IV.1. Il Concilio è superiore al Papa
La concezione cusaniana del primato conciliare contiene un principio
di portata rivoluzionaria, che capovolge le posizioni di potere che tradizionalmente
erano attribuite ai due supremi organi della Chiesa: si tratta del principio
del primato del Concilio generale e della subordinazione del Papa ad esso.
Cusano esprime tale principio in questi termini: «il concilio ecumenico,
in quanto rappresentativo della Chiesa cattolica, riceve il potere immediatamente
da Cristo ed è superiore sia al Papa sia alla sede apostolica»1;
«il Papa è sottoposto al concilio ecumenico di tutta la Chiesa»2;
«il concilio universale è per sua natura superiore al Papa»3;
«il potere indefettibile di legare e sciogliere, proprio di tutta
la Chiesa, è superiore al potere del pontefice romano»4;
«il concilio universale della Chiesa cattolica ha un potere superiore
a tutti, anche al pontefice romano»5;
«il concilio ecumenico che rappresenta la Chiesa cattolica è
superiore ad un singolo suo ministro ed al singolo capo»6.
Questa teoria si innesta in una corrente di pensiero conciliarista che
risale al concilio di Costanza.
La tesi cusaniana della superiorità del concilio sul Papa si
basa su due motivi dottrinali.
Il primo poggia sull'origine divina della gerarchia e sul valore fondamentale
dell'episcopato sacerdotale: i vescovi riuniti in concilio sono per Cusano
il potere supremo della Chiesa. E dal momento che il Papa è scelto
dai vescovi per svolgere funzioni amministrative ed esecutive, non è
universalis episcopus; la sua superiorità è solo onorifica.
In questo modo il concilio sembrerebbe principalmente un'adunanza di autorità
ecclesiastiche, e ciò potrebbe portare a vedere un certo autoritarismo
nella concezione cusaniana del conciliarismo; ma questa visuale viene ampliata
dallo stesso Cusano con elementi democratico-corporativi.
Il secondo argomento sul quale si basa la tesi della supremazia conciliare
è infatti di ordine filosofico-giuridico; esso ha origine da un
lato nel diritto naturale, e dall'altro nella concezione organico-corporativa
del sociale.
Il diritto naturale si basa sul principio che tutti gli uomini sono, per
natura, liberi ed eguali; da ciò si ricava che solo il consenso
di tutti i governati può attribuire il potere ad uno sugli altri,
proprio perché il potere si trova nei governati (principio della
sovranità popolare)7.
Cusano accetta questo principio democratico della sovranità popolare
(vera et ordinata potestas [...] non nisi electione et consensu
aliorum constitui potest8), ma lo coniuga
con un altro principio, secondo il quale Dio fa valere nel popolo la propria
volontà.
Questa origine trascendente del potere distingue Cusano da Marsilio, per
il quale invece il concetto di sovranità popolare restava radicato
nella sfera dell'immanenza. Il potere del Papa deriva dal consenso della
Chiesa; e questo consenso si esprime compiutamente nel concilio, il quale
a questo punto non è più una semplice assemblea di vescovi,
ma il luogo rappresentativo della congregatio fidelium: il concilio,
dice espressamente Cusano, costituisce la prima autorità avente
il potere, derivante dal consenso di tutti, di stabilire e di regolare
tutto ciò che porti alla salvezza9.
La concezione paolina della Chiesa come corpo mistico-reale viene ripresa
da Cusano per ribadire che essa è un tutto unitario, un'universitas10,
nella quale il tutto è superiore alle singole membra; nella Chiesa
il Papa è solo un membro, sebbene più "alto", cioè
più importante degli altri (licet altior).
Se la Chiesa è un corpo mistico, un'unità organica o concordantia,
essa può esercitare i poteri di cui è depositaria solo attraverso
un organo rappresentativo che esprima il consenso di tutti. Quest'organo
è proprio il concilio, che rappresenta la Chiesa nella sua unità
e totalità (l'universitas, appunto), per cui Cusano lo definisce
ecclesia congregata.
IV.3. La teoria della rappresentanza
L'elemento nuovo che Cusano introduce nella sua tesi è il collegamento
tra l'idea di gerarchia e la sovranità popolare: egli attribuisce
funzioni rappresentative anche all'ufficio di vescovo e di Papa, e da ciò
ricava le loro attribuzioni. Questa visione democratica è però
in contrasto con la concezione teologico-gerarchica del potere, che pure
Cusano abbraccia («sacro sacerdozio come anima della Chiesa»11).
La teoria della rappresentanza serve a Cusano per sostenere la sua idea
del concilio come assemblea dei rappresentanti dell'intera Chiesa, ma ciò
genera, come si è visto, un dualismo tra due genesi del potere,
l'una gerarchica, l'altra democratica, e un'ambivalenza dello steso concetto
di rappresentanza; ciò chiarisce pure perché Cusano non deduca
dal concetto di sovranità popolare l'ovvia conseguenza di attribuire
a tutti i fedeli la facoltà di poter essere delegati al concilio
o di potere almeno essere elettori dei delegati.
Dopo avere definito in questo modo il concilio, esso non può che
essere superiore al Papa, dato che rappresenta in modo veramente compiuto
la Chiesa universale: ed è la Chiesa universale la detentrice potenziale
di tutti i poteri.
Nella concezione cusaniana il Papa rappresenta la Chiesa in maniera confusa
e indistinta, proprio perché troppo generica: è una rappresentanza
così ampia da risultare labile. Il concilio, invece, è l'adunanza
di tutti (o quasi) i gerarchi, ognuno rappresentante in modo diretto e
specifico di una chiesa particolare: perciò la rappresentanza del
concilio è più perfetta e compiuta (certius). Da qui
la superiorità del concilio sul Papa.
Non solo; ma dopo aver dimostrato che l'autorità del sinodo è
superiore a quella del Papa, Cusano afferma esplicitamente che anche i
delegati del sinodo, in quanto rappresentanti dell'intero sinodo, vengono
anteposti al Papa nell'incarico loro affidato12.
Comunque il concetto cusaniano di rappresentanza non ha niente a che vedere
con quello moderno, sia perché non implica l'elezione del rappresentante
da parte dei rappresentati, sia perché non prevede un controllo
limitativo che provenga dal basso.
A suffragare la sua tesi, Cusano porta, oltre ai due argomenti dottrinali,
altri di derivazione storica: la tradizione poggiante sull'esempio di Pietro,
le testimonianze dei Padri della Chiesa, le precisazioni dei concili precedenti,
il procedimento del controllo, da parte del concilio, delle sentenze del
Papa e quello della deposizione del Papa operata dallo stesso concilio.
Traendo le conseguenze della sua tesi, Cusano afferma che la superiorità
del concilio si esprime su due piani: quello dogmatico e quello dell'esercizio
vero e proprio del potere.
Spetta quindi solo al concilio definire le verità di fede, cioè
fissare dei principi dogmatici che siano obbliganti per tutta la Chiesa;
ma ciò non vuol dire che esso intimi dispoticamente al popolo dei
fedeli le verità cui credere: non è cioè la Chiesa
docente che si rivolge alla Chiesa discente. Piuttosto il concilio è
l'organo incaricato, con il consenso di tutti i cristiani, di comunicare
solennemente tali verità.
Dato che per Cusano l'infallibilità è prerogativa della Chiesa
nella sua totalità, il concilio, che rappresenta perfettamente tutta
la Chiesa, nell'esercizio del suo magistero gode di tale infallibilità
in maniera superiore, seppure non assoluta: quare corpus sacerdotale,
licet caducum et mortale et deviabile in membris, non tamen in toto, quando
semper maior pars in fide et lege Christi permaneat13.
Il Papa invece non è infallibile, proprio perché rappresenta
la Chiesa in modo molto confuso ed indistinto e non immediato, ed anche
perché, secondo Cusano, uno solo è più soggetto all'errore
di molti riuniti14. Analogamente, neanche
la Chiesa romana gode dell'infallibilità.
Sul piano dell'esercizio del potere, la superiorità del concilio
si esprime innanzi tutto sul piano legislativo: esso è il massimo
organo legislativo della Chiesa; da esso soltanto promanano leggi e canoni
vincolanti per tutta la Chiesa. A proposito di tale questione acquista
importanza il concetto democratico incentrato sul diritto naturale, secondo
il quale gli uomini liberi possono venire obbligati solo da leggi che derivino
dal loro consenso.
Ecco che la forza delle leggi è sottoposta al consenso della società.
Dunque all'interno della Chiesa questo consenso si manifesta proprio nel
concilio che è appunto il rappresentante della Chiesa.
I sostenitori delle dottrine della Curia romana sostenevano che il concilio
dovesse derivare la propria legittimità e la propria importanza
direttamente dal Papa, e che nessuna decisione o provvedimento fossero
validi a meno che non intervenissero la convalida e l'autorizzazione Pontificie.
Cusano respinge nettamente la tesi dei curialisti romani. Invece anche
il Papa, come del resto chiunque partecipi al sinodo, deve sottomettersi
alla decisione della maggioranza, sulla base del presupposto che la maggioranza
vince15; in caso contrario si avrebbe la decisione
di un solo membro e non dell'intero sinodo.
L'approvazione Papale, alla stregua del consenso di tutti gli altri partecipanti
al concilio, è indispensabile per rappresentare la maggioranza o,
in materia di fede, l'unanimità del concilio, e non serve a valorizzare
ulteriormente i decreti: facteor de constitutionibus fidem tangentibus
verum esse, quod si sedis apostolicae auctoritas non interveniat ratae
non sint, immo et ipsius pontificis consensus intervenire debet cum sit
princeps in episcopatu fidei16.
In effetti la tesi propugnata dai curialisti è ineccepibile se si
parte dalla premessa che il Papa è vescovo universale dell'intera
Chiesa. Ma Cusano contesta categoricamente quest'impostazione, dicendo
che Papa non est universalis episcopus, sed super alios primus17;
ecco, ancora una volta, la definizione cusaniana più puntuale e
precisa della posizione del Papa, cui appunto Cusano disconosce la funzione
di vescovo universale di tutta la Chiesa, ammettendo per lui una funzione
da primate di tipo "presidenziale".
La validità dei canoni decretati nel concilio non dipende né
dal Papa, né dal presidente del concilio, ma dal consenso concorde
ed unanime di tutti i padri conciliari; l'eventuale consiglio chiesto al
concilio deve essere inteso nel senso di consiglio di conferma, con il
quale appunto il Papa ottiene il consenso del sinodo18.
Ancora una volta Cusano definisce il Papa come un semplice componente del
concilio universale, con una semplice funzione "amministrativa"19,
con influenza e potere analoghi a quelli degli altri vescovi, o addirittura
con un prestigio inferiore a quello dell'arcivescovo o del patriarca all'interno
dei concili provinciali o patriarcali.
Dunque i decreti acquistano la loro importanza mediante l'approvazione
dei padri conciliari e non direttamente dal Papa; ciò viene confermato
persino dalle formule di sottoscrizione dei decreti («ho sottoscritto
aderendo, oppure acconsentendo, oppure dopo aver deciso, oppure dopo aver
decretato»20); per Cusano il consenso
del sinodo si esprimerebbe con l'apposizione delle firme21
(«[...] the laws of the church were valid only when they were ratified
by acceptance in custom or by the explicit approval of a representative
council, and that they then became binding on the pope»22).
Tutti i membri della Chiesa (incluso, per definizione, il Papa) sono obbligati
al rispetto e all'osservanza dei canoni, dato che questi ultimi vengono
proclamati per il bene della Chiesa; il compito principale del Papa è
quello di favorire il bene della Chiesa: statutorum obligatorialis virtus
requirit consensum per usum et acceptationem23.
Da ultimo, il più ampio potere di giudicare e di punire è
affidato al concilio ecumenico, che può giudicare persino il Papa
e deporlo (si ricordi che Cusano scrive il De concordantia catholica
mentre si discute della deposizione di Eugenio IV), non soltanto per motivi
di fede e quindi per eresia, ma anche se l'amministrazione papale rechi
danno alla Chiesa.
Viene pure discussa la questione se il Papa possa essere deposto provvisoriamente
da parte del concilio; Cusano risolve il problema ammettendo una deposizione
momentanea per l'esercizio dell'amministrazione, sia perché il papato
consiste proprio nell'amministrazione, sia perché l'amministrazione
cessa quando tutti sottraggono l'ubbidienza al Papa a causa della sua eresia.
In ogni caso, licet omnem quaestionem de sede apostolica exortam definire
habeat universale concilium, hoc tamen ob primatiam et reverentiam capitis
cum convenienti reverentia et non audaciter sententiam dicendo facere debet24.
IV.5. Legittimità del concilio
Se il concilio universale vuole concretizzare il suo carattere di massimo
rappresentante della Chiesa ha l'obbligo di soggiacere a certe fondamentali
limitazioni.
Anzitutto occorre che il concilio sia regolarmente convocato. Complessivamente,
Cusano è d'accordo sulla prassi canonica del tempo, procedura che
conferiva la convocazione del concilio al Papa («la convocazione
del concilio universale spetta al patriarca universale»25)
e che ne imponeva la presenza, anche se di ciò Cusano non fa un
requisito essenziale di legittimità, ma il concilio, una volta adempiute
le formalità prescritte di avvisare gli interessati, può
senz'altro procedere allo svolgimento dei lavori, soprattutto quando quelli
si fossero rifiutati di intervenire.
Occorre poi che tutti i più alti prelati partecipino al concilio,
concetto questo fondamentale. I principali gerarchi possono parteciparvi
sia personalmente sia rappresentati da legati con incarico temporaneo,
ed è importantissima la partecipazione del Papa in qualità
di rector della Chiesa, dato che quest'ultima non ha la possibilità
di deliberare senza il suo capo (si sine rectore universitas statuere
non posset exercitio jurisdictionis apud eum existente, non tamen sequitur
econverso rectorem sine universitate, in qua est habitus et potestas, statuere
posset26).
È peraltro necessario che il concilio universale solleciti la partecipazione
del Papa e lo attenda anche per molto tempo27,
ma nel caso in cui il Pontefice dovesse negarsi, il concilio ha la possibilità
di prendere provvedimenti per le necessità della Chiesa anche senza
la partecipazione del Papa, ma tenendo sempre presente che non è
possibile prendere alcuna decisione in materia di fede senza considerare
l'opinione della Chiesa romana per ottenere la massima concordanza, solita
base per l'infallibilità.
Un altro requisito affinché il concilio sia legittimo sta nel concedere
a tutti la massima libertà di parola, non in segreto, ma in pubblico28.
La libertà di discussione e di scelta dei provvedimenti da prendere
è molto più importante del numero dei gerarchi presenti al
concilio (non est numerus adeo necessarius, sicut libertas et unanimitas29),
dal momento che solamente mediante queste due libertà è possibile
ottenere un consenso concorde (concordantia) che derivi dallo Spirito
Santo. Ed infatti la condizione più importante che contraddistingue
un concilio universale è che le sue decisioni vengano prese da tutti,
in quanto ubi dissensio ibi non est concilium30.
IV.6. Concilio patriarcale romano e Collegio dei cardinali
Il concilio patriarcale romano, che spesso è detto universale
o generale, ma a volte è più pomposamente chiamato "chiesa
romana", è il più rilevante dopo il concilio universale
propriamente detto: anche il Papa, come qualsiasi altro vescovo, ha un
proprio concilio patriarcale.
Cusano ricava, dall'analisi del concilio patriarcale romano, due principi:
il primo è che questo concilio patriarcale è soggetto al
Pontefice romano: et sicut ipse [Romanus pontifex] habet
principatum in fide et est judex fidei [...] ita hoc suum concilium
habet principatum inter omnia patriarchalia concilia in fide31.
Il secondo, che deriva direttamente dal primo, è che habes iudicium
fidei quod per papam et hoc concilium sit esse tutissimum inter omnia particularium
congregationum judicia. Licet infallibilius sit et tutius iudicium universalis
concilii totius ecclesiae32.
Dopo aver collocato il concilio patriarcale romano vicino al pontefice,
Cusano sistema accanto al Papa anche il Collegio dei cardinali. La questione
relativa al preciso collocamento dei cardinali deve essere presentata all'interno
della visione che Cusano ha del conciliarismo, e più precisamente
come un altro adattamento rispetto ai significati del consenso e della
rappresentanza. Per l'appunto i cardinali hanno il còmpito di rappresentare
pienamente tutte le provincie ecclesiastiche, hannno l'obbligo di stare
a Roma per coadiuvare il Pontefice nell'esercizio dell'amministrazione
della Chiesa stessa, come pars corporis papae, e perciò non
formano nessun ordine gerarchico all'interno della Chiesa.
Il Collegio dei cardinali allora diventa un tipo di concilio riservato,
permanente ed esclusivo, visto in qualità di rappresentante della
Chiesa universale.
Tutti i cardinali hanno la possibilità di eleggere il Papa dal momento
che essi sono i rappresentanti della Chiesa: essi incarnano la Chiesa universale,
e perciò la loro capacità di elettorato attivo è sostenuta
dal consenso di tutti i fedeli.
Tutti i cardinali hanno l'obbligo, Papa compreso, di contribuire all'amministrazione
della Chiesa; il Papa non ha la possibilità di prendere nessun provvedimento
importante che interessi l'intera Chiesa, ed egli non può nemmeno
dispensare dai canoni, a meno che non intervenga prima un parere consultivo,
e poi un assenso dei cardinali. Così facendo, il governo della Chiesa
comincia a prendere una "forma mista", che viene fuori dall'insieme
di elementi aristocratici, democratici e monarchici, elementi nei quali
i conciliaristi ravvisavano la forma migliore di costituzione ecclesiastica.
La progressiva "democratizzazione" della vita amministrativa
della Chiesa, con quest'ottica di limitazione dei poteri papali33,
è perfettamente in linea con la teoria conciliare: poiché
essa mira a ristabilire la costituzione originale della Chiesa, si oppone
conseguentemente agli eccessivi privilegi del Papa.
1. DCC, II, 17.
2. Ibidem.
3. Ibidem.
4. DCC, II, 18.
5. DCC, II, 34.
6. Ibidem.
7. «The doctrine of the original freedom of man buttressed
resistance to despotism and, in the hands of Nicholas of Cusa, ultimately
flowered into the principle that no coercive government could be legitimate
unless based on the consent of the subjects»: E. Lewis, Medieval
political ideas, p. 13.
8. «Il potere vero ed ordinato non può basarsi
che sull'elezione e sul consenso degli altri» (DCC, II, 14).
9. DCC, II, 34.
10. Cusano usa il termine universitas indicando
«ogni corpo sociale dotato di una qualche autonomia». Si veda
P. Gaia, Opere religiose, p. 494, n. 1.
11. Ivi, p. 28.
12. DCC, II, 18.
13. «Perciò il corpo sacerdotale, sebbene
caduco, mortale e fallibile nei suoi membri, non lo è nel suo complesso,
purché la maggioranza di esso permanga sempre nella fede e nella
legge di Cristo» (DCC, I, 8).
14. «Magis vident oculi quam oculus» (due
occhi vedono di più di uno solo). P. Gaia, Opere religiose,
p. 286, n. 5.
15. DCC, II, 15. Si veda pure P. Gaia, Opere religiose,
p. 265, n. 9.
16. «Ammetto che i decreti riguardanti la fede non
sono effettivamente validi se non interviene l'autorità della sede
apostolica, anzi deve intervenire anche il consenso dello stesso pontefice
romano, essendo egli il principe nell'episcopato della fede» (DCC,
II, 15).
17. DCC, II, 13.
18. Vedi DCC, II, 8.
19. Paolo Rotta, Nicolò Cusano, p. 24.
20. Vedi DCC, II, 8.
21. Ibidem.
22. E. Lewis, Medieval political ideas, p. 370.
23. DCC, II, 9.
24. «Sebbene spetti al concilio ecumenico risolvere
ogni questione relativa alla sede apostolica, tuttavia, a motivo della
dignità primaziale e della reverenza verso il capo, esso lo deve
fare col dovuto rispetto e senza emettere la sentenza in termini arroganti»
(DCC, II, 17).
25. DCC, II, 2.
26. «Se una comunità [cfr. nota
9] non può legiferare senza il capo perché l'esercizio
della giurisdizione appartiene a lui, non ne consegue l'inverso, cioè
che il capo possa legiferare senza la comunità, nella quale invece
si trova il potere» (DCC, II, 13).
27. Addirittura nell'ottavo concilio, tenutosi a Costantinopoli,
il Papa si fece attendere per oltre un anno. Vedi DCC, II, 2.
28. DCC, II, 3.
29. «Il numero non è altrettanto necessario
quanto la libertà e l'unanimità» (ibidem).
30. «Dove c'è dissenso, lì non c'è
concilio» (DCC, II, 4).
31. «E come egli [il Papa] ha il primato nelle questioni
di fede ed è giudice della fede [...] così anche quel suo
concilio [patriarcale] ha il primato su tutti i concili patriarcali nel
campo della fede» (DCC, II, 7).
32. «Una decisione in questioni di fede, pronunciata
dal Papa e dal suo concilio patriarcale, è la più sicura
tra tutte quelle pronunciate dai sinodi particolari. Benché la decisione
di un concilio universale di tutta la Chiesa sia più infallibile
e più sicura» (ibidem).
33. E. Lewis, Medieval political ideas, p. 264,
parla di «system of legal fictions».