Da "BLACK REVOLT" - Albert Ayler Quintet –
Nei primi anni Sessanta, quando la musica di Albert Ayler fu ascoltata per la prima volta negli U.S.A. e in Europa, l'effetto che produsse su critica e musicisti fu, per citare il meno importante, traumatizzante. Alcuni jazzisti come Kenny Dorham, definirono Ayler un frustrato, "che ha ignorato completamente le regole convenzionali della musica". Ma si sa che i musicisti sono riluttanti a qualsiasi forma di novità che rivoluzioni e contravvenga alle regole stabilite. Alcuni critici, invece, come l'autorevole Donald Heckman, sono più indulgenti nei confronti di questa musica chiassosa e furibonda, e affermano di apprezzarne i contenuti.
La questione, risiede nel fatto che le armonie di questo sfortunato sassofonista di Cleveland non possono essere giudicate in termini convenzionali, facendo quindi riferimento agli standard melodici, ma dovrebbero essere invece viste alla luce della loro carica emotiva, alla luce della loro pungente espressività e valutate considerando le origini del Free Jazz: in altre parole, guardare all'interno degli schemi melodici, che fecero da sottofondo al leitmotiv della così detta BLACK REVOLT che scoppiò negli Stati Uniti durante gli anni Sessanta, dando origine al riconoscimento (almeno ufficiale), dei diritti civili della minoranza Afro-americana.
Probabilmente senza premeditazione, i brani composti da Albert Ayler rivelano con perfezione e spontaneità, l'agitazione, la rabbia e la disperazione dei ribelli neri d'America. Ayler non ebbe certo una vita serena. Anche la sua morte è rimasta, per molti versi, misteriosa, e si potrebbe supporre che essa rappresenti la logica conclusione della vita di uno dei molti neri che vivendo in quartieri violenti, trovano nella droga una facile via d'uscita. La sua carriera fu veramente breve. Nato nel 1936, Ayler morì a trentaquattro anni, dopo aver goduto di notorietà solo per pochi anni. Ma in questo periodo di tempo molto breve, fu in grado di lasciare una traccia profonda nella storia degli Afro-americani. Un'impronta, la sua, che si riflette con chiarezza nei brani di questo disco registrato durante un concerto che tenne con la sua band, e che ripropone alcuni "piatti forti" del suo repertorio, come Bells, Ghosts e Truth Is Marching In.
Ayler è figlio del suo tempo, di un breve ma importante momento, e se il suo stile melodico è caotico e angosciato, lo si deve proprio al fatto che egli visse durante il disordine e l'agitazione di quel periodo.
—Arrigo Polillo