana
programmata» disse, una volta. Per la cronaca, il film rimase in quella
stessa sala per ben otto anni. Ma non fu totalmente un caso. Quando Damiano
affibbiò un titolo tanto bizzarro alla storia di una donna che scopre di
avere il clitoride in gola e picarescamente intraprende un inedito e fecondo
viaggio verso la ricerca del piacere, sapeva che avrebbe fatto epoca.
«All'inizio, il mio socio ha detto che il titolo non era buono – dichiarò in
un'intervista del 1974 - ma io sono stato irremovibile: ero certo che
sarebbe diventata una parola di uso comune, e così è stato. Non parlo solo
del caso Watergate. La settimana scorsa siamo stati il 6 orizzontale del
cruciverba del New York Times».
Damiano come Fellini, dunque. Da allora, infatti, la definizione di "Gola
profonda" designerà un informatore anonimo di verità scottanti. Come
l'artefice della caduta di quel Nixon che aveva ostacolato il lavoro di
Damiano e che Zemeckis finirà per infilare nel mondo psicotico di Forrest
Gump a guardarsi "Gola profonda" in Tv, sbellicandosi dalle risate. Ha
scritto Mereghetti, a proposito di Damiano: «per il talento visionario delle
sue storie e anche per la vena di disperata malinconia che spesso accompagna
la rappresentazione del sesso, lo si può a ragione considerare come l'unico
vero autore del genere cinematografico porno». Eppure i film successivi non
raggiunsero mai il livello di genialità esibito nel "capo stipite" anzi, nel
"gola stipite". Che rimane unico, anche per le circostanze in cui nacque:
«ho scritto il film di Linda. Se non fosse stato per lei, per questa
particolare abilità che aveva sviluppato, non ci sarebbe stato alcun "Deep
Throat"».
Nel tempo Damiano sarebbe stato travolto dall'avvento dell'home video. Lui,
che aveva aperto, letteralmente, le porte dei cinema a luci rosse dovette
soccombere a quella stessa industria che contribuì a far nascere. Alla
standardizzazione della trama, al trionfo della carnalità, alla volgarità
pura e semplice, al "consumo" domestico. Niente a che vedere con la visione
erotica di massa che Damiano inseguiva. All'orgasmo narrato con esplosioni e
fuochi artificiali, alla maniera del maestro russo del Potëmkin. Solo che
qui la scalinata di Odessa è nella trachea di Linda e la carrozzella che
scivola giù… Vabbè, lasciamo stare. E' la causa, quella che conta. E la
causa di Damiano fu il femminismo, inteso come liberazione del potenziale
orgasmico femminile (e della libido maschile), dalla grande mela warholiana
al resto del mondo. «Fine. E buona Gola profonda a tutti». E' l'ultimo
fotogramma del film. Potrebbe essere l'epitaffio di Damiano. |