L'attrice si è spenta stamattina alle
7. Aveva 70 anni
E' stata anche regista, cantante e doppiatrice
Morta a Roma Laura Betti
amica e Musa di Pasolini
Una vita segnata dall'amicizia col grande
intellettuale
L'incontro nel '63, poi la Coppa Volpi per Teorema
di CLAUDIA MORGOGLIONE
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Laura Betti |
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ROMA - L'ultima sua apparizione ufficiale, nel mondo del cinema,
risale al settembre 2001, quando presentò alla Mostra di Venezia, da
regista, il film-documentario sull'uomo che più di tutti la sentì vicina:
Pierpaolo Pasolini e le ragioni di un sogno, omaggio struggente ma
sobrio al grande intellettuale scomparso tragicamente. E ora anche la sua
migliore amica e Musa, lei, Laura Betti, se ne è andata: l'attrice è morta
alle 7 di stamattina in un ospedale romano. Aveva settant'anni.
Una vita segnata dall'amicizia col poeta-scrittore-regista: basta pensare
che diretta proprio da Pasolini, in Teorema, la Betti conquistò la
Coppa Volpi per la migliore interpretazione, a Venezia, nel 1968. Tre anni
dopo, nel 1971, lo scrittore su una rivista pubblicò perfino un necrologio
anticipato su di lei, immaginando la scomparsa nel 2001: nel testo la
definisce, tra l'altro, una "tragica Marlene", una "vera Garbo". E
aggiunge: "Son sicuro che nella sua tomba ella si sente bambina. Ella è
certamente fiera della sua morte, considerandola una morte speciale".
E invece nel 2001, sempre alla Mostra della Laguna, ecco la Betti
vivissima e di nuovo alla ribalta, questa volta dietro la macchina da
presa. Una sorta di testamento spirituale, il suo documentario su Pasolini,
che strappò un lungo applauso al popolo del Festival.
Poi, da parte della donna, il silenzio. A parte qualche piccola parte in
film recentissimi, come la felicità non costa niente di Mimmo
Calopresti. E adesso la morte, la scomparsa di una delle figure
carismatiche dello spettacolo: un punto di riferimento per tanti, amica
fraterna di intellettuali come Alberto Moravia.
Così non sorprende che siano tante le manifestazioni di cordoglio: a
cominciare dal sindaco di Roma, Walter Veltroni, che di lei ricorda la
"straordinaria cultura e le fortissime curiosità intellettuali, con un
grande carattere, a volte difficile ma generoso. Ha conosciuto il successo
a teatro molto presto, ma ha saputo, con umiltà e ammirevole
professionismo, mettere in gioco la propria popolarità per imparare il
mestiere del cinema".
Ma facciamo un passo indietro. Nata a Bologna nel 1934, ma romana
d'adozione artistica, Laura Betti (vero cognome: Trombetti) esordisce nel
mondo dello spettacolo nel 1958 come cantante jazz, nello spettacolo di
Walter Chiari I saltimbanchi. Ma a cambiare il suo destino è
l'incontro, nel 1963, con Pasolini: nasce una grandissima amicizia, ma
anche un sodalizio professionale. Per lui, infatti, lei recita in La
ricotta, La terra vista dalla luna, Teorema, I
racconti di Canterbury.
Certo, nel suo curriculum ci sono anche altri registi: fra i tanti Roberto
Rossellini (Era notte a Roma, 1960); Marco Bellocchio (Nel nome
del padre, 1972); i fratelli Taviani (Allonsanfan, 1973);
Bernardo Bertolucci (Novecento, 1976, e La luna, 1979).
Questo sul fronte della recitazione al cinema. Perché, per il resto, la
Betti è stata anche, ad esempio, scrittrice e doppiatrice. E, negli ultimi
25 anni di vita, appassionata divulgatrice dell'eredità del migliore amico
scomparso: dal 1980 dirigeva infatti il Fondo Pierpaolo Pasolini. Ecco
perché non sorprende che l'ultimo applauso, da un pubblico numeroso ed
entusiasta, l'abbia ricevuto a Venezia per il documentario su di lui.
Intanto già stamattina, appena diffusa la notizia della
morte, la Mostra edizione 2004 ha annunciato un probabile omaggio alla sua
opera. Con modi e tempi da definire. Nel frattempo lunedì prossimo a Roma,
sul palcoscenico del Teatro Argentina, ci sarà la rievocazione organizzata
dal Comune.
(31 luglio 2004)
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IL DOCUMENTO
Il necrologio di Pasolini
"La mia tragica Marlene"
"Son sicuro che nella sua tomba ella si sente
bambina. Ella è certamente fiera della sua morte, considerandola una morte
speciale". Così aveva scritto nel 1971 Pier Paolo Pasolini nel suo
"Necrologio per Laura Betti", dove immaginava che la morte dell'attrice
sarebbe avvenuta nel 2001. Lo scritto fu pubblicato su un mensile
dell'epoca ma Laura Betti volle includerlo anche nel 'pressbook' del suo
"Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno", il film documentario che
presentò alla Mostra del cinema di Venezia proprio nel 2001. Nello scritto
Pasolini immaginava anche i commenti della Betti alle sue affermazioni:
"Dietro la pupattola che ammetto di essere con la mia maschera, c'è una
tragica Marlene, una vera Garbo", faceva dire all'attrice.
"Sentiamo che direbbe un testimone del 2001 - esordiva Pasolini -
costretto a fare un necrologio di Laura Betti. 'Pioniera della
contestazione? Sì, ma anche sopravvissuta alla contestazione. Quindi
restauratrice di uno statu quo ante". Dove c'era il pieno (l'ordine
borghese e l'opposizione ufficiale), si è avuto il caos, quel pieno è
apparso come vuoto, e chi c'era dentro, a fare il buffone della protesta,
si è trovato come in una stanza di cui fossero scomparse improvvisamente
le pareti".
Più avanti Pasolini dedica all'amica altre considerazioni sulla sua morte:
"...'la mia morte è provvisoria, è un fenomeno passeggerò, essa par dire,
con l'aria di un personaggio di Gogol, di Dostoievsky, o di Kafka, in alto
loco si sta sbrigando perchè tale noiosa congiuntura venga superata e
tutto torni come prima. Del resto, io non ho la soluzione di continuità:
son ciò che ero. La mia possibilità di stupore non ha limiti perchè io
cado sempre dalle nuvole, e rido, con meraviglia fanciulla'
(Contemporaneamente, là nella tomba, dice. 'Io non son mai nelle nuvole,
son sempre coi piedi a terra, niente mi meraviglia perché, da sempre, so
tutto'). Ambiguità? No: doppio gioco. Ché essa, la morta, Laura Betti, non
era ambigua, anzi era tutta d'un pezzo: inarticolata come un fossile".
"Nel momento stesso però in cui concretava la sua fossilizzazione
infantile adottandone la maschera, eccola contraddire tutto questo
recitando la parte di una molteplicità di personaggi diversi fra loro, la
cui caratteristica è sempre stata quella di essere uno opposto all'altro",
scriveva ancora Pasolini, secondo il quale dietro "questa dolorosa
operazione c'era il suo bisogno di essere contemporaneamente "una" e
"un'altra", "una" che adora, e "un'altra" che sputa sull'oggetto adorato;
"una" che mitizza e "un'altra" che riduce: Ma non era ambiguità, ripeto.
Il suo gioco era chiaro come il sole". Pasolini concludeva il suo scritto
definendolo "il necrologio di un'eroina": "Bisogna aggiungere - scriveva
alla fine - che era molto spiritosa e un'eccellente cuoca".
(31 luglio 2004)
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