Il cantante, ammalato da
tempo, è morto nella notte nella sua casa
al Vomero all'età di 91 anni. A lui si deve mezzo secolo di
melodie
E' morto Roberto Murolo
la voce di Napoli
NAPOLI -
E' morto nella notte Roberto Murolo, la "voce" di
Napoli. Il cantante, 91 anni, malato e costretto per problemi
respiratori e cardiaci a rimanere a casa da tempo, si è
spento nella sua casa al Vomero, a Napoli, circondato dai suoi
parenti più stretti.
Lo scorso anno, in occasione del suo novantesimo compleanno,
il sindaco Rosa Russo Iervolino ed il presidente della
Regione, Antonio Bassolino gli fecero visita a casa perché
Murolo era impossibilitato a raggiungere palazzo San Giacomo,
sede del Comune, come era in un primo momento previsto, per
una cerimonia pubblica di auguri. Le condizioni di salute
dell'anziano artista hanno subito un progressivo peggioramento
a partire dall'ultimo mese, anche se aveva conservato sempre
una notevole lucidità mentale. Riceveva in casa amici ed
artisti che gli andavano a far visita, tra i quali Renzo
Arbore che non mancava mai di incontrarlo ogni volta che si
trovava a Napoli.
Figlio del grande compositore Ernesto Murolo, Murolo era nato
a Napoli il 23 gennaio 1912. Di lui si comincia a parlare a
partire dal 1939 quando comincia a girare l'Europa con il
quartetto Mida. Ma la carriera vera e propria la inizia nel
1946. E' l'epoca dei primi concerti e delle prime incisioni
discografiche. Un successo pieno ed immediato consente a
Murolo di affermarsi subito come uno dei più interessanti
talenti musicali, non solo della canzone napoletana ma di
tutta la canzone italiana.
Murolo, che in quel periodo - siamo nel 1950 - appare anche
come attore nel film "Catene", sfrutta per aumentare
a dismisura la sua notorietà nel solo la radio ma anche la
televisione, la cui diffusione nelle case degli italiani
aumenta ogni giorno di più. L'artista incide numerosi dischi
singoli a 78 giri e realizza poi l'antologia
"Napoletana", in cui compaiono 12 canzoni scelte da
brani della canzone partenopea che vanno dal XIII secolo ai
suoi giorni. E' quello il suo primo straordinario successo
discografico che lo consacra artista di massimo livello.
La seconda fase della sua carriera inizia nel 1990 quando
pubblica l'album "Na voce 'na chitarra" e nel 1992
esce con una nuova raccolta dal titolo "Ottantavoglia di
cantare", con il quale festeggia il suo ottantesimo
compleanno. In questa fase incide canzoni anche con importanti
interpreti della canzone italiana - fra i quali Fabrizio De
Andrè, Enzo Gragnaniello e Mia Martini. Il suo sodalizio
artistico con Renzo Arbore, già cominciato da diversi anni,
si cementa sempre di più proprio in questa fase della sua
carriera. Con Gragnaniello e Mia Martini nel 1993 incide
l'album "L'Italia è bbella".
Nel 1995 pubblica il disco "Anima e core" e nel 2002
"Ho sognato di cantare", l'album che chiude la sua
lunga attività di autore ed interprete. Nel 1995 Roberto
Murolo riceve dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi
Scalfaro, l'onorificenza di Grand'Ufficiale della Repubblica
per i meriti artistici di una vita dedicata alla musica.
"Se n'è andato un maestro, un caposcuola. E soprattutto
ho perso un amico, l'uomo che mi ha insegnato tutto". E'
il commento addolorato di Renzo Arbore alla notizia della
scomparsa dell'amico. Arbore racconta di averlo incontrato il
mese scorso. "Era come sempre lucido, anche se nel fargli
visita mi resi conto che le sue condizioni fisiche erano
ulteriormente peggiorate e che non avrebbe potuto resistere a
lungo". "Mi piace ricordare - dice ancora Renzo
Arbore - che nonostante la malattia ne avesse minato la fibra,
fino a due anni fa cantava in pubblico. Ed in casa, la musica
lo ha accompagnato in pratica fino alla fine".
"La mia tristezza - conclude Renzo Arbore - per la
perdita dell'amico viene stemperata dalla consapevolezza che
le opere di Murolo rappresentano quanto di più importante sia
stato fatto nella storia della canzone popolare
italiana".
(14 marzo 2003)
|
Con uno stile asciutto
degno di un lord inglese il cantante
scomparso ripulì il repertorio napoletano dai suoi eccessi
Murolo, quel filo di voce
che ha cambiato la canzone
di GINO CASTALDO
SEMBREREBBE
strano raccontare un secolo di canzoni con una voce che era un
sussurro gentile, un refolo che soffiava un timbro di
ineguagliata eleganza tra accordi classici di chitarra
acustica, ma è difficile trovare sintesi migliori. Murolo
sviluppò il suo genio proprio a metà del novecento, sospeso
come un paesaggio in acquarello, sommessamente rivoluzionario,
al centro esatto tra l'eredità del canto antico, che voleva
il sentimento espresso a tinte forti, con tutta la retorica
del caso, e il nuovo verbo che alcuni leggendari crooner
americani, Crosby e Sinatra in testa, cominciavano a
sviluppare, favorendo la nascita della modernità canora.
Casomai è singolare, e non ci si pensa mai, che una tale
rivoluzione di cui oggi siamo totalmente e definitivamente
figli, sia stata possibile grazie a una piccola ma
fondamentale invenzione: il microfono. Se prima di questi
protagonisti, i cantanti squarciavano le tende dei teatri con
acuti prorompenti e sentimenti forti, lo si doveva al fatto
che bisognava raggiungere il pubblico (anche quello lontano)
solo ed esclusivamente grazie alla propria fisiologica
autoamplificazione. E da lontano, si sa, le sfumature sono un
lusso. Il microfono rese alla musica un servizio inestimabile,
permise ai cantanti che ne avevano bisogno, di poter cantare
"piano" di sviluppare un universo di piccole
raffinatezze.
Il genio di Murolo, che era nato a Napoli, il 23 gennaio del
1912, figlio di Ernesto, uno dei maggiori poeti della canzone
classica napoletana (Pusilleco addiruso, Suspiranno, Serenata
napulitana) fu quello di applicare questa novità alla canzone
napoletana. Prima, i suoi mezzi stilistici li aveva affinati
fondando il quartetto Mida, sul modello dei Mills Brothers,
girando l'Europa con notevole successo dalla fine degli anni
trenta fino al 1946. Una volta tornato a casa gli venne
naturale prendere il repertorio col quale si era nutrito fin
da bambino, visto che nella casa paterna era passato il gotha
della musica napoletana, e cantarlo in quella maniera. Fu una
folgorazione, per lui e per i primi fortunati testimoni di
quel passaggio epocale nei nightclub di Capri e nei teatrini
di Napoli.
Era esattamente metà del secolo. Ed era anche un cambio di
era che la musica annunciava in tutti i modi possibili. La
canzone americana aveva già stregato il pianeta, il sole di
Elvis stava per sorgere all'orizzonte del rock'n'roll, e i
cantautori francesi stavano mettendo insieme versi e melodie
antitetiche al conformismo borghese. Murolo lo fece alla sua
maniera, ovvero nella massima discrezione, senza blouson noir
o strepiti gospel, con un understatement degno di un lord
inglese, semplicemente cantando O sole mio e Reginella in un
modo che nessuno fino a quel momento aveva neanche osato
immaginare, con un fil di voce, serio, sobrio, asciutto, quasi
una versione cameristica di melodie che di solito facevano
tremare i vetri delle finestre. Semplice come l'uovo di
Colombo, eppure fu una vera rivoluzione. Le canzoni
napoletane, scrostate di ogni retorica, di ogni eccesso
sentimentale, riapparvero nella loro integrità, nella loro
pura bellezza, senza ornamenti decorazioni e stucchi.
Da quel momento cominciò la carriera di Murolo, una ricca
sequenza di 78 giri che fecero epoca, e qualche volta ebbero
anche discreti successi di vendita, diventando celebre, più
di quanto ci si potesse aspettare per lo stile che portava
avanti, non fatto certo per adunate oceaniche. Una crescita
costante che culminò tra il 1959 al 1963 (tanto ci volle per
realizzarla) con quella che ancora oggi rimane come un'opera
fondamentale non solo per la canzone napoletana ma sarebbe
giusto dire per tutta la musica del novecento, ovvero
Napoletana, una raccolta di dodici long playng in cui Murolo
raccontò per intero la storia della melodia napoletana, a
partire dal Duecento per arrivare alla metà del Novecento.
Un'opera colossale, un monumento all'arte della canzone che ha
pochi confronti nel mondo, come hanno riconosciuto artisti di
ogni nazionalità. Dodici dischi tutti rigorosamente incisi
col solo accompagnamento della chitarra, eppure di assoluto
godimento, irripetibili, mai stancanti, da ascoltare, come
fanno gli appassionati, all'infinito.
Sulla scia di questa ineguagliabile summa che racchiude il
corpo centrale della tradizione napoletana, Murolo ha poi
inciso altre raccolte dedicate a Furio Rendine, alle
macchiette di Maldacea e degli altri protagonisti del cafè
chantant, sempre mantenendo fermo quel punto di vista
stilistico che nel frattempo aveva fatto epoca. La sua
influenza ha contagiato molti giovani autori e interpreti di
quella che poi è stata la nouvelle vague napoletana, a
partire da Peppino Di Capri, anche se questo debito gli è
stato riconosciuto da molti artisti non napoletani, in
particolar modo dai primi cantautori che grazie alla sua
pulizia, a quello stile delicato ed elegante, hanno scoperto
un modo nuovo di far canzoni. Lo stesso Fabrizio De Andrè,
che ha inciso una superba Fenesta nova, dopo averla ascoltata
nella raccolta Napoletana, ha riconosciuto la maestrìa di
Murolo al punto da accettare, fatto assai raro nella sua
carriera, di cantare nel 1992 insieme a Murolo una nuova
versione della sua Don Raffaè.
Era l'ottantesimo compleanno. Pochi anni prima, grazie
all'interessamento di Arbore, Di Capri, e altri estimatori,
era stato organizzato un vero e proprio recupero, dopo anni di
relativo oblìo. Se i suoi dischi continuavano a essere
ascoltati e idolatrati, la sua carriera pubblica aveva subito
una brusca e sgradevole interruzione, dovuta a una brutta
vicenda giudiziaria, una condanna per molestie sessuali a un
minore, errore che Murolo ha pagato duramente, e che gli è
costato un lungo, totale ostracismo da parte dei media. Dai
settant'anni in poi, tardivamente, Murolo ha vissuto una nuova
stagione di gloria, scandendo questi anni con uscite
discografiche a cui hanno partecipato molti cantanti, e
perfino con una partecipazione al festival di Sanremo. La sua
voce, se possibile, era diventata ancora più flebile, ma
quello stile soffuso gli ha permesso di cantare oltre ogni
limite di età. Proprio lo scorso anno era stato pubblicato il
suo ultimo disco, Ho sognato di cantare, un testamento col
quale, all'età di novant'anni, Murolo aveva dichiarato di
abbandonare le scene, una volta per tutte.
(14 marzo 2003) |
|
|