L'iniziale visione del mondo di Cusano è attinta a piene mani
dalla tradizione neoplatonica di Plotino e di Proclo, ma soprattutto da
quella dello pseudo-Dionigi Aeropagita (autore della Gerarchia ecclesiastica
e della Gerarchia celeste).
Quest'universo 'dionisiano-cusaniano' ha sicuramente una struttura gerarchica:
parte dal grado supremo (Dio), e, grazie ad una serie di mediazioni, giunge
fino alla materia, faex elementorum1.
Da Dio derivano tutte le cose quali sue immagini, e tutte le creature partecipano
del suo essere in modo decrescente, in misura proporzionale alla loro natura
individuale, et sic ultimum illius ordinis in umbra terminatur2.
E tuttavia la partecipazione di Dio non è diretta: infatti i gradi
superiori (che ricevono il principio vitale direttamente da Dio) ne partecipano
ai gradi inferiori; sicché ogni grado è allo stesso tempo
portatore e ricevitore di vita, illuminatur et illuminat3.
Per mezzo di questa serie ininterrotta l'Infinito arriva al finito, Dio
arriva a tutte le cose, tutte le cose sono pienamente inserite in quest'ordine
divino, e sono unite a Dio per mezzo di un'unità (concordantia),
che però è anche un'immagine della trinità: Trinitatis
figuram gestant cuncta creata (DCC, I, 2).
La base di partenza per Cusano è proprio questa; su di essa costruisce
una riproduzione perfetta dell'ordinamento ecclesiastico.
III.2.1. La Chiesa: L'aspetto mistico-teologico
Cusano inizia il De concordantia catholica descrivendo che cosa
sia la Chiesa.
L'ecclesia è variamente intesa da Cusano. La Chiesa è
l'unione di angeli e uomini con Dio: ecclesia radicali consideratione4;
è anche Chiesa angelica (angelica), dormiente (dormiens),
militante (militans), pellegrinante (in linea peregrinantium),
trionfante (triumphantem), ma soprattutto è una congregatio
fidelium, cioè l'unione di tutti i credenti in Cristo.
Questa relazione che intercorre tra Cristo e la Chiesa viene così
spiegata da Cusano: ecclesia universalis est corpus Christi mysticum5,
ricordando anche che ecclesia ut sponsa fidelis consideratur6,
dove naturalmente lo sposo è Cristo.
La Chiesa così considerata si storicizza, trasformandosi in ecclesia
catholica universalis, cui appartengono tutti gli uomini, non soltanto
i fedeli o i non peccatori; anzi, sebbene accolga anche i peccatori, è
l'unione con Cristo che rende santa questa Chiesa, e la trasforma in un'istituzione
che si avvicina molto al modello sovraterreno.
Cusano distingue attentamente tra ecclesia catholica ed ecclesia
romana. La prima è la Chiesa universale, la seconda è
la Chiesa particolare di Roma, chiamata anche sede apostolica, con la quale
intende a volte il Papa, a volte l'episcopato romano (con il suo sinodo),
a volte il patriarcato romano (con il relativo sinodo patriarcale). Solo
la Chiesa universale è infallibile (unde cum dicitur Romanam
ecclesiam numquam errare posse, hoc est verum de tota universali de ultimo
modo capta7), mentre alla sede romana Cusano
non riconosce un'infallibilità derivata da una particolare posizione
del suo vescovo.
III.2.2. La Chiesa: L'aspetto giuridico-istituzionale
L'aspetto che più interessa Cusano nel momento in cui scrive
il De concordantia catholica è proprio quello giuridico ed
istituzionale della stessa Chiesa: unde erit prima consideratio de toto
composito, scilicet ipsa ecclesia. Secunda de anima ipsius, scilicet sacratissimo
sacerdotio. Tertia de corpore, scilicet sacro imperio8.
Ed infatti nel primo libro del De concordantia catholica la ricerca
di Cusano è basata sulla struttura di tutta l'unionem fidelis
populi, che si chiama appunto Chiesa cattolica, poi sul sacerdozio,
anima ipsius, e infine sul Sacro Impero, corpore politico
di essa.
La Chiesa militante è costituita da tre elementi fondamentali: i
sacramenti (Primo [...] sacramentorum connexio), il sacerdozio
(Secundo [...] sanctum sacerdotium) ed i fedeli (Tertio
[...] homines fideles). Questi tre elementi hanno specifiche caratteristiche:
et sunt sacramenta illuminantia et purgantia. Est sacerdotium pastorale
purgatum et purgans. Est fidelis populus, qui purgatur et non purgat
[...]9.
E fra questi ordini, una maggiore preminenza ha il sacerdozio, elemento
di connessione tra i sacramenti e i fedeli; ad esso convenit virtus
regitiva, vivificativa et illuminativa10.
Il sacerdozio possiede comunque una struttura gerarchica, dal momento che
esiste una certa differenza gradualis nella funzione di governo.
Cusano infine affronta l'argomento della riforma della Chiesa: quod
maior deformatio oritur ex deformatione capitis et ex hoc, quod superiores
inferiorum potestatem usurpant [...]; et quod maxima deformitas
oritur ex hoc, quod praelati tantum saecularibus curis invigilant [...];
quod magna sit deformitas, quod correctio et visitatio vertitur in quaestum11.
Tutto ciò, per Cusano, fa dimenticare quale sia il fine ultimo della
Chiesa; ed è con questa inquietudine che Cusano critica la "donazione
di Costantino".
Si tratta di un presunto documento diretto a papa Silvestro, con il quale
Costantino avrebbe definito le dignità ecclesiastiche e i beni temporali
della Chiesa. L'autenticità del documento, che si colloca tra il
VII e il IX secolo, fu impugnata da Cusano e, autonomamente, da Lorenzo
Valla.
Così il problema è affrontato da Cusano: hanc radicem
quoad potui investigavi, presupponens hoc etiam indubitatum esse Constantinum
donationem facere potuisse [...] Sed in veritate supra modum admiror,
si res ita est, eo quod in autenticis libris et in historiis approbatis
non invenitur [...] et nullam invenio concordatiam ad ea quae de
illa donatione leguntur [...] Sunt meo iudicio illa de Constantino
apocryfa12.
Anche se il sacerdozio svolge molte funzioni, ed è diviso in
numerosi ordini, esso, rispetto a Dio, è unico e indiviso: per mezzo
di esso si trasmette la vita soprannaturale di Cristo13.
Ora, poiché totum sacerdotium est ut anima uno in corpore uno
fidelium14, ne consegue che il potere
il potere di governare la Chiesa risieda essenzialmente nella figura dell'episcopus,
visto come espressione delle supremae hierarchiae15,
il più alto grado delle quali coincide con Cristo. Allora la Chiesa
è costituita dall'insieme dei fedeli con il vescovo, unde scire
debes episcopum esse in ecclesia et ecclesiam in episcopo16.
Tuttavia, e qui si inizia a cogliere appieno il senso e la portata del
De concordantia catholica, tutti i vescovi hanno ricevuto direttamente
da Cristo il precetto apostolico di "amministrare" se stessi
ed il gregge, norma con la quale lo Spirito Santo li ha posti a governare
l'intera Chiesa (DCC, II, 13). Da ciò17 deriva
che tutti i vescovi hanno lo stesso potere di giurisdizione e di ordine
esattamente come gli apostoli; anzi, aggiunge Cusano, secundum Augustinum
successores Petri in eadem cathedra sedent; ergo privilegium cathedrae
aequale tunc et nunc18. Date queste premesse
ne consegue che essi vanno visti come una "corporazione", un
organo collegiale direttivo della Chiesa: patet omnes episcopos, et
forte etiam presbyteros, aequalis potestatis esse quoad iurisdictionem19.
E non si pensi che questo sia un caso isolato, all'interno della concordantia
catholica; un passo assai più grave, dal momento che pare essere
in conflitto con l'essenza divina della gerarchia si trova poco dopo: omnes
episcopi unius sunt potestatis, et dignitates quae supra sunt, scilicet
archiepiscopalis, patriarchalis et papalis, sunt administrationis20.
Secondo Felice Battaglia, Cusano «sembra [...] fare del papato e
di tutti i gradi episcopali un umano istituto. Ma si pensi che innanzi
tutto l'umanità [sic] è limitata all'«administratio»
[...] In ogni modo è onesto riconoscere una certa oscillanza nel
pensiero cusiniano»21.
Malgrado questa schematizzata caratterizzazione amministrativa e la forte
conservazione dell'autonomia del potere di tutti i vescovi, Cusano evidenzia
in continuazione la concordia del complesso dei vescovi e della cattedra,
che è conservata ancora una volta dalla reciproca unità.
La condizione del Papa per cui goda di certi privilegi praticamente senza
obblighi corrispondenti ha soltanto la funzione di rappresentare esteriormente
l'unità, di impersonare l'episcopato e la Chiesa universale, (come
un portavoce, lo definisce Gaia)22 e di evitare
i pericoli di scismi: et quoniam haec praesidentia a Christo capite
est propter vitare scisma et pacem fidelium et unitatem conservandam instituta,
tunc habet suam graduationem ad instar dominiorum temporalium figurative23.
Nonostante queste premesse Cusano afferma il primato del Papa (primato
che, tra l'altro, veniva già affermato dal concilio di Basilea).
Dopo averlo definito come una presidenza meramente amministrativa (concetto
che Cusano amplierà nel De auctoritate praesidendi in concilio
generali) ne esamina l'origine storica e lo limita nel suo esercizio.
Il fatto che il Pontefice sia visto come successore di Pietro si comprende
meglio osservando la Bibbia, e cioè nell'analisi della stessa posizione
di Pietro e, storicamente, dal confronto con la chiesa romana delle origini.
Infatti la posizione di Pietro tra gli apostoli era quella di un primus
inter pares; tutti gli apostoli avevano essenzialmente uguale onore,
dignità e potere (scimus quod Petrus nihil plus potestatis a
Christo recipit aliis apostolis24), ma
Pietro, per incarico di Cristo e per consenso degli apostoli, e data anche
la sua età avanzata, divenne capo degli apostoli.
Quindi questo primato non è stato un esclusivo primato di potere,
dal momento che anche tutti gli altri apostoli ebbero da Cristo la stessa
missione e lo stesso "potere delle chiavi". Infatti le parole
di Cristo a Pietro non sono rivolte a lui come individuo (Nihil enim
dictum est ad Petrum quod etiam aliis siae25),
ma come rappresentante dell'intera Chiesa.
Cusano riferisce e commenta il pensiero di Agostino secondo cui nello stesso
nome di Pietro è raffigurata la Chiesa: in Petri nomine figurata
est ecclesia26, il cui autentico principio
è Cristo.
Esiste conseguentemente una sola cathedra Petri, che è «la
stessa unità dell'episcopato nel suo potere di governo, e non il
primato magisteriale del Papa romano»27.
A causa di questa singolarità della cattedra tutti i vescovi sono
successori di Pietro, e ciò è appunto esaminato non soltanto
teologicamente, ma anche storicamente.
Dal momento che il Pontefice è il successore di Pietro, egli è
pure il principe dei vescovi, cosi come Pietro era il principe degli apostoli,
ed ha l'identico compito di mezzo di concordia e di simbolo della Chiesa
universale.
Dopo avere determinato l'esistenza di questo primato, Cusano si preoccupa
di definirne la natura e di determinare i limiti del potere pontificio,
seguendo le indicazioni del conciliarismo cattolico. Il fondamento basilare
è il seguente: Papa non est universalis episcopus, sed super
alios primus28; vale a dire: il primato
papale non è un primato giurisdizionale sull'intera Chiesa, ma unicamente
un potere di direzione e controllo per fare in modo che siano attuate le
decisioni prese collettivamente e siano conservate la fede e l'unità.
Come Pietro, il Papa gode di vantaggi sugli altri, ma solo nella sua funzione
di amministratore per il bene della comunità. Dunque si tratta di
una carica onorifica, di un'autorità semplicemente morale che ha
inoltre un potere esecutivo ed amministrativo ingrandito. Il Papa è
il rappresentante dell'unità della Chiesa in quanto titolare della
cattedra più importante.
Le ovvie conseguenze cui Cusano perviene, dopo avere così definito
il primato del Papa, agiscono nella direzione della restrizione effettiva
dei poteri di cui il Pontefice dispone.
Complessivamente possiamo affermare che, dal momento che il Pontefice impersona
la Chiesa universale, di cui è componente oltre che organo, ed all'interno
della quale si trova il potere conferitole dallo stesso Cristo, egli è
subordinato alla stessa Chiesa, cosi come quest'ultima è subordinata
a Cristo.
Analizzando i particolari poteri dei quali il Papa può disporre,
Cusano sostiene per prima cosa che il Papa non può decidere nelle
controversie in materia di fede. È chiaro che tutti i fedeli devono
sottostare alle sue decisioni nel giudizio della fede; tuttavia ciò
non nega quanto detto, perchè Cusano definisce il Papa iudex
fidei e conferisce solo a lui il giudizio sulla fede, dove per giudizio
vuole dire giudizio esclusivamente in senso esplicativo: il Papa ha la
possibilità di affermare se un'idea sia in contrasto con la fede
poichè è contrapposta alle dottrine decretrate dall'unica
cattedra (sicut episcopatus unus, ita una cathedra29;
cathedrali unitate30; ma soprattutto
est omnium episcoporum unius episcopatus una cathedra, in qua primus
sedet Romanus31), cioè da tutto
l'episcopato riunito in concilio, cui solo competono le decisioni di fede,
e persino il Papa è sottoposto al giudizio di ultimo grado del concilio.
E dal momento che il Pontefice è il capo di questa cattedra, egli
è anche il rappresentante ed il massimo giudice nel giudizio di
fede, è evidente che omnis fidelis papae submittitur32,
almeno fino a quando il Papa non professi dottrine basate su interpretazioni
in opposizione agli insegnamenti dei Concili e all'opinione comune dei
Padri della Chiesa, nel qual caso questi concilio catholicae ecclesiae
subest33. Conseguentemente la più
alta istanza dogmatica all'interno della Chiesa è formata dal Concilio,
ed il Papa deve risolvere le questioni di fede nel suo concilio patriarcale
con decisioni prese sulla base dell'accordo unanime dei suoi coepiscopi34.
Inoltre il Papa, quando emette decreti generali, non ha l'esclusiva del
potere legislativo, dato che esso appartiene in egual misura al concilio
universale. Quando il Pontefice romano emette decreti generali, la loro
forza giuridica ha origine dalla loro accettazione (patet radicem canonum
quo ad ligandi vigorem consensu existere35),
cioè statutorum obligatorialis virtus requirit consensum per
usum et acceptationem36; criterio che
può ritenersi «valido per tutti i gradi della gerarchia in
quel vivo ed organico rapporto tra comunità ed autorità,
che è un presupposto sempre operante in Cusano»37.
Ecco allora che il Papa non è in grado di modificare i canoni ecclesiastici,
visto che egli non li può fissare da solo, ma anzi è lui
che deve attenersi per primo, perchè nessuno è superiore
ai canoni, e soprattutto non lo è il Papa, che li ha ratificati
nei concili38.
Il Papa ha una potestas statuendi all'interno del suo patriarcato
di Roma, allo stesso modo degli altri vescovi. E persino in questo caso
il Papa non può comportarsi dispoticamente, quasi fosse un sovrano
assoluto, ma semplicemente come portavoce della sua chiesa patriarcale;
l'organo legittimo della chiesa patriarcale risulta essere il concilio
patriarcale, l'autorizzazione del quale è fondamentale: ancora una
volta, dunque, la forza vincolante della legge è fondata in radice
sul consenso39.
Per ultimo, e come risultato di quanto si è detto, il potere giudiziario
del Papa è vincolato dai canoni ai quali è soggetto, ed in
base ai quali appunto si esamina se la sua sentenza sia giusta o meno:
non posset iudex, si canonum condendorum potestatem per se haberet,
unquam argui de iniusta sententia. Sententia enim ius foret, ergo semper
iusta40.
Dal momento che il Papa può esercitare funzioni giurisdizionali
all'interno della sua circoscrizione, nelle altre provincie la funzione
di giudice è esercitata dagli altri vescovi. Siccome i vescovi hanno
un potere minore di quello del Papa, quest'ultimo ha la facoltà
di ammettere istanze da altre chiese e concili particolari, ma con alcune
limitazioni: gli appelli al Pontefice non devono scavalcare le autorità
ecclesiastiche competenti; inoltre il Papa, nel giudicare, è superiore
ai concili particolari soltanto nei limiti della norma, in essa contenuta,
per la quale il Papa può approvare la sentenza del concilio, ma
non impugnarla se non attraverso un nuovo sinodo41.
Ecco dunque che l'attività amministrativa del Papa dipende moltissimo
dal consenso del sinodo, consenso che per Cusano è talmente importante
da dedicargli quasi tutto il secondo libro della concordantia catholica.
1. «Feccia degli elementi»
(De Concordantia Catholica=DCC, I, 2). Le citazioni in latino sono tratte
dall'edizione critica a cura di G. Kallen, in Nicolai de Cusa opera
omnia, De concordantia catholica, Lipsiae, Academiae Litterarum Heidelbergensis
(Opera omnia), 1940. La traduzione in italiano non sempre è resa
letteralmente, per esigenze di maggiore scorrevolezza.
2. «E così l'ultimo grado di quella serie
termina nell'ombra» (DCC, I, 2).
3. «Illuminato ed illuminante» (DCC, I, 5).
4. «Chiesa radicalmente considerata» (DCC,
I, 5).
5. «La Chiesa universale è il corpo mistico
di Cristo» (DCC, I, 6).
6. «La Chiesa viene concepita come una sposa fedele»
(DCC, I, 4).
7. «Questo è il senso inteso quando si afferma
che la chiesa romana non può mai sbagliare, poiché ciò
è vero della Chiesa universale nel suo complesso» (DCC, I,
17).
8. «Quindi dapprima si considererà tutto il
composto, cioè la Chiesa stessa, poi l'anima di essa, cioè
il sacro sacerdozio, ed infine il corpo, cioè il Sacro Impero»
(DCC, praefatio).
9. «I sacramenti sono illuminanti e purificanti.
Il sacerdozio pastorale è purificato e purificante. Il popolo fedele
è purificato e non purificante» (DCC, I, 6). Secondo P. Gaia
(Opere religiose, p. 17) questi tre ordini corrisponderebbero alla
Chiesa trionfante. In realtà si tratta di elementi appartenenti
esclusivamente alla Chiesa militante (lo afferma espressamente Cusano,
al termine del quinto capitolo: Sed haec missa faciamus, ut ad viventium
hominum ecclesiam nunc stilum convertamus), anche perchè la
Chiesa militante, nella concezione cusaniana della Chiesa, sta all'ultimo
posto (est in infimo loco, DCC, I, 5), mentre la chiesa dormiente
occupa un posto intermedio e quella trionfante è la parte suprema.
10. «Spetta il potere di governare, vivificare e
illuminare» (DCC, I, 6). La citazione nel testo di P. Gaia è
leggermente differente da quella dell'edizione critica di G. Kallen (P.
Gaia, Opere filosofiche, p. 17 e 110).
11. «La maggior corruzione è quella che deriva
dalla corruzione del capo e dal fatto che i superiori usurpano il potere
degli inferiori [...]; la massima corruzione deriva dal fatto che i prelati
si dedicano soltanto agli affari spirituali [...]; un grande abuso consiste
nel fatto che la correzione e la visita pastorale si risolvono in un lucro»
(DCC, registrum).
12. «Ho indagato sulle fonti [di quella donazione],
presupponendo come indubitato che Costantino abbia potuto fare quella donazione
[...] Ma se il fatto fosse vero mi meraviglio che i documenti autentici
e le storie ufficiali non lo riportino [...] e non ho trovato nessuna conferma
di una tale donazione [...] A mio giudizio gli scritti della donazione
di Costantino sono apocrifi» (DCC, III, 2).
13. Questi concetti sono espressi in I, 6. Si noti che
Cusano, a proposito di questo sesto capitolo, scrive: «Est singularissimum
capitulum» (DCC, registrum).
14. «Il sacerdozio tutto è come un'unica
anima nell'unico corpo dei fedeli» (DCC, I, 6).
15. P. Gaia vede il vescovo come supremus hierarca
(Opere religiose, p. 18). Probabilmente è più corretto
considerare il vescovo come facente parte delle supremae hierarchiae,
anche perchè lo stesso Cusano, riferendosi a Cipriano, scrive: «Est
enim unus tantum episcopatus, cuisque partem tenet» (DCC,
I, 6). [evidenziazione mia].
16. «Per cui si deve capire che il vescovo è
nella Chiesa e la Chiesa è nel vescovo» (DCC, I, 6). Anche
qui la citazione di P. Gaia (Opere religiose, p. 19) non è
la stessa dell'edizione critica di G. Kallen.
17. Vedi nota 24.
18. «Secondo Agostino i successori di Pietro siedono
sulla sua stessa cattedra; quindi il privilegio della cattedra è
uguale ora come allora» (DCC, I, 15).
19. «È chiaro che tutti i vescovi, anzi forse
anche tutti i sacerdoti, hanno uguale potere di giurisdizione» (DCC,
II, 13).
20. «Tutti i vescovi sono uguali nel potere, e le
dignità superiori a quella vescovile, cioè quella di arcivescovo,
patriarca e papa, riguardano solo l'amministrazione» (DCC, II, 13).
Naturalmente si tratta dell'amministrazione del potere giurisdizionale;
cfr. P. Gaia, Opere religiose, p. 246.
21. Felice Battaglia, «Il pensiero giuridico
e politico di Nicolò Cusano», in Rivista di storia del
diritto italiano 8 (1935), p. 412, n. 35.
22. P. Gaia, Opere filosofiche, p. 20.
23. «E poichè questa funzione di governo
è stata istituita dal capo Cristo per evitare gli scismi e conservare
la pace dei fedeli e l'unità della Chiesa, essa deve avere una sua
articolazione gerarchica, analoga a quella dei regni temporali» (DCC,
I, 6).
24. «Sappiamo che Pietro non ricevette da Cristo
poteri maggiori di quelli degli altri apostoli» (DCC, II, 13).
25. «Infatti niente è stato detto a Pietro
che non sia stato detto anche agli altri» (DCC, II, 13).
26. DCC, II, 18.
27. P. Gaia, Opere religiose, p. 21.
28. «Il Papa non è vescovo universale, ma
primo sugli altri» (DCC, II, 13). La traduzione di P. Gaia (Opere
religiose, p. 255) non ricalca molto l'edizione critica. Si vedano
anche Giuseppe Rossi, Niccolò di Cusa e la direzione monistica
della filosofia nel Rinascimento, Pisa, Spoerri, 1893, p. 26, e F.
Battaglia, Il pensiero giuridico e politico di Nicolò Cusano,
p. 47.
29. «Come vi è un solo episcopato, così
vi è una sola cattedra» (DCC, I, 6).
30. «Unità della cattedra» (DCC, I,
8).
31. «Esiste un'unica cattedra di tutti i vescovi
dell'unico episcopato, e su tale cattedra siede per primo il vescovo romano»
(DCC, I, 14).
32. «Ogni fedele è soggetto al Papa»
(DCC, I, 15).
33. «E' soggetto al concilio della Chiesa cattolica»
(DCC, I, 15).
34. Cfr. DCC, II, 7.
35. «È chiaro che la forza vincolante dei
canoni è fondata in radice sul consenso» (DCC, II, 13).
36. «La forza vincolante degli statuti richiede
il consenso, che si esprime nell'uso e nell'accettazione» (DCC, II,
9).
37. P. Gaia, Opere religiose, p. 24.
38. Cfr. DCC, II, 14.
39. Vedi note 32 e 33.
40. «Se il giudice avesse il potere di fissare personalmente
i canoni, non potrebbe mai essere accusato di sentenza ingiusta, in quanto
la sua sentenza sarebbe legge e quindi sarebbe sempre giusta» (DCC,
II, 14).
41. Cfr. DCC, II, 15.