Il cinema per tutta la vita. Ma non l'unico banco
di prova per quella vena comica e genuina, alimentata dalle origini "burine"
mai dimenticate, anzi, valorizzate, quelle radici ciociare delle quali aveva conservato la
schiettezza rustica, l'approccio disincantato con le persone e le cose, la
testardaggine. Un attore squisitamente italiano, premiato dalla stima del
cinema internazionale: nell'estate 2003, al Festival di Mosca, La fine
di un mistero, in cui Manfredi interpreta il poeta spagnolo Federico
Garcia Lorca, era stato premiato come miglior film.
Saturnino Manfredi nasce il 22 marzo del 1921 a Castro dei Volsci, in
provincia di Frosinone. Dopo una laurea in giurisprudenza (presa, diceva,
"solo per fare contenti mamma e papà") passa direttamente all'Accademia
d'arte drammatica di Roma. Poi, alla metà degli anni Quaranta, tenta la
fortuna sul palcoscenico del Piccolo Teatro di Milano con Shakespeare e
Pirandello. Ma anche nei teatri romani, e con Eduardo, ed Orazio Costa.
Poi, l'incontro con il teatro di rivista. E il cinema.
La popolarità arriva alla fine degli anni Cinquanta, grazie ad una serie
di film in cui interpreta malizie e ingenuità dell'"italiano del boom":
Tempo di villeggiatura (1956), Susanna tutta panna (1957),
Guardia, ladro e cameriera (1958). Intanto, nel 1955, incontra la
donna che gli resterà accanto per tutta la vita: Erminia Ferrari,
bellissima indossatrice. Nascono tre figli, Roberta, Luca e Giovanna.
Risale allo stesso periodo l'approdo in televisione, prima con lo
sceneggiato L'alfiere (1956), diretto da Anton Giulio Majano, poi
con Un trapezio per Lisistrata (1958), al fianco di Delia Scala con
la quale conduce, e insieme anche a Paolo Panelli, l'edizione del 1960 di
Canzonissima, dove conquista il pubblico con la celebre macchietta
del "barista di Ceccano" e il tormentone "Fusse che fusse la vorta bbona...".
Pochi anni dopo, è il 1963, il trionfo in teatro, con Rugantino di
Garinei e Giovannini.
I riconoscimenti arrivano però con il cinema, come il Nastro d'argento
ottenuto per Questa volta parliamo di uomini (1956), di Lina
Wertmuller, in cui Manfredi interpreta quattro diversi ruoli. Restano
memorabili alcuni suoi personaggi, dall'innocente perseguitato in
Girolimoni, il mostro di Roma (1972) all'emigrante italiano in
Svizzera di Pane e cioccolata (1974), dal "piede amaro" di
L'audace colpo dei soliti ignoti (1959), al barbiere innamorato Marino
Balestrini di Straziami, ma di baci saziami (1966) a Titino,
l'editore borghese che sceglie la libertà e diventa capo di una tribù in
Angola, in Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico
misteriosamente scomparso in Africa?
Un successo anche quando tenta con la regia, com'è il caso di Per
grazia ricevuta (1970), premiato a Cannes, del quale è anche
protagonista. Seguono, ancora, C'eravamo tanto amati (1974), di
Ettore Scola, e Café Express (1980), di Nanni Loy, altro Nastro
d'argento. E un altro ancora, nel 1977, con In nome del Papa Re,
diretto da Luigi Magni, regista, amico e parte di un fortunato sodalizio
come dimostrano anche Secondo Ponzio Pilato (1988) e In nome del
popolo sovrano (1990).
La televisione però resta in cima ai suoi pensieri. Lì che dà vita ad uno
dei suoi personaggi più robusti e commoventi, il Geppetto del Pinocchio
di Luigi Comencini. Ma c'è anche Barabba in La vita di Gesù (1975).
Ed è proprio al piccolo schermo che regala le energie degli anni recenti,
dalle miniserie Un commissario a Roma e Linda e il brigadiere,
alle fiction Una storia qualunque e Un posto tranquillo.
L'ultima volta, lo avevamo visto, accanto a Fiorenzo Fiorentini, nel film
per la tv La notte di Pasquino, diretto, ancora una volta, da Luigi
Magni, andato in onda nel gennaio 2003 su Canale 5. Ma era stato anche a
lungo testimonial per una nota marca di caffè.
Infne, Venezia 2003. Anche lì, in qualche modo, c'era.
Presente fra gli altri protagonisti della storia della Mostra, passati in
rassegna dal cortometraggio Venezia 60. Lui era protagonista di un
vecchio filmato girato proprio a Venezia. Poi, gli applausi e la
commozione quando Erminia ha ritirato il Premio Bianchi. E l'ultima
immagine dell'attore, in La luz prodigiosa, in cui presta il volto
a Federico Garcia Lorca, il poeta spagnolo fucilato dalla Guardia Civil
franchista nel 1936, e del quale non fu mai ritrovato il corpo: "Una
storia bellissima, un personaggio che ho molto amato - aveva detto
l'attore prima della malattia -, sono felicissimo che alla Mostra di
Venezia sia questo mio ultimo lavoro a rappresentarmi".