Da "V..S.O.P." - The Quintet -

 

"Quando inizieremo il tour V.S.O.P. le generazioni che non ci hanno ascoltato negli anni sessanta, avranno l'occasione di vederci suonare assieme. E' come vedere un attore mentre interpreta più di un ruolo in una commedia di Shakespeare."

Wayne Shorter, Maggio 1977.

Dal 1970 in poi, l'anno in cui Miles Davis ruppe drammaticamente con la nuova tendenza con Bitches Brew, la musica sta fermentando ed evolvendosi con una velocità straordinaria. Non ci si deve meravigliare se il Jazz, tra tutte la musica che meglio sa adattarsi alle innovazioni, si sia fuso energicamente con numerosi stili rock, classici ed etnici. E non devono sorprendere gli innumerevoli insuccessi che furono in contrasto con i pochi singolari e brillanti successi di bands, compresi gli Headhunters di Herbie Hancock, i sorprendentemente innovativi Weather Report di Josef Zawinul e Wayne Shorter, le molteplici interpretazioni di Chick Corea in "Return to Forever", il precoce pionierismo di Tony WIlliams e John McLaughlin nella poco acclamata band dei Lifetime, e naturalmente, le implacabili audaci avventure dello stesso padrino, Miles Dewey Davis.

Il fatto che più di centomila persone in appena un mese volessero vedere il V.S.O.P. Quintet, dimostra che, non solo il jazz rimane vitale come qualsiasi espressione artistica americana, ma anche che cinque musicisti, la cui musica (con le loro singole band) è accusata dai puristi di essere distruttiva nei confronti del jazz, hanno realmente contribuito ad aumentare il numero delle persone che apprezzano il Jazz.

Il Quintetto si è formato allo scopo di suonare del Jazz acustico, il quale invece di aver deluso chi ha sperimentato quello elettrico, sembra aver apportato migliori risultati in timbrica e maturità, che insomma questi eccelsi musicisti abbiano tutte le intenzioni di riconfermarsi dei maestri, non importa quale genere di musica essi suonino, purché le motivazioni e l'ampliamento di nuovi orizzonti siano il frutto della loro esperienza. Per citare Ron Carter:

"Per alcuni membri del V.S.O.P., suonare ancora questa musica, potrebbe voler dire dover operare dei cambiamenti, come ad esempio Herbie che vorrebbe suonare solo il piano acustico, dovrebbe modificare il suo punto di vista, o Tony che dovrebbe fare un utilizzo dei piatti diverso da quello che fa quando suona col suo gruppo, ma comunque, non dovrebbero certo modificare la loro spinta emotiva. E solo perché parte del loro stile è vecchio di dieci anni, non significa che essi non possano essere considerati dei contemporanei".

Facendo le prove a Hollywood, la band esaminò gli accordi da cambiare e quelli da tagliare con una rapidità eccezionale, quindi fece delle prove generali che spesso sembravano voler richiedere a gran voce di essere, in qualche modo, conservate. Durante le brevi pause si dilettavano l'un l'altro con aneddoti del presente e dei tempi passati (Wayne, per esempio, spiegò che con Miles aveva sempre suonato "Dolores" in modo stravagante e vezzoso, il che, corrispondeva alla vita vissuta di cui parlò la stessa Dolores). Poi Tony tenne una mini lezione sulla storia della batteria. Illustrando la sua teoria secondo cui: "Max Roach è in grado di suonare e in un modo più pulito e più velocemente di qualsiasi altro batterista, mentre Art Blakey non era così veloce, ma ti faceva entusiasmare", Tony partiva immediatamente, suonando tre varianti di un incredibile, assordante crescendo sui piatti, l'attimo del giorno del suo giudizio, attimo che dal seggiolino, lo sbalzava sul pavimento. Risata generale.

Sebbene questa musica parli da sola, non posso trattenermi dall'accennare qualche dettaglio: il modo in cui Herbie si adatta con dovizia in ogni singolo brano, e la capacità di seguire ogni solista con accordi che s'incastrano in modo così straordinario (il duetto con Ron Carter in Jessica); il fraseggio sub tonale del sax tenore di Wayne nell'introduzione di "Dolores", e il suo pungente assolo di sax soprano nel duetto dai toni oscuri con la tromba di Freddie in "Lawra"; l'assolo di Tony sempre in "Lawra", un manuale di idee, ricco abbastanza in coinvolgimento, da mandare migliaia di batteristi a tagliare legna; il tocco pungente di Freddie, il caratteristico inizio brillante di tromba che dà una marcia in più a "Dolores"; la flessibilità con cui Ron Carter si muove sulla tastiera del basso, quando immediatamente si ferma e spinge tutto il gruppo, liberando Tony che percorre le vie traverse della musica fino ai confini per poi tornare indietro in ciò che è un assolo continuo.

Ciò che la gente applaude in questo album, trascende la pura forma, la tecnica e l'uso degli strumenti. Essa è entusiasmata dal carisma esercitato da cinque grandi che sono in grado di ascoltarsi l'un l'altro con orecchi interni, parlare l'un l'altro a vari livelli, e il contenuto musicale comunque denso, porta il suo messaggio a chi lo ascolta, con sorprendente chiarezza.

—Conrad Silvert

 

Torna all'elenco