Nome: Alberto Lattuada
Data e luogo di nascita: 13 Novembre 1914, Milano, Italia
Data e luogo di morte: 2 Luglio 2005, Roma, Italia
Prima di esordire come regista, Lattuada misura il suo eclettismo in vari
campi. Durante gli studi di architettura, collabora con diverse riviste
scrivendo articoli sul cinema e sulla pittura. Si dedica con passione alla
fotografia e nel 1941 raccoglie i suoi scatti migliori ne L’occhio
quadrato. Infaticabile organizzatore di rassegne cinematografiche, è tra
i fondatori della Cineteca italiana. Dopo essere stato assistente di Soldati
( Piccolo mondo antico, 1941) e di Poggioli ( Sissignora,1941)
esordisce come regista nel 1943 con Giacomo l’idealista a cui segue
nel 1945 La freccia nel fianco. Questi primi due film (entrambi
tratti da opere letterarie: il primo da Emilio De Marchi, il secondo da
Luciano Zuccoli) sono dei raffinati esercizi di stile la cui ricercatezza
formale testimonia la profonda cultura cinematografica di Lattuada.
Nel 1946, con Il bandito, il regista si confronta con la realtà del
dopoguerra raccontando il ritorno a casa di un reduce che, avendo perso beni
e affetti, si trova invischiato nel giro della malavita e diventa il capo di
una banda di delinquenti. L’adesione di Lattuada al neorealismo, attraverso
questo film, avviene in modo originale poiché allo sguardo di tipo
documentaristico che caratterizza la prima parte del film segue un intreccio
da film poliziesco. Anche in Senza pietà (1948) lo smarrimento della
protagonista, costretta dalle circostanze a prostituirsi, viene
rappresentato con uno stile ambivalente per cui alla descrizione realistica
dell’ambiente che fa da sfondo alla vicenda (la pineta di Tombolo a Livorno)
si unisce una narrazione articolata secondo gli schemi del poliziesco e del
melodramma.
Anche Il Mulino del Po (1949), tratto da un romanzo di Bacchelli, pur
essendo ambientato alla fine dell’ottocento, è pervaso da uno spirito
neorealista che si evidenzia nella denuncia delle lotte sociali e dalle
ingiustizie patite dai contadini delle campagne padane. Gli anni 50 si
aprono con Luci del varietà (1950) diretto insieme a Federico Fellini
che coincide con l’allontanamento dalle tematiche tipiche del neorealismo
per far luce sulle illusioni e disillusioni dei singoli personaggi e
sull’analisi delle loro personalità. Tra i titoli più importanti di questi
anni vanno ricordati Il cappotto (1952) e La spiaggia (1953)
nei quali al profondo amore con cui vengono visti i personaggi corrisponde
uno sguardo amaro e disincantato sull’ipocrisia di una società perbenista e
bigotta che isola i protagonisti in un vortice di solitudine e disperazione.
I toni si addolciscono in Guendalina (1957) un tenero ritratto di
quindicenne con cui Lattuada indaga il mondo adolescenziale tra malinconia e
romanticismo. Negli anni 60 oltre ai consueti adattamenti letterari portati
sullo schermo con impeccabile cura visiva ( La steppa 1962) Lattuada
affronta con disinvoltura generi diversi: il giallo ( L’imprevisto
1961 e Il mafioso 1962) la commedia ( Don Giovanni in Sicilia
1967) il film di guerra ( Fraulein Doktor 1969). Con i film dei primi
anni 70: Venga a prendere il caffè da noi (1970) Sono stato io
(1973) Le farò da padre (1974) Lattuada unisce la leggerezza dei toni
propri della commedia a una visione più amara della realtà sociale
sottolineandone polemicamente i mali (arrivismo, successo, avidità). Negli
anni 80 ha realizzato alcuni sceneggiati per la televisione tra i quali
ricordiamo Cristoforo Colombo andato in onda sulla Rai nel 1985.
a cura di
Orietta Mizzoni
da
MyMovies.it