ADDIO SERGIO STANZANI ROMA 17 OTTOBRE 2013
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Sergio Stanzani - Foto dal sito europaquotidiano.it |
Ha ragione Stefano Folli che lo ha “salutato” per l’ultima volta sul Sole 24 Ore e lo conosceva bene: Sergio Stanzani faceva parte di quell’Italia che ci ha regalato un po’ di aria fresca e pulita, «insofferente verso qualsiasi tentazione illiberale»; ed è stato tra i protagonisti di «una stagione ricca di fermenti politici e morali che solo in parte sono riusciti a cambiare l’Italia». Per tutta la vita “Sergino” è stato fedele a quel programma che aveva assimilato ed era diventato una sua seconda pelle che è la dichiarazione di Goliardia, approvata a Venezia nel febbraio del 1943: «Goliardia è cultura e intelligenza, è amore per la libertà e coscienza della propria responsabilità di fronte alla scuola di oggi e alla professione di domani; è culto dello spirito, che genera un particolare modo di intendere la vita alla luce di una assoluta libertà di critica, senza pregiudizio alcuno, di fronte ad uomini ed istituti; è infine culto delle antichissime tradizioni che portarono nel Mondo il nome delle nostre libere Università di scholari». Sono davvero tanti gli episodi, i momenti che noi, fortunati e privilegiati che abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di conoscere “Sergino”, e frequentarlo, possiamo raccontare, ma forse salutarlo ricordando il suo passato di “principe della Goliardia” è il modo più bello e più giusto. Già: perché molti, troppi ignorano che quella straordinaria fucina di cultura politica che la Goliardia moderna, nata nel 1898 quando Romolo Murri fonda l’Intesa e sciolta d’autorità dal fascismo; e poi rinata nel 1946 al Caffè Florian di Venezia: Marco Pannella, Lino Iannuzzi, Franco Roccella; e lui, “Sergino” Stanzani. Facciamo un “salto” nel tempo. I radicali di Mario Pannunzio, Ernesto Rossi e Arrigo Benedetti, di quello straordinario sodalizio che fu il Mondo, dopo infelici avventure elettorali, gettano la spugna: chi guarda i repubblicani, chi i socialisti…Un pugno di “giovani” non si arrende, decide di tener vivo il Partito Radicale: con Pannella e pochi altri (Angiolo Bandinelli, i fratelli Aloisio e Giuliano Rendi, Gianfranco Spadaccia…), c’è anche lui, “Sergino”, che nel frattempo, laureato in ingegneria, comincia a lavorare nell’Eni di Enrico Mattei, e poi approda all’Agip e alla Finmeccanica. Un bel percorso professionale, ma senza mai rinunciare all’impegno politico, e in tempi in cui qualificarsi come radicale ti guardavano storto: non andavi bene alla destra, non piacevi ai cattolici, eri inviso ai comunisti. Diceva sempre che aveva letto poco o nulla, “Sergino”, e scritto ancor meno: la sua vera università era ascoltare le “lezioni” di Pannella e Roccella. Sarà. Ma è a “Sergino” e a un pugno di altri come lui, che dobbiamo uno dei più bei testi che siano stati scritti, verrà pure il giorno che una facoltà di Scienze Politiche si deciderà a studiarlo a fondo: parlo dello Statuto del Partito Radicale, elaborato a metà degli anni ’60 a Faenza e poi a Bologna; per capirci: congresso a data fissa e non quando lo decide il segretario; possibilità a chiunque (chiunque!) di potersi iscrivere unico requisito il pagamento della quota associativa; nessuna possibilità di espulsione, non esistono neppure i probiviri; possibilità (auspicata) di iscritti con doppia tessera; per ogni iscritto, non importa con quanti anni di iscrizione alle spalle, il diritto di partecipare al congresso, parlare, votare, presentare documenti. Un sogno? Un’utopia? Forse sì. Ma è con questo sogno e questa utopia che il Partito Radicale è diventato anno dopo anno il più antico partito sulla scena politica. E poi, sempre con Pannella, l’intuizione del Partito Radicale Transnazionale Transpartito Nonviolento; con Emma Bonino il tribunale penale internazionale, e l’associazione “Non c’è pace senza giustizia”, di cui è stato a lungo presidente e animatore; le campagne contro la pena di morte con “Nessuno tocchi Caino”, contro le mutilazioni genitali femminili. Quante cose ha fatto “Sergino” e quanto gli dobbiamo tutti noi. È stato anche senatore e deputato, per più legislature. Ha sempre onorato le istituzioni in modo impeccabile, convinto, sempre, da autentico liberale e libertario, di trovarsi a far parte del “tempio della libertà e della democrazia”, anche se con amarezza a volte aggiungeva: che dovrebbe essere il “tempio”, e invece non lo è. Sempre sorridente di quel sorriso lieto, bolognese fino al midollo, nei momenti che contano, quelli che ti restano e segnano, lui non mancava mai, e sapeva trovare la parola, il tono giusti per rincuorarti e darti nuova energia quand’eri stanco e avvilito. Nel Pantheon degli uomini giusti che hanno onorato questo paese e a cui tutti dobbiamo qualcosa, uno dei posti d’onore è per lui, il nostro amico e compagno “Sergino” Stanzani.
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Addio a Sergio Stanzani
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