E' morto a Roma a 89
anni. Dal Pci durante la guerra e dall'Eni di Mattei al Giorno, all'Europeo
a Repubblica dal primo giorno. Poi gli incontri con i protagonisti del
nostro tempo e i suoi libri. L'ultimo, quasi un testamento: "Poteva andare
peggio"
di MARCO PANARA
Grave lutto
per il mondo della cultura e del giornalismo e un dolore profondo per i
colleghi e gli amici di Repubblica e del gruppo Espresso: il giornalista e
scrittore Mario Pirani è morto stanotte a Roma, dove era nato 89 anni fa.
Aveva partecipato alla fondazione de la Repubblica, di cui era divenuto
vicedirettore, insieme a Gianni Rocca e Giampaolo Pansa e, ovviamente, a
Eugenio Scalfari.
Quante vite in una vita! Lui nel fare il bilancio scriveva: "Poteva andare
peggio", a dire invece che era andata molto bene, che era stata una vita
ricca perché molto varia e molto viva. Bambino borghese che fa le vacanze al
Lido di Venezia, adolescente ebreo sotto le leggi razziali fugge i
rastrellamenti nazisti, è funzionario comunista e giornalista dell'Unità,
poi comunista dubbioso e dimissionario. Quasi "spia" per l'Eni di Enrico
Mattei in Africa, giornalista al Giorno, al Globo, tra i fondatori di
Repubblica poi direttore dell'Europeo per una breve stagione poi di nuovo a
Repubblica, fino a ieri, fino a oggi. Queste vite Mario Pirani se le portava
dentro tutte, lo sentivi che era uno ricco dentro, pieno di storia e di
storie.
La sua, nelle tragedie che ha dovuto attraversare, è stata tuttavia una
generazione fortunata. E' una classe dirigente che è cresciuta insieme, che
si è incrociata mille volte nelle tante vite che ciascuno ha vissuto. Così
Mario Pirani con Giorgio Napolitano già da quando avevano vent'anni, con
Enrico Berlinguer, con Giorgio Amendola, con Carlo Lizzani, Renato Guttuso,
Giorgio Ruffolo e cento e cento altri. Era un mondo più piccolo allora e a
guardarlo da oggi sembra una selva di piccoli e non tanto piccoli giganti
che si sono scambiati molto e arricchiti e formati reciprocamente, in tempi
in cui la passione politica e civile univa e divideva anche drammaticamente,
ma faceva molto discutere e a fondo, dopo aver studiato.
Era nato nel
1925, avrebbe compiuto 90 anni ad agosto, iscritto al Pci sul finire della
guerra, è stato un funzionario del partito e giornalista dell'Unità fino al
1961. La repressione sovietica in Ungheria aveva cambiato il quadro e Mario
Pirani aveva cominciato a maturare il suo distacco. Un nuovo ciclo comincia
nell'Eni di Enrico Mattei, una crescente potenza economica con un forte
visione politica per l'Italia e anche per il Mediterraneo e il Medio
Oriente. Pirani si trova a fare un nuovo mestiere di agente "quasi segreto"
l'operatore di una diplomazia parallela sulla sponda sud del Mediterraneo
nella partita che Mattei aveva ingaggiato con le "sette sorelle", le grandi
compagnie petrolifere che dominavano il mondo. Con l'Eni sette anni
avventurosi e poi nel 1968 il ritorno definitivo al giornalismo con il
Giorno. La foto famosa dei fondatori di Repubblica lo ritrae: sarà il primo
capo della redazione economica del giornale, una redazione che costruisce
pezzo a pezzo e nella quale - novità assoluta per le redazioni economiche
dei quotidiani - vuole che ci siano delle donne, nel cui impegno crede
molto, e infatti molte altre bravissime porterà nel giornale.
Ma che
giornalista era Mario? Era molto attento ai lettori. Sembra una cosa ovvia
per un giornalista ma non lo è, lui era quasi ossessionato dal rispetto per
i lettori, per le persone dei lettori e per la loro intelligenza. Ogni loro
lettera meritava una risposta, ogni banalità andava loro risparmiata. Era
brusco e aveva pazienza, era riservato e comunicava. Insegnava. Era uno
strano tipo di comunista, assai laico, sostenitore del ruolo dell'impresa,
della sua importanza nel sistema, rispettoso del sindacato ma molto critico
quando aveva comportamenti distruttivi. attento al rigore dei conti
pubblici, tema che oggi è diventato di moda che che negli anni '80 non lo
era affatto. "L'economia è il vivere di ogni giorno", deve essere semplice,
spiegare. Fu felice quando un suo testo è stato utilizzato come traccia per
l'esame di maturità del 2013 , il tema sottoposto agli studenti era "Stato,
mercato e democrazia", lui si poneva in mezzo, non tutto Stato, perché non
c'è democrazia, non solo mercato perché c'è prevaricazione, ma mercato con
le regole che uno Stato credibile fa rispettare.
Quel concetto che
l'economia è la vita di ogni giorno lui lo declinava settimana dopo
settimana nella sua rubrica Linea di confine, dove scriveva di cose che
riguardano tutti, la scuola, l'università, la sanità, la cura delle città,
dei monumenti e del paesaggio. La politica l'analizzava come uno che la
conosce da dentro, l'ama molto e se ne fida meno. Amava la polemica anche,
anzi era un maestro, sapeva provocare. E far ridere, da uomo colto,
raffinato, spiritoso.
Ha scritto numerosi libri, da "Il fascino del nazismo. Il caso Jenninger:
una polemica sulla storia", a "Il futuro dell'economia visto dai maggiori
economisti italiani", a "È scoppiata la terza guerra mondiale? Le democrazie
tra pacifismo e difesa". L'ultimo "Poteva andare peggio, mezzo secolo di
ragionevoli illusioni" racconta la sua storia e quella di buona parte del
secolo passato.
Alla famiglia di Pirani un affettuoso abbraccio da tutti gli amici e i
colleghi di Repubblica. Domani camera ardente presso la Sala della
Protomoteca in Campidoglio dalle 9 alle 19. I funerali si terranno lunedì 20
aprile, alle ore 11, nel tempio ebraico del cimitero israelitico di Prima
Porta.
Sul sito di
La Repubblica.it maggiori notizie, foto e
altro su Mario Pirani.