Da "THE JAZZ SIDES" - Sarah Vaughan -
SARAH VAUGHAN: I VOLTI DEL JAZZ
Il batterista Roy Haynes ricorda la prima sera in cui suonò con Sarah Vaughan. Fu a Philadelphia, nella primavera del 1953 in un club che si chiamava The Rendezvous. " Il pianista, John Malachi non si esibì. Sbagliò data o qualcosa di simile". Dalla sua casa a Long Island, Haynes disse recentemente: " Fu così che Sarah si sedette al piano e si accompagnò da sola, cosa che non avevo mai visto prima."
"Sarah amava bighellonare. Così dopo lo spettacolo andammo in questo club after-hours nella zona sud di Philadelphia. Sembrava quasi uno spaccio clandestino. Si doveva conoscere qualcuno per entrarvi. Bene, per poter entrare, avevamo bisogno di qualcuno là dentro che lei conoscesse, per provare di essere Sarah Vaughan. Lei stava bevendo un Gordon's Gin. Uscimmo da quel locale alle nove o alle dieci del mattino successivo. Quella fu la prima volta in cui ebbi i postumi di una sbornia.
Proprio come la leader di una band, le sue esibizioni rispecchiavano il suo lato vincente. Queste erano battute sarcastiche sulla Vaughan che viveva secondo il soprannome "Sassy" - tenero ricordo dei bei tempi. Pochi racconti sulla sua vita non menzionano che a lei piaceva ciondolare, bere, fare scherzi di cattivo genere e, stranamente, leggere giornali a fumetti. Sul palco, la Vaughan generalmente comandava, tra una canzone e l'altra, borbottava come un capo, era un'intrattenitrice di folle che senza alcun dubbio si stava divertendo.
Tuttavia guardando l'altro lato della medaglia, e lsi può i era un'artista, ecco il motivo della differenza, il suo nomignolo che tutti conoscevano era "La Divina", mentre Billie Holiday veniva chiamata solamente "Lady Day"; ci vollero due congeniali occasioni necessarie per descrivere adeguatamente Sarah Vaughan.
L'artista che c'è in lei, è più difficile da abbozzare di quello di un compagno di bevute, o di quello di un uomo di spettacolo in gamba. Senza dover fare paragoni, si può affermare che ella sia stata una delle più grandi voci che abbiano mai cantato il jazz. Capace di estendersi fino alla terza ottava superiore, la sua voce aveva un'estensione bassa, ma chiara, e uno spontaneo falsetto. Era dotata di un'intonazione quasi perfetta e di un'innata capacità d'improvvisazione, come dice Will Friedwald, critico jazz nella rivista Cantare il Jazz, Scribners, New York, 1990, nell’articolo che per inciso dedicò alla Vaughan: "Non è che la Vaughan stessa non presti attenzione alle parole... o che lei faccia in modo che si pensi che le melodie del compositore siano mediocri, ma le sue interpretazioni che indubbiamente abbelliscono, fanno dimenticare le note originali.
Oltre a ciò, c'è il fatto che diversamente da molti altri cantanti, la Vaughan capiva veramente la musica. Come Carmen McRae, studiò pianoforte prima di diventare una cantante: "Stimavo Sarah Vaughan sia come cantantante che come musicista", disse Haynes, il batterista di metà dei pezzi incisi su questo disco. " Era un esemplare di genialità".
La Vaughan venne alla ribalta proprio quando il Bop stava via via sostituendosi alle big band. Naturalmente influenzata da Dizzy, Bird e dal resto dei trombettisti che rappresentavano i frammenti dell'essenza della rivoluzione musicale bop, il modo di cantare della Vaughan spazzò via e si impose sulle melodie in un modo del tutto nuovo per i cantanti.
Il fatto che il pubblico ben accogliesse la doppia identità della Vaughan "La Divina / Sassy", spaccò la sua personalità. Come Fitzgerald, la Vaughan fu spesso equivocata, stretta nella morsa dell'arte da un lato, e della cultura popolare dall'altro. La piccola jazz band per registrare a cui lei diede vita, fu lodata dai puristi del genere, ma non ebbe mai successo nelle vendite. E mentre le sue incisioni pop le facevano guadagnare di più - l’assonnata canzoncina del 1958 "Broken-hearted melody" era il brano di maggior successo - le aprirono la strada fino a farle sprecare il talento che possedeva, diventando così una semplice cantante pop.
E' chiaro che la Vaughan si adagiò sul lato popolare del Jazz. Questa compilation ad esempio, semi-intitolata I volti del jazz, è composta di brani classici - Pennies from Heaven, Body and soul e Over the Rainbow. Ma di fronte ad un quartetto o ad un quintetto, la Vaughan e il suo talento, trasformava questi pezzi di successo in esecuzioni degne del migliore Jazz.
Prima che la sua vita fosse giunta al termine, il 4 Aprile del 1990, la Vaughan aveva cantato pressoché dappertutto - dall'orchestrazione melensa di Percy Faith alle cattive scelte di melodie fatte dai Beatles, e ad alcuni dischi sinceri di Jazz brasiliano. Le sue incisioni sono sparse tra una mezza dozzina di etichette, delle quali le migliori furono registrate con la Columbia, la Mercury, la Musicraft e la Pablo.
Poiché la Vaughan stava invecchiando e le sue tonalità più basse diventavano più risonanti, la parola "diva" divenne il modo per descriverla. la sua grande presenza giocò senza dubbio un certo ruolo in questo. L'idea secondo cui la Vaughan avrebbe potuto cantare l'opera, divenne nella sua carriera una tendenza occulta. (Spesso sottolineava che avrebbe voluto che qualcuno scrivesse un'opera per lei). In un articolo scritto sul Jazz Time dopo la sua morte, Leonard Feather cedette all'idea (si lasciò sfuggire ???): "Era la nostra Jessye Norman, il nostro Leontyne Price. Non ci fu niente prima d'ora come la meravigliosità lirica del suo sound, ed è improbabile che in futuro ci sarà qualcosa di paragonabile".
Il talento musicale della Vaughan fu apparentemente precoce. Iniziò a scalare la vetta nel 1942 nella Serata dei Dilettanti, all'Apollo Theatre. I critici dell'epoca la chiamarono "pelle e ossa" e "dentona", ma questa ragazza battista del peso di 120 libbre che veniva da Newark nel New Jersey aveva fatto una tale impressione da godere dell'ammirazione di Bill Eckstine e di Earl Hines. Quando Hines per primo la ascoltò cantare si suppone abbia esclamato: "Sto sognando, oppure è questa ragazza che sta cantando?" Dopo un breve periodo trascorso nella band di Hines la Vaughan si spostò nelle formazione con la quale avrebbe suonato per la maggior parte delle volte durante la sua carriera. Questo disco contiene tutte quegli aspetti delle piccole band registrati tra il 1954 e il 1963 fatta eccezione per Doodlin' (registrata con la Basie orchestra) e I left my heart in San Francisco (registrata nel 1967).
E' forse in Misty, tuttavia la melodia di Errol Garner ben presto divenne la base della tendenza della Vaughan, che Sassy e La Divina si ricompongono, facendo scintillare l'esibizione. Proprio qui ella raggiunge la sommità della sua bravura.
Dieci anni fa la vidi cantare Misty, e fu memorabile perché mostrò così vivacemente entrambi gli aspetti del suo carattere. Poco dopo fece zittire poco ortodossamente un interlocutore poco opportuno; la Sassy dalla lingua biforcuta ritornò magnifica come prima, si calmò cantando una leggera interpretazione di una peana di Garner dedicata allo stordimento che genera l'amore. Piuttosto che confondermi, questo stridente avvicinamento, mise la Vaughan a fuoco. Notai che c'era tensione tra la parte canagliesca e quella virtuosa che diede alla Vaughan e alla sua musica quell'incontestabile essenza.
—Robert Baird
Dec 1994