Da "FONTESSA" - The Modern Jazz Quartet -
Quando John Lewis espose le sue aspirazioni jazzistiche al il "Metronome Yearbook" del 1955, disse: "Derivano da ciò che le ha portate e diventano la band di Count Basie degli anni trenta e quaranta. Questa formazione ha prodotto l’integrazione dei musicisti, suonando ciò che aveva progettato, – e ciò che vi si avvicinava – la spontanea esecuzione d’idee che erano l’espressione personale di ogni membro, piuttosto che degli arrangiatori o dei compositori. In questa formazione si sono visti alcuni tra i più grandi solisti jazz che si scambiavano ed improvvisavano idee, opposte all’insieme e alla sezione ritmica, l’unica band intrisa di elementi folk-blues, portati ad un livello di estrema emotività".
Non penso che si possano preventivamente pianificare queste cose; sono un prodotto spontaneo e tutto ciò che possiamo fare, è cercare di arrivarci e lottare."
Con quest’affermazione, credo che John Lewis abbia indicato una delle più uniche prerogative del Modern Jazz Quartet; la sua unione spontanea. Nella recente storia de jazz, ci sono stati relativamente pochi gruppi che hanno realizzato il coinvolgimento dei singoli talenti nella sonorità, nel feeling e nella vita del gruppo, il che rappresenta molto più che la somma dei suoi elementi. Le band di Basie, cui si è riferito Lewis sono: le piccole formazioni di Goodman, lorchestra di Ellington la Woody Herman’s Fist Herd ed il più recente Errol Garner Trio (quando c’era anche Fats Heard), il Gerry Mulligan Quartet e l’attuale Oscar Petrson Trio. Questi sono gruppi che hanno goduto o che godono di una particolarmente felice coesione di singoli talenti "preparati e cotti" assieme abbastanza da risultarne come un fiorente e pulsante organismo, pur conservando intatta la loro individualità che fu esaltata dal contributo dell’insieme. Il Modern Jazz Quartet dei giorni nostri, è proprio questo. Indicativo della loro unità, è che essi sono capaci di fare a meno di microfoni e degli impianti di amplificazione dei night club (tranne che per annunciare i brani); il loro equilibrio è così eccellente che non hanno bisogno dell’ausilio elettronico per farsi sentire. La timbrica precisa, la nota intonata e una giusta miscela di suoni, possono da soli, riempire una stanza, e così accade.
Quando il Modern Jazz Quartet tornò a San Francisco al Black Hawk nei primi mesi del 1956, c’era una considerevole ansia nel voler scoprire quali effetti aveva la sostituzione di elementi del gruppo. Il nuovo batterista era relativamente sconosciuto, mentre il suo predecessore aveva una forte influenza sui batteristi moderni. Incantevole come il gruppo che aveva suonato fino a prima, ora andava ancora meglio, perché finalmente aveva trovato quell’unità di feeling e di propositi di cui Lewis aveva parlato e che nei concerti, faceva emanare linfa vitale d’arte vera, rendendolo vivo e capace di esistere da solo, al di sopra ed oltre i singoli elementi.
Ora che il musicista di modern jazz ha cominciato a realizzare di essere accettato e che è consapevole che la sua musica è lì che deve stare, è capace di creare con fiducia e con la calma di chi sa, e non più con timore. Il risultato è una musica seducente, frizzante ed espressiva. Il Modern jazz è cresciuto ed uno dei più seducenti, frizzanti ed espressivi esempi, è il Modern Jazz Quartet. Ciò che il M.J.Q. fa, è esprimere la forza della riservatezza nel jazz, la dottrina della conoscenza; l’abilità di saper sospirare anziché urlare. È un gruppo raffinato, ma dotato di una forza sorprendente. Quando Milt Jackson suona un blues, come ad esempio nel suo classico Bluesology, si sentono tutto il rustico swing e la fratellanza di Basie. È quel genere di musica che si può far ascoltare alla nonna, dimostrando che il jazz non è una musica rauca o semplicemente chiassosa. Questo jazz è fragile, riservato e delicato, ma mai noioso. Il triangolo (che se fosse usato da un altro batterista sarebbe fastidioso), con Connie Kay è presente, ma non pervasivo. I suoi piccoli piatti non sono una finzione, ma sono utilizzati per le timbriche che possono produrre e solo quando queste sono necessarie.
C’è un temperamento in questo riserbo, come pure malinconia. I blues che suonano, sono i più tristi e quando sono allegri, saltano dalla gioia. Nessun quartetto può reggere il confronto con un’orchestra di diciassette elementi; il paragone è di per se ridicolo. A modo suo, il Modern Jazz Quartet ha l’emotività di una big band, con la sua meravigliosa forza propulsiva ed il suo fremito collettivo.
E su tutti quelli che lo ascolteranno, il sound di questi quattro uomini, produrrà lo stesso dilaniante effetto di un segno di Donne o di un disegno di Picasso. Hanno così con successo esplorato le potenzialità di una piccola formazione, che tutto ciò che verrà in seguito sarà veramente diverso.
? Ralph J. Gleason Redattore, The Rhythm Section, San Francisco Chronicle & cronista di Down Beat
Fontessa è una piccola suite ispirata dalla Commedia dell’Arte rinascimentale. Mi ero ricordato, in particolare, di quelle commedie che avevano uno schema accennato, in cui i dettagli, le linee etc. erano improvvisati.
Questa suite inizia con un breve preludio che apre il sipario e chiama a succedere il motivo principale. Il primo pezzo dopo il preludio ha l’impronta del vecchio jazz e le parti improvvisate sono suonate dal vibrafono. Questo pezzo potrebbe descrivere il personaggio di Arlecchino. Il secondo, porta un impronta minore del vecchio jazz e l’improvvisazione è del piano. Qui il personaggio potrebbe essere Pierrot.
La terza parte ha ancora un sapore di vecchio jazz e sviluppa la melodia principale. L’improvvisazione spetta qui alla batteria, mentre il personaggio potrebbe essere Pantalone. La suite si chiude con il preludio di apertura.
Fontessa è il principale motivo a tre tonalità della suite e potrebbe rappresentare il personaggio di Colombina.
¾
John Lewis