Da "MEDITATIONS" – John Coltrane -

Ho chiesto a John Coltrane fino a che punto quest’album è un’estensione dell’affascinante A Love Supreme. Entrambi tendono ovviamente ad unirsi sul significato religioso di Coltrane. Uso il termine "religioso", non in senso settario, ma in quel senso che spesso Coltrane ha così persistentemente cercato nella sua musica e che coincide contemporaneamente con il significato del mondo e della sua vita su questa terra.

Coltrane disse: "Una volta che conosci questa forza armonica della vita, non puoi più dimenticarla. Diventa parte di tutto ciò che fai, e in questo senso, quest’album è un’estensione di "A Love Supreme" da quando la mia concezione su quest’energia ha cambiato forma. La mia ricerca meditativa attraverso la musica, rimane tuttavia la stessa, con lo scopo di sollevare il più possibile le persone. Cerco di dar loro l’ispirazione avere la capacità di vivere delle vite piene di significato, perché sicuramente la vita ha un significato".

E Coltrane preferisce non commentare più specificatamente le diverse sezioni di quest’album. Si aspetta che ogni ascoltatore reagisca diversamente, ed aggiunge che non importa quale religione professa, perché "io credo in tutte le religioni".

Ho notato che in tutte le sue apparizioni in concerto, come in questo disco, Coltrane stia allungando la struttura base del suo quartetto. Ad esempio la batteria è qui suonata anche da Rashied Ali, oltre che da Elvin Jones. Coltrane commenta: "Sento la necessità di più tempi, di più ritmiche attorno a me, e con più di un batterista, il ritmo può diventare più multi-direzionale. In futuro potrei aggiungere un suonatore di conga o addirittura una compagnia di batteristi". (In un’assunzione fatta a San Francisco nel gennaio del 1966, dopo la realizzazione di quest’album, Coltrane aggiunse al suo insieme due batteristi ed un percussionista Africano).

In questa formazione, c’è anche un altro tenorsassofonista, Pharoah Sanders, ora membro effettivo del gruppo. "Ciò che mi piace di lui" afferma Coltrane "è la forza che c’è nel suo modo di suonare; ha volontà ed energia, e queste sono le qualità che più apprezzo in una persona".

Dalla prima nota del primo brano, risulta chiaro che le riflessioni sulla natura e sul significato dell’esistenza, richiedano una non comune intensità espressiva. Scavando profondamente dentro se stesso in queste esplorazioni, Coltrane è in grado di comunicare al meglio ciò che è la sua persona in questo processo di scoperta. In questo disco, ad esempio, è come se lui e Sanders stessero parlando con le ance, come se il loro intuito fosse un’irresistibile forza che gli permettesse di trascendere le comuni vie del dialogo musicale e le consuete partiture, per poter comunicare quella porzione di sostanza dell’essere con cui sono venuti in contatto. Le emozioni sono incalzanti: non possono essere infrante o levigate da strutture convenzionali che rispondono ai canoni di "bellezza" o "simmetria". Devono poter uscire per come le si sente, allo stato naturale di una palpabile, viscerale, dolorosa, provocatoria, stridente e purgativa auto rivelazione. Affinché vi sia unione, vi deve prima essere un coinvolgimento dentro ed attraverso l’angoscia della separazione. E questa è la reazione di chi ascolta la prima parte di questo disco.

Poiché i sassofoni si mettono in contatto attraverso e dentro se stessi, l’amalgamata sezione ritmica, è in un certo senso atomizzata, ma anche, in un senso più penetrante, il contenitore dell’insieme. Quasi come le onde che increspano il mare, in continuo movimento e trasformazione, che muta ed è mutato da tutte i suoi elementi. Nel primo lato, l’allentamento dell’intensità che coinvolge l’insieme e che precede lo sconvolgente assolo di McCoy Tyner, introduce in un’altra dimensione esplorativa; questo è uno dei più avvincenti assoli registrati da Tyner, capace di impressionarmi per come manifesta la ricerca interiore di un uomo. Love inizia, per quanta animata, con un solo musicista, Jimmy Garrison, che so capace di analisi, di sperimentazione e di realizzazione oltre la sfera personale. Comunque lo si interpreti, quello di Garrison è un assolo originale, riflessivo ed evocativo. Con ciò che si può chiamare una "serena autorità", Coltrane si unisce a lui seguito dalla batteria e da Tyner. Dopo l’oscillante catarsi del primo lato del disco, si riflette su ciò che rimane dopo un così insistente e rischioso viaggio dentro se stessi. Con forti ed impetuose linee, Coltrane realizza un’idea d’amore che in me, s’insinua sconfinata. Una linea che è infinita, perché l’amore, se è qualsiasi cosa, è continuità, ma continuità che muta dentro se stessa e nel mondo.

Quando Pharoah Sanders ritorna su ciò che io ritengo essere delle Conseguenze (Consequences), è il momento di ulteriori indagini nel nucleo dell’essere, ed ancora i sax possono apertamente contenere le parole che con forza spingono dall’interno.

Per quanto riguarda l’opera di Sanders, una delle più acute descrizioni del suo modo di suonare, fu quella di A. B. Spellman, comparsa su Down Beat, e che raccontava di una serata con John Coltrane ed altri musicisti: "Si accanì su un registro, che non sapevo un sax tenore avesse…". Questi effetti speciali che la maggior parte dei tenoristi utilizzano solo in momenti di particolare euforia orgiastica, rappresentano le premesse di base della sua esibizione. L’uso che delle armoniche superiori unitamente ad un sapiente stridio che si affianca alla sua linea, è sempre sorprendente. Suona linee sopra il più alto registro, lunghe linee amalgamate e striduli staccati monosillabici…

Pharoah è disinvolto…".

E se s siete pronti a dimenticare tutti i pregiudizi riguardanti ciò che un tenorista dovrebbe suonare, l’impatto provocato da Sanders può risultare dirompente e rivelatorio; nel senso che permetterà ad ogni ascoltatore di penetrare nell’intimo, grazie a questi movimenti che attraversano le forme della struttura. Tyner qui, è ancora una volta potente ed autoritario, per in fine allacciarsi – con una progressione brillante e d’effetto – a Serenity, una serenità che è stata difficile da raggiungere e che perciò rappresenta tutta quella soddisfazione che Coltrane modella nell’ondulatoria linea lirica. Ma il tono di ricerca e di lamento del blues è ancora intatto in questo altopiano di serenità, rivelando ulteriore agitazione e futuri approfondimenti.

"Non c’è mai fine" disse Coltrane concludendo la conversazione che avemmo su questo album. "Ci sono sempre nuove sonorità su cui pensare e nuove sensazioni da raggiungere. E sempre rimane la necessità di purificarle, per vedere con chiarezza ciò che si è scoperto, ed è solo così che possiamo guardare a noi stessi sempre più chiaramente per comprendere chi siamo. In questo modo, possiamo dare a chi ci ascolta, l’essenza, il meglio di noi, ma per poterlo fare, dobbiamo continuare a tenere pulito lo specchio".

Meditations è tutto questo – pulire lo specchio che riflette l’intimo ed addentrarsi, tutte le volte che ci è possibile. Facendo musica trasportati il più che mai sinceramente dall’animo.

—Nat Hentoff (1966)

 

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